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Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente

Un articolo che svela lo sfruttamento nelle zone di intrattenimento italiane. Siamo in emilia romagna, nei posti in cui il divertimento dei turisti pesa su schiave che fanno le cameriere, puliscono le camere, lavano i cessi e si spezzano la schiena a tutte le ore del giorno e della notte.

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Riprendiamo da Zic la
traduzione dell’articolo-testimonianza di una donna romena venuta a
lavorare nel 2008 sulla riviera romagnola. L’originale è apparso sul
giornale romeno Clujeanul.

Schiava in Italia: “Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente”

Come
molti altri clujeni, ha deciso di andare a lavorare in Italia, affinché
la sua famiglia potesse condurre una vita migliore. Ha saputo di
un’agenzia che avrebbe potuto trovarle un posto di lavoro là da
un’amica che aveva trovato una depliant nella posta. Le è sembrato
interessante lo slogan della compagnia: “Per noi sei una persona, non
solo un nome”. Ora dice che non lo dimenticherà mai. Questo, però, non
perché in Italia sarebbe stata trattata così come dicono queste parole,
ma, al contrario, perché ha vissuto sulla sua pelle un’esperienza da
incubo, secondo quanto racconta.

“Sono stata accolta molto bene”

“Ho
lavorato a Baciu, in una pensione, come donna delle camere, e avevo
esperienza nel settore alberghiero”, inizia il racconto, emozionata, A.
M., una donna della località clujena Berindu. “Ho pensato che sarebbe
stato bene se avessi trovato un posto di lavoro in Italia, in un hotel.
Ho preso contatti con l’azienda R. Srl, rappresentata da R. M., che un
anno fa aveva sede a Turda. Sono stata accolta molto bene dalla
segretaria e abbiamo preso un caffé insieme”, spiega A.

È
partita per l’Italia con un contratto di mediazione ottenuto
dall’azienda, per il quale, dice lei, ha pagato 300 euro, ma là è stata
assunta in un hotel, con contratto di lavoro. Ha lavorato quanto
doveva, dopo di che è tornata in patria. “Più avanti sono tornata di
nuovo all’agenzia per fare i documenti per un nuovo contratto; era
ottobre dell’anno scorso. Il 2 aprile mi ha telefonato la segretaria,
che mi ha detto che avrei lavorato all’Hotel P., a S. M. Ho saputo
l’indirizzo il giorno della partenza, il 15 aprile.”

Cambiamento radicale

A.
è partita per l’Italia il 15 aprile, si è recata all’indirizzo
comunicatole dall’agenzia e ha iniziato a lavorare come donna delle
pulizie all’Hotel P., gestito dalla signora M. “Tutti la chiamavano M.,
solo io signora M.”, ammette A., cercando di sottolineare il rispetto
con cui trattava la gestrice dell’hotel.

“Curavo
l’intero hotel e iniziavo a lavorare alle 8 del mattino, mangiavo
intorno alle 13-14, intervallo in cui avevo anche una pausa, mai più
lunga di 30 minuti. La signora M. non mi ha fatto il contratto di
lavoro e non mi lasciava uscire dall’hotel. Non ho potuto farmi un
bagno prima di tre giorni, e dopo circa 10 giorni mi ha permesso di
telefonare a casa”, confessa la donna. Sostiene di esser stata
ingiuriata continuamente per tutto questo tempo per il solo fatto di
essere romena: “Non smettevano di chiamarmi zingara puzzolente…”

Hanno riso di lei quando ha chiesto di essere pagata

A.
racconta di aver stretto i denti e aver sopportato tutte le offese
perché non aveva soldi e, d’altra parte, non poteva andarsene
dall’hotel. “Un giorno le ho chiesto (alla signora M.) un anticipo per
poter telefonare a casa. Allora è iniziato il calvario. Hanno iniziato
a ridere tutti di me, (dicevano) che avevo bisogno di soldi per fare
traffici. Non ho ricevuto soldi. Dopo un mese di lavoro mi sono
ammalata e tremavo in cucina”, afferma A.

Dopo una
settimana ha chiesto di nuovo di essere pagata per quello che aveva
lavorato. “Mi hanno risposto che avrei ricevuto i soldi nel pomeriggio.
È capitato in un giorno in cui vennero molti turisti. La signora mi ha
mandato a fare il primo piano e, mentre salivano i clienti, mi
insultava. Ho iniziato a piangere e dicevo che volevo i soldi
pattuiti”, ricorda, turbata, la donna.

All’inizio non ha detto nulla ai parenti

Alla
fine la clujena ha ricevuto 100 euro. Con i soldi ha chiamato i
parenti, ma non ha detto nulla del modo in cui era trattata al lavoro.
Dopo qualche tempo ha chiesto anche il resto dei soldi che doveva
avere, in base agli accordi.

“Ho detto che volevo
ancora 800 euro per mandarli in Romania. La signora M. ha chiamato R.
M., ma lui le ha detto di non darmeli finché non fosse venuto lui in
Italia. Ho detto che mi sarei buttata in acqua se non me li avesse
dati, e forse questo ha fatto spaventare la padrona, che mandava
qualcuno ogni 15 minuti a vedere cosa fosse di me”, lamenta A. “ alle
23 dello stesso giorno è venuta da me e mi ha dato 900 euro, dicendomi
che non avevo fatto nulla per quei soldi. Mi sentivo male, perché non
mangiavo nulla tutto il giorno, e da due giorni tremavo”, continua la
donna.

“Ho telefonato a mia sorella, che mi ha detto
di tornare immediatamente a casa. Ho trovato il numero di telefono di
una società di trasporti di Manastur e ho telefonato agli autisti che
erano in Italia, chiedendo loro di passare a S. M. a prendermi. Sono
scappata dal retro e ho aspettato tre ore il pullman. Le donne che
erano sul pullman hanno detto che dal mio aspetto sembravo appena
scappata da Auschwitz”, chiude il racconto la clujena.

Tuttavia, pur dicendo di aver vissuto momenti da incubo all’estero, A. vuole tornare in Italia a lavorare….

Cosa dice la segretaria di R. Srl

CLUJEANUL
ha contattato l’agenzia R. Srl e ha parlato con la segretaria, che
desidera mantenere l’anonimato. La donna ha dichiarato che le è
simpatica A. M., solo che lei avrebbe fatto diversamente dopo
l’accaduto, quando è fuggita dal primo posto di lavoro.

Interrogata
su come commenta le accuse che R. Srl non ha rispettato le condizioni
contrattuali, la segretaria afferma che l’agenzia media soltanto per
l’ottenimento di un posto di lavoro in Italia. L’elaborazione del
contratto di lavoro rimane a carico del datore di lavoro, non
rientrando nelle responsabilità di R.  Srl.

L’impiegata
dell’agenzia ha anche affermato che i romeni non sono seri ed è
possibile che per questo motivo M. non voleva pagare A., che, secondo
la sua opinione, è molto impulsiva e molto entusiasta allo stesso tempo.

“Avrebbe
dovuto aspettare due giorni e avremmo trovato un altro posto di lavoro
in cui mandare A. M., ma così e… Ci comportiamo bene, e dopo ci buttano
spazzatura addosso.

Non conta chi ha colpa, sempre
noi ne usciamo infangati, perché siamo nel mezzo”, chiude la
segretaria. CLUJEANUL ha cercato di ottenere anche la posizione della
direzione dell’Hotel P. rispetto a questo caso. Al telefono ha risposto
una donna che si è presentata come receptionist e che afferma che
l’hotel è chiuso, e la signora M. non c’è.

da Noi non siamo complici

—>>>l’immagine sopra mostra lo stereotipo della "zingara". In realtà lavorano e vestono come tutte noi. Qualcuna oserebbe dire ad ogni europea "brutta colonialista, ladra di risorse, puzzolente che non sei altro"?

Posted in Omicidi sociali, Precarietà.