Recuperiamo stralci di un vecchio intervento di Elena Coccia a proposito di Affido Condiviso:
OLTRE L’AFFIDO CONDIVISO: LEGGI E GIUDICI PER LA FAMIGLIA
Il 16 marzo 2006, tra squilli di trombe e rulli di tamburo, è entrata
in vigore la legge 54/06 sull’affido condiviso, che modifica l’art. 155
del c.c. ed afferma solennemente il principio della bigenitorialità.
Sorprende innanzitutto che tale ovvio e scontato principio sia stato da
più parti interpretato come un concetto nuovissimo e rivoluzionario.
Tale non è perché, a parte la norma costituzionale all’art. 30, la
legge sul divorzio 898/70, il nuovo diritto di famiglia 685/75, e le
successive modifiche, lo avevano già affermato e ribadito, ma
soprattutto la legge ordinaria con l’art. 148 e 261 c.c., il primo per
i figli nati da coppia sposata, ed il secondo per la prole di coppie di
fatto, avevano dato piena attuazione al principio della
bigenitorialità.
[…]
Quindi viene da chiedersi
quale elemento di novità sotto questo profilo abbia introdotto l’affido
condiviso tanto da costituire uno degli elementi della quasi vittoria
della Casa delle Libertà alle elezioni politiche dell’aprile scorso.
Non nascondiamo che tale legge è stata fortemente voluta da una lobby
diventata potentissima, l’associazione dei papà separati, i quali non
hanno nascosto le loro simpatie per il passato Governo, ed hanno
considerato l’affido condiviso solo come il primo passo verso un
ulteriore modificazione delle leggi in merito alla famiglia e sulle
donne, tanto è vero che in uno dei loro blog leggiamo: "e adesso
l’aborto", dove un papà separato afferma che "le femmine ape vogliono
il seme per poter poi espellere i maschi fuchi dalla loro vita, che
possono decidere da sole se continuare o meno la maternità ma che ciò
non è giusto e che pertanto la prossima battaglia sarà quella che
l’aborto dovrà passare attraverso l’autorizzazione o quantomeno il
consenso dei "seminatore".
Tuttavia affermare che la 1. 54/06 sia stata una legge inutile e solo
frutto della retorica di questi anni è sbagliato, poichè viceversa essa
sta incidendo profondamente nei costumi e nei comportamenti degli
italiani. E, se mi è permesso esprimere un giudizio, con un
arretramento delle conquiste delle donne in più punti e non solo
sull’autodeterminazione.
Innanzitutto la precedente giurisprudenza si era orientata a consentire
l’affidamento congiunto solo nell’ipotesi in cui non esisteva
conflittualità tra i coniugi. Oggi viceversa, l’affido congiunto,
secondo l’interpretazione prevalente della dottrina, lo si concede a
prescindere.
[…]
Potremo quindi trovarci di fronte alla situazione che colui che ha
determinato la rottura del vincolo causando nell’altro dolore e
perdita, poi si veda concretamente affidati i figli con la prevalente
abitazione perchè risponde di più a quei criteri, almeno momentanei, di
affidabilità, rispetto ai figli. La sofferenza quindi come colpa.
Quanto questa scelta possa essere risolutiva dei conflitti è abbastanza
arduo chiederselo, quanto questa scelta può dar luogo ad ulteriori e
più gravi conflitti appare già abbastanza evidente. Poichè e chiaro che
all’abitabilità prevalente del minore è legata l’assegnazione della
casa coniugale, quindi laddove si era superato il limite del concetto
di proprietà, nell’interesse del minore, tale concetto, con questa
legge è ritornato in auge con tutte le sue conseguenze.
D’altra parte è
proprio il 155 quater che svincola il concetto di assegnazione della
casa coniugale dall’affidamento del figlio e pertanto, rivalutato il
concetto di proprietà della casa coniugale, potremo trovarci di fronte a
situazioni in cui al coniuge più debole, non venga affidato il figlio e
non gli sia assegnata la casa, ciò è un ulteriore passo verso
l’impoverimento delle donne che avevamo già notato e segnalato in altre
occasioni.
[…]
Anche il concetto del mantenimento, che la giurisprudenza e le leggi
precedenti avevano strettamente ancorato alle reali possibilità dei
coniugi, e, in caso di un coniuge più facoltoso, alle reali possibilità
di quest’ultimo, viene in qualche modo attenuato. Ed infatti il 4 co.
dell’art. 155 dichiara che non é obbligatorio la previsione di un
assegno di mantenimento, in quanto ciascun genitore provvede al
mantenimento in misura proporzionale al proprio reddito. Ancora una
volta la norma prima che essere ingiusta è ambigua, così come una certa
giurisprudenza che lega ciascun genitore al capitolato di spesa,
facendo si che il coniuge, con cui prevalentemente vivono i figli,
diventi in qualche modo il contabile dell’altro. Naturalmente la
giurisprudenza più qualificata ritiene che almeno i bisogni primari del
minore, vitto, alloggio, vestiario, scuola, mezzi di trasporto, possano
essere predeterminati e quindi non provati, tuttavia dobbiamo dire che
si è in qualche modo tornati indietro a quella giurisprudenza del anni
’70 che vedeva il mantenimento sotto forma di "minimo vitale".
Nessuna rivoluzione neanche nell’ascolto del minore, previsto già dalla
Convenzione di New York e dalla successiva legge italiana del ’91.
L’art. 155 su questo punto è particolarmente ambiguo, non dà nessuna
indicazione su come tale minore possa essere ascoltato, (si pensi a
tutti gli accorgimenti viceversa usati nel caso di minore vittima di
reato), ma indica che ciò può avvenire "tutte le volte che il minore
mostri discernimento". Che cosa si intende per discernimento? Chi è che
stabilisce se un minore abbia o meno discernimento? Le parti troveranno
un accordo nel condurre il figlio dinanzi al giudice, ma in questo caso
che bisogno vi è di condurvelo? Oppure sarà questo un ulteriore motivo
di conflittualità ed infine una manifestazione di profonda
irresponsabilità, tendendo a far assumere al figlio scelte che
viceversa vanno fatte dagli adulti.
Tutto questo è ancora niente, perché i guai per il coniuge più debole
si presentano alla maggiore età dei figli. Secondo il 155 quater, il
coniuge non ha più diritto all’assegnazione della casa coniugale; se
poi passa a convivere dopo la separazione con altra persona, perde
questa assegnazione anche prima.
In questo modo ritorna il concetto di colpa, che il legislatore aveva
attenuato con la legge del ’75, e che comunque nella concezione
dell’addebito, permaneva prima della separazione, durante il
matrimonio, e non dopo. E.’ davvero incredibile che si tende a
stigmatizzare un comportamento di un coniuge separato dopo la
dichiarazione di separazione stessa!!.
Infine con la maggiore età il figlio, sia questo coabitante o meno con
uno dei coniugi, ha diritto al versamento diretto dell’assegno di
mantenimento. Detto articolo, che pure può essere interpretato come una
forma dì responsabilizzazione del figlio e di emancipazione dello
stesso, si rivela, nel caso in cui continui la coabitazione per esempio
con la madre, di difficile gestione e soprattutto di ulteriore
vessazione per le donne. Cosa dovrà fare costei? Il conflitto si sposta
da marito e moglie, a madre (o padre) e figlio.
Poichè la realtà ci insegna che più spesso (all’89%) i figli convivono
con la madre anche nell’affido condiviso, quest’ultima norma, e tutto
lo spirito della legge, sembrano unicamente scrollare il padre da ogni
responsabilità, liberandolo completamente.
Insomma quella che già nel
linguaggio dei familiaristi si definiva una generazione di Peter Pan,
ha con questa legge, avuto un pieno riconoscimento. L’unica luce di
questa normativa sembra essere, più per errore che per volontà,
l’equiparazione dei figli nati da coppie di fatto ai figli nati da
coniugi.
[…]
L’ombra maggiore di questa legge si stende sulla libertà personale del
coniuge separato. Abbiamo già detto della "sanzione" nella quale ricade
il coniuge separato che passa a convivere con altra persona, ma ancora
più grave, è il 155 quater laddove si limita il cambiamento di
residenza o di domicilio di uno dei coniugi, quando tale cambiamento
interferisce con l’affidamento. Questa parte della legge deve essere
dichiarata incostituzionale poiché limita la libertà personale di uno
dei coniugi costringendolo ad effettuare una scelta tra la perdita
dell’affidamento o la limitazione alla propria libertà di movimento. Ci
sembra questa una norma particolarmente invasiva per le donne che,
ancora una volta affidatarie privilegiate di fatto, si troverebbero ad
essere inchiodate nel luogo di residenza del marito senza possibilità
di spostarsi liberamente per ragioni di lavoro, affettive o per
semplice ricerca di libertà.
Un capitolo a parte merita poi la questione della potestà genitoriale,
che ovviamente spetta ad entrambi e quindi ad entrambi le decisioni che
riguardano i figli. I Tribunali sono sommersi da ricorsi di coniugi che
non hanno trovato un accordo sulla scuola dei propri figli; spesso
l’opzione è tra scuola pubblica o scuola privata, e data la "parità
scolastica", i criteri a cui appellarsi per una decisione finiscono per
essere del tutto surrettizi. Possiamo immaginarci anche il ricorso dal
giudice per stabilire l’educazione religiosa o laica dei figli. Che
cosa deciderà il Giudice? Quali elementi avrà? Sceglierà la religione
del padre o quella della madre? La laicità dell’uno o la religiosità
dell’altro?.
Come è facile capire l’affido condiviso più che risolvere dei problemi,
ne ha creati, aumentando, e talora spostando, la conflittualità.
Nella
pratica esso viene usato come una specie di clava contro le donne.
Tutte le volte che si vuol far recedere una donna dalle proprie
richieste si paventa l’affido condiviso, che in talune situazioni apre
baratri di angoscia nelle donne, soprattutto di fronte a figli molto
piccoli. In definitiva esso è diventato un’arma incredibile di ricatto.
In altri stati europei, come la Germania, l’affido condiviso,
introdotto dal Governo Schreider, è stato poi rivisto e modificato in
molti punti. In realtà si auspica, ancora una volta, una legislazione
unitaria che non diluisca per tre competenze il diritto di famiglia, ma
che tenga conto che gli interessi devono essere considerati preminenti
e paritari, sia quello degli adulti che dei minori, evitando di
ricorrere a legislazioni speciali e a pratiche invasive che finiscono
per essere necessariamente limitative della libertà personale e dei
diritti fondamentali.
[…]
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affidamento condiviso fa schifo ora il mio ex marito spuntato dietro la porta e pretendeva immediatamente la figlia di 5 anni che era in bagno a fare i suoi bisogni senza neanche dare il tempo di fare un bide a mia figlia praticamente la dovuto buttare fuori casa e lei che piangeva in quanto non vuole stare con lui ma purtroppo ai giudici questo non interessa (ascoltare la volonta del minore) sono contro a questa legge e ai giudici che dicono che tutelano i minore cazzate!!!!!!!! !!!!!!!!!!!!!