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Razzismo: il governo che vuole donne straniere senza memoria

A me l’uomo che ha convissuto con Sanaa non piace neanche un po’. Non si tratta di una sensazione, così a pelle, ma di una certezza che traggo da ogni singola dichiarazione che egli rilascia alla stampa.Questo modo di farsi vittima di un’altra cultura, di spettacolarizzare il suo dolore, di presenziare prepotentemente con il piglio di un colonizzatore che ha vinto come avevano vinto gli stati uniti sul medio oriente dopo l’attentato dell’11 settembre.

Di cosa stiamo parlando? Della morte di una giovane ragazza che aveva tutto il diritto di scegliere liberamente dove vivere e chi amare? O non si sta parlando invece dello scontro di civiltà in cui due rappresentanti maschi di due modi paralleli di intendere il patriarcato si sono scontrati per vedere chi riusciva prima a piazzare la bandierina sul corpo di Sanaa?

In tutta questa storia si continua a perdere di vista l’obiettivo. Chi ha vinto? Chi ha perso? Chi sarà invitato in trasmissioni televisive per testimoniare il dolore della sconfitta?

Io ho vissuto e mi sono emancipata da una cultura che parlava di onore e rigore, la famiglia intesa come clan e la paraculata del matrimonio riparatore per riparare l’onore familiare. Ma mai, e dico mai, avrei scelto di emanciparmi dalla mia cultura mettendomi in casa una ronda privata. Così come mai e poi mai avrei permesso che il mio genitore risolvesse al posto mio le violenze di una mia eventuale relazione.

Quando due differenti patriarcati si scontrano a me sembra chiaro che il bottino di quella guerra è la donna e che sarà quella donna a morire o comunque a sacrificare la propria autonomia per l’uno o per l’altro dei due contendenti.

Ne ho conosciute tante di donne che sono fuggite dal padre per affidarsi a uomini peggiori. Ho conosciuto donne che hanno difeso i loro uomini, a volte violenti, mentre il loro padre cercava di farle tornare a casa. Ho conosciuto donne che dopo essere passate dalla padella alla brace poi sono fuggite dalla padella e anche dalla brace.

Non è certamente questo il caso ma giusto per farvi capire: un uomo addolorato per la perdita della propria ragazza non si mette a fare proclami anti-musulmani e non si lascia usare per rafforzare il mito – falso – del perfetto maschio italiano.

Un uomo addolorato non inveisce contro i parenti della ragazza, contro sua madre, non si fa riprendere dalle telecamere in atteggiamento da colonizzatore occidentale che salva le fanciulle arabe dal cattivo, non mette in scena la pantomima dell’italiano buono in missione di pace che abbraccia la sorellina della sua donna.

Del resto non mi piace neppure la parentela della ragazza che tira fuori l’abusato concetto di “malattia” per giustificare l’assassino. Concetto che sappiamo bene è stato certamente appreso dalle abitudini processuali degli assassini italiani.

Non mi piace, ma – come ho già scritto – capisco perfettamente, la madre di Sanaa. E la capisco non perché sono una fanatica che ha perso il senno dietro considerazioni ideologiche ma perché conosco profondamente la cultura patriarcale del mio paese, la civilissima italia.

Proviamo a riassumere le caratteristiche principali della famiglia italiana:

bianca, tendente al consumo e all’accumulo di proprietà, cattolica, patriarcale.

È il padre che porta il pane in casa; se l’uomo non guadagna o se guadagna meno della donna generalmente questo è alibi per femminicidi di vario genere (vedi il caso dell’uomo che ha ucciso moglie e figli perché lei lavorava e lui era disoccupato);

È l’uomo il proprietario dei beni della famiglia, quello che più spesso ha il controllo sulle risorse, sul conto in banca, sulle entrate e sulle uscite;

È l’uomo che ancora oggi da il cognome a moglie e figli;

Le scelte di famiglia non possono prescindere da alcune questioni fondamentali: il ricatto economico e la difesa dell’onore;

L’onore familiare non risiede nei motivi di onestà e di dignità della vita delle persone appartenenti ad una singola famiglia. Risiede piuttosto nella fedeltà delle donne della famiglia al maschio di casa. Risiede nell’attribuire all’uomo di casa, padre, fratello, talvolta anche lo zio, il nonno, il potere di sorvegliare le scelte personali e sessuali delle donne di casa siano esse mogli o figlie.

Se un membro – maschio – della famiglia ruba, uccide, stupra, corrompe, froda, mente, partecipa ad attività criminali, non è comunque suscettibile ad alcuna critica. Sarà anzi difeso strenuamente dagli uomini e – cosa più importante – anche dalle donne. L’eccezione a questa regola è relativa al figlio maschio ma non eterosessuale.

Se un membro – donna – della famiglia trasgredisce alle norme fissate dal capo famiglia in fatto di abitudini private, di trucco, abbigliamento, gestione del corpo, della sessualità, si guadagnerà la mortificazione, l’umiliazione, la disistima, la mancanza di rispetto, il disprezzo e spesso l’odio dei maschi della famiglia e – cosa più importante – anche delle donne che non hanno altra via se non quella di sottostare alle regole del clan.

Le donne della famiglia devono nascere con obiettivi fissati dalla famiglia stessa. Non c’è modo di evitare di scrollarsi di dosso funzioni e doveri relativi i ruoli di cura di figli, nonni, genitori, suoceri, nipoti, parenti anche parecchio lontani.

Le donne della famiglia non possono parlare di sessualità né possono decidere di viverla con chi preferiscono. Ci sarà sempre il genitore, spesso sorretto dallo Stato, che si sentirà in dovere e in diritto di riportare la figlia “sulla retta via”, promessa in sposa di un buon partito, sorvegliata speciale fino alla consegna ad altro aguzzino.

Le famiglie italiane hanno tanti modi per “correggere” i comportamenti delle figlie. In gergo si dice “farle ragionare” e i genitori si servono di psichiatri, farmaci, ricoveri coatti, collegi gestiti da suore, percosse, minacce, intimidazioni, quand’anche tentati omicidi o femminicidi veri e propri.

Esistono comunità nelle quali i comportamenti disonorevoli delle figlie di famiglia vengono sorvegliati dai vicini di casa, dai conoscenti, dagli amici dei fratelli, dai colleghi di lavoro del padre.

La maggior parte delle famiglie italiane non ammette che la propria figlia abbia una vita sessuale. Perciò la obbligano ad andare a vivere o a sposare il primo stronzo che capita solo perché sarebbe disonorevole, poco cristiano, il sesso senza una fede al dito.

Le famiglie allargate, come i clan di mafia o la camorra, tutelano le donne che restano fedeli ai propri uomini anche se quelli stanno in carcere.

La religione di Stato che viene imposta anche a chi è ate@ coniuga le relazione in base alla subalternità, all’obbedienza della donna verso l’uomo. Per la religione cattolica la donna è santa o puttana. Madonna o meretrice. La religione cattolica rafforza in modo violento il concetto dell’onore che sta alla base di tante prevaricazioni inflitte alle donne.

La religione cattolica usa le monache per fare lavare mutande e calzini ai preti e ai vescovi e mette a tacere le violenze che le suore subiscono mascherate da disciplina e sacrificio per raggiungere la pace eterna.

Il nostro governo, padre padrone assoluto, stabilisce senza dubbio che le donne possono fare a meno di lavorare perché il loro compito è restare a casa e prendersi cura della famiglia.

Il nostro governo decide in maniera coercitiva di costringere le donne a rinunciare alla propria libertà di scelta e assegna agli uomini il diritto di sottoporci a test psicologici per impedire con la forza la decisione di interrompere la gravidanza.

Il nostro governo decide che noi siamo contenitori, ammortizzatori sociali con funzione di cura nelle famiglie e che mai potremo emanciparci da ciò.

Aggiungo, per chi non se ne fosse accorto, che da qualche tempo la televisione pullula di film e fiction tv su onore e gloria familiare, coppole e lupara, donne di rispetto, mafiose di panza, camorriste disgraziate. Ci sono anche gli amori con-turbanti, una serie di film indiani che non hanno niente a che fare con "sognando beckam" ma ripropongono lo schema della figlia dipendente dal volere del padre, propensa a sposare un uomo che non conosce ma che il padre ha scelto per lei, in una escalation che va dal rispetto per le altre culture all’esaltazione di modelli patriarcali che ricordano tanto i nostri.

Infine serve ricordare la carrellata di infamie, offese, piovute sulle donne per bocca del presidente del consiglio. Il concetto di famiglia che lui ha rimesso in campo con la donna in stile claretta petacci che doveva stare zitta e sopportare. Invito – quello di pensare alla famiglia e di avere più rispetto per suo marito – fatto peraltro da donne come la santanchè sempre pronta a dichiararsi dispiaciuta per la mancanza di libertà delle donne con il velo e senza un briciolo di umana pietà per le donne italiane.

Ci sono i giornali come Libero che hanno liquidato Veronica Lario, tette al vento, con un “velina ingrata!” e per ultimo Il Giornale che ha provocato le dimissioni del direttore dell’Avvenire dandogli del frocio sfascia famiglie.

Ci sarebbe da ricordare tutte le volte in cui viene giustificato l’omicidio di una donna perché il marito era “geloso”, perché lei era “troppo libera”, o era semplicemente una che ragionava con la sua testa.

Potremmo andare avanti per un bel pezzo. Ma la finiamo qui perché il punto non è opporre la bruttezza del patriarcato italico – dio/patria/famiglia e fascismo di ritorno – ai patriarcati di altre culture. Fanno ugualmente schifo tutti ed è per questo che l’uomo di Sanaa non mi piace.

Come dire: tra un cattolico e un musulmano preferibilmente scelgo un buddista, un laico, un ateo. Ma anche questo non è garanzia di assenza maschilismo poiché il maschilismo, il machismo, il sessismo risiedono ovunque.

Perciò diciamo che tra un italiano e un arabo scelgo me stessa. Se parto da me sono io a lottare per la mia emancipazione e sarò io a vincere.

Non permettete che le vostre vite siano terreno di conquista per nessuno. Chi colonizza i vostri corpi non vi lascerà libere. Non esistono eserciti che esportano democrazia senza prendere qualcosa in cambio e non esistono uomini che vi salvano da altri uomini senza pretendere di possedervi, utilizzare le vostre risorse e rendervi anche più ricattabili perché sole, senza paracadute sociale e familiare, isolate dalle vostre famiglie e da tutto ciò che conoscete e che vi è caro.

Chi vi vuole lontana dalla vostra famiglia strappandovi ai vostri affetti, alle contraddizioni sospese che voi avete bisogno di affrontare, che voi avete bisogno di risolvere per trarne beneficio, equilibrio, serenità, chi vuole sradicarvi per trapiantarvi in un terreno che non è il vostro in realtà metterà un muro tra voi e l’unica vostra fonte di forza.

Siete voi che dovete scegliere di andarvene, voi dovete trovare soluzioni indipendenti da tutti, voi dovete imparare ad autogestirvi. Voi dovete tentare la difficile strada della conciliazione tra la cultura dei vostri genitori e quella che voi avete invece appreso crescendo. La seconda non può vivere senza aver superato la prima. Quello che siete oggi non può esistere in maniera compiuta senza un appiglio al vostro passato e ai vostri affetti. Chi vi chiede strappi traumatici sarà responsabile della nascita di una generazione di individui senza identità, teste vuote nelle quali poter infilare qualunque becero concetto dell’italia razzista.

Questo è quello che in italia si intende per integrazione. La rinuncia di se’, dei propri nonni, dell’abbraccio della mamma, del papà, tutte cose che vengono quotidianamente esaltate se si fa riferimento alla nostra cultura italiana/cattolica/cristiana e che vengono svilite come fossero bestialità quando si tratta di altre culture.

Spiegata in modo semplice: io e mia nonna non avevamo nulla in comune ma non sarei riuscita a rinunciare a lei.

Mia madre e mio padre non sono certamente stati genitori “moderni” ma per emanciparmi e diventare una persona sicura e forte non avrei mai potuto rinunciare a loro.

Nella vita si costruiscono tanti legami ma quelli più forti sono quelli che condividono i punti di partenza, quelli di transizione e non già soltanto i punti di arrivo.

Per emanciparsi dal passato servono occasioni, opportunità, indipendenza economica, assenza di condizioni di ricattabilità, distanza ma anche recupero di tutto quello che di buono – se qualcosa di buono c’è stato – e di caldo e pieno e fondante è esistito.

Il presente senza il passato è come la vita di una persona senza memoria. E noi sappiamo quanto la memoria sia importante per capire e crescere e fare meglio.

Non c’è nulla di più razzista che pensare di strappare le figlie alla sua famiglia e alla cultura di origine per reinventarle come perfette italiche (nel ruolo di badanti!).

Proprio perchè abbiamo memoria noi non vogliamo che altre donne perdano la loro. Aiutiamole a conservarla perchè altrimenti con la loro memoria sarà sepolta anche la nostra.

—>>>immagine presa in prestito da qui 

Posted in Anticlero/Antifa, Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


4 Responses

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  1. eva says

    Mi è capitato in questi giorni di ascoltare una intervista fatta a delle giovani musulmane coetanee della ragazza uccisa, in cui affermavano che nella comunità islamica probabilmente vi era la paura di quella mercificazione della donna così evidente nella nostra società.
    Fermo restando il mio non condividere quel punto di vista, mi sono chiesta quali esempi positivi possiamo mostrare, di donne davvero emancipate, che siano riuscite ad essere felici realizzandosi con le proprie forze in ambito lavorativo e non solo, creandosi una propria vita. Effettivamente questi esempi positivi non emergono o sono (volutamente?) tenuti nascosti.

  2. maria grazia says

    grazie di cuore per le tue parole che riguardano tutte le donne, italiane e non.
    solo un’attenta e profonda elaborazione del ns passato, delle ns radici,può portare all’emancipazione. lo stacco totale dal proprio passsato sa tanto di fuga, e l’animale che fugge è la preda più allettante per il prossimo carnefice.
    grazie ancora.

  3. Zoe says

    standing ovation 🙂

    (bravissima)

  4. ahimsa says

    grazie, grazie davvero!
    forse detto da un uomo ha pure più senso.
    grazie.