I media come la televisione sono fabbricanti di luoghi comuni. Niente di nuovo, lo so. Provo a dare forma a quella che per me e tanti/e di voi è già una consapevolezza.
Ho visto un programma che per un attimo ha parlato di bullismo femminile, argomento del quale mi occupo per varie ragioni. Nella trasmissione veniva definita "inquietante" una intervista ad una ragazza che diceva "se qualcuno mi mena io lo meno di più". La presentatrice ha definito il filmato "inquietante" e inquieta e contro le logiche del branco si è detta anche la ministra gggiovane meloni che ha addebitato la questione alla solita assenza di valori. Secondo lei il branco di cultura fascista è una storia più salutare. Disciplina, regole ferree, onore, dio patria famiglia, le donne al proprio posto e che la smettessero di voler fare gli uomini invece che rassegnarsi a fare quello che la natura le ha mandate a fare.
Detto tra noi io spero vivamente per le donne che si spoglino dell’abito perbenista tardo ottocentesco per tirare fuori rabbia e aggressività da gestire senza conformismi. Le donne non devono rinunciare alla loro capacità di reazione. Semmai bisognerebbe smetterla di giudicare positivamente come macho virile l’uomo che picchia e si difende e negativamente come donna "priva di valori" quella che in assenza di modelli propri di riferimento agisce allo stesso modo. Si tratta in entrambi i casi di persone e l’aggressività bisogna accettarla – invece che patologizzarla – per veicolarla in direzioni positive.
Nella cultura fascista è però insito un ragionamento perverso che vuole le donne deboli, fragili, sopraffatte e in grado di consegnare agli uomini il ruolo virile che il fascismo gli assegna. Una donna che reagisce quindi è in controtendenza. La donna che reagisce è in questo caso definita bulla. Ecco perchè gli uomini fanno gli squadristi alla ricerca del romeno da aggredire per la salvezza delle loro donne. Se le donne sapessero difendersi da sole i maschi italici non avrebbero più ruolo. Così si rinsalda la cultura patriarcale complice e generatrice della cultura della violenza e dello stupro.
Mi vengono in mente poi altri luoghi comuni che possiamo sintetizzare in due concetti approssimativi, senza pretese: estetica della pedofilia (che fa a cazzotti con film come Hard Candy), estetica della violenza contro le donne. Ovvero quello che alla società piace pensare a proposito di questi fenomeni. Cioè: quello che coloro che con vere e proprie operazioni di marketing costruiscono un immaginario popolare preferiscono fare pensare alla gente.
Innanzitutto il pedofilo viene considerato in modo differente a seconda del sesso del/la bambino/a violentato/a. Se ha stuprato un maschio, attentando alla sua virilità, un pedofilo è immediatamente associato ad un gay.
Esistono purtroppo ancora tanti padri che affermano di preferire un figlio morto ad un figlio frocio. Se qualcuno facesse violenza al suo erede sparirebbe il sogno della continuità della stirpe, riterrebbe la violazione un fatto personale. Un atto di pedofilia commesso su un bambino maschio viene inteso come un omicidio vero e proprio.
Inutile dire che gay non è uguale a pedofilo. A napoli poi abbiamo visto che il distinto signore che ha stuprato un bambino qualche anno prima violentava una bambina. Segno che in alcuni casi il sesso non fa differenza.
Se il pedofilo stupra una bambina avviene spessissimo che quella non sia creduta.
Una bambina viene guardata in modo malizioso sin da quando è in grado di fare moine e carezze. Viene guardata come se la richiesta di affetto e la profusione di coccole fossero una provocazione. Capita spesso di sentir dire: "guarda come fa la smorfiosetta!" "guarda che civetta!". Parliamo di bambine di 5/6/7/8 anni. Attribuire alle bambine intenti provocatori è quanto di più morboso vi possa essere ed è cosa assai più diffusa di quanto si possa pensare. La bambina porta spesso con se’ il marchio della "provocatrice". Per alcuni uomini, le donne provocano lo stupro sin da piccole.
Una bambina che vuole attirare l’attenzione al massimo potrebbe voler provocare un bacio, una carezza, un gesto d’affetto, di certo non un atto sessuale del quale non è assolutamente consapevole e che soddisfa soltanto la mente egoista di chi la sta stuprando.
Le bambine sono desiderate da molti uomini. Altrimenti non si spiega il perchè di una estetica porno teen. Gli uomini che non stuprano le bambine italiane sono spesso rintracciabili in viaggi di turismo sessuale che hanno per oggetto altre bambine.
In sicilia fino a qualche decina di anni fa una ragazzina dodicenne veniva data in matrimonio a uomini di venticinque anni più vecchi. Non era raro trovare ragazzine "fuiute" all’età di 11 anni. A volte non aspettavano neppure che le bambine superassero i giorni della prima mestruazione. Diventavano presto mogli e madri bambine. Il matrimonio riparatore riparava tutto, anche la pedofilia.
Nel tempo è cambiata la legge ma non è detto sia cambiata in termini culturali la percezione del desiderio legato alla fisicità di una bambina. Non credo sia un caso se le coppie con uomini più giovani delle donne sono più accettate in contesti glamour, relegate tra le eccentricità del divismo e invece giudicate malamente tra le persone cosiddette comuni a partire dal fatto che gli uomini – per legge non scritta – dovrebbero accoppiarsi "sempre" con donne pre-menopausa (devono poter fare figli e a lungo altrimenti non sono donne "utili" all’uomo). Non credo sia un caso il fatto che la società richieda corpi sempre più giovani, facce levigate, sguardi da cerbiatte persino a cinquanta anni.
Una società che non si lascia invecchiare dal punto di vista esteriore non è a mio avviso una società che ha un buon rapporto con la sessualità consensuale. E’ un accostamento "ardito" ma abbastanza verosimile. Una società che non si vuole concedere le rughe sta pompando al limite del pompabile la molla del desiderio "fisico". Nessuna attrazione, fascinazione, seduzione intellettuale. Si tratta di una società il cui desiderio è educato, plasmato, indotto, agevolato, favorito.
E’ una società nella quale tutti e tutte giocano l’arte del feticismo senza saperlo e in modo non consensuale.
Ti desidero, ti voglio, ti pretendo: sono parole d’ordine spesso accompagnate da raffigurazioni di moderne sante senza un grammo di cellulite e con i volti di adolescenti arrapanti.
Creare una economia dell’immagine che stimola le fantasie dei pedofili ed essere sorpresi quando si scopre il pedofilo che "desidera, vuole, pretende" una bambina, non sono concetti che vanno tanto d’accordo. Una analisi seria andrebbe fatta per scoprire l’esistenza di una cultura della pedofilia e smettere di usare la repressione che di certo non cancella ne’ risolve quello che viene indotto per milioni di altri canali. Un ragionamento serio andrebbe fatto per evitare di attribuire sempre gli stessi stereotipi.
Un pedofilo, per i media tradizionali può essere: gay o maniaco depravato, malato, insospettabile, persona che si muove in ambiente degradato. La rappresentazione estetica che ne viene fatta è lombrosiana: brutto sporco e cattivo, possibilmente denti aguzzi e corna in testa. Una coda da diavolo soddisfa i più cattolici.
Di cultura dello stupro riferito a donne adulte abbiamo già parlato tante volte. C’e’ un aspetto però che attiene all’estetica della violenza sessuale che mi interessa analizzare.
Lo stupratore – come già sappiamo – preferibilmente deve essere descritto come straniero, brutto (perchè un bello "non ha bisogno di stuprare per avere una donna, puach, figuriamoci"), con profili criminali dove i termini finiscono tutti per -line (pronuncia: lain) e -ing.
La donna stuprata, come abbiamo potuto notare in questo periodo, deve essere: bella (grazie premier!) perchè notoriamente gli stupratori sanno scegliere, hanno buon gusto e quindi scartano le brutte. Deve essere anche: giovane, indifesa. Se è sposata scatta il bonus "appartenenza". Come si trattasse di stupro trasversale: prende lei ma si sente offeso nell’onore lui. Se ella non è indifesa e non "appartiene", se reagisce, si incazza, accusa, e lui non è un romeno: da vittima si trasforma immediatamente in imputata di un processo che vede carnefice e opinione pubblica accusarla di non aver rivestito degnamente il ruolo che aveva il dovere di interpretare.
La donna stuprata deve essere affranta per tutta la vita. Una vedova bianca, nera, rossa, celeste e a pois. In questi giorni abbiamo sentito spessissimo parole come "una violenza che segnerà tutta la sua vita" "non ne uscirà più" "non riuscirà più a vedere la luce".
Andrebbe chiarito, come si spiegava nel dodecalogo per donne non stuprate che l’obiettivo di una donna sotto minaccia di stupro dovrebbe essere quello di sopravvivere e non di essere poi in grado di interpretare esattamente il ruolo che la società le cuce addosso.
Lo stupratore non è l’omino dell’enel e lo stupro non è un blackout. Uno stupratore fa malissimo ma non spegne la luce, per fortuna. Uno stupratore indubbiamente fa vivere una esprienza di merda, se si tratta di una bambina può causare un trauma che va superato, se infligge torture fisiche fino a causare la morte di una persona si tratta indubbiamente di una cosa irreparabile. Ma se una donna sopravvive non si capisce perchè la società desideri tanto che smetta di esistere.
Badate: quello che non fa bene alle donne e’ l’essere messe costantemente sotto processo ogni volta che reagiscono ad uno stupro o a qualunque altra forma di sopraffazione. E se il riconoscimento dell’offesa ha un prezzo sociale sappiate che: relegare le donne al ruolo di vittime non fa bene neppure a loro. Superare la soglia del vittimismo è vitale per ricominciare ad esistere. Lo dico a voi sorelle, basta pianti. Tornate a ridere. Siete vive, VIVE. La prigione più grande è la vostra paura e poi c’e’ il vittimismo. E’ una galera tremenda. Se non ve la scrollate di dosso non potrete tornare ad esistere senza sviluppare dipendenze.
Fate un dispetto a tutti/e perchè la società si sente compensata in qualche modo se voi consegnate loro la vostra morte fisica o sociale. Non permettete a nessuno di farvi questo. C’e’ chi non riesce ad accettare il concetto di stupro se viene espresso in riferimento ad una fanciulla che dopo lo stupro si rialza, cammina e vive.
E’ capitato a tante di tornare a vivere in silenzio, senza aspettare il compiersi del rito, della celebrazione collettiva del lutto che richiede tempi e modi diversi da quello personale. Quando la società compie lo scippo del lutto diventa tutto distorto e più complicato. Le donne stuprate cadono e si rialzano in piedi. Continuano a ridere e ad amare, a vivere una vita sessuale e ad essere curiose.
Eppure questo è il tabu’ più grande. Sdoganato lo stupro non si riesce ancora a sdoganare il fatto che la violenza è gravissima e va condannata dal punto di vista sociale anche se la vittima non ha proprio perso tutta la sua voglia di vivere.
Torniamo perciò al concetto della donna tardo ottocentesca o fascista di cui si parlava all’inizio. Perchè una violenza contro una donna sia considerata tale lei deve suscitare "pietà", paternalistica voglia di protezione. Di nuovo la donna bambina. Di nuovo un soggetto totalmente privo di capacità di esprimere consensualità. Di nuovo la cultura dello stupro che pretende di difendere le donne infliggendo loro l’obbligo dell’interpretazione del ruolo di vittima (eccitante per una società che ama il sadomaso non consensuale) e altri simili schemi di comportamento.
Va dunque aggiunto un punto all’altro decalogo, quello per donne stuprate:
- In qualunque modo avvenga lo stupro e chiunque sia il tuo stupratore ricordati di non far vedere mai a nessuno che riesci a respirare, sorridere, vivere. La società si dirà disposta a proteggerti se ti mostrerai piangente, totalmente dipendente, regredita ad uno stadio infantile che non ti consente di percorrere il futuro, divertirti, amare. La società ti guarderà con sospetto, dirà che in fondo forse ti era piaciuto, ti odierà per invidia verso la tua capacità di reazione, ti condannerà se mostrerai di essere in grado di passare oltre lo stupro e di tornare a vivere come è tuo diritto.
Ps: se ve lo siete chiesto, ecco perchè la posa delle donne nude stuprate sottomesse non ci piace molto. una immagine di donne reattive può cambiare l’approccio a questo argomento. più donne incazzate e un po’ meno donne vittime. entrambe, ecco, per dare il giusto equilibrio di ciò che vogliamo dire.
Semplicemente grazie!
Gentile signor furio,
no, non mi arrocco. ho semplicemente una opinione diversa dalla sua. l’ho espressa e le ho chiarito che una persona che dichiara di essere di estrema destra e che vedo dal suo blog ama stare sintonizzato su radio bandiera nera (casapound, eppure si diceva contro le chiusure culturali dei neofascisti???) non è un mio interlocutore.
non stiamo parlando di mettere limiti alla provvidenza ma di distinguere tra livelli di discussione.
l’impostazione culturale di destra che si proietta in una discussione la vizia senza ombra di dubbio.
e se mi sbaglio pazienza, vorrà dire che mi sarò persa un sacco di cose belle.
le preciso, se le occorre saperlo, e davvero senza polemica, che compro libri scritti da chiunque, mi piace leggere tutto bibbia inclusa (e sono atea), guardare ascoltare. conoscere non significa sposarsi tutti i saperi e tutte le culture altrimenti dovrei cambiare venti religioni e ottanta impostazioni politiche.
è un ascolto passivo? non credo. manca di complessità? non credo neanche questo.
ha un punto di partenza chiaro, come il suo. a partire da quello tutto diventa più chiaro.
è una prospettiva, un punto di vista, un posizionamento. lei mi ha chiarito il suo e io il mio.
ritengo poi, per esperienza, che la contaminazione tra diverse modalità di agire e pensare possa avvenire a diversi livelli. provare a farmi apparire “troppo intransigente” e proiettata verso la solitudine più nefasta perchè non voglio interloquire con una persona di estrema destra (e dico estrema) mi lasci dire è fantasia strana. nel mondo non c’e’ solo gente che la pensa come lei, per fortuna e delle scelte comunicative postmoderne alla casapound io faccio a meno perchè non sono una adolescente scema e capisco perfettamente tutto quello che si vuole comunicare e quello che si vuole ottenere.
inoltre: non intendo interloquire perchè non immagino di voler cambiare la sua opinione, quale presunzione sarebbe questa di voler cambiare la opinione della destra dialogando con essa, ne’ vorrei mai trovarmi d’accordo con lei in nessunissimo caso perchè il mio accordo legittimerebbe la sua cultura che di me si serve per presentarsi al pubblico in quanto liberal e diversa rispetto al passato.
è una scelta di priorità, rispettabile mi sembra. non capisco perchè si sente offeso. se non è una scelta intelligente pazienza. con me convivo io e non lei.
che lei scelga forza nuova, casapound, azione giovani, an, per me non fa alcuna differenza. ma certamente è colpa mia perchè non riesco a spiegarle il mio punto di vista.
dopodichè le assicuro, l’isolamento non sta tra i miei obiettivi ma le alleanze e anche gli interlocutori virtuali, sebbene passeggeri, si scelgono. prendere tutto mi sembra ipocrita e pretenzioso. io non sono dio, non nutro deliri di onnipotenza, non penso di poter andare d’accordo con il mondo intero ne’ ho voglia di interagire con esso a meno che non ce ne sia assolutamente bisogno. mi pare di mostrare con umiltà i miei limiti e non di osteggiare spocchia per le mie preferenze politiche/umane. non è personale, peraltro. non la conosco e lei non conosce me.
il male? no. certamente. non sta da una parte sola ma lei non sa da quale parte sto io e qui è lei che definisce una mia appartenenza senza conoscerla.
è lei che mi attribuisce una incapacità di approccio alle “complessità” ove per complessità intende le differenze politiche palesemente ostentate. non ambisco davvero a conoscere la “complessità” – che a me non sembra tale per la verità – delle molteplici forme attraverso le quali si manifesta il pensiero fascista. a meno che per conoscenza non si intenda la comprensione di tutto ciò contro il quale dovrò oppormi da antifascista coerente. si potrà dire “antifascista” giusto? o se pronuncio tale parola mi perdo un mondo alla walt disney colmo di bellezze sopraffini? Quali giostre e circhi e mondi alla lucignolo… Preferisco restare un pinocchio di legno, abbia pazienza.
a proposito di medea: come le dicevo la sua opinione non coincide con la mia. legga la wolf e capirà spero cosa voglio dirle.
cordiali saluti
Cara FS
vediamo un po’. Intanto mi colpisce la differenza tra i valori che Lei dice di difendere e il suo arroccarsi al limite della polemica gratuita.
però è giusto risponderLe: su Forza Nuova ho sempre vissuto come pregiudiziali che rendevano impossibile per me aderirvi proprio la loro omofobia, il loro clericalismo bigotto e la loro chiusura culturale. siccome non sono né omofobo, né clericale, né spero mentalmente angusto, non potevo certo far squadra con queste posizioni.
non è che a me piacciano le Kapò. ma la Medea del mito era cosa ben diversa. trovo quindi pretestuosa l’insinuazione.
se poi aggiungiamo a questo che Lei non mi ritiene un “interlocutore valido”. liberissima. ma non si meravigli se la sinistra in questo paese perde simpatie, consensi e battaglie. credo che ciò, oltre alle menzogne sparse dallo psiconano e alla pessima preparazione politica e culturale delle masse, sia dovuto anche all’arroganza di queste posizioni esclusive e inutilmente intransigenti. che non giovano a voi per primi.
io per esempio non mi sono mai vietato una buona discussione solo perché a parlarmi era un comunista o un maoista. credo che anche lei dovrebbe essere più aperta mentalmente se ama la libertà di parola e la ragionevolezza. o se non vuole perdere occasioni di crescita.
lei ha un atteggiamento manicheo: “la violenza appartiene solo alla destra, il male sta tutto da una parte….” purtroppo per lei il modo è assai più complesso e giustamente chi non riesce a capirlo ha poi serie difficoltà a muoversi in ogni senso. e resta isolato e soprattutto preda delle sue nevrosi. non che l’isolamento sia un male, non che io voglia darLe della nevrotica, ma occorre anche fare attenzione al rischio. perlomeno se ci si isola in una torre d’avorio e di intransigenza occorre allora esserne consapevoli e accettare che il prezzo da pagare è il silenzio.
per poi evitare di accusare la rozzezza altrui, specialmente quando è la propria intransigenza a essere controproducente. ma non mi sento neppure di giudicarla poi così male solo sulla base dell’isolamento. scelte sue.
sul razionale/irrazionale il giudizio è relativo. e la Medea del mito secondo me ha agito con piena razionalità.
se avesse ucciso Giasone?
per me avrebbe fatto ugualmente bene. era uno stronzo.
ma a colpirne la discendenza ha fatto meglio: ha colpito dove fa più male. cosa che a molte donne riesce bene. e io mi creda non le biasimo ma le invidio. io non sarei capace di tanta crudeltà.
leggerò volentieri l’opera della Wolf.
la ringrazio per lo scambio di opinioni.
un consiglio: sia più aperta di vedute.
cordialissimamente.
gentile signor furio,
se è questa la estrema destra che lei preferisce siamo lontani anni luce.
lo siamo anche se a lei piacciono i modelli di donna forti e risolute (come le kapo’?).
scusi le banalità ma chi preferisce la destra, per di più estrema, per me/noi non può essere un interlocutore.
è la cultura conservatrice e di destra che genera tutto quello che noi subiamo.
in quanto alla medea di euripide (che viene descritta come simbolo della violenza irrazionale contrapposta alla razionalità patriarcale della civiltà greca) penso proprio di essere più d’accordo con la sua professoressa che con lei.
ammazzare i figli per mutilare la stirpe, la discendenza, quindi fare un dispetto al marito è un grande gesto di reazione se ritenuto di natura simbolica altrimenti io non ci vedo una così grande conquista. i figli non sono stirpe ne’ discendenza dell’uomo. è l’uomo che li considera tali e costruisce storie dove persino le reazioni delle donne avvalorano questa tesi. agire secondo logiche patriarcali in contesti patriarcali per sconfiggere il patriarca è quanto di più paradossale possa esserci. infatti a scrivere la storia è un uomo.
è quello che fanno gli uomini: ammazzano i figli per fare dispetti alla moglie. i figli non sono appunto ne’ discendenza ne’ proprietà in nessun caso.
la medea – per come viene descritta – è donna incastrata tra simboli e soluzioni care agli uomini autoritari, vendicativi e per l’appunto di destra. perciò a lei piace.
la medea uccide un uomo per far fare carriera al padre dei suoi figli, poi ne uccide la giovane promessa sposa. se la medea avesse ucciso il marito invece che i figli avrebbe gradito ugualmente?
la reazione che non piace e della quale si parla nel post è cosa assai diversa. non passa attraverso la cultura patriarcale, non infligge autoritarismo, non soddisfa le fantasie erotiche sadomaso di chi preferisce le mistress. si parla solo di donne che reagiscono per diferdersi in maniera autonoma. donne che si rialzano per continuare a vivere senza continuare a interpretare la parte “della stuprata” di professione per motivare richieste e rivendicazioni che dovrebbero esserci a prescindere da qualunque genere di violenza. bisogna essere stuprate per avere diritto ad un po’ di attenzione? nella nostra società questo è il messaggio che sta passando.
di questo si parla nel post che lei ha commentato.
cordialmente
ps: le suggerisco di leggere la versione della medea di christa wolf – edizioni e/o. nella versione che le suggerisco medea è una maga, donna forte e libera che ha la capacità di guardare le cose con maggiore chiarezza. il suo “secondo sguardo” le fa scoprire cose sulle quali si fonda il potere degli uomini. medea verrà accusata, denigrata per questo….
è interessante. mi creda 🙂
mah….
ti inviterei a considerare le eccezioni. questa ideologia che ha paura della donna reattiva esiste anche a sinistra. purtroppo.
anni fa andavo a ripetizione di latino da una professoressa, di estrema sinistra, anziana e molto combattiva, colta e consapevole.
ci siamo trovati a parlare di Medea. e ho scoperto, con stupore che eravamo non solo schierati su due fronti opposti, ma persino che i ruoli – data la rispettiva appartenenza politica – erano invertiti.
lei, presumo comunista e femminista, deplorava l’infanticidio commesso da Medea come una sconfitta, io, che allora ero come adesso di estrema destra, ero affascinato da questa donna forte e risoluta e la ammiravo proprio per essersi assunta in forza di un puro atto di volontà, tanto più forte perché profondamente sacrilego per l’epoca e la morale greco-romana, un ruolo da dominatrice e arbitra del proprio destino e della propria prole. in sintesi, per me Medea era vincitrice. per la mia prof. era una perdente come madre e come donna.
io a tutt’oggi non me lospiego. ma continuo a sognare un mondo in cui uomini e donne saranno eguali, liberi e forti. anche appartenendo alla parte politica che tu accusi.
come vedi forse esistono anche le eccezioni.
sulle ronde basti dire che così come sono organizzate sono una mera pagliacciata che si squaglierà al primo colpo di vento ed esaurito l’allarme mediatico a comando.
sottoscrivo in toto la tua frase di apertura: luoghi comuni producono soluzioni stupide.
cordialmente.
Concordo pienamente anche io!A me è personalmente capitato di sentir definire delle bambine come “mignotte dentro”,espressione non solo altamente offensiva,ma spesso condita con del dispezzo ben occultato e anche una buona dose di ipocrisia.(come dice bene la mia mamma:ognuno sulla carrozza sua ci fa salire chi gli pare senza dover essere giudicato)Ulteriore dimostrazione di sessismo è che se a richiedere attenzioni è un maschietto viene elogiato come ometto sveglio e perspicace(come se la curiosità infantile possa essere confusa con l’istinto sessuale adulto).Per quanto concerne la forza ed il coraggio delle donne che reagiscono alla violenza tornando a Vivere posso solo esprimere la mia profonda ammirazione e solidarietà.Io non so se ne avrei,ma loro mi danno speranza,perchè è obiettivamente femmina la capacità far risorgere le nostre anime brutalizzate e uccise.Certo la cicatrice sarà indelebile(sopratutto quando la vittima è una bambina o una giovane che non ha avuto esperienze sessuali),ma non sarà un marchio di condanna all’infelicità.Per questo nel mio piccolo auguro loro di Vivere,di ridere,di amare con anima e corpo.Non per dispetto a qualcuno o qualcosa,ma per loro stesse,perchè se lo meritano,come tutte.Sono consapevole che le mie sono solo parole,ma io nell’amore e nella speranza ci credo,perchè se no,stupro o non stupro,non avrebbe senso vivere.
Un abbraccio a tutte!
Quoto! Io ho una cuginetta di soli 3 anni. Le mie zie le danno della vanitosa, le danno già della signorina nonostante è alta meno di 1 metro. Una voltaera in braccio a mio cugino carino di circa 30 anni e le hanno dato in poche parole della “donna già fatta”. Sn rimasta disgustata, che battuta di pessimo spirito!