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Hard Candy

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/d/d7/Hard_Candy.jpg/800px-Hard_Candy.jpg

In Giappone c’erano delle ragazzine che adescavano via internet vecchi pedofili e poi li torturavano. Da questa storia è venuto fuori un film che ribalta completamente la visione edulcorata che descrive le adolescenti come piccole creature indifese. Hard Candy è un film di qualche anno fa ma in italia è arrivato solo da qualche tempo in dvd. Il perchè lo si può facilmente intuire. Il mercato della distribuzione cinematografica è assolutamente monopolizzato solo da un certo tipo di produzione e dunque non dobbiamo sorprenderci se nelle sale abbiamo visto spopolare il film Juno (che ha per protagonista la stessa Ellen Page che possiamo ammirare nel thriller/horror di cui stiamo parlando) per settimane anzi mesi con tutta la retorica che lo ha accompagnato nel senso dell’amore per la vita, del senso pieno della scelta di non abortire e bla bla bla bla.

Allo stesso modo non possiamo essere stupiti dal fatto che ogni altro film che parla di modelli fanciulleschi differenti e persino di una capacità di reazione autonoma da parte delle ragazzine non poteva essere accolto bene dalla cultura conservatrice, perbenista, cattolica, puritana e bigotta dell’italietta che torna al culto della verginità, della colpa della vittima nei processi per stupro e dell’assoluta valorizzazione delle donne solo se nel ruolo della vittima che si offre a sublimare il modello securitario e insiste nel riaffermare la fragilità femminile come già fu nell’ottocento delle lettere scarlatte e delle pulzelle che si affidavano ai prodi cavalieri.

La ragazzina del film in questione invece sa perfettamente difendersi da sola e se ne frega delle sollecitazioni del pedofilo che è caduto nelle sue grinfie. Non ha sensi di colpa mentre passa il tempo a torturarlo, non ha il minimo dubbio che la sua difesa/aggressione/tortura non potrà causargli alcun problema di tipo psicologico o chissacchè. Non si lascia incastrare dalla logica morbosa e perversa che cerca una motivazione necessaria alla sua esigenza di disinvolto sadismo e alla fine vuole persino ricavarne insidiosi strascichi che dovrebbero condizionare la sua personalità. Soprattutto: esprime la sensualità civettuola e arrapante tipica di una adolescente di 14 anni che un po’ certo produce sensazioni contrastanti in chi condanna il pedofilo e poi però si ritrova a constatare quanto lei sia sessualmente seducente. Ipocrisie e contraddizioni che già Fastidio ha rilevato assai meglio di me.

Lei è perciò una che non uccide, non procura ferite ne’ mutilazioni. Lei, semplicemente, tortura e ricorda ad un uomo ciò che egli è senza negare a se stessa la possibilità di mostrare al mondo quanto ha ben recepito la lezione che la legittima a dichiararsi vittima innocente sino a svelare ogni possibile distorsione del sistema giudiziario e sociale del suo paese. Due ruoli sovvertiti per delle scene che disorientano o restituiscono complessità sul piano morale alla questione della pedofilia senza perciò stesso mai giustificarla. Resta intatto il principio della consensualità, il peso della molestia o dello stupro quando la relazione è impari perchè basato su differenti livelli di consapevolezza, su differenti aspettative, su differenti misure di quantità di potere esercitato e sul diritto sacrosanto delle ragazzine a non essere mai toccate da chi intende la loro giusta e sana pulsione a sperimentare sessualità come un richiamo per il proprio morboso e molesto piacere. Il resto giudicatelo da voi.

La storia avvenuta a Bergamo potrebbe comunque far capire bene quanto intendiamo dire. Minorenni assunte in nero da un datore di lavoro che le molestava e esigeva prestazioni sessuali sotto minaccia di licenziamento. Questo è quanto normalmente (e non dovrebbe essere così normale) accade ad ogni donna in condizioni di debolezza o ricattabilità. Una donna adulta è più attrezzata di strumenti e certezze e dunque forse in grado di produrre una reazione più decisa. Una ragazza giovane può essere più ricattabile e non in grado di comprendere che vi sono prospettive differenti che non siano quelle della molestia subìta. Di fatto l’italia da un lato condanna i pedofili e dall’altro chiama puttana ogni ragazza che denuncia uno stupro. Da un lato sancisce regole repressive che normalizzano gli orientamenti sessuali perchè si dirigono soprattutto alla ricerca di vizi e desideri di gay, lesbiche, trans e a poco servono sul piano culturale se non a criminalizzare le relazioni adolescenziali quando queste non sono esclusivamente etero e dall’altro lascia impuniti preti che pedofili lo sono sul serio perchè dedicano le loro attenzioni a bambini di 5/6/7/8 anni. Da un lato manifesta ribrezzo per certe azioni e dall’altro condanna le donne, sin da ragazzine, ad una condizione di assoggettamento che le consegna in mano a chi le "possiede" con più convinzione. 

Quello che sappiamo è che le nostre relazioni sessuali sono iniziate prima dei diciotto anni e se per la legge erano vietate, per noi sono state normali e sane esperienze di conoscenza del nostro corpo e di ricerca del nostro piacere. Quello che sappiamo, ancora una volta, è che i casi che ricordiamo nei quali una nostra coetanea è stata stuprata e molestata da un uomo più grande avvenivano in luoghi per così dire protetti: in chiesa, a cura di chi doveva insegnare catechismo, o in famiglia per mano dello zio, del padre, del fratello. Negare che possa essere così e assegnare tutto il pericolo agli sconosciuti è quasi inutile e segna una vecchia verità: che le donne, così come le ragazzine non devono essere toccate da stranieri o estranei perchè di proprietà. Che far pensare che il pericolo sia sempre lontano da noi salva la famiglia come luogo considerato protetto invece che come aggregazione spesso forzata (dalla cultura, dalla violenza, dalla mancanza di autonomia economica delle donne) che produce atrocità di ogni genere.

Posted in Vedere.


2 Responses

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  1. Area says

    La pedofilia è il problema. La castrazione è la soluzione ventilata.
    Non occorre scomodare Freud, e il suo famoso “complesso”, per capire che a noi maschietti fa un certo effetto. Immagino faccia effetto anche alle femminucce che, sempre a detta del famoso psicanalista, dovrebbero soffrire di una certa invidia ed essere propense a “taglienti” fantasie.
    Il film pone tutto quest’agglomerato di paure e fantasie al centro della scena.
    Il paziente, sospetto pedofilo, è sottoposto all’operazione chirurgica “più facile”. La dottoressa, professionale e munita di camice da sala operatoria, dispensa consigli sul modo di affrontare “l’esperienza” della castrazione. Noi maschietti sudiamo freddo, in piena empatia con il paziente. Non voglio ipotizzare sulle possibili empatie delle spettatrici.
    Alla fine si scopre che l’operazione era soltanto una messa in scena. Noi maschietti tiriamo un profondo sospiro di sollievo.
    Il film diventa poi quasi banale. Tutto termina con il poco credibile suicidio dell’ancora meno credibile pedofilo. La fidanzata del “mostro” sta arrivando e scoprirà, si suppone, quello che noi spettatori non abbiamo scoperto.
    La diabolica bamboletta, con tatto di felpa da cappuccetto rosso, si defila.
    FINE.

  2. Francesco says

    Appena visto.
    Giudizio: film sadomaso per pedofili.