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Misoginie sparse

Ieri sera al concerto di Caparezza
(ebbene si, lo confesso, faccio le pulizie semestrali rap-pando i suoi
pezzi) la maggior parte delle persone presenti non superava i diciotto
anni. Sicchè mi sono ritrovata a fare a culate con un gruppo di
fanciulli che insisteva nel voler coinvolgere gioiosamente chiunque in
questa cosa che a loro pare tanto divertente: pogare. Consiste proprio
nel saltare lanciandosi l’uno contro l’altro sollevando tanta polvere e
causando qualche minima lesione ai/alle presenti.

Non avessi avuto questa
intensa passione per questo cantante pugliese riccioluto alla mia
tenera età mi sarei guardata bene dal volere stare proprio sotto il
palco. Ma lui ha quel che di geniale che ogni tanto si trova negli
artisti sinistrorsi fino a che non vengono assorbiti dal casting
veltroniano delle feste dell’unità. In quel caso persino il loro
sguardo diventa liquido e la loro personalità si trasforma contagiata
dai "ma anche" che – come accaduto al bennato dell’isola che non c’e’ –
possono persino portarli a raduni musicali convocati da amministrazioni
comunali di centro destra (è accaduto a palermo nel 2000 o 2001 credo).

Dicevo del concerto: per
guadagnare l’uscita dal club degli infanti, tutti sedicenti
appartenenti all’onda studentesca, ho spostato lievemente la spalla di
una ragazza che immediatamente si è rivolta al suo ragazzo/protettore.
Quello mi guarda e sogghignando dice alla protetta che può sempre
darmi una bella gomitata. Lei mi ri-guarda e facendomi la grazia
abbraccia il bodyguard consegnandogli per intero il suo corpo.

Fosse stata una discoteca
e fossi stata io un uomo di sicuro sarebbe finita a coltellate. Invece
ho abbandonato le prime file e mi sono rifugiata in un angolo che era
più adatto alla mia voglia di godermi lo spettacolo senza farmi
massacrare. Dopo aver guadagnato un posto in una panca e aver ballato
per almeno tre canzoni, mi sono guardata attorno e ho visto esattamente
il luogo nel quale io mi trovavo: il girone delle anziane. Io ero la
più giovane e con me tante altre donne. Alcune mamme dei bimbi poganti
e altre amanti del genere.

Fika, Caparezza perchè non
inventi un passo del qua qua per i tuoi fan? Così, giusto per mandare
in culo questa pogata che oramai è vecchia quanto il cucco ed è davvero
una boiata pazzesca.

Oggi, film del pomeriggio. Relax dopocaffè. Divano, telecomando, la7. Un film di Gillo Pontecorvo: La grande strada azzurra.
La7 vanta il merito di trasmettere corti e film d’autore ricercati,
trasgressivi, controcorrente. Un po’ anti-cristo anti-ghezzi, con
questa voglia di scoprire nei film il realismo e la bellezza delle
pellicole, della rivoluzione culturale rappresentata da certe storie.

Vi racconto il film:
battaglia tra pescatori e finanzieri. I pescatori bombaroli per
sopravvivenza spopolano le acque del mare ammazzando pesci anche dopo
il divieto che obbliga ad una pesca solo con le reti. Per la cronaca:
bombardare i fondali per recuperare il pesce ucciso è una pratica che
impedisce ai pesci di rigenerarsi per un tot di tempo. 

La storia è ritagliata
attorno al personaggio di Squarciò, pescatore bombarolo, simpatico
perchè intraprende una lotta tutta personale con gli sbirri, per
campare la famiglia, per sposare la figlia con una grande festa e per
lasciare una eredità ai figli. Una sorta di eroe positivo della pesca
di frodo dei tempi che furono. Tralascio altri dettagli della storia
che non sono utili alla mia elucubrazione pre-serale.

Due le figure femminili del film:
la moglie di Squarciò e la figlia. La moglie totalmente devota e la
figlia – educata allo sparecchio e al lavaggio piatti anche in momenti di crisi esistenziale – sedicenne in balia degli ormoni che la da’ ad un grazioso
ragazzo del "continente" dopo che lui le ha promesso di sposarla. Il
poveretto però muore e lei – che per fortuna non è rimasta incinta e
non deve finire i suoi giorni in convento – piange lacrime amare perchè
è rovinata per sempre.

I due fratelli condividono
con lei la sorte e la sorvegliano, tutori della verginità perduta
persino a cinque anni, con una chiarezza di intenti che lascia
immaginare come questi poveri "machi" in fasce siano stati addestrati
sin dalla culla.

C’e’ il fratello che fa a
botte per garantire il matrimonio alla sorella e c’e’ quello – avrà
veramente avuto cinque anni – che si lascia sfuggire frasi come "quello lì la sta stringendo troppo" mentre la sorveglia ad un ballo di paese.

La poverina riceve
un’altra "offerta" di matrimonio da un altro – un terence hill in una
veste anomala – al quale risponde che proprio lei non può, non perchè
non l’ama ma perchè l’ha già data ad un altro "era continentale, la faceva semplice. ma aveva promesso di sposarmi".

Lui resta scettico per un
po’ mentre lei si allontana piangendo. Donna onesta e leale che ha
detto la verità e che non ha ingannato il ragazzo con la bugia di una
verginità oramai perduta. Lui la chiama, la insegue, colpo di scena,
dice "io ti sposo lo stesso" (?!?!?). Lei è felice, grata. Piange e ride allo stesso tempo.

La madre – Alida Valli –
dal canto suo non se la passa tanto meglio. Non può proferire verbo
sulle questioni di una casa dominata da un padre padrone – Yves Montand
– che è sorretto dall’orgoglio mentre finge autorevolezza e stermina
tutti i pesci del mare che attraversa.

Lo fa per rendere felice
la moglie – egli dice – per non farle mancare niente e quando oramai è
prossimo al pignoramento per scadenza cambiali non pagate riesce solo a
rimproverarla perchè "non sei stata brava a darmi un altro figlio".
Lei si lascia abbracciare, mai la prima mossa in questi film, e
confessa che in realtà è stata brava. Aspetta un altro figlio. Alleluia! Lui è
felice e ulula che lo vuole maschio e insiste sul fatto che sua moglie
non avrà nulla da temere con quattro uomini in famiglia.

Infine egli si fa
esplodere ferendo gravemente anche uno dei figlioli. Il piccolo prova a
soccorrerli entrambi ma riesce a portarne in salvo solo uno: il
fratello. Mentre dice addio al padre che gli detta il testamento, il
bambino piange. L’ultima frase prima di morire del pescatore bombarolo
indovinate qual’e’? "Gli uomini non piangono!".

Ai figli resta l’eredità
di far fare un buon matrimonio alla sorella. Alla moglie restano le
cambiali scadute e un altro figlio in pancia da crescere da sola. Che
culo!

Complimenti a la7 per la programmazione. Bastava retequattro – con i suoi western e i suoi film di guerra americani anni cinquanta – per rieducare i maschi al recupero del machismo perduto.

Posted in Pensatoio, Vedere.


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  1. Femminismo a Sud linked to this post on Marzo 27, 2009

    Vi avevo già detto che mi piace Caparezza vero? Questo è il video della canzone contenuta nell’album "Le dimensioni del mio caos": Io diventerò qualcuno.

    In un piccolo video è sintetizzata la abitudine televis…