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Da grande voglio essere libera!

di Enza Panebianco

Niscemi è la tappa di un mioviaggio. Il luogo dal quale sono partita e quello al quale ogni tanto sonoobbligata a tornare. Prima che morisse Lorena Cultraro,io e tante come me, ci siamo morte ammazzate mille volte. L’omicidiosociale non lascia una scia di sangue ma ti ferisce fino in fondo e lepossibilità di guarire sono affidate solo a te.
Di posti come Niscemi ci si ammala. Di posti come Niscemi si può morire. Di posti come Niscemi si può rinascere.

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Dieci anni

Non ho tette e neppure le mestruazioni. Tutto mi sembra abbastanzadeprimente. A casa, mia madre è sempre piena di cose da fare. Io dagrande non voglio diventare come lei. Mi affida dei compiti dasvolgere. Giusti per la mia età: lavo i piatti, passo la cera aipavimenti e poi li lucido. Due strofinacci ai piedi e faccio finta dipattinare a passo di danza. Ecco cosa voglio fare da grande. La ballerina. Nel frattempo i pavimenti risplendono e tutti sono contenti.

Undici anni

Mi hanno promossa sul campo. Sono un caporale della casa. Possopersino stirare le camicie. Non corro più il rischio di farmi male conil ferro da stiro e mio padre non ha più paura che io mandi a fuoco lacasa. Mi hanno regalato una barbie, anzi due. Le ho avute per il giornodei morti. Dovrei divertirmi a pettinarle e rivestirle di cose belle.Invece le allargo le gambe e le braccia, le metto un elastico intornoal collo, arrotolo ben bene e poi lascio andare. La barbie si srotolaveloce come una di quelle signore del circo. Da grande voglio fare l’acrobata. Nel frattempo la nonna mi insegna a cucire i vestitini per la bambola.

Dodici anni

Sono diventata sergente. Ho avuto le mestruazioni e mi sento tantodiversa. Mi sono spuntate due cose sul torace e a scuola mi guardano inmodo strano. Sono piccola, biondina, con gli occhiali da secchiona emiro alla posizione di prima della classe. Se prendo buoni voti a casami vogliono più bene. Mia nonna continua a insegnarmi l’uncinetto e iofaccio dei centrini tutti sgangherati. Devo riuscire a farli perfetti,di quelli che stanno piatti sulla superficie di un tavolo. Invecevengono con l’orlo arricciato. E’ proprio un gran problema questo. Da grande voglio fare quella che fa i centrini più belli di tutti. Nel frattempo pulisco la casa, per aiutare la mamma, che continua ad avere troppo da fare.

Tredici anni

Sono rimasta sergente. Diventare più grandi non sempre è un merito.Mi piace un ragazzo. E’ un mio compagno di scuola. Sono tanto timida equando mi guarda divento tutta rossa. Al paese sono arrivate legiostre. Io soffro di vertigini ma lui mi ha chiesto se andiamo a fareun giro sui calci in culo. Voglio proprio andare. E’ la prima volta chemi rivolge la parola. Non faccio in tempo. Mio padre mi dice  che sevoglio le giostre, pensa lui a darmi tante pedate nel sedere. Da grande voglio fare quella che corre lontano e veloce. Nel frattempo studio per l’interrogazione di storia.

Quattordici anni

Mi hanno retrocessa a caporale. Vado alla prima superiore e mi piaceun po’ meno studiare. Ho bisogno di vivere. Mia madre mi aiuta acucirmi i vestiti su misura e io mi sento una modella. Mi piace unragazzo. Un altro. Questa volta non vado con lui alle giostre. Provo aparlarci durante la ricreazione. Mi piace indossare il giubbotto dijeans di mio fratello e qualcuno, per questo motivo, dice di me chesono una ragazza facile. Io non ho ancora baciato nessuno. Il sessoresta confinato al chiuso della mia stanza. Ogni tanto mi tocco. Perònon devo dirlo a nessuno. Dicono che è peccato.

Alla fine dell’anno scolastico vado alla mia prima festa dicompleanno da sola. Mi invita una compagna. Solo il giorno prima l’hoscampata bella: il dentista strofinava il suo braccio sul mio seno e sivedeva che ansimava. Stava con il trapano sul mio molare. Eroparalizzata dal dolore e dalla vergogna. Appena ha mollato la mia boccasono scappata via di corsa. Non l’ho mai detto a nessuno. Avevo paurache a casa mi avrebbero punito. Meglio non pensarci.

Sono felice. Mi preparo ad andare alla festa. Ci viene anche uno checonosco. Prova a baciarmi e io lo guardo allibita. Mi dice che lo hafatto per mettermi alla prova. Per vedere se sono una brava ragazza.Poi lo racconta a sua madre e lei lo dice alla mia. Sono contenta chemamma abbia risposto che non ha bisogno che le conoscenti sguinzaglinoi figlioli per verificare il mio grado di purezza. Da grande non voglio diventare come mia madre. Però mi piacerebbe somigliarle molto.

Quindici anni

Sto quasi per tornare soldato semplice. Frequento la secondasuperiore. Aiuto mia madre in casa. Però sono più svogliata. Vorreiuscire di più ma ho degli orari da rispettare. Sono disobbediente,ribelle e litigo spesso con mio padre. Lui non vuole che io fumi, mitrucchi, esca, respiri, ami, sia felice. Non della felicità che intendoio almeno. Ho imparato a fumare nel bagno della scuola. Mi pettino icapelli ogni giorno in un modo diverso. Ho scoperto un giornalino chesi chiama “Due più”. L’ho comprato di nascosto. C’e’ scritto tutto sulsesso. Informazioni corrette: per conoscere il mio corpo, per saperecome fare e quando farlo, per sapere come non prendere malattie. Inpaese è arrivata solo qualche copia dei primi due numeri. Poi piùniente. Perciò: so come è strutturata la mia vagina, ma non soesattamente che cosa farci. A casa non si parla di queste cose e inchiesa men che meno. Sarà rischioso? Chi lo sa. Finisce che l’unico chemi spiega le cose è lui, il ragazzo che frequento. Ma è il suo punto divista. Da grande voglio fare quella che ha un punto di vista indipendente.

Quindici anni e mezzo

Sono stata retrocessa a  soldato semplice. A scuola rischio diessere rimandata a settembre. Non rispetto gli orari di casa e spessovengo ripassata di legnate. Pare siano educative. Io penso che con menon funzionano. Oggi mi è successa una cosa strana. Alla fine deigiochi della gioventù, un compagno si offre di darmi un passaggio sulmotorino. Mi propone di fare un giro largo, passando per i boschi. Noncapisco ma non ho grandi alternative. Il campo sportivo è troppolontano da casa. Con me c’e’ un’altra ragazza che viene presa in sellaad un altro motorino. Si accodano anche altri due amici. Io sono quasicontenta. Sono così premurosi da accompagnarci in quattro. Invece cifermiamo al bosco. Non per prendere una boccata d’aria. Dicono di farequello che loro chiedono, altrimenti ci lasciano in piedi. Io dico:cosa? E loro portano avanti le trattative come fossero pieni diesperienza in queste cose. Patteggiamo per una palpata di tette. Ilprimo si avvicina, ne svita una e poi si allontana. Il mioaccompagnatore fa cenno di andarsene, perché non “c’e’ piacere”. Lui sicomporta da capo branco. Noi effettivamente siamo un po’ spaventate enon ci riesce di apparire sensuali e vogliose come in un film porno.Uno prova a insistere. Vuole anche un lavoro di bocca. Noi facciamoscena muta. Torniamo a casa a piedi.

Io mi sento una cosa. Un oggetto di piacere. Voglio poter scegliere.Imparare a capire cosa piace a me, per diventare soggetto, protagonistadella mia vita sessuale. Arrivo a casa tardi. Non posso raccontareniente. Direbbero che è stata colpa mia. Non avrei dovuto accettare ilpassaggio. Da queste parti, accettare un passaggio equivale a dire diessere disponibili a farsi molestare. Da grande voglio fare quella che ha la patente e non ha bisogno di farsi accompagnare da nessuno.

Diciassette anni

Oramai sono rassegnata a non avere più nessuna funzione. Sono unsoldato poco obbediente. Quasi un disertore. Spesso mi mettono agliarresti. Sono inadempiente rispetto al mio ruolo di cura. Sono ancheuna figlia femmina che fa parlare troppo di se’. Mio padre ogni giornoarriva in piazza e gli altri passeggiatori solitari gli raccontano diavermi vista dappertutto. Addirittura in posti diversi nello stessomomento. Ecco come succede che si guadagna il dono dell’ubiquità. Ilpaese è di una noia mortale. Non fosse per le passeggiate al corso, unavasca, due vasche, tre vasche, con i maschi messi sul marciapiede e noifemminucce a fare da mercanzia. Come in una fiera di mucche. Ci sonoquelli che le scelgono con cura. Qualche volta i conoscenti miilluminano con tesi sulle proprietà dell’acquisto. Una ragazza si deve ‘ddivari.Devono prenderla ancora vergine e crescersela. Una più grande d’età nongarantisce il possesso dell’imene e neppure di una certa tendenza allasubordinazione, che non fa mai male. Meglio una fanciulla succube,sulla quale poter esercitare il proprio ascendente fino adaddomesticarla per farne una moglie e una madre. Da grande io voglio essere persona.

A me non piace essere ipocrita e allora piglio botte. In paese cisono tante regole da rispettare. Se vuoi fumare all’aperto devi farlooltre il Belvedere. Al buio. Con la cenere ardente ho bruciato tanti diquegli abiti che non potete immaginarlo. Poi bisogna stare attente anon entrare in un bar da sole. Al bar ci vanno solo le puttane. Cosìdicono. Infine se devi uscire con un ragazzo è tutta una gara a chifugge meglio dal paese senza essere vista. Amo poco la partedell’agente segreto e queste regole da spionaggio industriale misembrano ridicole. Confesso però che qualche volta lo faccio. Siferma la macchina. Angolo buio. Attenta a che non mi veda la vicinaimpicciona. Salgo in fretta. Sedile posteriore. Lui è attrezzatissimo.Ha un plaid per coprirmi la faccia e persino dei teli di plastica chespero non servano ad occultare il mio cadavere. Nessuno deve saperedove sono diretta. Invece tutti sanno perché vanno più o meno nellastessa direzione. Ci sono distese di campagna fitte di macchine concoppie che parlano, ridono, si baciano, si amano, litigano, qualchevolta si fanno male. Io decido che è meglio se sto dritta e benvisibile. Sai mai succedesse qualcosa. Almeno sanno con chi sonoandata. Da grande voglio fare quella che non si deve nascondere mai. Voglio poter amare senza stratagemmi.

Diciannove anni

Ho avuto una adolescenza un po’ tribolata. Pene d’amore, grandipassioni, delusioni, crisi post puberale. Ora ho scoperto di essereincinta. E’ successo. In casa c’e’ stata una tragedia. Non ci posso piùtornare. Devo andare con lui. Anche se non sono sicura. Anche se nonvoglio. Anche se ho sbagliato. Il giorno dopo dicono che ho fatto lafuitina. Mi trovo a preparare il mio matrimonio riparatore. Mia madresta organizzando il corredo all’ultimo minuto e mio padre ancora nondigerisce che io abbia tradito la sua fiducia. Non è cattivo. Ha soloreagito nell’unico modo che conosce. Da maschio siciliano. Mia madre falo stesso. Determinata a salvare il mio onore. Mi dice che devosposarmi per forza. “Meglio una donna divorziata, che una ragazzamadre!”. Se non lo faccio, la mia famiglia non mi parla. Mi sento sola.Vivo in un posto orribile e sento tanto freddo. La mia pancia diventapiù grande e i miei lividi più evidenti. Prendere botte non è unanovità. Mi convinco che è quello l’unico modo di essere amata. Sicresce insicure a non essere abituate a pretendere il meglio per noistesse.

Una notte lui mi picchia più del solito. Strappa i miei libri e brucia i miei scritti. Mi vuole cancellare. Finisco in mezzo allastrada a correre senza sapere dove andare. Busso ad una porta percercare riparo. Mia suocera mi dice che non vuole immischiarsi e milascia al freddo. Cado. Mi portano in ospedale. Considerano i mieiproblemi di tipo psichiatrico. Se qualcuno ti picchia e tu seicostretta a vagare per strada la notte da sola, allora devi esserematta per forza. Anzi ti dicono che sei un pochino “agitata”. Un po’ divalium e via.
Da grande voglio fare quella che se qualcuno mi picchia io mi difendo e picchio di più.

Vent’anni

Sono sposata e ho una figlia. Voglio che lei abbia un destinodiverso. Prometto a me stessa di portarla via. Di farla diventare unadonna libera. Di crescere. Anche di mandarmi a quel paese, se vuole.
Oggilui mi ha riempita di botte. Non riesco a nascondere i lividi. Luiadesso è un po’ più calmo. Dopo l’arrivo dei carabinieri ho avuto paurache se la prendesse con me. Loro gli hanno detto di stare un po’ piùattento a non farmi male, lui ha garantito che si era trattato solo diuno schiaffo, quelli mi hanno guardata per chiedere se era vero.Potevano capirlo da soli. Bastava che guardassero la mia faccia. Invecevolevano una conferma da me. Dentro di me dicevo di no, che non eravero proprio per niente, ma dalla mia bocca è uscito un si. Avessidetto la verità lo avrebbero comunque lasciato con me, più incazzato diprima e con più voglia di farmi male.
Da grande voglio fare quella che cambia le leggi, perché non ci deve essere nessuna donna costretta a subire questa tortura.

Ventuno anni

Non ho un lavoro. Faccio fatica a pagare l’affitto. Non so doveandare ma non voglio tornare a fare la figlia. Sono una donna. Unamadre. Ho diritto ad essere persona. Voglio lasciare mio marito. Ne hoabbastanza di botte e terrore. Ne ho abbastanza dei suoi “perdonami.Non lo faccio più” “sei tu che mi provochi” “è perché ti amo troppo”“tu sei mia”. Io non sono sua. Lui non può fare di me quello che vuole.Ne ho abbastanza di essere stuprata. Di essere punita con quel pene chearriva fino in fondo per stabilire una proprietà ogni volta che tentodi rivendicare la mia indipendenza. Mio padre mi ha già difeso unavolta. Io però sono tornata indietro a farmi massacrare. Voglio fareuna scelta diversa. Ne’ figlia ne’ moglie. Voglio essere io. Voglioessere io e mia figlia. Io e chi incontrerò in futuro. Qualcuno che nonmi picchierà mai. Qualcuno che mi amerà così tanto da baciare ilterreno sul quale cammino. Voglio di più. Io merito di più.

Lui adesso sa che lo voglio lasciare per sempre. Ha capito che èfinita. Non tornerò più indietro. Non vuole lasciarmi andare. Miconsidera una cosa sua. Lo butto fuori di casa. Mi perseguita. Miinsegue. Io dormo con un coltello sotto il cuscino. Lui terrorizza imiei amici. Si arrampica al secondo piano e sfonda la mia finestra. Nonha più niente da perdere. Mette le mani attorno al mio collo eschiaccia. Stringe. Schiaccia sempre più forte.
Io sento solo leurla di mia figlia che mi chiama. Non avere paura tesoro, passa prestoamore mio. Non avere paura. Passa tutto.
Vedo la mia vita tutta intera. Poi più nulla.

Quando riapro gli occhi lui è sopra di me. Le mani al viso. E’sconvolto. Pensa di avermi uccisa. Mia figlia piange disperata. Corroverso di lei. Lui non si oppone. Scappo via, lontana. Da quel momentospero di non rivederlo mai più. Da grande voglio almeno sopravvivere!

Ventiquattro anni

Ho ottenuto il divorzio. La mia famiglia mi è stata accanto. Miamano e adorano mia figlia. Non ci manca niente. Mi aiutano acontinuare gli studi. Poi a realizzarmi sul lavoro. Ho una vita piena.Senza problemi…
Per il paese però, io sono carne marcia. Robaavariata. Non posso aspirare ad una vita privata, ad una dimensioneaffettiva e sessuale. Se lo faccio sono una puttana. Non ho diritto aduscire, divertirmi, conoscere gente…
Non posso più tornare a vivere.L’amore non è più per me. Se sei donna e divorziata devi vivere in unostato di vedovanza per essere trattata con rispetto. Una divorziata nonha chance.
Ricevo una offerta di matrimonio da un vedovo consvariati figli. Ha sessanta anni. Cerca una badante tuttofarebarattandola con una parvenza di “rispettabilità”. Ovviamente rifiuto.Mi guarda male come se si aspettasse riconoscenza. Pensava di farmi unfavore.
Da grande voglio fare quella che decide della sua vita senza queste regole del cavolo. Da grande voglio essere libera!

Quarantadue anni

Vivo serena. Non mi sento vittima. Le cose succedono perché capitadi non potere scegliere o perché si sceglie male. Da bambine siamovittime. Da grandi siamo in parte corresponsabili di quello che cisuccede. La vita ci appartiene. Cambiarla dipende principalmente danoi. Possiamo scegliere di dire basta. Di reinventare tutto. Possiamofregarcene dei pregiudizi della gente, smetterla di lasciarcicondizionare dagli altri, di restare imbrigliate negli stereotipi,prigioniere dei luoghi comuni e di regole senza senso. Possiamo metterein discussione le convenzioni sociali, ricordando al mondo che già inpassato, chi l’ha fatto è stato messo al rogo ma ha cambiato in megliola società. Siamo persone fragili. Tutte quante. Se non siamo capaci dilottare e pretendere quello che ci serve per vivere, non possiamoaspettarci che qualcuno lo faccia per noi. Meglio essere protagoniste,artefici del proprio futuro.

Ho un meraviglioso compagno. Una famiglia fantastica che mi è stata accanto, nel bene e nel male, tentando in ogni momento di fare del propriomeglio. La mia vita mi piace adesso. Faccio quello che ho sempresperato di fare e di quello che è stato non resta più niente.

Solo il rimpianto di non aver lottato abbastanza perché in questoluogo, a Niscemi, nessuna soffrisse o morisse mai.

So che non è statacolpa mia. Nessuna merita di essere maltrattata. So che ho pensato diessere una persona da niente. Perché venivo punita in ogni momentosenza nessuna ragione, perché pensavo di dover chiedere scusa per lamia fragilità. Perché pensavo di non avere diritto ad avere bisogno diaiuto.

Sono faccende molto complicate. Chi le liquida con due parole è superficiale.
Da grande, voglio fare quella che non si arrende. Da grande voglio fare quella che dice sempre la verità.

Posted in Corpi, Narrazioni ultimate, Omicidi sociali, Personale/Politico, Storie violente.


2 Responses

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  1. enza says

    che bella questa cosa vivian :)*
    grazie.
    se ogni donna aggiungesse a questa storia e a tante altre un paragrafo le nostre vite sarebbero migliori. questo è sicuro.
    è vero. noi siamo amiche.
    un bacio

  2. vivian says

    Quarantatre anni

    Oggi è il tuo compleanno. Pochi o molti che siano sono i tuoi anni e sono un po’ anche i nostri,
    perché noi siamo amiche, per quei cammini comuni, per i passi allegri di danza delle volte in cui qualcosa ci è piaciuto, per le volte in cui ci siamo fermate per il dolore o la tristezza, noi siamo amiche. Avviciniamo le nostre mani al tuo volto e con una tenera carezza ti diciamo …cara ti vogliamo bene e siamo qui con te e se a volte non ci siamo state abbastanza l’una per l’altra non è stato per indifferenza o distacco, ci siamo già perdonate per i nostri torti e abbiamo già accolto le nostre ragioni perché noi siamo amiche.
    Oggi è l’occasione giusta per dirlo

    Buon compleanno