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Una moratoria sull’obiezione di coscienza

dal Manifesto di oggi

Moratoria? Sull’ obiezione
Il ginecologo Carlo Flamigni, membro del Comitato nazionale di bioetica: «Cambiare la legge 194»

«Una moratoria contro l’obiezione di coscienza dei medici alla legge 194»
. La normativa vigente sull’aborto non è intoccabile, per il ginecologo bolognese Carlo Flamigni, esponente del Comitato nazionale di bioetica. Anzi, andrebbe senz’altro modificata. Ma solo riguardo l’articolo 9, l’unico ormai obsoleto, attacca Flamigni: «Quando è stata varata la 194 l’obiezione di coscienza aveva un senso, ora non più».

È d’accordo con il documento dell’Ordine dei medici?
Certamente, finalmente un ragionamento basato sul buon senso. La legge 194 ha funzionato discretamente, malgrado gli obiettori di coscienza che hanno creato un problema serio: ha diminuito gli aborti e praticamente eliminato quelli clandestini.

Quindi la 194 non si tocca.
No, invece andrebbe modificata. Eliminando l’obiezione di coscienza.

Si spieghi meglio.
Quando venne scritta la legge 194, l’obiezione di coscienza era necessaria perché nei reparti di ginecologia lavoravano da tempo molti medici cattolici che non erano pronti ad accettare, secondo la loro morale, la pratica degli aborti. Ma oggi quando un medico sceglie, negli ospedali pubblici, i reparti di ginecologia sa che entra in un luogo dove si difende la salute della donna. E lo si fa anche interrompendo le gravidanze quando queste rappresentano un rischio per la salute, nel senso ampio imposto dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il problema è che oggi c’è un enorme numero di medici obiettori e in gran parte dei casi la scelta non è dettata dalla convinzione personale ma dalla convenienza o dal pragmatismo. Questo grande numero ha fatto sì che le gravidanze vengano interrotte con un ritardo sempremaggiore e mettendo sempre più in pericolo la salute della donna. Non si può andare avanti così: vanno presi subito dei provvedimenti.

Come? Non si può mica costringere un medico a praticare aborti.
No, ma si può costringerli ad andare a fare un altro mestiere. Io non metterei mai un medico Testimone di Geova a fare trasfusioni, e lui non lo chiederebbe mai. Quindi non vedo perché non si possa pretendere da chi lavora nei reparti di ginecologia di occuparsi della salute della donna a 360 gradi e non solo fino ad un determinato punto. Se poi il medico dovesse cambiare idea solo
successivamente, sarà lui stesso a dover chiedere di lasciare l’ospedale per occuparsi di altro, o di essere trasferito in altri reparti. Mi sembra che sia davvero arrivato ilmomento di chiederlo. Fino ad ora non avevo mai sollevato il problema perché mi sembrava ci fosse una pacificazione apparente
che meritava di essere, per il momento, rispettata. Davanti a un’aggressione che è diventata una crociata, non vedo perché ci si debba trattenere ancora. In tempi di crociate ci si difende come si può, e questo mi sembra un modo giusto: mettere in evidenza quello che veramente non funziona della 194. Tutto il resto funziona benissimo e va lasciato com’è.

E per l’obiezione di coscienza usata a sproposito contro la pillola del giorno dopo?
In Italia è riconosciuta l’obiezione solo per il servizio militare, per la vivisezione, per la legge 40 e per la 194. Non certo per gli anticoncezionali. Oltretutto è appena stato pubblicato un bellissimo lavoro degli scienziati del Karolinska Institutet di Stoccolma che dimostra che la "pillola del giorno dopo" non inibisce l’impianto. E ora ci si aspetterebbero le scuse dei cattolici. Quando fu varata la legge 194 chiesi che i medici obiettori di coscienza usassero il tempo non dedicato alle interruzioni di gravidanza, alla prevenzione degli aborti, a andare nelle scuole per fare educazione sessuale e ragionare sui concetti filosofici e sociali della prevenzione. Mi sembra che siano moralmente impegnati a farlo. Per questo io propongo una moratoria sull’obiezione di coscienza.

Un’altra moratoria? Ma che vuol dire?
Non lo so, perché non so cosa vuol dire fare una moratoria. Ma tant’è: si faccia una moratoria.

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio.


3 Responses

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  1. Gurdulù says

    Salve deceptacon,
    sto raccogliendo materiale sulle nuove forme di obiezione di coscienza. Sarei molto interessata ad accedere ai dati che citi nel post qui sopra: su obiezione nel pubblico e pratica nel privato.
    La mia email è: gurdulu@email.it
    spero tanto di ricevere una risposta
    grazie intanto

  2. deceptacon says

    a tutte le cose giustissime che rileva Flamigni bisogna aggiungere il fatto che per molti medici l’obiezione di coscienza è un’opzione di convenienza carrierista: le ivg sono interventi poco qualificanti dal punto di vista professionale, per cui preferiscono dedicarsi a patologie rarissime che spiccano sul curriculum. In sostanza chi pratica le ivg fa un lavoro di “routine” che non permette di fare carriera. Inoltre all’obiezione di coscienza nel pubblico, spesso si associa un’alta incidenza delle ivg nel privato, spesso praticate proprio dagli stessi obiettori. E’ questo il caso, per esempio, della puglia. Purtroppo non ho i dati sotto mano perché sono fuori dall’Italia ora, ma con le altre di lottononsoloamarzo/usciamodalsilenzio puglia li abbiamo analizzati attentamente ed era lampante: per quanto in puglia il numero degli obiettori sia altissimo, si realizzano un numero di ivg altrettanto alto. Ovviamente per la maggior parte privatamente e ovviamente con gravi conseguenze per le tasche, ma soprattutto per la salute delle donne perchè i privati non hanno alcun interesse a fare campagne di prevenzione e a prevenire le gravidanze non desiderate.
    a.

  3. Adriano Benelli says

    Il prof.Flamigni ha perfettamente ragione a dire che i medici che entrano a lavorare in un reparto di ginecologia sanno che praticare l’IVG è un dovere istituzionale, fra l’altro previsti nei protocolli delle Unità Operative di Ostetricia e Ginecologia. Tali protocolli devono essere portati a conoscenza di tutto il personale appena entra a lavorare nel reparto.Lo stesso vale per il resto del personale, osteriche e infermiere professionali e lo stesso discorso lo dobbiamo pretendere per i medici anestesisti .
    Adriano