Il 18 novembre, cioè la scorsa domenica, Liberazione ha pubblicato, nell’interessantissimo inserto Queer che esce ogni domenica con il quotidiano, numerosi interventi, che espongono vari punti di vista, tutti dedicati alla manifestazione del 24 novembre contro la violenza sulle donne. Gli interventi potrete trovarli prestissimo online sul sito del giornale (cercate allegato queer in data 18 novembre). Io ve ne passo – abusivamente – uno che condivido e che mi sembra chiarire l’equivoco che sta nel ragionamento di chi ha immaginato – riferendosi alle opinioni di chi si oppone al separatismo – che la pratica (della manifestazione per sole donne) potesse essere scissa dal contenuto (la lotta contro la violenza sulle donne). Quando pratica e contenuto sono la stessa cosa il risultato che viene fuori è appunto la acuta riflessione di Gaia. Inserisco a seguire un mio molto ma molto più modesto contributo che parla sempre di essenzialismo strategico e contrapposizioni binarie. L’insieme di questi interventi sono pubblicati non in maniera distruttiva o irrispettosa della fatica e delle ottime intenzioni delle donne che stanno lavorando sulla manifestazione – che mi auguro (come me lo auguro per ogni bella iniziativa dedicata alle donne) abbia una ottima riuscita – ma per far emergere che può esserci una partecipazione critica (alla discussione sulle pratiche contro la violenza sulle donne e alla stessa iniziativa del 24 novembre), che ha pari legittimità e dignità, non "allineata" e non per questo "su commissione" o persecutrice di varie forme di "delegittimazione" (perchè le buone intenzioni non stanno mai da una parte sola). Partecipiamo dunque criticamente, in fondo al corteo, tra i gruppi misti.
**********
Solo donne?
Così ribadiamo i ruoli che generano violenza
Di Gaia Maqi Giuliani
In una mail circolata, tra le altre, sulla lista Sexyshock, in cui vivace e talvolta aspro si è sviluppato il dibattito sulle modalità della manifestazione del 24, è stato citato il concetto elaborato da Gayatri C. Spivak e ripreso da Teresa De Laurentis, di “essenzialismo strategico”.
L’ho ripreso, nel mio contributo a questo dibattito, e lo riprendo ancora in questa sede perché, a mio avviso, è proprio su questo concetto che si giocano i termini delle divergenze e delle contrapposizioni, relative alla definizione delle modalità “separatiste” della manifestazione, che non hanno storia breve ma si perdono in un passato denso di conflitti. Calato nel contesto di questo dibattito, infatti, il concetto è una sorta di indicatore dell’importanza che ha oggi il capire “quale arma di comunicazione strategica” sia più adatta a perseguire un determinato obiettivo, e soprattutto nel caso delle battaglie delle donne. Nel caso italiano, poi, caratterizzato da un immaginario che io definirei “paralizzato” da paure, cristallizzazioni retroguardiste e fughe nel privato, una riflessione sulla “strategia” oggi non solo è importante, è vitale.
Ecco perché la parola strategia non si coniuga bene con essenzialismo: l’essenzialismo potrebbe essere “strategico” solo qualora la sua decostruzione, critica e superamento fosse patrimonio di molti/e e dell’immaginario comune. Il problema è che non lo è. La stessa espressione di “violenza di genere” come strumento concettuale in grado di aprire la riflessione sulla natura e sulle conseguenze di una violenza che è culturalmente maschile ed eterosessista, allargando e complicando una concezione della violenza “fisica” “maschile” stereotipata e miope, non è entrata nel linguaggio comune tanto da poter essere messa nel cassetto e “strategicamente” sostituita con un semplificatorio essenzialismo “binario” (uomo-donna).
Se l’obiettivo dello scendere in piazza è quello di complicare una visione della violenza facendone emergere le sfaccettature meno scontate – in grado di mettere in discussione il senso comune sulla violenza come atto commesso da uno sconosciuto, un “bruto”, possibilmente straniero che se la prende con una povera vittima, donna, incontrata sul suo cammino criminale – allora “l’essenzialismo strategico” è controproducente. Perché semplifica di nuovo la questione, perché non include quegli atti di violenza culturale, fisica e psicologica quotidiani che coinvolgono le donne perché lesbiche o perché donne trans (sia da maschio a femmina che da femmina a maschio), perché non coglie che non è il maschio in se’ ad essere deterministicamente la mano, lo strumento operativo, di quella cultura, ma che quella stramaledetta cultura coinvolge e determina anche l’azione e il pensiero di tante “donne”.
Il problema, infatti, non sono i maschi eterosessuali, ma l’eteronormatività e il razzismo, ossia quello che c’e’ dentro la testa di TUTT* a prescindere, spesso e volentieri, dal loro corpo di uomini e di donne. Per eteronormatività, declinata dal punto di vista della violenza, intendo tutto ciò che viola, esclude, massacra simbolicamente e fisicamente chi non si adegua ad una gerarchia di corpi-valori. L’uomo sulla donna, l’etero sul non-etero, il/la bianco/a sul/la non bianco/a, per capirci: e così lo stupro, le botte, gli omicidi che coinvolgono persone transex/transgender e gay e la violenza fisica e simbolica (domestica e pubblica) sui non bianchi e, in modo assolutamente più pregno, sulle non bianche.
Semplicemente: “l’essenzialismo strategico” è controproducente perché restringe la lotta delle donne contro la violenza alla lotta delle donne “biologiche” contro quella stessa violenza, ad una specie di atto solipsistico, di singoli o gruppi di donne, che invece, nella realtà di tutti i giorni e per molte di noi, è un agire complesso che si snoda su fili e traiettorie che includono tante soggettività, non solo “femminili”.
Non si tratta di “permettere agli uomini di parteciparvi”: il punto non è questo. Il punto è aprire lo spettro delle pratiche quotidiane di migliaia di donne che a loro modo fanno rete contro la violenza (rete famigliare, affettiva, di amicizie, così come rete tra gruppi, associazioni e collettivi) e legittimarle, dando loro la stessa identica voce che si rivendica scendendo in piazza. Solo mostrando la molteplicità degli approcci, la loro capacità penetrativa, la loro onnipresenza, la loro straordinaria forza, una forza che talvolta risulta inaspettata, la visibilità che si acquisisce andando in piazza, diventa significativa, oggi e domani.
E’ stato detto, non a torto, che una manifestazione di sole donne ha un impatto comunicativo forte perché dimostra che le donne non sono solo vittime della violenza ma hanno anche, e storicamente, la forza per contrastare quella stessa violenza. D’altra parte, usando un parallelo che sposta la linea del genere fino a sovrapporla a quella del colore, è come se si dicesse ad una donna bianca: non entrare nella manifestazione delle donne nere perché comunque tu sei una potenziale razzista. Ora, è chiaro che una manifestazione di sole donne nere – senza una macchiolina di bianco – ha un potere simbolico allucinante, molto più alto di una manifestazione leopardata… ma è rischioso il significato che veicola. Prima di tutto perché non c’e’ un solo bianco, ma ci sono tante sfumature del bianco – e del nero.
E poi, perché dice: “e ora conti solo la nostra parola” in uno scontro noi-voi in cui sembra che il nostro messaggio sia monolitico, incapace di valorizzare tutti “i femminismi”, ossia le molteplici pratiche e riflessioni che fortunatamente ci attraversano.
Questo schierarsi dei corpi mi evoca scenari veramente antipatici: mi interpella perché mi attrae e perché mi repelle allo stesso tempo. Mi attrae come fanatica dello schieramento partigiano compatto, mi repelle perché so che i corpi, nel loro mostrarsi militarmente organizzati, sono significanti che tradiscono il senso di irriducibile molteplicità di cui sono i portatori… fino alla reductio ad unum.
*********
Sui dualismi e le contrapposizioni binarie
Le “contrapposizioni binarie": bianco/nero, uomo/donna, amico/nemico, sono
state da tempo riconsiderate e rispremute per derivarne le
“complessità” (è vero, nel postmodernismo rigidamente ancorato all’ideologia a volte se ne traggono meta-dualismi ancora più perniciosi dei vecchi, ma tant’e’…).
Niente mai è bianco/nero. Su questo molte donne hanno detto e
fatto molto. Molte femministe di tutto il mondo.
E se la Spivak riprende in
prestito questa formula (come le femministe nere americane), (si parla di essenzialismo strategico – ndb – nota della blogger) quella che gioca con le contrapposizioni, è perchè se ne serve
per riaffermare in un momento il suo essere soggetto politico, riaffermare la
sua diversità e poi – una volta che è stata compresa, acquisita come dato
culturale – la riabbandona e si rimette a ragionare in termini di
complessità.
Quindi – per tornare a noi – avrebbe un senso se le donne
rumene, in un loro spazio preciso si raggruppassero sulla base
dell’essenzialismo strategico e delle contrapposizioni binarie. Donne rumene in
rapporto alle donne ricche, bianche, borghesi, quelle a cui fanno le badanti per
due soldi magari in nero e che poi dicono di voler difendere i loro diritti. Perchè in quel caso stabilisci una diversità e irrompi con una nuova
soggettività mentre c’e’ chi ritiene che si tratta soltanto di “donne”
genericamente poste senza rivendicazioni soggettive (Questo in generale il senso
del femminismo postcoloniale ma anche di altri femminismi con altre specificità
da rivendicare.).
Ma nel nostro caso non ha alcun senso perchè le donne sono già un soggetto
politico. E’ una soggettività che ha una sua collocazione da tempo. Non ha alcun
senso perchè la contrapposizione binaria in questo caso si impone sia con gli uomini. Questa
contrapposizione semplifica, appiattisce e abbatte ogni differenza specifica tra
le donne (tutte). Elimina una complessità che di fatto era una conquista. Un
grande passo avanti nella battaglia contro i dualismi che sono tipici di una
cultura antica e patriarcale.
Provando a immaginare: Se si ritiene che le donne debbano riacquisire una
collocazione si parte dunque dall’assunto che l’abbiano totalmente persa. Che per
ripristinarla occorre ricorrere nuovamente alla contrapposizione binaria seppure
per una sola manifestazione. Questo però rimette in discussione e di fatto stritola,
omogeneizza, annulla, il lavoro fatto da chi si è mosso nell’insieme delle
complessità. Da chi ha raggiunto dei risultati importanti in gruppi in cui ha
sede la valorizzazione delle differenze e non la contrapposizione binaria.
Per fare un altro esempio sciocco: ha un senso se io rivendico tra le donne il mio
essere sicula, precaria, il mio sentire di donna che è stata colonizzata culturalmente da altre donne che sono lontanissime da me per mille aspetti, etc etc. Ma non avrebbe senso se realizzassi una
contrapposizione rigida – assieme alle altre donne, rinunciando alla fluidità e
alla complessità che mi sono necessarie per la mia stessa esistenza in quanto
soggetto politico – contro gli uomini.
—>>> Altri post correlati: "Lettera sul 24 novembre da Facciamo Breccia Torino" e "Uomini: ospiti ad una manifestazione di donne per le donne"
Il sessismo ci stia alla larga anche se parla un nobile linguaggio, il piffero magico non c’incanta!
postato da donnaproletaria [02/12/2007 20:34]
Dal 24 novembre, dal giorno in cui è iniziata la nostra Rivoluzione, molti uomini hanno riscoperto il linguaggio della cavalleria, si dicono amici delle donne, simpatizzanti, partigiani della questione femminile, riconoscono la nostra libertà purchè noi riconosciamo la loro ‘protezione’.
Sono riemersi alla luce anche certi sessisti di sinistra, con il nobile linguaggio della rivoluzione, i ‘compagni maschilisti’, ci ricordano che pur sempre, la ‘coscienza di classe’ è depositata presso di loro e che la nostra oppressione sarà sciolta dal sole dell’avvenire, quando le due metà del cielo saranno riunite.
Sulla violenza maschilista, costoro non dicono una sillaba che stia in piedi.
Tra il metalinguaggio della ‘violenza del capitale’ e il meta-linguaggio della cronaca, qual’è la differenza?
Il raptus dell’assassino è meno astratto della ‘violenza del capitale’?
Non dicono mai la verità, non la possono dire.
L’abbiamo detta noi, la Verità, in piazza, il 24 novembre. E questo non piace.
Abbiamo detto che la violenza la fa l’uomo, direttamente e non per interposta identità, il Capitale.
Per interposta identità, farebbe comodo ai sessisti di sinistra, sposterebbe la violenza che essi fanno in famiglia, su un concetto astratto, il Capitale. Secondo la teoria della ‘cinghia di trasmissione’ delle sopraffazioni, non si arriva mai al principio della violenza.
Sono sessisti, ma usano un nobile linguaggio e confondono le idee.
A chi di loro non fa comodo la moglie sgobbona, cui raccontare la riunione politica, l’audizione per la serva di poche pretese? Un Mc Donald al mese, conforme alla ‘vita proletaria’, per la moglie basta e avanza.
Alla manifestazione abbiamo visto tante donne ‘anziane’ , le militanti degli anni’70, le vetero-femministe, come le chiamano i media bugiardi.
Sorpresi, i media pensavano fossero tutte morte, scomparse in qualche lontano lager costruito per loro.
Pensavano che gli anni le avessero trasformate in badanti dello zoo domestico, le pensavano fuggite volontarie in Africa o ritiratesi in qualche convento.
In qualche convento, sì, parecchie militanti ci sono state, – negli anni ’80 – ma nel convento degli ‘psy’, le Ribelli di allora, furono bollate di sindrome dissociativa, depressione reattiva, stato delirante , parafrenismo. La rabbia femminile un’emozione non elaborata, non gestita, era l’origine di tutti i mali, da mettere sotto flebo, di Prozac ed En.
A molte che avevano messo in gioco la propria vita, è sembrato di ‘impazzire’.
La manovalanza femminile aveva osato ribellarsi, rivendicare l’Autonomia Femminile. Con l’anatema di ‘individualismo-piccolo-borghese’, di ‘eretiche del marxismo’, secondo i dettami dello stalinismo, sono state colpite dall’ ostracismo e dal ‘rogo’, calunniate e perseguitate(1).
Le Ribelli avevano osato mettere in discussione il partito maschile, il maschio come sesso egemone della politica da Platone ai nostri giorni, l’appropiazione indebita della nostra rappresentanza, il ghetto – come in cucina- delle ‘commissioni femminili’, le classi differenziali per l’intelligenza diversa, non che fosse inferiore, forse uguale, ma non si sapeva esprimere e doveva essere etero-diretta.
Non si poteva denunciare nella sessualità maschile le condizioni materiali di inferiorizzazione della donna, – per il partito maschile era una questione di psicologia differenziale – una ‘contraddizione in seno al popolo ‘ – infine, le Ribelli si erano scocciate di essere le mogli dei mariti, le amanti dei leader, le madri della progenie rivoluzionaria, le badanti del ciclostile, le lucciole della diffusione, di battere da anni i marciapiedi, vendendo giornali che di femminile avevano solo qualche firma, – gli articoli erano sempre ‘corretti’ – e i cui ricavati ancor oggi, non si sa dove e a chi siano finiti. (2)
Ed oggi, ancora, come ieri, questa sinistra sessista diventa bordeaux dalla rabbia, perchè le giovani fanno proprio il ‘separatismo’, perchè, nella manifestazione di Roma, è stata cacciata sul fondo del corteo, addirittura perchè c’erano cartelli con scritto ‘ compagno maschilista, sei il primo della lista!’
Cacciata, come le parlamentari dal palco. Perchè come le parlamentari, questa sinistra rappresenta se stessa.
Vuole ancora questa sinistra maschilista imbrigliare l’Autonomia Femminile, dopo aver contribuito a strangolarla, dopo aver contribuito col suo affossamento. all’apertura della diga della violenza contro di noi?
L’Autonomia Femminile è l’affermazione del nostro specifico terreno di lotta, il terreno dell’oppressione patriarcale, perchè noi, e non l’uomo, questa oppressione l’abbiamo tatuata nella carne. Lo specifico di oggi è la trasformazione dell’oppressione patriarcale in violenza diretta, fisica, sociale, psicologica, economica fatta in prima persona dal maschio, puntello del sistema, e su questa violenza si sta strutturando la famiglia. Fuori dal sogno ‘family’, la famiglia non è più il centro di affetti e di protezione della donna, – se mai lo è stato qualche volta – ma il luogo quasi esclusivo dei privilegi del Maschile su cui la famiglia tenta di ri-assestarsi
Noi donne non possiamo che scontrarci con questo maschio violento divenuto assassino e con questa forma di famiglia, il nido dell’accoppamento.
A quale donna piace coricarsi la notte, sbirciando il cuscino dell’uomo che le dorme accanto, caso mai fosse nascosto il martello, caso mai per qualche strano ‘raptus’ decidesse di mandarla al cimitero?
E’ in gioco la nostra vita, la nostra esistenza come donne.
E che cos’è questa nostra lotta al maschio violento, alla famiglia, se non lotta rivoluzionaria, anti-capitalista?
Il ‘separatismo’, l’Autonomia Femminile può dare fastidio solo a chi campa su questo sistema, qualsiasi sia il colore, a chi usa le vecchie armi del sessismo per confonderci.
Il sessismo ci stia alla larga, anche se parla un nobile linguaggio, il piffero magico non ci seduce più.
Il Movimento delle Donne non ha bisogno di amici, di pentiti, di coscienze rosse, sappiamo Noi cosa fare.
Ci faremo spazzine.
L'”Eterna Improduttiva” , cui da millenni si insegna il mestiere di nettare, l’ha imparato bene.
Noi donne non amiamo l’oppressione, non amiamo l’inferiorità ,nemmeno quella animale, non amiamo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ancor meno lo sfruttamento dell’uomo sulla donna.
Ci faremo spazzine – non è il mestiere delle povere, non è femminile la povertà? – faremo pulizia di questo sistema, del suo patriarcato, a modo nostro.
——————————————————–
(1) Qualcuna è finita anche nell’al-di-là, come Helene, la ‘moglie-compagna’ del filosofo, Althusser, ‘rilettore’ della teoria marxiana.
Una bella sera di novembre del 1980, Althusser, 62 anni, strangola all’improvviso la moglie Helene, 70 anni, dopo trent’anni di vita in comune.
La malattia depressiva, l’insoddisfazione sessuale del filosofo , fu chiamata in causa per spiegare l’atroce omicidio e riconoscergli che non era in grado di intendere e di volere.
In realtà la vecchia moglie gli era venuta a noia e lui ne aveva abbastanza. Tanto bastò per mandarla al Creatore.
‘Se non posso essere quel Dio che dà la vita, sarò almeno quel Lucifero che la toglie’, dichiarò.
Lui visse, però, tranquillamente fino al 1990, dedicandosi al suo diario esistenziale, ” L’avenir dure longtemps “, un joli cadeaux per Helene, la moglie accoppata, venuta a noia, così vecchia, appiccicosa!
2) Mi riferisco alle formazioni extra-parlamentari degli anni’70, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Potere Operaio, gruppi e partiti filo-cinesi, PdUP. Ma non solo. La pratica sessista era trasversale anche nei partiti che si richiamano, ancor oggi, alla Sinistra Comunista. Il nobile linguaggio della carta stampata non può più nascondere la prassi reazionaria antifemminile di alcune di queste formazioni, di cui tratterò – nei particolari – in un prossimo post.
Il sessismo ci stia alla larga anche se parla un nobile linguaggio, il piffero magico non c’incanta!
postato da donnaproletaria [02/12/2007 20:34]
Dal 24 novembre, dal giorno in cui è iniziata la nostra Rivoluzione, molti uomini hanno riscoperto il linguaggio della cavalleria, si dicono amici delle donne, simpatizzanti, partigiani della questione femminile, riconoscono la nostra libertà purchè noi riconosciamo la loro ‘protezione’.
Sono riemersi alla luce anche certi sessisti di sinistra, con il nobile linguaggio della rivoluzione, i ‘compagni maschilisti’, ci ricordano che pur sempre, la ‘coscienza di classe’ è depositata presso di loro e che la nostra oppressione sarà sciolta dal sole dell’avvenire, quando le due metà del cielo saranno riunite.
Sulla violenza maschilista, costoro non dicono una sillaba che stia in piedi.
Tra il metalinguaggio della ‘violenza del capitale’ e il meta-linguaggio della cronaca, qual’è la differenza?
Il raptus dell’assassino è meno astratto della ‘violenza del capitale’?
Non dicono mai la verità, non la possono dire.
L’abbiamo detta noi, la Verità, in piazza, il 24 novembre. E questo non piace.
Abbiamo detto che la violenza la fa l’uomo, direttamente e non per interposta identità, il Capitale.
Per interposta identità, farebbe comodo ai sessisti di sinistra, sposterebbe la violenza che essi fanno in famiglia, su un concetto astratto, il Capitale. Secondo la teoria della ‘cinghia di trasmissione’ delle sopraffazioni, non si arriva mai al principio della violenza.
Sono sessisti, ma usano un nobile linguaggio e confondono le idee.
A chi di loro non fa comodo la moglie sgobbona, cui raccontare la riunione politica, l’audizione per la serva di poche pretese? Un Mc Donald al mese, conforme alla ‘vita proletaria’, per la moglie basta e avanza.
Alla manifestazione abbiamo visto tante donne ‘anziane’ , le militanti degli anni’70, le vetero-femministe, come le chiamano i media bugiardi.
Sorpresi, i media pensavano fossero tutte morte, scomparse in qualche lontano lager costruito per loro.
Pensavano che gli anni le avessero trasformate in badanti dello zoo domestico, le pensavano fuggite volontarie in Africa o ritiratesi in qualche convento.
In qualche convento, sì, parecchie militanti ci sono state, – negli anni ’80 – ma nel convento degli ‘psy’, le Ribelli di allora, furono bollate di sindrome dissociativa, depressione reattiva, stato delirante , parafrenismo, messe sotto flebo di Prozac , di En.
A molte che avevano messo in gioco la propria vita, è sembrato di ‘impazzire’.
La manovalanza femminile aveva osato ribellarsi, rivendicare l’Autonomia Femminile. Con l’anatema di ‘piccolo-borghesi’, di ‘eretiche del marxismo’, secondo i dettami dello stalinismo, sono state colpite dall’ ostracismo e dal ‘rogo’, calunniate e perseguitate(1).
Le Ribelli avevano osato mettere in discussione il partito maschile, il maschio come sesso egemone della politica da Platone ai nostri giorni, l’appropiazione indebita della nostra rappresentanza, il ghetto – come in casa – delle ‘commissioni femminili’, il ghetto per l’intelligenza diversa, non che fosse inferiore, ma non si sapeva esprimere e doveva essere etero-diretta.
Non si poteva denunciare nella sessualità maschile le condizioni materiali di inferiorizzazione della donna, – per il partito maschile era una questione di psicologia differenziale – una ‘contraddizione in seno al popolo ‘ – infine, le Ribelli si erano scocciate di essere le mogli dei mariti, le amanti dei leader, le madri della progenie rivoluzionaria, le badanti del ciclostile, le lucciole della diffusione, di battere da anni i marciapiedi, vendendo giornali che di femminile avevano solo qualche firma, – gli articoli erano sempre ‘corretti’ – e i cui ricavati ancor oggi, non si sa dove e a chi siano finiti. (2)
Ed oggi, ancora, come ieri, questa sinistra sessista diventa bordeaux dalla rabbia, perchè le giovani fanno proprio il ‘separatismo’, perchè, nella manifestazione di Roma, è stata cacciata sul fondo del corteo, addirittura perchè c’erano cartelli con scritto ‘ compagno maschilista, sei il primo della lista!’
Cacciata, come le parlamentari dal palco. Perchè come le parlamentari, questa sinistra rappresenta se stessa.
Vuole ancora questa sinistra maschilista imbrigliare l’Autonomia Femminile, dopo aver contribuito ad affossarla, dopo averla strangolata, per trent’anni?
L’Autonomia Femminile è la coscienza che la lotta di liberazione della donna è il terreno specifico della nostra lotta ed è di per Sè anti-capitalista, perchè nega il puntello del sistema, la famiglia, e travolge il sistema patriarcale di oppressione di cui tutto il Maschile gode, sessisti di sinistra compresi.
Per questo tutti ce l’hanno col ‘separatismo’, per questo hanno tanta paura!
Il sessismo ci stia alla larga, anche se parla un nobile linguaggio, il piffero magico non ci seduce più.
Il Movimento delle Donne non ha bisogno di amici, di pentiti, di coscienze rosse, sappiamo Noi cosa fare.
Ci faremo spazzine.
L'”Eterna Improduttiva” , cui da millenni si insegna il mestiere di nettare, l’ha imparato bene.
Noi donne non amiamo l’oppressione, non amiamo l’inferiorità ,nemmeno quella animale, non amiamo lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ancor meno lo sfruttamento dell’uomo sulla donna.
Ci faremo spazzine – non è il mestiere delle povere, non è femminile la povertà? – faremo pulizia di questo sistema, del suo patriarcato, a modo nostro.
——————————————————–
(1) Qualcuna è finita anche nell’al-di-là, come Helene, la ‘moglie-compagna’ del filosofo, Althusser, ‘rilettore’ della teoria marxiana.
Una bella sera di novembre del 1980, Althusser, 62 anni, strangola all’improvviso la moglie Helene, 70 anni, dopo trent’anni di vita in comune.
La malattia depressiva, l’insoddisfazione sessuale del filosofo , fu chiamata in causa per spiegare l’atroce omicidio e riconoscergli che non era in grado di intendere e di volere.
In realtà la vecchia moglie gli era venuta a noia e lui ne aveva abbastanza. Tanto bastò per mandarla al Creatore.
‘Se non posso essere quel Dio che dà la vita, sarò almeno quel Lucifero che la toglie’, dichiarò.
Lui visse, però, tranquillamente fino al 1990, dedicandosi al suo diario esistenziale, ” L’avenir dure longtemps “, un joli cadeaux per Helene, la moglie accoppata, venuta a noia, così vecchia, appiccicosa!
2) Mi riferisco alle formazioni extra-parlamentari degli anni’70, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Potere Operaio, gruppi e partiti filo-cinesi, PdUP. Ma non solo. La pratica sessista era trasversale anche nei partiti che si richiamano, ancor oggi, alla Sinistra Comunista. Il nobile linguaggio della carta stampata non può più nascondere la prassi reazionaria antifemminile di alcune di queste formazioni, di cui tratterò – nei particolari – in un prossimo post.
Cara! qui dovrei scrivere un trattato per risponderti!!! 🙁
E prima o poi lo farò 😉
Cmq: mi sembra che Gaia, nell’articolo pubblicato su Queer che condividi, sottolinei che – ad esempio -, nei discorsi si sia deciso di mettere “strategicamente” “nel cassetto” l’espressione “violenza di genere” a beneficio di un semplificatorio dualismo “binario” uomo-donna.
Ritengo che non sia l’unica cosa che il femminismo/i femminismi/ le femministe (in Italia) abbiano messo nel cassetto (anche negli ultimi anni), e i perchè sarebbero tutti da analizzare (non penso che siano solo riconducibili al fatto che certe espresiioni non sono entrate nel senso comune).
Ritengo inoltre che spesso è mancata una capacità di autocritica radicale sugli stessi concetti che noi (femministe, militanti, attiviste, lesbiche, trans ….) adoperiamo o che contribuiamo a forgiare, che un certo essenzialismo non è nuovo … eccetera, eccetera.
Comunque bene che si cominci a parlarne.
Mi chiedo solo se, “strategicamente” , focalizzare il dibattito su “separatismo si/separatismo no” (che ripeto è un discorso vecchio, in parte superato da molti gruppi che adottano una postura di separatismo “non essenzialista”; discorso che inoltre è anche rischioso affrontare ricorrendo a discorsi nati in altri contesti nazionali dove il termine “separatismo” ha spesso accezioni diverse) possa realmente funzionare come il punto su cui far leva per sollevare una riflessione capace di far emergere la complessità dei problemi. Io ho qualche dubbio …
Poi le cose da dire sarebbero ancora tante, ma sono stanca, crollo dal sonno, magari una chiacchierata “live” sarebbe potuta durare anche fino all’alba …
baci
v.
vaglielo a raccontare alle 15enni e ai 15enni delle ideologie fallocratiche del 900 … le ragazzine non sanno nulla …. ci sono più pratica di aborti nelle loro fila … in completa incoscienza del valore del loro corpo e della loro vita, completamente abbandonate … per non dire i 15enni che sono completamente allo sbando e alla mercè del maschilismo più bieco …
insomma guardate con attenzione cosa si fa per le nuovissime generazioni … i figli di ognuna son figli della comunità… a proposito… la comunità (quella umana) esiste ancora?
p.s. amica fra un po’ risponderotti via mail!
😉
quando le donne rigetteranno le ideologie fallocratiche del 900 (le compagne ricordino i pestaggi dei compagni e le camerate quelli dei camerati..) e si libereranno dalla convinzione di essere una costola trasformata, rigettando tutte le religioni fallocratiche, allora avremo un movimento di donne universali che possono cambiare la faccia della terra.
grazie imprecario della comprensione 🙂
per Vi:
gli insulti cui mi riferivo erano retorici/dialettici e io come sai se hai seguito la questione ne ho ricevuti parecchi gratuiti e ingiusti.
rispetto alla questione io credo che riconoscere il fatto che le donne siano massacrate da uomini non stia nella contrapposizione binaria, non lo è quando si completa questo quadro con definizioni via via sempre più complete e complesse di quella violenza che avviene per mano di un uomo come esecutore materiale di un delitto i cui mandanti e le cui mandantesse sono davvero tanti/e.
avere a che fare con uomini critici, autocritici che si sono messi in discussione e hanno già una sensibilità grossa rispetto a questo problema non può essere uno svantaggio.
il segnale invece che manda una visione separatista – che si sostiene essere il passaggio chiave di una lotta che porterà tanti uomini a riflettere su se stessi – è deresponsabilizzante.
ma davvero si ritiene che gli uomini messi in punizione staranno lì mumble mumble a pensare al perchè si e perchè no sono stati esclusi dal corteo? chi non se ne fregava prima continuerà a non fregarsene e anzi avrà un motivo in più per pensare che sta meglio a non occuparsene. chi invece se ne è occupato fino ad ora non capira’ e non capisco neppure io che con questi uomini voglio costruirci un percorso, relazioni, processi di crescita collettiva.
l’ho già scritto in molti altri posti: per me il problema sono le culture e a questo punto anche i meccanismi di partecipazione. è un problema di metodo e contenuto.
il documento di controviolenzadonne è assolutamente condivisibile e l’errore sta nel fatto di aver immaginato che quel documento potesse far sentire gli uomini esonerati dal partecipare o addirittura esclusi da questo percorso.
non si capisce e non lo capisco neppure io che pure ho una cultura femminista che è un po’ più antica per eredità e affezione.
comunque Vi io spero davvero che il corteo fatto con le migliori intenzioni possibili riesca e sia affollatissimo. porterò il mio piccolissimo contributo di presenza non da sola e in fondo al corteo assieme ai gruppi misti perchè lì voglio stare e sento di voler stare. ma sarò felice nel vedere le donne insieme, includenti o escludenti se non la pensi come loro, tante, belle, diverse. perchè diverse lo siamo e in quella manifestazione fatta di donne per donne andranno anche donne come me che pensano in questo differente, legittimo e dignitoso modo.
un bacione
mi dispiace leggere così tanto dibattito su separatismo si separatismo no, qaundo invece forse sono i contenuti da discutere. cmq il separatismo è una pratica e non è militare. a tutti quei maschietti che si sentono ospiti in piazza suggerisco una bella organizzazione per una manifestazione di soli uomini che convinca gli altri che la violenza sulle donne riguarda anche e soprattutto loro, sarebbe senza dubbio un messaggio di grande impatto per gli altri uomini!(se fossi un uomo lo proporrei) in molte manifestazioni miste le separatiste sono sempre state in coda, nel rispetto di tutte le differenti modalità,senza confonderle con autoritarismo, e cmq un corteo separatista non mi sembra impedisca a nessuna di esprimersi. e poi il separtismo non vuole gli uomini perchè le separatiste hanno come unico referente le donne, se poi il messaggio arriva ad altr@ ben venga! cmq, in conclusione, suggerisco a tutte le donne di approfittare di questa possibilità così rara perchè la forza, il coraggio e la solidarietà che ti dà la politica delle donne (che si fa tra donne e sole donne) è un’esperienza incredibile!(parla una che non credeva nel separatismo, ma che grazie alla politica mista si è approcciata a questa pratica). concludo veramente solo dicendo che la guerra contro le donne (ed è solo una guerra contro le donne e non viceversa) non è scoppiata l’altro ieri, ma ha radici molto più profonde in millenni di cultura e storia e le donne non si ritrovano davanti un nemico uomo, ma un nemico sessista che purtroppo coincide ancora con uomini che uccidono, stuprano e picchiano donne, trans, lesbiche e gay e uomini, che (uomini)avvallano e sono complici di questi crimini. scusate il solito sproloquio, ma assolutamente non voglio essere polemica
Convinta come sono dell’importanza di rendere manifeste le divergenze e aborrendo “ricatti” legati all’emergenza o alle “priorità” ( anche se spesso questo si paga con l’isolamento…) – per capirci ho avuto il “coraggio” di farlo anche nel dopo-Genova in rottura con le autocelebrazioni “no-global” in voga all’epoca -, sono veramente contenta che qui si apra una discussione, si esprimano posizioni critiche, ci si “scazzi” se è il caso, senza timore che questo indebolisca automaticamente la lotta (o la sua immagine) delle “donne” all’ “esterno”.
Mi sembra che siamo abbastanza “forti” per potercelo permettere, o no?
Cio’ detto, se vogliamo “complicare” il discorso, complichiamolo veramente. Per quanto mi riguarda il problema non è separatismo si/ separatismo no, ma è ben altro. Lo scorso anno, almeno qui a Bologna (ma anche in altre città) le manifestazioni del 25 non furono separatiste (anzi grande spazio fu dato all’iniziativa del Fiocco Bianco eccetera), ma non per questo i messaggi veicolati furono meno ambigui (e avevo scritto delle cose, dei post nel mio vecchio blog, interventi in liste di discussione … ma le reazioni erano state, nel migliore dei casi, “difensive”).
Fermo restando che reputo importantissima e ancora efficace (come, dove e quando è sempre da valutare, come ogni pratica non ha un valore intrinseco) la pratica separatista, possiamo discutere ora ( e forse non lo si è fatto abbastanza? ma non posso giudicarlo, non avendo partecipato agli incontri organizzativi a Roma) se “questa” manifestazione dovesse o non dovesse essere separatista.
Ma da parte mia vorrei suggerire che i problemi stanno “a monte”. Nonostante non credo si possa far combaciare il separatismo con il cosiddetto essenzialismo strategico (vi è anche un separatismo di stampo “materialista”), non capisco sinceramente perché il problema esplode sulla scelta “separatista” quando molti elementi ( dal parlare di violenza sulle donne anziché violenza di genere, all’accenno nel documento all’ “aggressività” maschile eccetera) rinviavano già
a una certa logica diciamo cosi binaria. Mi fermo perché mi sembra lunghissimo come commento e non so se sono stata sufficientemente chiara … è un discorso veramente complesso, lo è da almeno una trentina d’anni …
v.
PS: per la manif (a cui non partecipero’ esclusivamente per questioni di lavoro – ad essere precari si lavora di più, anche di sabato e a volte domenica e si guadagna meno … alla salute di chi esalta ancora oggi il “precari è bello”), non penso che nessun* insulterà nessun*.
E comunque (emotivamente, simbolicamente, politicamente) sarei stata con le femministe …
tranquilla il gemellaggio è
nell’aria e questo basta … scusa ma penso di aver esagerato con qualcosa … sono in preda ad uno sfasamento spaziotemporale allucinatorio …addirittura mi è sembrato di sentire cossutta su la7 lodare l’atteggiamento eterodosso di niki vendola
tranquilla il gemellaggio è
nell’aria e questo basta … scusa ma penso di aver esagerato con qualcosa … sono in preda ad uno sfasamento spaziotemporale allucinatorio …addirittura mi è sembrato di sentire cossutta su la7 lodare l’atteggiamento eterodosso di niki vendola
di nulla imprecario, mi sembrava giusto far capire che la dialettica interna ha da emergere che senno’ pare che siamo tutte allineate come militari…
non è così e quelli che ho segnalato sono solo alcuni tra i tanti interventi che sono stati fatti a questo proposito…
scusa se ho rinviato il gemellaggio pubblico ma lo faccio appena posso 🙂
alba cara, io sono molto combattuta perchè dalle vivacissime discussioni mi è venuta fuori una specie di rigetto degli intruppamenti, essendo io come sono antiautoritaria e totalmente disobbidiente ad ogni ordine imposto. non vorrei venire. non mi piacerebbe se fossi sola a pensarla come la penso. ma ho stima di chi organizza e sola non sono e quindi se vieni tu ci verrei pure io 🙂
mi metto in fondo a tutto, dove posso stare con amiche e amici. dove non ci sono cordoni separatisti e nessuno che mi insulta, sfotte, deride perchè la penso diversamente. perchè il problema della violenza è anche mio e voglio che nessuno me lo scippi sulla pubblica piazza.
potremmo portarci dei vibratori rosa shokking? :)))
ci vestiamo da uomini?
inventiamo una partecipazione critica?
bacioni
ps: non so come ci riconosceremo :(((
che si fa? ci diamo appuntamento con una rosa rossa in mano? ho appena fatto i biglietti del treno e spero però che mi passi la bronchite che sto intasatissima da fare schifo… altrimenti niente corteo
mi sembra il giusto approfondimento al momento giusto grazie 🙂
Condivido anche io.
e quindi?
non mancherò all’appuntamento … come ti riconosco?
😉