Sono le 4.00 del mattino e il terremoto mi fa tremare la stanza. Sveglio lui che fa “dobbiamo proprio?”. Gli ho appena chiesto di vestirsi ché bisogna uscire. In strada luci accese, sembra tutto ok. Nessuno si è fatto male. Chissà dov’è stato l’epicentro. Proviamo a trovare un cornettaio aperto, ché a Firenze è un’utopia a quell’ora, e dopo tanto girare si sente un buon profumo da una saracinesca. “Dobbiamo stare ancora fuori?” – ma si, rientriamo, si va a vedere su internet se era la prima scossa o la seconda, quella più forte, e nel secondo caso allora si torna a dormire.
Sulla home di Repubblica c’è anche la news sul tale, l’ex militare sotto interrogatorio per l’inchiesta di Brindisi. In famiglia campano di bombole del gas e in realtà dove Repubblica dice “due” poi si parla di un solo uomo. In un altro articolo ripete la storia delle telecamere di sicurezza e dopo aver immaginato un timer ora si parla di telecomando. “Per gli interrogati non sono stati disposti i fermi”. La telelocale annuncia una conferenza stampa della Procura per le 11 di stamane. C’è un sospettato. “Arrabbiato con il mondo”. Però se l’è presa con le ragazze. In ogni caso ho come la sensazione che qualcuno mi stia prendendo per il culo.
I toni degli articoli sono volutamente pieni di pathos. E’ ancora “terrorismo” e nel frattempo la “mafia” prende voce e sono certa che non sa come cazzo dirlo che non c’entra niente e che li dessero a loro in mano i responsabili, che piuttosto che far perdere tempo alla questura gli mettono a disposizione le chiavi del deposito in cui tengono i chili di tritolo (sono dei professionisti, loro, e figuriamoci se usano le bombole o inneschi di fortuna)…
E’ ancora più forte per me la sensazione di aver partecipato ieri ad una manifestazione inutile, dalla finalità inutile e dalle modalità così totalmente lontane da me.
Gli articoli di Repubblica ma ancor di più quelli del Corriere sbagliano volutamente ogni volta che parlano di “ragazzi” e “studenti” perché di usare il maschile inclusivo non si stancano mai neppure quando c’è da raccontare che erano “ragazzE” e “studentesse”. La storia di questi scherzi ne ha fatti così tanti. Rendere le donne invisibili in ogni caso, sempre, perché i militi sono tutti ignoti e di sesso maschile, i caduti non sono le cadute e le vittime vengono declinate al femminile per puro caso.
Siamo a Brindisi e io immagino quanto debba suonare oltremodo fuori di testa chiunque parli di terrorismo internazionale, di traccia islamica, di stronzate di ogni genere. Ancora a tentare di legittimare lo Stato che ha spostato il culo di decine di militari per popolare quelle strade.
Oggi e domani – in alcune importanti città italiane – c’è l’ultima fase della sessione elettorale e penso che per alcuni non sia utile e opportuno rivelare quello che gli “inquirenti” sanno forse già da ieri. Le telecamere, forse un ex militare, un altro Breivik, un Casseri qualunque, un Marc Lèpine, uno che ha mirato e voleva fare male a quelle ragazze, per mostrare il suo potere, per farsi celebrare come un eroe, forse.
E questa cosa non ce la diranno mai o ce la diranno poco per volta o forse verrà fuori chissà come, perché quando di mezzo ci sono le figlie d’altri quella verità non la puoi tenere nascosta per troppo tempo. La devi rendere pubblica senza curarti dell’effetto che produrrà.
I terroristi in Italia, così come in Europa, esistono. Si chiamano nazisti o neonazisti o neofascisti e sono un tutt’uno con certa componente misogina che continua ad istigare odio contro le donne.
La stessa componente che specula sui volti di quelle ragazze per continuare a divulgare deliri intrisi di fanatismo e di follia.
Già che ci siete, voi, inquirenti, chiedete al militare o chi per lui cosa ne pensa della #marciaperlavita. Scommettiamo che è uno che se gli parli di pillola del giorno dopo e di aborto ti dice che le donne sono delle “assassine”?
Ancora un abbraccio, sincero, a tutte le ragazze, alle loro famiglie, agli amici e alle amiche, alle persone che le hanno amate e che le amano. Questo è il presente. Un presente in cui i corpi delle donne, finanche quelli ustionati, vengono usati per fare marketing di Stato e per inventare una ragione d’esistenza per divise che istruiscono folli che poi giocano a wargames con la vita di 6 povere ragazzE.
Perché si dice ragazzE, capito?
Leggi anche:
Brindisi: strage a scuola. Vi ricordate Columbine? Vi ricordate Marc Lèpine?
#Brindisi: c’era una manifestazione e mi sono chiesta che ci facevo lì!
da Meno&Pausa: #Brindisi: poteva esserci mia figlia…
Una cosa che mi lascia sempre basita, anche se ci ho fatto il callo, è che quando la vittima è una donna giovane la stampa si affanna a sottolineare quanto fosse regolare e ordinaria la sua vita, selezionando le immagini più stucchevoli dal profilo facebook, rimarcando che era una “brava ragazza”, “senza grilli per la testa”, “aveva un fidanzato”, “aveva l’immagine di padre Pio in cameretta, non i poster dei divetti pop”. Addirittura il Fatto Quotidiano si è spinto a menzionare che Melissa era molto brava alle medie e i professori le avevano consigliato il liceo, ma lei aveva preferito una scuola più umile che però le permetteva di essere utile agli altri, E’ implicito che una brava ragazza vola basso, il fatto di non avere particolari ambizioni le fa onore. Mi chiedo solo: se avesse avuto i capelli con la cresta da punk, le calze strappate, tante storielle, mille ambizioni e nessun sogno convenzionale, avrebbe meritato meno pietà e meno rispetto? Non si fosse chiamata Melissa ma Luca, si sarebbero dette sciocchezze simili? No, si sarebbe parlato semplicemente parlato di lui, delle sue aspirazioni, “sognava di diventare un grande calciatore”, “voleva fare l’ingegnere”, si sarebbe semplicemente descritto l’orrore di una vita cancellata a 16 anni. Senza tirar fuori i soliti luoghi comuni della brava ragazza che non meritava di morire. Nessuno merita di morire in quel modo, a quell’età, non importa se è una fan di Marylin Manson o la ragazza della porta accanto.
ah, dimenticavo, sul gesto isolato a caratteri cubitali, un’altra testata d’avanguardia
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/20/militare-interrogato-nella-notte-testimone-avrebbe-visto-preparativi/235353/
Leggo questo blog e mi sento meno sola, almeno vedo che c’è chi nota ciò che noto anche io, ma che si deve manifestare con molta cautela e con diecimila precisazioni. Ché, in questo paese di puri di cuore e semplici di mente, in un attimo ti danno della terrorista, solo per aver mosso qualche obiezione alla vulgata comune. Le notizie riportate dai media, anche d’oltre paese, traboccano pathos e solidarietà pelosa da ogni singola parola e intanto si affannano a mettere insieme episodi che interessano la scuola e i suoI studentI, rigorosamente al maschile, nonostante la popolazione studentesca dell’istituto sia quasi tutta femminile e le vittime tutte ragazze. Intanto, anche l’esperto mafiologo Saviano ne ha approfittato per fare un pezzo che troneggia sulle pagine di Repubblica.
http://www.repubblica.it/cronaca/2012/05/20/news/saviano_sacra_corona-35508422/?ref=HREA-1
Ipotesi alternativa: il gesto isolato di un folle. Isolato, sia chiaro.
X cybergrrlz
niente piglio ragionieristico figurati. Anzi concordo che visto che in questo caso le vittime dell’attentato sono tutte donne, avrebbero dovuto dire “ragazze”. So benissimo che nella Resistenza e in quasi tutti i movimenti guerriglieri sono cadute anche le donne, non volevo assolutamente sminuire questo fatto (vista tra l’altro la mia ammirazione e la mia gratitudine per partigiani e partigiane)
grazie paolo della puntualizzazione ma scusa se ti dico che sono sciocchezze.
caduti viene usato in generale anche se si tratta di donne per non contare il numero di donne, nella resistenza, di ogni genere, che sono morte ammazzate anche nelle guerre meno recenti. spero che non concorrerai anche tu, qui, con il piglio ragioneristico a contrapporre numeri e numeri per giocare a bilanciare i cadaveri. di fatto quando muoiono le donne improvvisamente spariscono, come non fossero mai esistite e la prima maniera di farle sparire è attraverso l’uso di una lingua che le esclude a priori perché il termine “cadute” non esiste.
il termine “caduti” si usa per i soldati morti in guerra di solito, e questi fino a tempi recentissimi erano tutti maschi, “vittima” è femminile perchè è la lingua italiana, anche se fosse morto un ragazzo sarebbe stato una “vittima”. Quanto alle divise, al di là di ciò che posso pensare di istituzioni come l’esercito o la polizia (bè le indagini qualcuno le deve fare), non credo che chiunque le indossi sia un delinquente ma ci sono alcuni che lo sono e vanno puniti severamente