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#SexWorking: Somaly Mam-La falsa schiava del sesso che ha preso in giro il mondo

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Da Abbatto i Muri:

Tradotto da Paolo. QUI il testo originale. Buona lettura!

La Ragazza di Phnom Penh

Somaly Mam-La falsa schiava del sesso che ha preso in giro il mondo.

Negli ultimi tre anni, il giornalista Simon Marks ha indagato i retroscena di Somaly Mam, una delle “attiviste per i diritti” più venerate – e meglio introdotte tra la gente che conta – al mondo. Ha trovato una rete di bugie e inganni.

La Somaly Mam Foundation è un’organizzazione creata per combattere e sradicare il traffico di ragazze e donne nel mercato del sesso.
Per Mam, una superstar con sostenitori del calibro di Hillary Clinton e Oprah Winfrey, le sontuose sale da conferenza sono state il traguardo un lungo cammino partito dai bordelli di Phnom Penh, nei quali dice di aver sopportato per anni stupri, torture e violenze .

“Sapete, sono stata venduta ad un bordello quando avevo circa 9 o 10 anni”, ha detto una volta ad un evento della Casa Bianca. “Dopo più di 10 anni nel bordello, sono scappata nel 1990 e quindi sono in grado di aiutare le ragazze e le vittime lavorando in un ambiente che conosco bene”, ha detto al pubblico di VIP che includeva Gayle Smith, l’assistente speciale di Barack Obama.
In quel momento la vita di Mam aveva già avuto una splendida metamorfosi. Il suo vagare attraverso i villaggi poveri della Cambogia (la sua fama le rendeva necessario indossare sempre un berretto da baseball e occhiali da sole), la sua capacità di passare dalle strade polverose della sua giovinezza agli ambienti alla moda di New York o di Beverly Hills è stata in apparenza senza soluzione di continuità.
La fama globale di Mam e la sua storia avvincente hanno ottenuto il plauso di tutto il mondo. La rivista TIME l’aveva dichiarata una delle 100 persone più influenti dell’anno e la CNN l’aveva definita un “eroe”.
Somaly Mam era diventato un nome familiare , un modello riconosciuto e sostenuto dai governi, dai media e dai milioni di persone che hanno donato fondi alla sua causa.

Ma in realtà non era la persona che tutti pensavano fosse.

Meno di tre anni dopo quel Galà di Manhattan, la 44enne attivista si è dimessa dalla Fondazione che ha contribuito a creare – e che, va detto, si è sempre battuta per una causa teoricamente molto degna. Alla fine non ha potuto sfuggire alle sue bugie.

L’ascesa di Somaly Mam alla ribalta del movimento anti-traffico del sesso è iniziata nel 1996, quando ha co-fondato AFESIP, Agir pour les Femmes en Situazione précaire (Agire per le donne in situazioni precarie). Due anni più tardi, è stata protagonista in un documentario sul canale televisivo France 2.
Il programma la spinse sotto i riflettori. Nel 1998, ha vinto il Premio Asturie per la Cooperazione Internazionale, ha poi potuto stringere la mano al Papa ed è stata portabandiera olimpica durante la cerimonia dei Giochi Invernali di Torino in Italia nel 2006.
Nel 2005, Mam aveva pubblicato la sua autobiografia, “La strada dell’innocenza perduta”, poi diventato un best-seller tradotto in più di una dozzina di lingue e che ha maggiormente contribuito alla sua notorietà internazionale.
Il libro racconta la triste storia di come Mam sia stata rapita da bambina dal suo villaggio tribale nella provincia di Mondulkiri e costretta in servitù domestica per mano di un uomo che chiama solo “nonno”. Portata poi a Thloc Chhroy, un villaggio sulle rive del fiume Mekong, Mam ci racconta di come è stata violentata da un commerciante cinese, di come ha dovuto lasciare la scuola a 14 anni a causa di un matrimonio forzato con un soldato, e infine di come è stata venduta ad un bordello di Phnom Penh, capitale della Cambogia, dove ha trascorso lunghi anni in cui è stata vittima di stupri e torture.

Questo racconto raccapricciante ha colpito tutto il mondo e ha ispirato decine di personaggi famosi, come la Regina Sofia di Spagna, a sostenere pubblicamente la causa di Mam.
“Voglio conoscere Somaly Mam, che è una sopravvissuta, che è un’eroina contro la tratta di esseri umani, e che è un’eroina ogni giorno, che aiuta le donne e le ragazze che hanno subito abusi a cercare di ottenere indietro la loro vita”, diceva il segretario di Stato americano John Kerry lo scorso anno nel Rapporto annuale americano sulla tratta di esseri umani.

La storia orribile che Mam raccontava era però una novità per coloro che con lei abitavano nel suo villaggio d’infanzia di Thloc Chhroy. I funzionari locali, gli insegnanti e chi l’ha conosciuta insistono nel dire che Mam è cresciuta in quel villaggio con i suoi genitori, non con la misteriosa figura del “nonno” che appare nel suo libro. Dicono che ha ricevuto il suo diploma di liceo e poi, a 16 anni, se n’è andata nel capoluogo della provincia, a Kampong Cham, a sostenere un esame di per diventare insegnante. Venduta a un bordello da bambina o normale adolescente cambogiana che ha frequentato la scuola e sognava di essere un insegnante? La verità piano piano viene a galla.

I primi dubbi sulla storia di Mam emersero nel 2012, quando ammise di non averla raccontata giusta riguardo l’esercito cambogiano che avrebbe ucciso 8 ragazze che abitavano in una delle sue case-rifugio.
Recentemente, la Fondazione Somaly Mam a New York ha assunto lo Studio Legale Internazionale Goodwin Procter per capire quanto le affermazioni autobiografiche di Mam fossero vere. Agli avvocati è stato anche chiesto di indagare sulle storie di vita delle due maggiori vittime di tratta “prodotte” da Mam.

Una di queste donne è Meas Ratha, ora madre di un trentenne, che gestisce un carretto ambulante che vende riso e carne di maiale alla periferia di Phnom Penh.
L’anno scorso Ratha ha timidamente raccontato la storia di come Mam l’avesse scelta tra un gruppo di ragazze e l’avesse istruita a raccontare una storia inventata di schiavitù sessuale per un documentario televisivo francese del 1998. “Somaly ha detto che … se volevo essere d’aiuto ad un’altra donna dovevo fare l’intervista molto bene..”

L’altra donna è Long Pros – da allora ha cambiato il suo nome in Somana – che, nel 2009, ha raccontato la sua storia di schiavitù sessuale al The New York Times, in modo che la gente potesse conoscere le brutalità della tratta di esseri umani. Ha affermato che una donna l’aveva rapita e venduta a un bordello di Phnom Penh, dove è stata torturata con i fili elettrici e costretta a subire due aborti spontanei, prima di vedersi cavata un occhio con un coltello da un magnaccia inferocito.
Ma i familiari di Pros, i vicini di casa e le cartelle cliniche raccontano un’altra storia: raccontano che un medico di nome Thorn Pok ha eseguito un intervento chirurgico su Pros quando aveva 13 anni per il trattamento di un tumore non maligno che copriva il suo occhio destro. Le fotografie delle cartelle cliniche di Pros mostrano chiaramente l’occhio della ragazza sia prima che dopo la rimozione del tumore che si era sviluppato durante l’infanzia.

Nel caso di Meas Ratha, il reporter che ha filmato il documentario del 1998 su Somaly Mam insiste sulla genuinità della sua storia: “Non ho alcun dubbio sulla veridicità della testimonianza di Ratha”, ha detto Claude Sempere dopo aver appreso delle voci che circolano sulla falsità del tutto. “Quale sarebbe stato l’interesse di Somaly nel chiedere a questa ragazza di rendere una testimonianza di falsa?”

John Lowrie, che siede nel consiglio di amministrazione dell’organizzazione cambogiana dei diritti umani LICADHO, e ha “seri dubbi” sulle storie di Mam, ha una teoria: “La verità è che siamo tutti colpevoli di ingigantire quello che viene raccontato , perché tutti siamo interessati ai finanziamenti, ai soldi. E allora la domanda è? Quando questo ingigantire diventa frode? E chi lo stabilisce?”

Nel caso di Somaly Mam è impossibile sapere dove finiscono le bugie. Nel 2012, ha ammesso di aver detto cose false nel suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando aveva raccontato che otto ragazze che aveva salvato dall’ industria del sesso erano state uccise dall’esercito cambogiano dopo aver fatto irruzione nella casa rifugio della sua organizzazione nel 2004 .Come se non bastasse, aveva segnalato ai media locali che 90 “sue”ragazze erano state rapite da uomini armati che viaggiavano su auto fuoristrada. Il Governo ha smentito seccamente, affermando invece che le donne erano fuggite di loro spontanea volontà dopo che i parenti avevano circondato il rifugio e minacciosamente chiesto il loro rilascio.
Funzionari di polizia, attivisti per i diritti e l’ex marito di Mam, Pierre Legros, hanno poi smentito con forza che nel 2006 la figlia 14enne sia stata rapita dai trafficanti di esseri umani e che abbia subito violenze videoregistrate come rappresaglia per il suo lavoro umanitario. Dicono che la figlia era effettivamente scappata di casa, ma con il suo fidanzato.

L’ex ufficiale della polizia francese Christian Guth, che ha lavorato in Cambogia come consulente del Ministero degli Interni fino al 2010, ricorda il suo incontro con Mam e Legros nel 1995. “All’epoca -ricorda il funzionario- Mam faceva un tipo di lavoro che ben pochi altri stavano facendo. Facevano di tutto per fornire un riparo alle vittime nonostante le loro limitate risorse. Ma ad un certo punto l’Organizzazione ha cambiato passo, concentrandosi su campagne di raccolta fondi all’estero piuttosto che sul traffico vero e proprio. “Mam dice che gli americani vogliono sentire che lei è un eroe, che lei è pulita, e che la polizia è corrotta”, ha detto Guth. Ora si comincia a parlare di più dei pericoli di queste gigantesche campagne di raccolta fondi, di leader carismatici e storie orripilanti, del loro effetto sulla lotta vera contro il traffico di persone.
Annette Lyth, la responsabile del progetto regionale dell’ONU contro la tratta di persone con sede a Bangkok , dice che la discussione globale attorno traffico sessuale è diventata troppo isterica. “Si gioca tutto sulle emozioni”, dice. “Si è creato un clima nel quale difficilmente si può avere una discussione realistica sulla tratta e su cosa fare veramente.”
Lyth dice che la discussione sul traffico sessuale dovrebbe essere focalizzata su programmi educativi preventivi per le ragazze, controlli migratori severi e maggior opportunità economiche alternative, piuttosto che su operazioni “salvifiche”. Le storie semplificate del bene contro il male “minano il lavoro a lungo termine”, dice. “Ognuno deve prendere la loro parte di responsabilità in questo, compresi i giornalisti, al fine di vedere ciò che è necessario fare e ciò che sta davvero succedendo.”

Mentre il dibattito infuria, gli esperti dicono che i dati sul numero totale di donne e ragazze vittime di tratta nell’industria del sesso in Cambogia sono spesso gonfiati a causa della visione abolizionista per la quale tutto il lavoro sessuale è traffico di esseri umani.
Mentre alcune ragazze davvero continuano ad essere vittime di tratta, e in alcuni casi sono prigioniere in gabbie dove ricevono scosse elettriche, gli esperti dicono che in realtà l’industria del sesso è, in larga misura, fatta di ragazze e donne che lavorano in stabilimenti come saloni di karaoke e che sono diventate prostitute volontariamente o ingenuamente, o per la mancanza di diverse opportunità economiche , e che potrebbero essere vittime di sfruttamento proprio in conseguenza di questo.

“La mia esperienza riguardo alcune di queste ONG è che in realtà non vogliono avere nessun tipo di dibattito critico, perchè non fa bene ai loro affari” dice Melissa Gira Grant, autore di “Playing The Whore: The Work of Sex Work. “Per avere questo dibattito, abbiamo bisogno di andare oltre il modello della leader carismatica con la perfetta storia lacrimevole, dobbiamo parlare del lavoro di queste donne attraverso una analisi politica seria di quello che veramente accade.”

Resta una domanda: Perché Mam ha detto tante bugie?
“La voglia di notorietà prima di tutto. L’essere famosi, i viaggi intorno al mondo, e poi il denaro, sono cose che ti possono far perdere la testa”, dice Chhun Sophea, che ha lavorato con Mam e viaggiato con lei negli Stati Uniti quando andò al Tyra Banks Show nel 2008 “Era salita sulla cima, e non voleva scendere …”

Ps: Perché avrà detto tante bugie? Si chiede un’amica. Perché forse sapeva cosa l’occidente neocolonialista vuol sentirsi raccontare. E ha saputo anche metterlo a valore pro domo sua. Chissà se lo fanno anche altre, ma se il frame è quello, se il brand della “vittima” funziona, queste straniere che l’occidente neoliberista vuole “salvare”, nonostante le respinga dai propri confini, di qualcosa dovranno pure campare. E’ una delle facce dell’industria del salvataggio, mica ci dovranno guadagnare solo le bianche!

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Risorse:

—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex wokers: http://www.sexworkeurope.org
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