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L’Affaire Maschile Plurale e il cripto-maschilismo di Massimo Lizzi

Mentre le sue amiche, ieri, finivano di insultare e sfornare deliri complottisti ai danni di FikaSicula, lui rispondeva, nella pagina di Maschile Plurale, all’invito infastidito di una femminista che raccontava come l’immagine che venga fuori da questo scontro in atto sia quello “del femminismo e delle donne mostruosa” perché “il femminismo è altro, è pluralità, inclusione e sorellanza“. Ovvero tutto quello che la compagnia Lizzi & Co, così tesa a escludere chi non gli piace, in questo momento non rappresenta.

Perciò Lizzi non trova di meglio da fare se non addebitare la responsabilità dei disordini al fatto che un membro di Maschile Plurale aveva postato la mia critica sulla pagina. Quella che poi hanno chiesto fosse censurata, per capirci. Invece i suoi mille post contro Maschile Plurale e la sua assidua presenza tesa a legittimare se stesso, prima di tutto, su quella pagina, secondo lui rappresentavano l’ordine.

In realtà il caos nella pagina è iniziato per le prove di intolleranza di chi ha fatto censurare il mio post e per il fatto che lui, per le ragioni che descrivevo qui, ha condiviso il mio link con la risposta a Ricciocorno (che non c’entrava con Maschile Plurale) sotto il quale si è scatenata, con mille insulti, la Lizzi’s Girls. Dopo i disordini, ai quali ha assistito, voglio sperare, con un briciolo di soddisfazione (ottimo lavoro Lizzi!), cose squilibrate che riguardavano le donne, ecco arrivare lui, il maschio, sobrio, con una posa autorevole che tiene a recuperare il senso serio e severo della discussione.

La sua teoria è che la critica politica rivolta ai suoi metodi, e a quelli di Il Ricciocorno (e il resto della truppa) sarebbe stato un mezzo attraverso il quale distogliere l’attenzione. Lo ha chiamato “errore difensivo degli admin“. Riporto ora qui, in sintesi, copiando stralci di discussione avvenuta su Maschile Plurale, quello è seguito a questa sua maniera di sfuggire le critiche e puntare il dito, sempre, verso l’altro, l’uomo peggiore, il Maschile Plurale, quello che va arginato per il bene delle donne.

Gli si fa notare che quella che lui ha chiamato “errore difensivo” era una critica alla maniera inquisitoria di occupare e pressare continuamente quello spazio e monopolizzare il dibattito e l’attenzione dei membri di Maschile Plurale. Secondo lui, dunque, quanto stava accadendo in quella bacheca era una cosa normale, non si è reso conto dell’insofferenza, del disagio e neppure del fatto che c’è molta differenza tra un confronto equilibrato e un processo di tanti contro uno. Anzi, di uno contro uno. Però Massimo Lizzi, in questa storia, tende a legittimare soprattutto e disperatamente se stesso, anzi, come si vedrà dai suoi interventi, immagina che la sua stessa legittimazione corrisponda al bene delle donne. E qui si tratta del massimo del maschilismo che si possa esprimere. In questo senso, come ho già scritto e temo, tutta questa faccenda diventa per lui un mezzo per acquisire punti premio popolarità e legittimazione tra le donne che gli si affidano.

Comunque alle critiche lui risponde ancora proponendo i suoi interventi. Anzi, dice che bisogna rileggerli perché, un po’ come avviene per la Bibbia, è lì che si trova la verità. Gli si fa notare che non è una cosa saggia affrontare le critiche dicendo a chi lo critica che non sa leggere i suoi sermoni contro Maschile Plurale.

Si incarta soprattutto a margine di un paio di critiche che, ancora, gli vengono poste. La prima:

perché la scorrettezza di pubblicare report di parte di quella riunione e non attendere la pubblicazione di tutti gli interventi? non è sovradeterminante nei confronti di tutte le persone presenti (e anche non presenti) riportare solo il vostro punto di vista? davvero non vi rendete conto che questo dibattito è condotto in un modo che non piace a tante persone?

le risposte sono state vaghe e un po’ autoreferenziali. TK Brambilla, partecipante alla discussione, dice che lei è una, sola, e che non ha bisogno di mettersi in relazione con nessuno prima di pubblicare quel che pensa. Gli si spiega, a lei e a Lizzi, che una discussione caratterizzata da una modalità sovradeterminante è come quando un gruppo che partecipa al corteo decide di mettere il cappello su quell’iniziativa, piazza lo striscione in cima e se ne frega di ragionare tutti assieme sul da farsi. Di fatto tutta la modalità della discussione è avvenuta secondo questi criteri.

Anzi, Lizzi, per meglio sovradeterminare la discussione, mentre mettevano in croce Stefano Ciccone, cioè chi ha provato a discutere il più possibile con loro, amplificava solo il proprio punto di vista, o quello delle sue amiche, sul proprio blog. L’intera discussione è stata condotta e portata avanti con il cappello Lizzi che era indubbiamente teso non a dibattere, alla pari, ma a vincere una partita a punti, a chi vince di più, perché tutti i maschi sono cattivi tranne Massimo Lizzi, e questo ci riporta alla seconda critica.

Si fa notare a Lizzi, come aveva scritto anche Paola Zaretti, che questo scontro a due, tra un uomo e un altro, quello perfetto, il vero uomo, e quell’altro che andrebbe aggiustato, deriva da logiche patriarcali. Lizzi arriva al punto, nel corso della discussione, di negare perfino l’autonomia e la capacità delle donne, delle femministe, di stabilire da se’ una lettura autonoma dell’andamento della discussione. Nega l’analisi di Paola Zaretti e quella di altre che con lei sono d’accordo, dicendo che l’impressione sarebbe derivata dal fatto che non avrebbero capito o letto bene, perchè altrimenti è chiaro che sarebbero state d’accordo con lui.

Ma Lizzi non demorde e più che la causa in se’ tiene a mantenere salda la propria legittimazione, per il bene delle donne, naturalmente. A Lizzi viene detto che “non solo si vede una gara tra due uomini ma tra i due tu sei quello che ha parecchie ansie di prendere distanze dai tuoi simili per segnare una differenza, una distinzione, tu in alto, sul piedistallo, il migliore, quello realmente non violento. E personalmente, da un uomo che dice di essere antisessista, mi aspetto che resti con i piedi per terra e parli da persona che sa che il mostro è dentro di se’ e non altrove, l’ansia di mettere alle porte il mostro altrove mi sembra la stessa ansia sociale di determinare l’individuazione del mostro nello straniero. Credo ci sia parecchia mancanza di consapevolezza politica e di elaborazione antisessista in questo.

Al che lui risponde dicendo che “La lettura della gara tra due uomini è funzionale all’insabbiamento.” La sua preoccupazione però resta il fatto che è lui che non vuole uscirne delegittimato. A proposito dell’analisi di Paola Zaretti, da lui archiviata come funzionale all’insabbiamento, gli viene detto che:

La tua lettura è veramente “maschile”, da gara di testosterone appunto. Invece è semplicemente una analisi che libera (voce del verbo liberare) l’azione autonoma delle donne. Mettere in ombra lo scontro tra due uomini è giusto perché sono le donne che devono emergere. E non tramite il tuo blog o perché tu sei il loro portavoce virtuale, ma in termini di acquisizione di protagonismo a 360%. Se tu pensi che liberare l’autonomia delle donne significa insabbiare è un errore tuo di interpretazione, come dire che il femminismo pensi ti sia d’intralcio. Mi pare un difetto non da poco di interpretazione della vicenda. Voglio dire che mentre tu ti preoccupi del fatto che sia delegittimata la TUA interlocuzione, le donne vogliono ampia legittimazione per la propria e nel femminismo non esiste che la legittimazione passi attraverso te.

La stessa Paola Zaretti gli risponde così:

Non sono intervenuta perché è bastato un post (nè con Lizzi nè con Ciccone) per scatenare attacchi violenti e screditanti soprattutto da parte di una persona che sono stata costretta a bannare, – cosa che non faccio mai.

Poi chierisce che lei ha relazioni con molte donne, incluse alcune vicine a Lizzi e prosegue:

Per sgombrare il campo da equivoci in merito a “schieramenti” e quant’altro. Dire che la lettura di una gara fra due uomini è “funzionale all’insabbiamento”, oltre che essere poco rispettoso delle altrui opinioni, è esso stesso un tentativo di insabbiamento alquanto maldestro di tale lettura, un modo per rimuovere il nucleo del problema. Purtroppo tutto quello che leggo, non fa che darmene conferma. Non so se e dove Ciccone l’abbia detto, so che questo è un pensiero da me formulato a prescindere da quello che ha detto o non detto Ciccone. Non faccio uso di accordi preventivi. Vorrei però segnalare all’attenzione una cosa che colpisce: quando gli argomenti sono esauriti – è la seconda o terza volta che capita – si invocano Muraro e la Libreria, come se dovessero funzionare da ancore di salvezza, come se dovessero legittimare una posizione, come se dovessero essere garanti di che? Della Giustizia? Perché questo continuo ricorso? Che bisogno c’è. E anche qui: quali sono i reciproci tornaconti?

Secondo il punto di vista di Lizzi, però, perfino il fatto di dirgli che non è corretto sovradeterminare la discussione con un eterno dominare la scena pubblica, attraverso i tanti interventi sul suo blog, sarebbe funzionale all’insabbiamento. Tutti vogliono insabbiare salvo lui, il vero uomo, il salvatore delle donne. E nel frattempo, appunto, si rende noto che la visibilità di Lizzi, che mette in ombra quella delle donne, coinciderebbe con il bene delle donne stesso. Un Lizzi che domina la scena “da protagonista” sarebbe utile alle donne.

Viene fuori dunque che lui teme “di essere estromesso dalla discussione” e che “il bene ultimo per le donne coincide” con la sua presenza. Di piazzare in testa al corteo le donne (prima le donne!) non se ne parla. C’è sempre e solo lui e le donne ridotte a “pianeti satelliti” che stanno alla sua ombra. Perché, appunto, “il protagonismo delle donne equivale all’insabbiamento“, come gli fa notare l’interlocutrice.

E’ a questo punto che Lizzi, pur di non affrontare le critiche, dopo aver già detto a Paola Zaretti e alle altre che la pensano come lei, praticamente, di non saper leggere, dice che chi non è d’accordo con la sua versione dei fatti (l’insabbiamento, la sua legittimazione, eccetera) ovviamente non ha capito. Per Lizzi le donne che lo criticano o non sanno leggere o non hanno capito, anzi, la sua osservazione è più sottile e tende alla patologizzazione. Le donne che non sono d’accordo con lui “interpretano” quel che lui dice a modo proprio. Un po’ come quando una donna dice a un uomo “tu mi stai offendendo” e lui risponde “è una tua proiezione”, che poi è un concetto base (non si fa!) che spiega come la negazione del punto di vista dell’interlocutrice attraverso strategie di delegittimazione (quelle si) di questo tipo (non sai leggere, sei tu che interpreti male) sono alla base di ogni strategia discorsiva maschilista. Finanche di ogni strategia maschilista e sottilmente coercitiva.

L’interlocutrice non ci sta e sintetizza gli intenti di Lizzi: “è quello che hai scritto. tu sei qui a garanzia di un non insabbiamento e pubblicare interventi sul tuo blog, costantemente, sovradeterminando la discussione, sarebbe parte di questa tua specifica ed eroica funzione. protagonismo delle donne zero e quelle che ti stanno vicino (perciò) vengono sminuite dal tuo protagonismo.

Gli viene detto ancora: “di fatto sei tu che non vuoi perdere la funzione di liberatore. le donne diventano visibili tramite te, le loro parole passano attraverso te. sei tu il portatore sano del LORO antisessismo.

Da lì in poi Lizzi è in difficoltà e la butta in caciara, anzi, tenta di delegittimare l’interlocutrice perché ovviamente “un lizzi è sempre un lizzi. a garanzia della salute di tutte le donne del mondo tranne di quelle che lo contraddicono.

Nel mezzo di questa discussione un commento fa luce sulla vicenda “Massimo Lizzi troll del secolo, dopo aver gettato fango per mesi su FaS e Abbatto i Muri ora è passato a Maschile Plurale“. E tutto ciò, ovviamente, in nome delle donne. Tranquille, care, arriva lui. Mettiamoci comode ché lui sconfigge il patriarcato al posto nostro, salvo non capire che lui ne è parte. Eccome se ne è parte.

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