da Abbatto i Muri:
Appena concluso l’intervento in diretta con RadiAzione provo a riassumere riflessioni e anche la giornata di lotta di oggi, a partire dalla Spagna, dove le donne si battono contro la legge Gallardòn, fino alle strade e le piazze italiane in cui tante donne hanno portato la loro solidarietà.
Lo Stato interviene sui corpi delle donne, appropriandosene e ignorando la scelta delle donne, in più modi. Il corpo delle donne viene affidato al papà Stato quando gli chiedi tutela, gli chiedi di decidere al posto tuo, per esempio, e dato che lo Stato ha una vocazione patriarcale quel che trovo assurdo è che ci siano donne, anche femministe, che reclamano a gran voce di essere poste sotto tutela dallo Stato. Esigere tutela, essere felici quando lo Stato decide per l’irrevocabilità della querela, ad esempio, quando cioè decide che la tua scelta non conta perché ti considera malata, troppo fragile, con buona pace di mater/paternalisti che adorano istituzionalizzare lo status della vittima per consegnare i corpi delle donne ai tutori, controllori, sorveglianti della nostra vita, sessualità, autonomia, incluso quella economica, significa legittimare lo Stato a scegliere per te sempre. Significa che accrediti lo Stato nella funzione di controllo del tuo corpo.
Lo Stato, come qualunque istituzione patriarcale, non sa “possederti” a metà. Se tu dici che hai bisogno perfino di essere salvata da te stessa allora ti rinchiude, patologizza, ti vuole curare per farti tornare in te, e fa tutte quelle belle cose che tante hanno subito in passato e continuano a subire. Se esci e manifesti ti manganella e ti rinchiude in galera… la galera… altro strumento repressivo di controllo e irregimentazione sui corpi che alcune donne legittimano ed evocano come strumento di salvezza per noi.
Lo Stato, dunque, semplicemente accetta – eccome – di accreditarti lo status di vittima e te lo risputa in faccia quando decide che dato che tu sei così fragile e indifesa, sicuramente non sei in grado di decidere per te stessa e allora sarà lui, lo Stato, a scegliere per te quando e come devi abortire, se farlo, se amare o meno una persona di un sesso più simile al tuo, se lavorare usando il tuo corpo o no, perché quello di cui lo Stato non tiene conto è la tua autodeterminazione. Come potrebbe d’altronde farlo, se non lo fa in generale e se decide che i corpi devono essere funzionali soltanto ad un disegno che comprende un progetto sociale in cui tu devi essere familista, etero, produttiva/riproduttiva, devi vivere quanto vogliono loro, non puoi scegliere di esistere come vuoi ma neanche di morire, non puoi decidere di abortire ma neppure di usare la procreazione medicalmente assistita come vuoi tu. Tu sei una donna, intrappolata nel tuo ruolo di genere, con tollerante, diciamo così, accettazione di chi diserta i ruoli di genere, e una spinta costante, però, che stabilisce che tu sei una vera donna solo se sei vittima, se ti affidi a patriarchi e paternalisti, se ti fai dettare dallo Stato le regole della tua vita, le parole, i pensieri, i metodi per salvarti, realizzare autonomia, perché tu servi assoggettata, mai autodeterminata e autonoma. Tu servi come ammortizzatore sociale che ammortizza all’interno del nucleo familiare, con la riproduzione e la cura, e questo dovrebbe fare pensare chi spinge il maternage di stampo fascista o chi sollecita perfino la istituzionalizzazione del ruolo di casalinga con uno stipendio che a parte le organizzazioni di centro destra solo alcune menti non precisamente inclini al rispetto per l’autodeterminazione delle donne possono pensare.
Tu servi a questo, perché questo vuole lo Stato che è esecutore materiale della volontà biocapitalista. Vedete, il biocapitalismo non si appropria solo dei corpi delle donne. Si appropria di tutti i corpi. Gli uomini respinti fuori dagli affetti, a fare i guardoni o i mantenitori e comunque pronti a lavorare il doppio e a guadagnare la metà, perché questo il mercato chiede ed è questa la funzione specifica che un uomo deve realizzare. Il suo corpo appartiene allo Stato tanto quanto il nostro e se c’è chi separa queste cose, il legame netto che c’è tra la richiesta di tutela e la limitazione che riguarda le nostre scelte anche quando parliamo di aborto, o come in Francia, paese dalla grande vocazione colonialista e autoritaria, che a parte l’uso della galera e delle sanzioni non produce molto, dove per “salvare” le donne dalla prostituzione, malgrado l’opposizione netta delle sex workers ancora a lottare per le strade, se c’è chi non capisce che consegnarsi allo Stato vuol dire dargli l’opportunità di limitarti nelle tue scelte, sempre, direi che ha molta strada da fare in quanto a comprensione di quel che significa una lotta reale per l’autodeterminazione.
E se, ancora, non si capisce il legame stretto che esiste tra il ruolo tutoriale sulle donne, la limitazione delle nostre scelte anche in fatto di aborto, e la consegna di una funzione produttiva, da consumatore e operaio che giammai dovrà disertare l’imposizione del capitalismo, all’uomo, direi che non ha, ancora, capito che tutti quanti facciamo parte di uno stesso nucleo sociale dove la questione di genere deve essere vista e raccontata assieme alla questione della differenza di classe.
Perciò ho adorato le piazze oggi, un po’ meno mi è piaciuto il fatto che in qualche piazza, così mi raccontano, ci fosse qualche signora, borghese, del Pd, a volantinare per le quote rosa. Immaginare che il mondo vada trattato e risolto a compartimenti stagni, d’altronde sembra essere la loro specialità, per cui giusto lì poteva avvenire che si veicolasse la dicotomia facile “legge sbagliata fatta dagli uomini e se invece porti più donne in parlamento sai quanta bella roba che produciamo“. Già Già. Come no. Salute a voi.
Invece sono straordinarie le piazze in cui si è parlato di lotte, povertà, reddito, antisecuritarismo, antifascismo, quelle in cui le donne, anche sotto la pioggia, hanno semplicemente portato solidarietà alla lotta delle compagne spagnole. Straordinarie le torinesi che si sono trovate perfino ad affrontare l’opposizione schermata dalla polizia da parte di leghisti antiabortisti. Le compagne che hanno compiuto azioni nelle città per rendere visibile una voce che non viene mai accreditata, noi, streghe, cattive, assassine, in giro dappertutto a raccontare storie che parlano anche di precarietà e non per questo in relazione al desiderio di maternità o quella, precaria, che vuole avere un figlio ma non può e certamente non le basta l’elemosina dei gruppi no-choice perchè vuole un reddito, cui ha diritto, per decidere autonomamente. Grandiosa la piazza, affollatissima, a Madrid, e grande la mobilitazione anche sul web dove in tantissim* hanno moltiplicato la voce di una, due, tre, migliaia di donne, per dire alle spagnole, siamo con voi. La vostra lotta è nostra. Perché il vostro corpo è vostro e nessuno, dico nessuno, può fare leggi per imporre una unica visione morale, una ideologia, e nessuno può sostituirsi a noi, espropriandoci del diritto all’autodeterminazione, imponendoci quello che non vogliamo.
Perciò, viva le azioni antisecuritarie, antifasciste, contro il controllo sui corpi e sulle nostre vite. Viva le donne che non hanno attraversato le piazze per farsi campagna elettorale (epperò!) e quelle che hanno raccontato la sorellanza attivista, militante, sotto la pioggia, il caldo, il freddo, a segnare una presenza sui ponti, manifesti, pareti, mura, per moltiplicare quella voce-contro all’infinito, perché siamo una, due, tre, e siamo uno e due e tre, e siamo a raccontarci, in una dialettica costante, senza pretese di autoritarismo l’un sull’altr@, senza imporre leggi morali che se riguardano il tuo corpo non riguardano certamente il mio, perché di questo è fatto il rispetto per l’autodeterminazione. Siamo tant*, divers*, ed è bello che si lotti affinché tutt* possiamo decidere in autonomia.
#IoDecido
E non è sicuramente finita qui.
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#IoDecido #YoDecido: i nostri non sono Corpi di Stato!