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La sfilata delle donne/vittime e il nuovo matriarcato

fotoDa Abbatto i Muri:

Il brand #femminicidio funziona. Per legittimare un partito di governo, lo stesso governo che così fa dimenticare quanto di sbagliato compie sulla pelle della gente, per vendere prodotti, marchi. Funziona anche nelle sfilate di moda. Riproponendo due stereotipi in uno. Quello della vittima vittimizzata e quello della sposa, moglie, madre, utero, ruolo di cura, da tutelare. Date un’occhiata, per esempio, a questa pessima iniziativa.

Questa cosa mi ricorda una esperienza analoga. Capita di vedere partiti che ti chiedano di fare il “caso umano” in quanto vittima di violenza per mostrare i lividi al prossimo portando voti e legittimità. Ci sono partiti in cui le donne hanno esattamente questo compito: quello di realizzare iniziative al femminile in cui mostrare “casi umani”, donne oggetto, feticci che servono a portare voti utilizzando il tema della violenza sulle donne. Sono sfilate pure quelle. Sfilate in cui le donne vittime di violenza vengono usate come portatrici di un valore d’esperienza salvo essere “bannate” se non raccontano esattamente quanto vogliono tu racconti.

La loro narrazione è funzionale, dovrà comunque corrispondere e legittimare un modello paternalista e autoritario. Le vedi in fila, certe volte, intervenendo prima o dopo la deputata o la rappresentante di partito tal dei tali, che strumentalizzando la donna/oggetto/vittima poi si ferma a sciorinare il proprio punto di vista che dalla visione della testimone di cotanto dolore non dovrà essere mai smentita e dovrà essere solamente avvalorata.

Bisogna che sappiate una cosa: le vittime di violenza sono spesso strumento, soltanto questo. Più lividi mostrano e più funziona il marketing istituzionale. E mentre il bla bla bla si realizza sulla tua pelle vedi una repressione dura nel caso in cui racconti le tue cose senza essere funzionale a nessuno.

foto-4Tu non puoi dire di essere vittima di violenza e che i loro metodi e le loro iniziative non ti piacciono. Non puoi dire che vuoi risolvere il problema in altro modo. Non puoi argomentare una visione autonoma che subito arrivano a frotte a dirti che la tua narrazione è sbagliatissima. Anzi di più. Mentre loro si nutrono di brandelli di carne umana, chiedendoti di fare pornografia emotiva e galvanizzare le folle che così saranno motivate a credere a quelle particolari rappresentanze di partito, se mostri dignità, forza, potenza narrativa e dici innanzitutto che giammai potranno fare quello di cui parlano in tuo nome, allora ti patologizzeranno, diranno che tu stai poco bene.

A me pare che a stare molto poco bene sia chi si nutre del sangue altrui per dare senso alla propria esistenza, giacché ad un certo punto sfugge l’obiettività, l’equilibrio, la razionalità che invece chi ha subito una violenza e l’ha a lungo elaborata e dunque superata, non perderà mai neppure se le presenti il conto in cadaveri squarciati.

Caratteristica di queste persone è tenere il livello della discussione ben oltre il panico morale. E’ emergenza argomentativa più che sostanziale. Perché se il clima è d’emergenza ti impediranno di ragionare e se non ragioni non vedrai che anche sulla tua pelle realizzano un decreto legge che fa letteralmente schifo e che non potrà rappresentarti mai.

Conosco donne che hanno vissuto grandi violenze che hanno un enorme pudore nella narrazione e non l’affidano ai partiti, non si lasciano strumentalizzare, né moralizzano le narrazioni altrui. Perché ci vuole molto poco a nutrire gli isterismi, i fanatismi, i paternalismi di chi neppure sa di cosa stai parlando.

La stessa conta dei cadaveri di donne uccise, che siamo costrette a fare perché nessuno osserva obiettivamente il fenomeno a livello istituzionale, per ottenere una chiave di lettura autonoma e scissa dagli interessi di chi sul fenomeno specula, è in ogni caso una sfilata di soggettività senza voce, anime finite utilizzate in chiave statistica invece che a livello empatico per tentare di rintracciare con umanità parentesi meno banali.

Quando arriva la parlamentare tal dei tali e sul piatto della discussione mette un tot di donne uccise, poi propinandomi la sua visione repressiva e securitaria del problema, in fondo terrorizzandomi, facendo in modo che io perda fiducia nella mia capacità di elaborare soluzioni autodeterminate, obbligandomi ad affidarmi a tutori e protettori, a magnaccia di Stato che meglio sorvegliano la mia capacità riproduttiva e il lavoro di cura necessario al welfare, quando arriva una così che mi usa per dirmi che io sono solo vittima e solo come tale posso muovermi e parlare, diversamente sarebbe meglio tacessi, per non fare danno alle altre donne, così si dice, per me non è diverso da quanto ho visto fare al patriarcato in tanti anni.

E di certo non ho fatto di tutto per liberarmi del patriarcato per poi consegnare la mia vita, il mio presente, futuro, le mie prospettive di rivolta e r-esistenza, a questo tipo di matriarcato.

Il matriarcato è osceno tanto quanto il patriarcato. E’ osceno ed esiste. Si nutre e ci nutre di stereotipi sessisti, salvo poi negarne l’esistenza, e ci fa sfilare con i lividi disegnati in volto e in abiti da sposa (mogli, madri, donne incinte citate nel decreto legge) per ottenere voti. Peccato che poi quel matriarcato si mostri in tutto il suo splendore/squallore. Basta guardarlo meglio. Anzi. Basta solo guardare.

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