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#Snoq e la questione generazionale

da Abbatto i Muri:

Mi scrive una ragazza che racconta una sua esperienza. Direi che possiamo leggerla e parlane insieme, se volete. E a supporto di quanto dice Astro quando racconta dell’atteggiamento maternalistico di certe donne posso dire che io e tante come me, che pure non siamo più ragazzette, riceviamo esattamente lo stesso trattamento. Cioè: se non la pensi come loro sei “giovane”, ovvero piccola, minore, dunque non in grado di intendere e volere. Vi auguro buona lettura!

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Qualche mese fa, sotto periodo di elezioni universitarie, ho partecipato ad un’iniziativa organizzata da una certa lista di sinistra(?) nel mio dipartimento intitolata “DONNE. Una comunicazione d’ALTRO GENERE” (n.b. il maiuscolo non è mio e lo riporto fedelmente poiché significativo) nel cui sottotitolo si leggeva: parleremo di blablabla.. e di cosa significa essere “femministe”al giorno d’oggi.

Con queste premesse e pretese di monopolio le invitate non potevano che essere le tipe del comitato cittadino di SNOQ con Lorella Zanardo che però ha fato forfait all’ultimo… cosa che non ha impedito di proiettare un estratto de Il corpo delle donne con tanto di commenti indignati – e indignabili. Ma vabbè, fin qua nulla di nuovo. Era facile prendere parola e discutere perché i/le partecipanti non erano molti: alcuni ragazzi della lista promotrice dell’evento, le belle signore snoqquine schierate, alcune ragazze colleghe e amiche dell’organizzatrice.

Insomma in pochissimo tempo scatta la lite sulla questione delle quote rosa: io dicevo che per me è estremamente umiliante rivendicarsele e a più riprese mi sono sentita ribadire il concetto “eeeh anche io una volta, quando ero giovane, la pensavo così ma poi..“. L’avesse detto solo una di loro, sarebbe passata come la cazzata del momento.. e invece me l’hanno detto tutte, tutte in modo diverso, tutte più volte (!!) e infatti poi ho sbottato, ma non è questo il punto.

La cosa mi ha dato da pensare non poco ed è da un po’ di mesi che cerco di inquadrare questo episodio riuscendo però a fare solo congetture: conflitto generazionale? evidentemente.. ma mi sfugge il nocciolo della questione. Non capisco se semplicemente legano l’identità anche al dato anagrafico oltre che a quello biologico oppure se per loro istanze come possono essere le quote rosa sono intese come l’esito di un percorso politico che prima… e poi invece.. oppure potrebbe essere, molto banalmente, che altro non fanno che riprodurre l’atteggiamento paternalistico e altezzoso dei loro colleghi, e in verità di gran parte degli adulti, che vedono la gioventù come sinonimo di forme di estremismo normale e naturale, normandolo dunque per legittimare le loro posizioni da persone mature adulte e ragionevoli.

Astro

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Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio.


2 Responses

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  1. MaiaCalenda says

    Non ho capito se alla fine quello che divide è il tema delle quote rosa o il tono accondiscendente della risposta/critica. Giusto per curiosità: ho 39 anni, da che parte del (digital) divide mi colloco? Nel merito: le quote rosa fanno parte della mentalità americana che si potrebbe chiamare “positive discrimination” o discriminazione positiva secondo cui a pari merito devi assumere la persona che appartiene alla minoranza discriminata. L’idea è che per avere un voto di 8/10 un bianco di Beverly Hills deve studiare 3 ore, un nero del Bronx deve studiarne 6 scansando le torme di ubriaconi, disadattati drogati ecc., quindi è più determinato, quindi si presume che sia più bravo perché ha fatto più fatica. Si presume inoltre che la persona promossa con la positive discrimination, a sua volta assuma un atteggiamento discriminante ma di solidarietà verso la propria categoria, e quindi tenda inconsapevolmente ad assumere dei neri del Bronx. In questo modo un po’ per volta abbatti il soffitto di vetro. Capisco il principio di voler dimostrare di valere al di là delle preferenze, ma a conti fatti gli USA sono l’unico paese al mondo che ha prodotto presidenti e sottosegretari neri e donne, quindi si presume che il sistema funzioni.
    Il riferimento all’età credo inoltre che sia legato all’esperienza della maternità: non so se chi parla è già mamma, ma credo che sia quello il (digital) divide in cui ti rendi conto di quanto gli uomini, a parità di condizioni, abbiano il culo molto più parato delle donne. Una precaria donna è messa molto peggio di un precario uomo, nessuno la assume finché è in età fertile perché sono tutti preoccupati che potrebbe fare un figlio, e se poi il figlio lo fa, scatta il mobbing perché esce dall’ufficio alle 17, max 18 di sera e quindi ha tradito l’azienda. E il mobbing a volte scatta a partire dalle donne stesse, magari proprio quelle che hanno fiutato la trappola e hanno deciso di non avere figli – salvo poi farsi inghiottire e risputare nello stesso meccanismo alimentato da loro, sto pensando alla manager della RedBull, gentilmente accompagnata alla porta al rientro dalla maternità, e che candidamente ammette che “prima” aveva reso la vita impossibile ai colleghi e sottoposti che non si dedicavano al 110% all’azienda. Trascurando tutto il resto.
    In conclusione direi che se siamo d’accordo che le donne, nei fatti, hanno difficoltà simili a un nero del Bronx, la positive discrimination ci vuole eccome.

  2. Elena says

    Interessante…ho fatto parte di SNOQ Milano, e quando è venuto fuori questo discorso anch’io ho espresso il mio parere sulle quote rose che non condivido. Improponibile un ragionamento critico sull’argomento.
    Ma a parte questo…me ne sono andata proprio per la questione generazionale…ho quasi 30 anni,non 16, ma ero la più giovane. NOn solo in questo ambiente la questione generazionale si fa sentire, è un problema dei nostri tempi, come chi vede Renzi un giovanotto. E nell’essere sempre troppo giovane c’è un che di svalorizzazione, serve a sminuire un punto di vista diverso.
    Alla fine da SNOQ me ne sono andata, non solo per questo motivo, ma anche per l’autoreferenzialità che ho ritrovato anche in altri ambienti “femministi”.