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Di #Bertolucci, #sodomie non autorizzate e giustizialismi retroattivi

da Abbatto i Muri:

E’ veramente atroce vedere come chi ha una avversione paternalista per il porno approfitti della questione del film di Bertolucci per raccontare che chissà che cosa fanno di male alle attrici hard. Le attrici hard sono informate, da quel che so, di quel che dovranno fare nelle scene e che piaccia o meno a censori, bacchettoni, moralisti e paternalisti vari lo fanno per scelta. E’ mai possibile che si tenti a tutti i costi di usare un metro proibizionista sostituendosi alle donne affinché si dica che tutte sono da salvare anche se non vogliono essere salvate? E oltretutto: è mai possibile che l’unico modo che si ha per discutere di questo sia quello che verte immediatamente in direzione di securitarismo, punizioni, galere e quant’altro?

Dispiace che all’attrice abbiano fatto questo. Dispiace per come si è sentita, che c’è chi ha deciso sulla sua pelle senza averla consultata. Dispiace perché se per raccontare le emozioni di una persona bisogna indurgliele al naturale per fedeltà al copione artistico serve comunque che vi sia consenso (informato). La scelta autodeterminata deve essere fondamentale. Ho già visto in vari film scene di stupro. Spesso sono stati proprio film girati da registe donne o con le stesse attrici protagoniste che facevano da registe. Raccontare lo stupro è una cosa complessa, come raccontare la violenza in generale, perché devi mimarla, sentirla, riflettertici, identificarti nella mente di una persona violentata o di quella del violentatore. Però in narrativa io decido quel che faranno i miei personaggi e non obbligo nessuno ad interpretarne la sorte. Se poi quella cosa scritta dovesse diventare terreno di recitazione chi recita deve sapere quello che succede. E detto ciò un biasimo, arrabbiato, perché nonostante siamo ancora qui a contorcerci perché il governo vuole convertire in legge un decreto che parla di violenza di genere in termini repressivi e securitaristi, la critica intellettuale, femminista (mi riferisco a cose varie lette), paternalista, non cambia toni, non capisce che insistere nella pretesa di risolvere un problema culturale augurando perfino la galera retroattiva a regista e attore significa essersi giocato anche l’ultimo neurone forcaiolo che v’è rimasto.

Dopodiché eccolo l’ululato d’emergenza, per rincarare sulla sorveglianza tutelare e assolvere ministri e governo nell’atto di spendere moneta per le polizie che dovrebbero salvarci anche dalla recitazione. C’è chi si chiede che se fanno questo nei film “normali” chissà quante ne passano le attrici porno. Sfugge che, per esempio, per testimonianza delle stesse attrici, quelle donne siano più spesso state picchiate o violate in casa, da partner abituali, nella sacralità del matrimonio, perché come sempre avviene la violenza è più facile che stia in famiglia, e non nei luoghi di presunta perversione tipo i set dei film porno.

Qualunque attrice che sia stata in grado di autorappresentarsi e contrapporsi alle politiche censorie e autoritarie di MacKinnon e Dworkin (femministe radicali) lanciate nella difesa di donne che non volevano essere difese affatto, ha spiegato quanto in realtà fosse sicuro il contesto in cui una attrice hard può svolgere quel lavoro alla luce del sole. Diverso è, come sempre, dove quel contesto lo proibisci, lo stigmatizzi con solite retoriche abolizioniste e induci legislativamente registi e attrici a girare nel segreto di alberghetti e luoghi marginali. Perché sono le censure, le marginalizzazioni, i moralismi e gli stigmi che realizzano il terreno in cui le violenze possono essere tollerate e non il contrario.

Direi anche basta utilizzare le donne sempre e solo per favorire ragionamenti securitari e basta utilizzare le donne per soddisfare i propri pruriti di censura. Autoritari/e non si nasce ma si diventa. Provate a non diventarlo.

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Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.