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L’apartheid di genere e le zone #rosa

trenirosaDa Abbatto i Muri:

Mi scrive Marina:

L’altro giorno sono andata al centro commerciale Bennet di Vanzaghello e ho notato una striscia abbastanza stretta di parcheggi con sopra un’insegna rosa “Parcheggi dedicati” con l’icona di una donna, non con il pancione, la semplice donna con la gonna. Ho chiesto a un addetto che era nei paraggi e mi ha risposto che a quanto ne sa sono dei parcheggi dedicati alle donne (incinte o non). Io ne sono rimasta stupita, ho cercato su internet parcheggi per donne e ho trovato o solo discussioni/foto ironiche o parcheggi per donne incinte. Sono io fuori dal mondo o è una cosa assurda? Siamo per caso una sottocategoria degli uomini?

D’altronde qualche giorno prima le Dumbles giustamente osservavano a proposito di carrozze rosa nei treni: “Ma davvero vogliamo essere una specie protetta? (…) Non ci è mai piaciuta questa politica ruffiana di parcheggi, vagoni, o seggi… insomma di piccoli mondi a parte. Che poi si sa, le specie protette sono deboli, fragili e soprattutto hanno bisogno di protettori; insomma, niente da fare, questo treno corre sempre sugli stessi binari del patriarcato.

E dunque qual è il punto?
Pensate se dopo alcune aggressioni ai gay, ai rom o ai neri qualcuno dicesse che è necessario confinarli in ghetti per la “loro” sicurezza. Pensate all’idea di bus solo per neri e vagoni solo per bianchi. Pensate all’idea di un mondo diviso tra persone considerate più “deboli” dove quella presunta debolezza viene usata per riportarci al punto in cui eravamo quando esisteva il “prima le donne e i bambini” che ci impediva l’accesso a molti luoghi.

Pensate al mondo così com’era prima. Le donne che non potevano entrare in alcuni spazi perché per non erano considerati abbastanza “sicuri”. C’erano i mondi rosa, le fasce orarie rosa, le zone cittadine rosa, pezzi di vita rosa con attribuzione di genere di ruoli nel precisi. E dunque: l’urlo e la rivendicazione.

Vorrei le strisce viola perché ne ho abbastanza di segnali che stabiliscono quale sia il mio genere e quali dovrebbero essere le conseguenze sociali della mia donnità. Voglio cessi per tutt*, spazi per tutt*, non voglio zone privilegiate che vengono spacciate in quanto tali ma sono ulteriori confini posti tra me e il mondo.

Voglio viaggiare in luoghi in cui per sentirmi “uguale” non devo travestirmi da uomo, dove il mio nome non sia il limite che mi confina in una carrozza di sole donne. Voglio parcheggiare ovunque sia possibile e al di là del fatto che qualcuno ha deciso che la gravidanza sia un handicap bisognoso di assistenza e spazi appositi io gradirei sperare che la vita, la società, il mondo del lavoro, non confini in quella stessa area le donne che aspettano figli, perché quella è una delle prime scuse idiote che viene usata, per esempio, per licenziarle.

Voglio spazi di vita normali, conquistati per diritto assegnato alle persone, perché il femminismo mi ha insegnato che era così strano accettare la stravagante idea che le donne fossero persone. Oggi che siamo considerate tali perché facciamo di tutto per invitare altri a considerarci deboli, indifese, inferiori, perennemente vittime, perfino di bus affollati di testosterone?

Se è l’apartheid il progetto implicito direi che proprio non ci sto. Mi piacciono luoghi misti, promiscui, una società fatta di mille generi, etnie, culture. Non mi interessa essere confinata nei luoghi “rosa” per il mio “bene” perché quella è la dichiarazione di un fallimento di una società che stabilisce che ad avere “colpa” di qualunque cosa sono io. E’ la mia stessa esistenza ad essere messa in discussione. E’ la dichiarazione di dominio di una società che sulla mia pelle stabilisce confini, perimetri di esistenza, perché laddove lascio che la mia salute sociale, fisica, morale sia affidata a dei tutori è sempre e solo così che finisce: con me al confino, ben soddisfatta di stare chiusa a vegliare sul sacro focolare mentre l’uomo, forte, resta alla porta a proteggermi…

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, Omicidi sociali, R-esistenze, Sessismo.


One Response

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  1. enola says

    A quanto ho visto in giro, i parcheggi rosa non esplicitamente dedicati a donne incinte o neomamme, ma semplicemente a donne, sono solitamente ubicati in zone considerate poco sicure. Diciamo che seguono lo stesso principio dei parcheggi per gli invalidi, che di norma sono i più vicini agli ingressi degli stabili per non far fare loro troppo strada. Per esempio ne ho visti nei parcheggi dei cinema, accanto ai lampioni. In questo modo la donna che esce dal cinema a notte fonda può accorgersi subito se qualche malintenzionato la sta aspettando vicino alla sua macchina… (s’è capita l’ironia? 🙂 )