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Il “maltrattamento” al “fidanzato” può diventare intrattenimento?

Da Abbatto i Muri:

Non sapevo neppure dell’esistenza di una trasmissione del genere. Invece esiste, ahimè, e dà notizia di se’. Non so se questo è un trucco per promuoverla, attirare l’attenzione, ma se anche così fosse quel che vorrei capire è come mai non leggo alcuna reazione particolarmente critica rispetto al fatto che ‘sta trasmissione si promuove divulgando assaggi di vita tra coppie una delle quali, così leggo, fatta da una donna manesca e un tizio che dovrebbe fare tutto quel che gli viene ordinato. Da quando il “maltrattamento”, così come viene definito dalle riviste online, può diventare una forma di intrattenimento? Se la questione fosse stata a parti invertite, se fosse stato lui a maltrattare lei, sono sicura che tante sarebbero state le forme di opposizione. Da parte di chi avrebbe detto che si sarebbe trattata di una forma di istigazione, un modo come un altro per brandizzare la violenza e trarne audience, una maniera per normalizzare, agli occhi di chi guarda, scene che dovrebbero ottenere un minimo di critica. Invece niente.

L’immagine di lei che maltratta lui fa il giro di tutto il web e seguono commenti abbastanza stravaganti. Chi scrive che evidentemente se l’è voluta, chi parla di reazione sotto stress, chi dice che si tratterebbe di una strumentalizzazione di un momento di “fragilità”, poi c’è qualche commento timido, buttato lì ogni tanto, da un uomo che ridendo dice “la mia fidanzata è proprio così…” e la risata esorcizza più che altro una mentalità che ridicolizza l’uomo che confessa di essere stato maltrattato, colui il quale dovrebbe sempre intendere il maltrattamento, verbale, psicologico, fisico, come qualcosa di per se’ banale perché tanto si sa che l’uomo è più “forte” e qualche schiaffetto ogni tanto cosa vuoi che sia.

Poi c’è la tipa che osa un “l’avesse fatto a me l’avrei buttata in acqua“, ed è una donna che sostiene l’idea che si costituisca un fanclub della fragilità dell’uomo, che prima o poi ha da reagire, bisogna che la lasci, dimostri il suo carattere, che la domini, perché l’unica forma di reazione che si immagina è quella che oppone al maltrattamento un’altra forma di dominio.

Insomma, infine, davvero non se ne parla e allora mi è venuta in mente una scena di una coppia che negli anni ho conosciuto. C’erano due, sembravano parecchio innamorati, lui era accomodante, lei era una che lo faceva sentire sbagliato tutte le volte che poteva. Dovevano mettere una mensola. Lei dirigeva i lavori e lui posizionava. “Ma così è sbagliato” – diceva lei – “non vedi che è sbagliato? Ma è possibile che tu non sappia fare un cazzo? Dai qua che faccio io…” e allora si accingeva a fare tutto quanto e poi però aveva bisogno di aiuto per reggere la mensola e cominciò a dare i numeri. Gliene disse di tutti i colori, cominciò a parlargli contro, ad alta voce, lo spintonò e io giuro che se l’avesse fatto a me le avrei mollato una testata sul muso. Sarebbe stato sbagliatissimo, davvero molto sbagliato. La violenza non ha giustificazioni. La violenza fa schifo in ogni caso.

Ma anche raccontare un episodio del genere diventa complicato ché vedi le reazioni basate su una differenza di genere.

Se io parlassi così di un uomo direbbero che è autodifesa, sarebbe lecito, sarebbe perfino giusto. Direbbero che ne avrei tutto il diritto perché un uomo che maltratta è una cattiva persona e la reazione alle sopraffazioni, alle umiliazioni, alle mortificazioni, fatte per di più in pubblico, davanti a persone che sottolineano tutto l’imbarazzo o che ti fanno sentire sol@ nell’indifferenza, sarebbe comprensibile.

Dato che invece ci si riferisce ad una donna le obiezioni tipiche solo:

– così giustifichi la violenza;

– non esiste la violenza commessa da donne;

– è tutto un trucco per alimentare una immagine negativa delle donne che invece sono sempre vittime;

– se lei si è comportata così, evidentemente, ha fatto bene.

Nessun tipo di reazione può essere neppure pronunciata da parte di un uomo nei confronti di una donna che maltratta. Non c’è ascolto. Non c’è sensibilità sociale che si indigni a sufficienza. Non si realizza neppure il sospetto che possano esserci uomini sopraffatti dal punto di vista psicologico e fisico e derisi, ignorati, mai presi in considerazione. L’idea che le donne per “natura” siano angeli e gli uomini dei “demoni” che con un soffio possano spazzarci via è talmente radicata nella nostra cultura che solo ragionare di violenza sugli uomini diventa una bestemmia.

Ebbene: per le donne vittime di maltrattamento c’è perfino chi ha riconosciuto l’esistenza di una particolare sindrome che dallo stesso nome rappresenta una discriminazione di genere. La sindrome della “donna” maltrattata, utilizzata a volte nei tribunali americani per difendere donne accusate di omicidio nei confronti del partner, infatti non è la sindrome della “persona” maltrattata. Avendo parecchi dubbi circa l’esistenza e l’uso di questa particolare sindrome, intesa in quanto “malattia”, vorrei però capire: davvero sfugge il fatto che a prescindere da chi detiene il primato dei maltrattamenti nella coppia l’unica persona riconosciuta socialmente maltrattata è sempre e solo la donna?

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Elena says

    Ho trovato l’articolo molto interessante. Leggere questo pezzo sul giornale mi ha lasciata davvero perplessa ma credo sia assolutamente emblematico del modello relazionale che culturalmente ci viene inculcato, e gli spunti non sono pochi.
    A prescindere che in generale i reality non mi piacciono ma su questo, ahimè, de gustibus…
    innanzitutto si presuppone che il maltrattamento di lei su di lui possa essere divertente e, udite udite, addirittura intrattenimento.
    Roba che se fosse stato al contrario saremmo qua in preda a crisi isteriche e polemiche…ma se è lei che maltratta lui allora va bene, è legittimo ed è pure divertente.
    Quindi mi viene da dire che qui non c’è più tanto o non solo una questione di genere, ma un modello relazionale, assolutamente malsano dal mio punto di vista. L’amore è possesso, e il possesso posso esprimerlo anche con la violenza se il “mio oggetto” non fa quello che dico io. Per la serie: trova le differenze.

    Noto un secondo particolare: <>.
    Si può dire toy boy? Anche qui gli sviluppi si fanno interessanti. A quanto pare è indispensabile rendere oggetto l’ALtro nella relazione, che sia uomo o che sia donna non importa a questo punto, basta che la relazione si incastri su un dominante e un dominato. Seconda cosa: se fosse lei giovanissima e lui anzianotto, sarebbe stato sottolineato? COnsiderato che per quanto in relazione poco sana sono due adulti consenzienti, era indispensabile sottolineare il toy boy? Se fossero state parti invertite gli aggettivi sarebbero stati tutti per la malcapitata ventenne oggettivata, ma allora non avremmo parlato di maschilismo?
    Ma è un ultimo elemento che mi dà il colpo di grazie durante la lettura: <>.
    Materna? Ma per quale motivo dovrebbe essere materna? Perchè si presuppone che se lei è più grande gli deve fare da madre? E soprattutto mi sembra che in questo modo si sottenda implicitamente che le polarità entro cui muoversi nel modello relazione qui proposto risulti essere una cosa del tipo: o sei materna o malmeni il tuo fidanzato.