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#DecretoFemminicidio: quell* del “va tutto bene purché se ne parli”!

not-in-my-nameDa Abbatto i Muri:

Di quanto sia totalmente inadeguato il Dl Femminicidio lo abbiamo detto in tante. Vittime di violenza, persone che si occupano di violenza, insomma lo abbiamo detto proprio tutte che quel Dl è terrificante, atroce, osceno, ché strumentalizza la questione per farne un ulteriore mezzo per far vedere quanto lo Stato ce l’ha grosso, e gonfio, e potente, e virile. Dl ispirato da intenzioni repressive, da una politica di destra, accolto con grande soddisfazione da femminismi liberal/radical/borghesi e destrorsi e semi accolto più o meno bene dalle stesse persone che pur avendo qualche criticuccia da fare però non mancano di mediare in direzioni filoistituzionali.

Un colpo al cerchio e uno alla botte i normalizzatori e le normalizzatrici, gli stabilizzatori di sistema, strizzano l’occhio ai movimenti, giusto per anestetizzarli e rincoglionirli/orientarli a destra un altro po’, ché la faccenda del passaggio repressivo sui #NoTav è brutto brutto brutto, ma vuoi mettere la figata ché finalmente si parlocchia di femminicidio? Come quando Snoq fece indossare la maglietta contro la violenza sulle donne ai calciatori fascisti, nel senso che se non hai sensibilità di genere e cultura politica adeguata al caso non importa, purché se ne parli.

E’ tanto bello poi se la normalizzazione delle critiche, la mediazione in senso para/istituzionale, un cicinino coccolos@ nei confronti delle strategie di speculazione liberista del brand, arriva da chi ha l’abitudine di bacchettare i femminismi che non gli convengono, giacché le donne violentate devono pronunciare e affermare l’esser vittime in modalità unica, secondo la modalità sovradeterminante e colonizzatrice che impone non solo che le donne abbiano un sentire unico ma che quel sentire corrisponda né più e né meno che a quello del paternalista di turno che si sente realizzato nella sua attività di tutore virtuale di fanciulle indifese a tempo pieno.

Dunque ci sono quell* che immaginano sia un bene che le grandi aziende che vendono mutande strumentalizzino il “brand” della lotta contro la violenza sulle donne e poi ci sono quell* che pensano che il decreto femminicidio comunque vada visto un po’ a compartimenti stagni.

Dai, su, è vero che è una gran merdata, ma vuoi mettere che introduce il gratuito patrocinio? E che ne pensi del fatto che concede il permesso di soggiorno alle immigrate ché per avercelo devono prima farsi massacrare di botte? E in fondo, insomma, anche il fatto che abbia questa grande attenzione per le donne incinte non è così cattiva. In fondo sono donne vulnerabili, fragili, più malate. Insomma, guardalo meglio, questo decreto legge, davvero non riesci a vederci un che di positivo?

E dunque, a chi sale in cattedra e intende spiegarmi le cose come se io fossi un’idiota che non sa leggere e non è in grado di decidere per se’, quel che mi viene da rispondere è solamente un rutto, giacché il politically correct a fronte di chi da radical chic e con il mignolino aristocratico puntato in alto svolge elucubrazioni sulla mia pelle, la pelle di una vittima di violenza, non è esattamente la linea di comunicazione adatta.

Questo Decreto Legge fa cagare e come in tante, soprattutto vittime di violenza, affermano, non risolve proprio nulla. Per quanto io non abbia affinità con le istituzioni, in ogni caso, poi di quelle leggi che normano anche la mia vita devo subire le conseguenze, e dunque spero che la discussione parlamentare non abbia alcun accenno di mediazione e che non si faccia alcun tipo di negoziazione sulla pelle delle donne vittime di violenza. Un Decreto Legge che parla di repressione a tutto tondo non può e non deve riguardarci. Non c’entra nulla con noi. Non ci interessa. Noi non legittimiamo la repressione. Non in nostro nome. Not in my name. Chi vuole farcelo piacere si assuma la responsabilità di quel che dice in termini politici e morali.

Direi che può bastare.

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