Da Abbatto i Muri:
Quello che succede al femminismo, che poi è quello che succede alle belle spinte rivoluzionarie quando si traducono in ideologia, è che la delega in bianco di tutto quel che lo riguarda è consegnata a persone che a parte definirsi “movimento di donne“, tanto per dire quanto il femminismo in realtà gli piaccia, giacché così meglio possono sdoganare fascismi mentre fanno i loro balli e girotondi bipartisan, hanno deciso di sostituirsi alle istanze autodeterminate che vengono dal basso.
In quanto aventi uteri proclamano di poter parlare a nome di tutte le donne. Il loro sentire dovrebbe corrispondere al mio. La loro morale diventa una prigione normativa entro la quale io sono costretta a muovermi. Sono le stesse che parlano di precarie ma se le precarie parlano e intervengono ad una loro iniziativa le fanno bloccare dalla polizia e poi le chiamano antidemocratiche. Le stesse che parlano di violenza sulle donne e poi zittiscono l’opinione di chi quella violenza l’ha subita. Le stesse che parlano di prostituzione e poi delegittimano le sex workers che si autorappresentano con rivendicazioni decisamente differenti. Le stesse che impongono un registro su quel che è sesso o perversione/stupro, quel che deve piacermi oppure no, nel senso che se mi piace con le corde sono certamente schiava di logiche patriarcali e se mi piace usare il mio corpo per fotografarlo ed esporlo dicono che il porno è male e che sarò certamente una complice di maschilisti.
Definitivamente quel che mi propongono è una religione, munita di sacerdotesse e preti, paternalisti e in posa da crociata, che nei gironi dell’inferno rinchiudono le donne che non seguono il loro schema mentale e non obbediscono alle loro leggi moraliste, sovradeterminanti e autoritarie.
Così è diventato necessario, fondamentale, urgente, che ciascun@ si riappropri della propria lotta ed è quel partire da se’, che alcune mistificando dicono dovrebbe rivolgersi ancora in direzione di quell’imposizione normativa, che va recuperato.
Innanzitutto ci sono io, il mio sentire, quel che a me serve per emanciparmi. C’è la mia idea di società che può non coincidere con la tua e in tutto ciò mi serve battere forte i pugni sul tavolo per farmi sentire e dirti che la mia autodeterminazione non può essere calpestata, violata, compromessa. Non mi interessa se la tua scusa ignobile è che mi ritieni comunque vittima, anche se poi mi chiami stronza, di un male superiore che sarebbe il maschio, salvo poi glissare se ti dico che il mio nemico è il capitale.
Almeno attribuiscimi la capacità di decidere per me senza che si ritenga io sia vittima o complice di alcunché. Le donne non sono tutte uguali. Il bene non risiede solo dove dici tu e tu non puoi parlare al posto di nessuna che ha già una voce autodeterminata che va semplicemente presa, sostenuta, ascoltata e veicolata. Se non sei in grado di fare questo, se tutto quel che sai fare è crocifiggere e scomunicare, evangelizzare e moralizzare tutte quelle che non ti somigliano, allora capirai bene perché io mi sto difendendo e sto riaffermando quel che sono, quel che penso, quel che io voglio per me.
Se tutto quel che fai è limitarmi, censurarmi, tu sei come quella del movimento per la vita che tra ricatti e sensi di colpa vuole farmi intendere che per il mio bene dovrei pensarla come te. Sei una arrogante, presuntuosa, integralista, una maestrina con la quale non ho nulla a che spartire, perché innanzitutto, dall’alto del tuo pulpito tu non ascolti, non ti metti in relazione, e tutto quel che intendi fare è lasciare che prevalga la tua opinione sulla mia con metodi fascisti o stalinisti, facendoti scudo di un branco, un sovrannumero di utenti, una riunione in cui deliberi che sarebbe quella la linea imposta.
Il mondo sta qui fuori, ricordalo, e mentre tu proclami il perchè e il percome della tua religione ci riappropriamo del femminismo e lo rendiamo di nuovo area laica e antiautoritaria.
Orgogliosamente femminista, io sono e fui. Orgogliosamente femminista, io resto.
—>>>Dedicato a quell* che mi vogliono “aggiustare”.
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