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Tranquille, rinfoderate i forconi: gli stupratori periranno tutti!

indignatiDa Abbatto i Muri:

Nel 2012 attraverso una sentenza di Cassazione i giudici misero in discussione il dispositivo della carcerazione preventiva – per chi era indagato per il reato di violenza sessuale – deciso con un provvedimento del Ministero alle Pari Opportunità retto da Mara Carfagna ai tempi in cui lo “stupro” in chiave etnica diventava tema sul quale si esercitavano teorie politiche securitarie e razziste.

La carcerazione preventiva non può avere niente a che fare con il nostro sistema giuridico che è un tantino più garantista di quello autoritario propagandato nei film americani in cui basta un’accusa e finisci in galera senza che tu abbia neppure il tempo di difenderti.

La norma era dunque incostituzionale e come tale fu chiaramente ridimensionata. Gli anni dell’emergenza violenza sulle donne alimentati dalla destra e da un pezzo di centro/sinistra securitario e giustizialista avevano comunque lasciato traccia nella cultura che riguardava perfino mondi femministi non sospetti dove a momenti donne di sinistra e fasciste sembravano (in qualche caso lo sembrano tuttora grazie alla deriva securitaria dei movimenti…) parlare esattamente lo stesso linguaggio. I media avevano già colto quello che ora definisco in termini di brand che produceva indignazione, audience e accessi e quella notizia fu data con tutto il carico di sensazionalismo immaginabile dove mettere in discussione la carcerazione preventiva finiva per sembrare libertà e impunità per tutti gli stupratori.

Fu questo che i media dissero, e con i media i blog e con i blog i social network, ovvero che da quel momento in poi gli stupratori sarebbero più o meno stati liberi. Giusto per aprire una parentesi sul presente: la Lega ci riprova in questo periodo a dire che il governo con il decreto svuota carceri starebbe liberando gli stalkers (e i rapinatori in villa) ma in realtà stanno parlando sempre e ancora di carcerazione preventiva.

Per tentare di mettere un argine all’isteria collettiva e al flusso dell’indignazione si pronunciò perfino Barbara Spinelli, avversa ad aggravanti, giustizialismi e decisamente garantista e di buon senso, che così scriveva:

Sono un’avvocata e sono una femminista. E sono indignata.
No, non per la famigerata sentenza della Cassazione, ma per come è stata raccontata dai media e commentata da esperti, politici e per le reazioni del movimento femminista stesso.
La disinformazione regna sovrana, circa l’effettivo significato ed il contenuto della sentenza.
Il populismo è il modo più semplice per raccogliere consensi cavalcando la disinformazione.

[…]

Con legge n. 94/2009 l’allora Ministero delle Pari Opportunità Carfagna modificava l’art. 275 co.3 c.p.p., introducendo l’obbligatorietà della custodia cautelare in carcere per chi fosse indagato, tra gli altri, anche per il reato di violenza sessuale.
Si trattò della classica modifica legislativa raccogli-consensi: come già commentato qui, era infatti solo un “palliativo” capace di “sedare l’opinione pubblica” a fronte dell’incapacità da parte delle Istituzioni di garantire adeguata protezione alle vittime donne e minori che scelgono di denunciare situazioni di violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e prostituzione minorile.
Ma ai giuristi era evidente da subito che quella disposizione era macroscopicamente incostituzionale.
Perché?
Perché –come già commentato qui nel lontano 2010- nel nostro ordinamento, l’applicazione delle misure cautelari è subordinata a specifiche condizioni di applicabilità (273 c.p.p.: gravi indizi di colpevolezza) ed a esigenze cautelari (274 c.p.p.: o esigenze probatorie o pericolo di fuga o pericolosità sociale). La custodia cautelare (cioè il carcere obbligatorio) può essere disposta solo come extrema ratio, quando ogni altra misura cautelare risulti inadeguata (275 co.3 c.p.p.).
L’unico caso in cui il nostro ordinamento prevede per legge “il carcere obbligatorio” come misura cautelare (e quindi il legislatore presume che chiunque viene accusato di questi reati è certamente talmente pericoloso e a rischio di fuga e capace di inquinare le prove che l’unica misura cautelare adeguata è il carcere) è per i reati di criminalità organizzata.
Per tutti gli altri casi (anche nel caso del più efferato omicidio volontario), spetta al giudice valutare se nel caso concreto se sussistono i requisiti richiesti dalla legge per applicare la misura cautelare all’indagato e stabilire quale misura cautelare è la più adeguata al caso concreto.
E’ proprio sulla base di questa logica di funzionamento del nostro sistema procedurale penale (ricordiamo gli art. 13, 24, 27, 28 e 111 Cost.) che la Corte Costituzionale, nel 2010, con la sentenza n. 265/2010 aveva, come era ovvio che fosse, dichiarato l’incostituzionalità della modifica normativa introdotta dalla Carfagna nella parte in cui introduceva il “carcere obbligatorio” per legge per tutti gli indagati per violenza sessuale.
Ma in realtà la sentenza non era così ovvia né per l’opinione pubblica, né per i politici pronti a cavalcarla. E infatti si sollevò un polverone analogo a quello sollevato oggi dalla sentenza di Cassazione.
Ancora una volta, a mio avviso un polverone:
a) molto preoccupante, dal punto di vista dello stato della democrazia nel nostro Paese
b) del tutto ingiustificato dal punto di vista del contenuto della sentenza e degli obbiettivi del movimento femminista
Mi spiego meglio.
a) E’ preoccupante se neppure chi siede in Parlamento ha percepito la gravità della modifica normativa che era stata approvata e il significato della sentenza della Cassazione. Perché? NON E’ UN CAVILLO LEGALE. E’ una questione di DEMOCRAZIA. Cosa ne pensate infatti se domani il legislatore si svegliasse, e scegliesse di introdurre per legge, a parte che per i reati di criminalità organizzata, il “carcere obbligatorio” per gli indagati, oltre che per stupro, anche per un qualsiasi altro reato, come la resistenza a pubblico ufficiale, o i reati di opinione? Se la modifica introdotta dalla Carfagna fosse stata giudicata legittima dalla Corte Costituzionale si sarebbe aperta una breccia nel sistema, che avrebbe consentito al legislatore di turno di utilizzare lo spauracchio della custodia cautelare in carcere prevista obbligatoriamente per legge per criminalizzare “il nemico” di turno. Pensate in una situazione di crisi che utile strumento di controllo politico delle manifestazioni di dissenso sarebbe stato introdurre la custodia cautelare in carcere obbligatoria per tutti i classici reati per cui solitamente vengono fermati i dimostranti…Ma per fortuna la Consulta c’è, anche se in questo Paese nessuno in questo caso pare essersi accorto della sua utilità. Tuttavia, se né la società civile, né il legislatore sono in grado di cogliere che una modifica normativa raccogli consensi è in grado di aprire una pericolosa breccia nel sistema, significa che siamo pronti per il fascismo, che potrebbe tornare in forme nuove trovandoci totalmente disarmati e incapaci di riconoscerlo (e quindi di combatterlo).

[…]

Il problema non è quindi avere una legge che obblighi i magistrati a mandare in carcere tutti gli indagati per violenza sessuale, ma è avere dei giudici in grado di cogliere il disvalore di questi reati e capaci quindi di applicare anche in queste ipotesi la misura della custodia cautelare in carcere.
Ce lo dobbiamo mettere in testa: salvo voler minare il nostro sistema democratico alle sue fondamenta, non possiamo prevedere per legge il carcere obbligatorio (come misura cautelare) per gli stupratori (o meglio per gli indagati per violenza sessuale). Non dobbiamo neanche desiderarlo.
E’ facile essere giustizialisti e populisti e volere tutto e subito per legge, ma questo certo non aiuta a cambiare quella mentalità patriarcale che costituisce la ragione della violenza sessista e dell’impunità di chi la commette.

[…]

Per leggere il post per intero vai QUI

Oggi la questione si ripropone perché la Corte Costituzionale sancisce in maniera definitiva quanto già anticipato dalla sentenza di cassazione dell’epoca. Mentre un tot di media stavolta ci sono andati cauti, però, il Corriere c’è ricascato. Se notate il titolo (in alto nella screenshot), a parte il bizzarro indicatore di indignazione  dalle cui cifre si coglie il fatto che l’informazione che è arrivata è sbagliata, quel che si capisce è che la Consulta abbia detto “no al carcere” ma misure alternative in caso di stupro di gruppo. Solo procedendo nella lettura del pezzo poi si scrive, senza tanti chiarimenti, che si parla ancora di misure cautelari. Perciò vorrei sperare che non riparta il bubbone dell’indignazione e che le donne indignate plachino la loro indignazione.

Dovranno rassegnarsi all’idea che non basta un’accusa per chiudere in carcere qualcun@ e che in Italia, si spera (e non avviene sempre, anzi…), deve passare il principio secondo cui chi viene accusat@ deve avere il tempo di difendersi e non può essere considerat@ colpevole fino alla fine della sentenza.

Più in generale: quel che penso del carcere e soluzioni securitarie è più o meno scritto QUI.

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista.

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