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Trombatrice precaria: la Geisha Femminista

Mi dicono che non c’è una guerra in corso e invece c’è o comunque c’è chi la vive in quanto tale. Un tempo si chiamava guerra fredda e ora non saprei. Quel che di sicuro vedo è questo maccartismo di ritorno, “l’atteggiamento accusatorio e/o persecutorio verso persone o gruppi ritenuti sovversivi, pur in assenza di valide prove a sostegno“.  La brutta comunista, la dissidente, quella che se la fa col “maschio” (che oggi come oggi è peggio che parlar di russi nell’america degli anni cinquanta), quella da esiliare in questo momento sarei io. Perché ne dicono di ogni e ne inventano di ogni. Estrapolano e fanno critica letteraria perfino ai testi di satira. 😀

Allora sicuramente ve ne manca qualcheduno e per essere all’altezza di chi desidera fortemente una geisha femminista faccio qui un copia e incolla dell’ultimo dei miei racconti della serie “Trombatrice Precaria (c’è pure il Trombatore Precario se gradite), perché vedete, io non sto ingrugnita, accanita, ossessionata, tutto il giorno a cercare prove per incastrare una persona e sbatterla in una galera virtuale. Io sono altro. Altro da voi. Per fortuna. Buona lettura!

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Nordico. Compagno di sezione di un improbabile partito degli ommini plurali. Ché dice: non t’abbasta l’uomo singolare? Eh no. Se non è plurale, ché ci vedi doppio e pure triplo, la questione non funge. Alla costante ricerca di se stesso. Si rende interessante con il suo fascino monofrase. Qualunque cosa tu gli chieda lui dice tre parole. Massimo quattro. E’ lapidario. Nel senso che se avesse uno scalpello lo vedresti bene a scrivere due cose: i comandamenti sulle tavole di Mosè o mini-frasi dedicate sulle lapidi delle persone che gli stanno sulle palle. A una, per inciso, dopo averla rincoglionita con una serie devastante di minchiate l’ha sovralapidata con la scritta “Ben ti sta!“. Ed è la chiarezza elementare di quest’uomo che mi affascina.

Non deve essere uno che ama molto il senso dell’umorismo. Io faccio la linguaccia alla palermitana e lui mi fa un comizio sul marxismo implicito neuronale del retropensiero delle femmine. Quando incontro uno così io ho l’abitudine di fare si con la testa e bere. Ingurgitare un po’ di vino rende più facile l’ascolto dei passaggi illogici dell’intellettuale lapidante. Perciò lui parla e io dico di si e bevo. Involontariamente gioco coi capelli e tra un marx dio maximo e un ricomponiti sdisonorata mi dice “perchè non te li fai a coda di cavallo“?

Sarebbe stato semplice dirgli “intanto perché non sono una cavalla“? Ma lo assecondo. Sai mai che la questione si facesse un minimo interessante. Mi tira quanto una cacca di mulo sulle strade del paesello ma la bevuta aiuta e l’uomo che mi domina un po’ mi manca.

Lui parla parla e ogni tanto vuole sapere pure la mia opinione, giusto due secondi per avere conferma che lo sto seguendo e che sono d’accordo con lui. La discussione a due egli la immagina così: lui parla e io acconsento. Mi dico “bene, almeno con ‘sto tizio non devo sprecare fiato… speriamo quagli ad un certo punto e andiamo avanti“.

Spostando un gomito fa tremare il suo bicchiere. Cade una goccia e mi porge due tovagliolini per riparare il danno. Non ho capito perché devo sgrasciare io ma se questo è il gioco io mi adeguo. Pulisco e ribadisce, lui, che ancora amerebbe vedermi con la treccia. Vorrei chiedere se ha una qualche forma di feticismo coi capelli ma soprassiedo.

Si sta facendo tardi e arriva un compagnone, di quelli che stanno ‘mbriachi a fine sera e che ti dicono due o tre cose zozze. Il Grande Ommo Plurale Osserva (per gli amici G.O.P.O) e io mi dimeno tra una pacca di striscio sulla tetta e un pizzico ad un fianco tentando di restare in equilibrio sul trespolo che regge le mie membra poco sobrie.

Sii più decisa…” suggerisce il trecciaiolo. Allora spingo indietro lo ‘mbriaco e il parrucchiere mi dedica uno sguardo appassionato. Allora t’ho capito, mascherina, mi vuoi a frustare gli altri masculi così tu godi mentre fai il voyeur. Ecco come sta la storia. Dopodiché mi spiega che una donna deve farsi rispettare e deve pretendere i suoi diritti e io mi ricordo di mia nonna che mi diceva esattamente la stessa cosa quando mi ricordava che dovevo tenere le cosce sempre chiuse. Non le ho obbedito, naturalmente. Per mia fortuna.

Però mi faccio dire come mi devo comportare e lui mi addestra alla resistenza antimasculo e facciamo due o tre prove, per giocare, con altri due amici di passaggio. Voce decisa e fierezza a tetta alta e i due me li sistemo con tre parole al massimo. Quando l’aspirante capellone mi promuove a femminista mi dico “ok, ora è fatta…” però non è ancora sufficiente. L’altra puntata dell’addestramento consiste nel farmi rieducare ad essere ‘ncazzusa con gli altri masculi ma soave e compiacente con costui. Un po’ come mio nonno, devo dire, quando diceva alla mia nonna che “fimmina priziusa s’ava fari dìsiari e poi s’ava cunceriri all’ommu che la rispetta” (la femmina preziosa si deve fare desiderare e poi deve concedersi all’uomo che la rispetta).

Mia nonna era rispettatissima, mio nonno la rispettava assai, dopodiché andava a puttane. Tanto per dire. Di loro giustamente poi diceva che erano gran bagasce e serve del demonio tentatore che dalle descrizioni che mi dava ‘sto demonio doveva essere incastrato pressappoco tra l’inguine e la sua palla, quella destra.

Mi dice l’ommo plurio che c’ha un’idea sua della femmina con cui vuole giocare. Quando mi trascina in cammera da letto ci trovo uno speakers’ corner che pare di stare ad Hyde Park. Mi dice che lui si eccita se salgo lì e parlo, mi batto, comizio. Dico: di che devo parlare? Mi dice che devo dire cose di femmine. Allora comincio con un “compagne” che ci sta sempre bene e dopo avergli smosso l’ormone politico tiro su l’indice della mano destra e proclamo lo sciopero della pulizia del cesso. “Carissime… oggi come oggi… – e lui mi fa cenno con la mano di elevare il tono – la pulizia del cesso è un chiaro segno di oppressione maschilista… trovate all’angolo le goccioline sparse… ci sono pinnuzze disubbidienti che di stare assistemate non ne vogliono sapere… dobbiamo dire NO – alzo ancora la voce mentre lui si inebria – dobbiamo dire NO a questa mortificazione permanente… agli ommini dalla pinnuzza libera bisogna dirgli che alla vista delle goccioline sparse noi diciamo salute e buonanotte…”.

Il pluriommosè applaude entusiasta e capisco che quella è la mossa giusta per quagliare. A lui piace che io stia in accordo con le altre femmine, tutte quante. Pare l’addestramento a fare parte di un harem al servizio di un poligamo… ma mi adeguo. Se voglio che quagliamo io e lui e per favorirgli l’eros gli devo dire che mi porto appresso pure Santina e Cuncittuzza e Rosaria e Mariannina e io vado a recuperare pure Mariannina e Filomena. La volontà di certo non mi manca.

Devo avergli fatto un certo effetto perché mi afferra per i capelli e guida per poggiarmi sul guanciale. Il vino e la partita comiziante mi hanno smosso un poco lo stomaco e se non cambio posizione tra un po’ vomito. Lo metto sotto e io mi metto sopra. Che mai l’avessi fatto. Mi dice che gli uomini devono stare sopra e che per farmi perdonare è proprio l’ora di farmi ‘sta cazzarola di coda di cavallo. Mi sgrida e apre un cassetto dove tiene tutte le pinze e gli elastici per le code di cavallo. Pare che abbia svaligiato la merceria giù all’angolo. Mi permetto di scegliere l’elastico coi fiorellini gialli e il bordino nero che si abbina alla camicia colorata che ho addosso.

Quando ho finito di obbedire mi rimette in posa dominata e dopo due secondi lo trovo a propormi un abito da geisha che ha tirato fuori dal suo armadio dei miracoli. Mi dico cose profonde tipo “ma cu minchia m’ha fici fari” e aggiungo ad alta voce, trattenendo un rigurgito di vino, qualcosa tipo “la mia quarta di reggiseno lì dentro proprio non ci entra“.

Vedo scurirsi gli occhi, contraddirlo non si può. Se me l’avesse detto prima di portarmi a casa gli avrei detto che più o meno ho una tetta falsa-magra, ma non mi ha avvisata e non mi sento in colpa. Allora scuote la testa e dice cose incomprensibili tipo “tu non sei amica delle donne…“. Mi sistemo lo spizzico di capezzolo che m’era uscito fuori nella gara di dominazione e lo afferro per la mano.

Carissimo… è stato veramente un piacere…io sono una trombatrice precaria di buona volontà… mi adatto a tutto… ma questa volta devo dichiarare il fallimento… la trombatrice precaria per la prima volta rinuncia e se ne va…“.

Mi guarda come se avessi detto una bestemmia. Io provo a uscire e lui mi insegue. Spero in un recupero di sana passione e invece mi afferra per i capelli e toglie via l’elastico. Lo ripulisce dal chilo di capelli che nel frattempo mi ha strappato via e poi senza guardarmi, mentre io sfilo la porta e sconfortata me ne vado, apre il cassetto e lo ripone nell’esatta posizione in cui era sistemato.

Direi che la prossima volta faccio amicizia con lo ‘mbriaco. 😀

NB: Trombatrice Precaria, è un personaggio di pura invenzioneOgni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale.

Posted in Narrazioni: Assaggi, Satira.


2 Responses

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  1. fasse says

    La signora molestatrice che lascia commenti provocatori è pregata di smettere e farsi una vita. Grazie!

  2. Babi says

    Sei una grande! 😀