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Se il Femminicidio lo commette Lei

Da Abbatto i Muri:

Motivi passionali“. “Motivi di gelosia“. Se queste parole fossero state scritte per definire un delitto commesso da un uomo in tante, giustamente, avrebbero stigmatizzato la cosa.

Secondo Bollettino di Guerra è la tredicesima vittima di Femminicidio dall’inizio dell’anno e ad uccidere è stata una donna. Passionale. Gelosa. Convivente.

La notizia non è nelle prime pagine dei grossi quotidiani con qualche sottotitolo che ne definisca la tipologia, e ne capisco anche la ragione. Perché a voler attribuire un tipo di delitto ad un genere invece che ad una cultura si rischia di sbagliare e a fare emergere contraddizioni invece si rischia di demolire l’intera impalcatura sulla quale si regge, per esempio, uno degli otto punti proposti da Bersani agli M5S per fare l’alleanza di governo: il ddl sul Femminicidio in cui si propone l’aggravante nel caso in cui l’uomo uccida una donna e poco conta se quell’aggravante – a parte essere un minimo autoritaria e discriminatoria perché ti dice che se muori ammazzata femmina vali di più che se muori di qualunque altro genere – non servirebbe a nulla perché è mirata sostanzialmente a punire dei cadaveri. Ché lo sapete, certo, che la maggior parte degli assassini poi si suicidano e se sono bell’e morti c’è ben poco da punire.

Però il termine “Femminicidio” è diventato roba da folklore per cui se l’imprenditore indebitato ammazza due impiegate in Umbria, datosi che son femmine, per alcune andrebbe ad avvalorare la tesi secondo cui la violenza è maschia, come d’altronde finisce per dire che l’innocenza è femmina. Lei vittima e lui carnefice, forever and ever.

E di Femminicidio parlano anche quando lui ha 90 anni e lei 89 e tra malattie e vecchiaia e stanchezza vallo a capire dove sta il delitto misurato su ruoli di genere, sentimento proprietario, possesso e cose così. Perché se è femminicidio quello allora sarà maschicidio quando lei è stanca e lui è malato e gli dà giù di mattarello.

Anche la donna uccisa per rapina per certune può fare numero, ché se poi a rapinarla è il figlio tutto diventa facile da concludere. Poi scopri che c’è una figlia con il vizio del gioco che ammazza la madre più o meno per la stessa ragione e non se ne fa quasi parola. Per non parlare della figlia che prende il padre, lo ammazza e lo fa a pezzi e questa cosa sarà certificata tra le stranezze dell’essere donna, mica umana, no, semmai angelo caduto dal cielo, ché noi godiamo del favore degli Dei e secondo una certa logica un minimo reazionaria che ci vorrebbe “naturalmente” dedite alla cura e all’attenzione per il prossimo, e invece gli uomini tutti a fare a pezzi il mondo, quando perdiamo l’equilibrio e precipitiamo dalla sfera celeste si dice che l’è stata la nefasta influenza maschile.

E dunque per mettere fine alla violenza di genere, che è intesa in quanto che un genere violenta e tutti gli altri stanno a guardare o a subire, oggi, nel 2013, nel tempo in cui le culture sono veicolate a piene mani da chiunque e in qualunque modo, secondo alcune o alcuni volenterosissimi tutori, basterebbe abbattere l’uomo, rieducarlo, farlo sentire un po’ una chiavica e colpevole di nascita e poi farlo marciare nei cortei assieme a noi a recitare mea culpa o applaudirlo quando dice che per lui, giammai, “una donna non si tocca nemmeno con un fiore” perché “le nostre donne non si toccano“, rinsaldando in un colpo solo la stessa cultura della proprietà che è all’origine di certe violenze.

Vi risparmio l’idea che ho di chi difende le donne sulla base della loro italianità presunta contro lo straniero, l’uomo nero, brutto, sporco e cattivo che dà l’idea che le violenze siano commesse tutte fuori casa invece che in famiglia, come in realtà sono.

Bollettino di Guerra sta facendo un buon lavoro. Documenta un fenomeno senza alcun pregiudizio di genere. QUI trovi il senso di quel che fa e QUI ti spiega come procede la numerazione. E sono numerate solo un certo tipo di vittime e non tutte dato che si documenta la violenza di genere e non i delitti in generale. Tra le vittime, per questioni di genere, ci sono anche gli uomini e ci sono i figli e vengono contati pure quelli. Perché se non analizzi il problema per quel che è e non verifichi quali e quante possono essere le soluzioni per prevenire e disinnescare questi delitti, in realtà, è come se il problema tu non volessi risolverlo affatto.

E dunque, a me che mi occupo di questa cosa da decine di anni, certo può venire in mente che tra persone in buona fede e persone un po’ fanatiche esiste comunque un cospicuo numero di umani ai quali conviene reprimere sulla base di un falso assunto piuttosto che disinnescare e prevenire sulla base di presupposti concreti.

Perché di certo è più facile favorire il marketing istituzionale tutto proteso alla tutela e all’assistenzialismo, molto meno al rispetto per l’autodeterminazione delle persone, incluse le vittime che non vogliono essere vittimizzate, che trovare soluzioni vere, che mettano in mano alle donne, alle persone, strumenti di difesa o autodifesa, invece che sviluppare dipendenze sociali, istituzionali, economiche, psicologiche, emotive…

In termini politici la violenza sulle donne è usata come elemento unificante di donnità diverse, tutte perbene, madri, mogli, etero e italiane, secondo la logica corrente di conteggio e attenzione nei confronti delle vittime, che esclude prostitute e migranti che non hanno accesso neppure nei centri antiviolenza, e ad unire tutte queste donne, facendo comunque una divisione stereotipata e sessista mentre canticchi “il nostro corpo è sacronoi siamo madri, noi siamo insegnanti, noi siamo splendide creature“, si fa un favore a quelli e quelle che evitano di parlare di conflitto di classe, di cultura e identità politica.

Così ti ritrovi in piazza a fare One Billion Rising con una donna di destra che la volta prima aveva appoggiato proposte di legge per fare entrare i movimenti per la vita (che semanticamente ci insultano dicendo a noi altre pro-choice che saremmo pro-morte) nei consultori e che investe il suo ruolo politico a sostegno di un modello di famiglia – etero – in cui le donne sono ammortizzatore e psicofarmaco sociale con ruoli di cura gratuiti fino alla morte. Ti ritrovi in piazza anche con una donna che di certo non è precaria come tante di noi e che la volta prima aveva appoggiato la Riforma Fornero ché in quanto donna sarebbe fantastica qualunque cosa dica o faccia.

Insomma, il punto è che certi ragionamenti sulla violenza sulle donne sono diventati dogmatici e non c’è laicità né lucidità. C’è ingenuità, a volte, e malafede in altre, e sono ragionamenti che sostanziano e di parecchio la cultura patriarcale dalla quale diciamo di volerci smarcare. Le soluzioni vere presuppongono analisi altrettanto realistiche. Le soluzioni vere presuppongono che il tema non diventi o non sia trattato come un brand usato per recuperare consenso, voti, soldi, click sui grossi quotidiani online. Altrimenti non ditemi che vi dispiace. Non vi dispiace affatto. E questo è il punto.

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Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista.

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