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Grillo, M5S: demonizzazioni, corporativismi, marketing e strategie di comunicazione

googlenonsasenatosi

Da Abbatto i Muri:

Grillo: “Sei circondato. Arrenditi!”. Del complotto e i segugi (furbissimi) che lo hanno sgamato svelato. 

Un articolo su The Spectator dice senza girarci attorno che Beppe Grillo sarebbe uguale a Mussolini. Dunque Beppe Grillo sarebbe il Male. Ed è un concetto che viene ripetuto come un mantra da tutta la stampa diffamatoria e intellettualmente disonesta, alla ricerca di prove provate di presunti legami con quel passato che così si manifesta in uno spaventosissimo ritorno. E’ il mantra ripetuto, status dopo status su mezza facebook, per sporcare l’immagine di M5S più che si può; è lo slogan banalissimo e ridicolo che se non lo ripeti ti becchi una scomunica e finisci tra quelli la cui web reputation è pari a zero al punto che perfino solo followarti o linkarti diventa segno tangibile di collusione.

Dopodiché, come dimenticarlo, c’è tutto il copione che stabilirebbe che la prospettiva di un costituendo Nuovo Ordine Mondiale, fatto di fascismi dalla radice all’ultima punta dei capelli, sarebbe un disegno oscuro di questo Signor Casaleggio, che per le teorie complottiste lette in rete, ormai manca poco che non sia dichiarato responsabile anche delle guerre puniche o dell’estinzione dei dinosauri.

Perché per certa gente non basta solo dire in senso critico, ed è lecito, legittimo, perfino auspicabile, che si tratta, forse, di persone che hanno idee diverse dalle tue, sue, mie, vostre. Ché puoi chiamarli anarco-liberisti, anarco-capitalisti o libertariani o come ti pare, se secondo la tua analisi è quella la direzione politica intrapresa, ma evocare demoni, dittature, addebitando responsabilità per le derive destrorse ad alcuni soggetti invece che, forse, ad una intera epoca e ad ogni pezzo di comunicazione che riguarda tutti/e, è veramente sospetto a questo punto.

Esistono poteri economici “sani” che davvero vogliono difenderci dal Male?

Perché tanto accanimento? Come giustificano i detrattori questo enorme impegno nel ledere l’immagine di queste persone? Perché questa modalità squadrista della stampa per distruggerli? Perché tanta potenza di fuoco? Sarebbero tutti facenti parte di un fronte della resistenza partigiana che sta immolandosi per la difesa preventiva di una presunta riedizione del fascismo che è ancora da venire? E a proposito del fascismo che abbiamo già? E quello che è stato al governo? E quello che si esprimeva in Italia discriminando intere fasce di popolazione? Com’è che non c’è stato tanto impegno per stigmatizzare il governo Monti che era sicuramente espressione del capitalismo, interessi economico/liberisti, delle banche e di Confindustria?

Come mai ai tempi di riforme discutibilissime che hanno ulteriormente fatto a pezzi lo statuto dei lavoratori, lo stato sociale, i diritti dei pensionati, sui grandi quotidiani abbiamo solo visto piagnistei di ministre con girocollo in perle e grandi elogi per la sobrietà di Monti? Come mai di fronte ad un governo non eletto da nessuno ma imposto dall’alto, un commissariamento, un insieme di curatori fallimentari addetti alla svendita di tutti i nostri diritti, per salvare il culo di privilegiati che tali erano e tali sono rimasti, nessuno ha storto il naso, e parlo di Repubblica, L’Unità e tanti altri grossi quotidiani e media italiani e stranieri, nessuno ha espresso timori per l’abuso nei confronti dei cittadini e per il possibile rischio della restaurazione di regimi basati sull’adorazione del Dio denaro?

E se quella di cui leggiamo, giacché mi dite che tutta questa gente sarebbe espressione di interessi economici diversificati, è una guerra tra diversi modi di intendere l’economia, di cosa stiamo parlando? Di chi stiamo parlando? Da un lato ci sarebbero potenti forze oscure che si sarebbero servite nientepopodimeno che di un blog e di un comico per ottenere il controllo mondiale dell’economia e dall’altro, vedi tu, ci sarebbero questi altri, attualmente sconfitti, che non sarebbero riusciti a fronteggiare il potente nemico nonostante possiedano quotidiani, media, tv, eserciti, governi, banche e polizie in tutto il mondo?

‘Sti cazzi a Grillo e ‘sti cazzi pure a Casaleggio. Ma assumetemi, vi prego, ma fatemi fare anche la lavascale di uno qualunque dei ricchi massoni che conoscete, ma datemi un impiego per asciugare la fronte di uno qualunque di questi distruttori del pianeta terra ché io a fare la ritrosa negli anni per accettare lavoro dalle presunte forze del bene ho ricavato soprattutto contratti precari, in nero, molestie, precarietà e – questo si – la sacrosanta libertà di adeguarmi al caos e rivendicare il diritto di fare la marchettara intellettuale per chi voglio. Ma le forze del male sono una opportunità eccellente, e pensa tu che qui non devi neppure praticar fellatio ché pare abbiano un più alto senso del pudore.

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Il fascismo secondo i Media Mainstream Italiani

Dopodiché io non capisco molto di economia ma quel che so è che se dici che uno vuole privatizzare il mondo e poi chiede scuole e sanità pubbliche non è che sia tanto coerente. Ma giusto perché anch’io conosco la storia e ho pure nonni scampati alla galera coi fascisti e parenti fatti a pezzi dalle camicie nere, diciamo che mi adeguo e faccio finta di credere a queste semplificazioni che putacaso sono strumentali a tutti i fabbricanti della Tav, ai venditori d’armi che dovrebbero dir ciao agli affari se i piani dell’M5S si realizzano, ai corporativismi d’ogni genere, inclusi quelli guerrafondai ai quali non ha saputo dire di no neppure Rifondazione Comunista all’epoca in cui votò il rifinanziamento della missione di “pace” in Afghanistan.

Facciamo finta che sono in grado di ignorare lo stalking giornalistico di chi giorno dopo giorno si vendica su gente che non caga la categoria neppure di striscio perché obbligano tutti ad attingere per le notizie da un media indipendente (un vero affronto!), come vi fu un tempo in cui ‘sta truppa di “giornalisti iscritti all’ordine” si sentì minacciata e fu obbligata ad avere a che fare con noi pezze da piedi di Indymedia che venivamo attaccati un giorno si e uno no da brave personcine che ci facevano lezioni di giornalismo e bon-ton editoriale. Facciamo finta che non noto paginone intere di articoli e di non-notizie gossippare sulla mancata conoscenza dell’esatta via in cui risiede il Senato (ché voi invece lo sapete tutti?).

Facciamo finta che per un momento io possa credere che i compagni e le compagne che conosco e che hanno votato per il M5S siano minimamente disponibili a servire e riverire un presunto Duce e poi ad obbedire ad ordini che impongono loro, nell’interesse della Nazione, di massacrare di legnate i dissenzienti, mandare in esilio gli intellettuali, sfrattare da ogni luogo pubblico e privato le persone sulla base della loro religione, del loro orientamento sessuale, dell’etnia di appartenenza, di bruciare luoghi di riunione di operai e contadini, di mutilare presente e futuro di persone antifasciste, di partire e armare guerre coloniali alla conquista di pezzi di deserto dove trovare qualche “faccetta nera” da stuprare.

Facciamo finta che io pensi, senza mettere in ballo paradossi, che in Italia questi compagni e le compagne siano disponibili anche solo a interpretare e realizzare la banalità del male, quella che ogni giorno viene ancora messa in atto quando si sfratta le gente che non può pagare affitti, quando si toglie il lavoro alle persone, quando si fanno rastrellamenti e deportazioni di immigrati trattati come bestie, quando si fanno discriminazioni tra persone di diverso sesso e orientamento sessuale. Facciamo finta che io pensi che tutta questa gente che ha votato Grillo e il suo Movimento Cinque Stelle sia talmente idiota e senza alcuna coscienza politica e di classe da non accorgersi di tutto questo o da rendersi perfino complici di strategie di prevaricazione nei confronti dell’universo mondo.

Facciamo finta che il popolo sia fascista, tutto quanto, ché almeno è meglio che definirlo vittima di strumenti di persuasione occulta, e dunque non attendeva altro che un nuovo Duce per poter tornare a fare le schifezze che si facevano in quegli anni. Facciamo che Casaleggio possa sembrare Goebbels e Dario Fo a questo punto, scusatemi, ma non lo so collocare. Facciamo che Orwell quando parlava del Ministero dell’Amore parlava in realtà di un ruolo di riscrittura del presente con revisionismi e una versione della storia recitata sotto ipnosi da gente tanto rincoglionita. Facciamo finta che sia così.

Le verità di The Spectator

Dopodiché analizziamo il contenuto dell’articolo del media straniero che, istigando un minimo di fobia sociale e legittimando la voglia di restaurazione e autoconservazione di soggetti nostrani che praticano una campagna del terrore (Aiuto! Al fascio!) ai danni di Grillo & Company, per proporsi poi come esorcisti e (psico)farmaci a ripristino della democrazia, sostanzialmente, dice che:

Beppe Grillo, come il dittatore fascista Benito Mussolini prima di lui, vuole attrarre la piazza e ipnotizzare la folla.

E quando la gente urlava “Silvio, Silvio” di che si trattava? E quando la gente tifava Di Pietro, che cos’era? E quando c’era chi puntava tutto su Ingroia, di che si trattava? Politica a leadership unica che va bene finché va bene e non va bene quando il leader è Grillo? E quando tutti stanno lì a pendere dalle labbra di Obama di che parliamo? E quando si affaccia alla finestra di San Pietro il Papa, con rispetto parlando, di che si tratta? Tanto per capire. Spiegatemi la differenza culturale tra tutti questi fenomeni mediatici che trascinano folle nelle piazze (oddio, per Ingroia e Di Pietro proprio folle… un mini seguito, ecco) e Grillo. In che consiste esattamente la minaccia Grillesca? Dov’è la novità e dov’è il pericolo (e non sto dicendo che mi piace tutto ciò) rispetto ai modelli di comunicazione politica che TUTTI mettono in atto?

Dice The Spectator che Grillo ha impiegato 4 anni a rendere popolare il M5S e Mussolini avrebbe impiegato lo stesso tempo a diventare potente in Italia. Gran bella analogia. Io ho impiegato 4 anni a rendermi conto del fatto che un mio datore di lavoro era un perfetto coglione, e dunque? E’ un tempo intermedio che va tra i 3 e i 5 anni in cui può accadere di tutto a tutti.

L’analogia più analogia è quella che Mussolini insisteva sul fatto che il suo non fosse un partito ma un movimento che nasceva da un insieme di spiriti liberi che si rifiutavano di essere costretti entro i dogmi e le dottrine dei partiti. E questo, secondo il media, sarebbe anche ciò che dice Grillo.

Un movimento a tempo era anche Il Movimento per la Democrazia la Rete di Orlando, come spiegavo in questo altro post, e si presentò alle elezioni, non con altrettanto successo, ma il senso di un movimento sta nell’essere a tempo e nell’unità transitoria di diversi soggetti che hanno obiettivi in comune da realizzare. Obiettivi imprescindibili e urgenti senza i quali la democrazia non può realizzarsi. Realizzati quelli, poi, ciascuno se ne torna a casa sua a fare politica nelle aree di riferimento affini, se ne ha ancora voglia. Per la Rete l’obiettivo primario fu la questione morale in politica e mi pare che la stessa cosa sia anche per l’M5S. Non credo infatti sia un caso il fatto che in Sicilia abbia attecchito subito, perché la Sicilia ha già un passato con una esperienza positiva che ha portato energie anche belle alla politica a partire da quei movimenti. Movimenti ai quali, anche allora, si opponeva il Pci, poi Pds e ora Pd, che ha sempre visto ogni cosa muoversi fuori dal partito come una minaccia per la sua sopravvivenza, in una logica di autoconservazione rigida e reazionaria di dirigenti che non hanno fatto altro che tranciare di netto perfino le istanze di rinnovamento che arrivavano al proprio interno, e per rinnovamento non intendo Renzi, e che sono state soffocate, censurate, con finti congressi “democratici” in cui si cammellavano risultati e voti di bandiera per mandare in esilio chi quelle istanze le produceva.

Mussolini era stella nascente, espulsa dal partito marxista, dice The Spectator, che di Grillo scrive si tratta di un ex comunista espulso dalla televisione nazionale. E dunque l’espulsione sarebbe il tratto comune? Complimenti a The Spectator per il fiuto giornalistico e per le conclusioni. Naturalmente per The Spectator Grillo, che, ricordiamolo, faceva satira politica, era colpevole di demonizzare e ridicolizzare i politici, un po’ come dire che i comici della famiglia Guzzanti sarebbero tutti potenzialmente in odor di fascismo per questa stessa ragione.

Grillo avrebbe avuto la colpa di aver aperto un blog per avere un luogo a partire dal quale dire delle cose dopo la cacciata dalla tv. Lo fece anche qualunque altro soggetto demonizzato e censurato dai media mainstream. Solo che, nel caso di Luttazzi, Guzzanti, o Biagi che comico non era, si chiamava epurazione. E mi chiedo se The Spectator sia d’accordo con le soluzioni operate dai media nei confronti dei comici italiani (incluso Dario Fo) epurati dalla Rai o se il fascismo lo veda solo nell’epurato Grillo il quale, per continuare a fare il suo mestiere, come hanno fatto anche altri comici epurati, ha preso a fare spettacoli, affollatissimi, di teatro. E forse questo non è un tratto comune con Mussolini o chi lo sa.

Dopodiché The Spectator dice che il fascismo viene fuori da una costola del comunismo, in una fase in cui la gente era massacrata in termini economici e mentre la classe dirigente era imputabile di corruzione. Va avanti un altro po’ e insiste nel fare analogie nelle scelte di linguaggio. Mussolini investiva nella Gioventù Italiana e la stessa attenzione per i giovani avrebbe Grillo. Abbiamo dunque scoperto che svecchiare l’Italia da una gerontocrazia dominante e da tromboni che non vogliono staccare il culo dalle sedie che occupano, bisogna chiamarlo fascismo. Invece: lasciare soccombere due o tre generazioni di persone condannate alla precarietà affinché quei vecchi tromboni continuino a percepire pensioni enormi sulla nostra pelle sarebbe antifascismo. E vabbè. Teoria singolare ma figuriamoci se da antifascista quale sono non sono disponibile a praticare una eugenetica generazionale segando il presente e il futuro di questi giovani, figli@ compres@, che romperebbero le scatole e minerebbero le basi della democrazia.

Insomma: un articolo che informa, non sparge mica merda aggratis, no. Trattasi di una inchiestona serissima che potrebbe salvarci dal rischio di un futuro in cui il minimo che ci può capitare è di stare in galera per le cose che scriviamo in un blog. Ah già, che scema, l’M5S si batte per difendere i diritti digitali e non gli piacciono le censure, invece alle democrazie antifasciste attuali, data la mole di disegni di legge presentati per fare tacere i blog e fare un favore ai grossi quotidiani online, che ci infognano le letture di chilometri di banner pubblicitari e campano anche dei nostri click, la censura dei blog piace moltissimo.

The Influencer: strategie di comunicazione politica e varie

C’è un’altra leggenda a mio parere che sta girando su internet ed è quella relativa al ruolo di questa agenzia di comunicazione (Casaleggio) che sostiene Grillo. Qualcun@ avrà sicuramente visto video o materiale sparso proveniente da quell’azienda che parla di Influencer. Analisi di mercato e strategie di marketing e ruoli, anche virtuali, di acquisizione del consenso.

L’influencer è colui/colei che influenza altre persone e che è in grado di contribuire al marketing virale realizzato per vendere un prodotto o un’idea (anche politica) e per guadagnare consenso. Può essere chiunque graviti in rete e pratichi una qualunque forma di comunicazione con i mezzi che utilizziamo tutti noi. Blog, social network, qualunque spazio per raggiungere soggetti mediamente influenzabili grazie a strategie persuasive mirate rispetto al target stabilito.

L’influencer è anche in grado di tessere una rete di soggetti e influenza i loro gusti su film, libri, su qualunque prodotto o qualunque idea. L’analisi di base è che, per esempio, una mamma può influenzare più facilmente i gusti delle altre mamme e dunque così vi spiegate il motivo per cui ci sono blog mammeschi con pubblicità di pannolini e pappe per lo svezzamento. L’influencer può anche essere una persona che interpreta un ruolo per rintracciare affinità con un pezzo di opinione pubblica che può anche, certo, voler manipolare diffondendo idee adatte a promuovere i prodotti che i “clienti” delle agenzie vogliono vendere.

L’influencer può agire meglio in una situazione in cui l’utente medio non acquisisce coscienza e non è disposto a recepire condivisione di saperi per maturare una propria e indipendente idea, ma più spesso si pone nei confronti dell’informazione da consumatore dipendente. Dipendere dal consumo di un determinato tipo di “informazione” significa affidare un potere di controllo e, cosa paradossale, questo genere di utente è anche quello che manifesta ira, rabbia, aggressività verbale o d’altro genere, quando la persona che fornisce una informazione che non è in vendita, si sottrae a quel ruolo di guida e di controllo.

Mi spiego meglio e per chiarire vi ricordo il Progetto Malafemmina che è stato un esperimento interessante, politico, non solo per capire come si può comunicare di precarietà e questioni di genere facendo in modo che quei temi fossero serenamente accettati da tutti/e, in un processo di identificazione con un soggetto narrante la propria esperienza di precarietà quotidiana, ma per capire anche quanta e quali fragilità appartengono alle comunità online, finanche quelle più politicizzate, che sono lì partecipi e influenzabili e manipolabili. Quel progetto mirava a diffondere una idea e a maturare consapevolezza sul livello di fragilità di utenti e media tradizionali di fronte una proposta che viene resa credibile con una narrazione di quel tipo.

Ma inventare un personaggio cui mettere in bocca battute e storie per vendere un prodotto o un’idea è relativamente semplice per chi fa comunicazione e di influencer è strapiena la rete alle dipendenze di ogni azienda e di moltissime organizzazioni politiche.

L’agenzia di comunicazione che si occupa del M5S probabilmente rende possibile che il messaggio che vogliono fare passare sia efficacemente diffuso e compreso dalla gente. Sono più che certa però che ogni partito e ogni personalità politica ha dietro qualcuno che si occupi delle strategie di comunicazione e che riscriva e fornisca slogan, concetti e linguaggi da usare per acquisire più facilmente consenso.

La politica come prodotto in vendita

La politica, oggi, è diventata un prodotto da smerciare, con curatori di immagine e gente che per ogni competizione elettorale impone ai politici/clienti di interpretare un ruolo preciso e se non vincono le elezioni è anche possibile che il ruolo interpretato non fosse quello giusto. Vi sfido davvero a trovare un leader politico che non sia il prodotto di una grossa strategia di comunicazione e vi sfido a capire cosa di quel che dice sia vero e cosa no. Vi sfido a decifrare quanto della espressione semantica di un qualunque politico derivi da un attento studio e una attenta indagine di mercato per incontrare i gusti della gente e quanto invece no.

La differenza nei ruoli che compongono la sfera professionale della comunicazione sta nel fatto che c’è il cliente che ti dice di curare una campagna che renda il suo messaggio politico più attraente agli occhi dell’opinione pubblica e c’è anche quello che non ha la più pallida idea di cosa sia la politica nel senso più coerente e pulito del termine e chiede all’agenzia di comunicazione semplicemente di fare una indagine di mercato, stare a vedere quali sono le convinzioni più diffuse, quali concetti potrebbero avere più capacità e potenzialità di sharing, e sulla base di quelli, sapendo di trovare un bacino d’utenza in una percentuale xy, creare un personaggio, un copione e perfino un programma elettorale.

Dunque: puoi tentare di far diventare attraente una idea che è frutto di una tua analisi rispetto a come vuoi che funzioni il mondo o semplicemente cavalchi il malcontento o le idee più diffuse della gente e sulla base di quelle crei un prodotto politico/elettorale che risponda a quelle esigenze.

La comunicazione come fabbrica del consenso

Quando tu ascolti un politico e quel politico dice quello che tu vuoi sentirti dire non è dunque perché lui ha il dono della preveggenza o perché necessariamente sia davvero sulla tua stessa lunghezza d’onda. Non sempre lo è. E’ più probabile, e parlo dei grossi personaggi che vedi in televisione, soprattutto quelli che si presentano con un programma che non è frutto di nessuna discussione interna, che lui dica ciò che dice proprio perché sa che solo se dice quello che dice intercetta e acchiappa il tuo consenso.

Per assurdo, ma nemmeno poi tanto, se le indagini di mercato avessero detto a un politico di centro-destra che avrebbe potuto rintracciare un maggior numero di consensi solo tra gente che pensa sia necessario un governo comunista, quel politico lo avreste visto certamente cantare Bandiera Rossa everywhere.

[Parentesi: indagini di mercato sono anche quelle che ottieni grazie alla profilazione che tu stesso in quanto utente fornisci ogni giorno sui social cliccando like e condividi sui temi che preferisci. Chiusa parentesi.]

D’altro canto, se quel politico risponde a interessi di parte, come accade altrettanto spesso, ed è tenuto a rendere presentabile e a far piacere alla gente un programma che favorisce grossi imprenditori che sventrano montagne e massacrano territori per costruire “grandi opere”, userà la comunicazione per demonizzare l’opposizione politica e per fare ritenere, per esempio, che reprimere le lotte NoTav sia una assoluta emergenza per il mantenimento dell’ordine pubblico.

homepagerepubblicaMedia mainstream, corporativismi e conclusioni

Potrei dirvene ancora ma ho già scritto troppo e concludo solo dicendo che demonizzare il ruolo di chi opera nel campo della comunicazione non è una scelta condivisibile. Se ritenete che chi fa quel mestiere abbia un potere di persuasione maggiore rispetto ad altre persone e che tutto ciò non debba riguardare la politica, intesa come strumento di manipolazione di umani/oggetti di consumo invece che come terreno di teoria e pratica squisitamente ideale, bisogna allora che si rimetta in discussione tutta la modalità del fare politica in Italia perché TUTTI si servono di strateghi/e della comunicazione per portare avanti le proprie campagne elettorali e per costruire la propria immagine pubblica.

E al di là di tutte le considerazioni che volete fare, e sono lecite e legittime, sul perché mai le forme movimentiste, che si confrontano e scelgono i propri programmi grazie all’uso di forum su internet, possano essere meglio/peggio o possano fornire maggiori/minori garanzie di democraticità di un partito, tenendo anche conto che nei gruppi destrutturati (lo dice la sociologia), così come nei partiti in cui la concentrazione del potere è data in mano a pochi, si possono di sicuro realizzare forme di autoritarismo (più o meno consensuale sulla base del riconoscimento del ruolo di rappresentanza di un leader) di cui tenere conto, al di là di questa discussione che interessa più le forme di attivismo e/o rappresentanza che a voi piacerà scegliere e che riterrete migliori per realizzare i vostri obiettivi politici, parlando ancora di comunicazione, giacché abbiamo stabilito che tutto il contesto politico si serve di quelle strategie per influenzare l’opinione pubblica, quel che bisogna mettere in evidenza è il ruolo dei media tradizionali.

homepageunitàMegafoni di strategie di comunicazione di interessi di parte

I media sono, in definitiva, solo megafoni di queste strategie di comunicazione che spesso sono ampiamente supportate o collaborate se non addirittura create da essi. I quotidiani e le tv demonizzano o esaltano qualcuno sulla base di quelle strategie e obbedendo a precisi interessi di bottega. Non c’è un solo quotidiano, che io sappia, che in Italia non risponda a queste modalità. I soggetti che si sono prestati poco e male solitamente sono stati fatti fuori e, per quanto io non straveda decisamente per loro, sono proprio quelli che non rispondendo a interessi di partito hanno usato internet o hanno attivato forme di azionariato popolare per poter realizzare luoghi di diffusione di notizie che, attenzione, non sono indipendenti ma rispondono ad una idea altra della politica.

Santoro, Il Fatto Quotidiano, da sempre vicini alle posizioni di Di Pietro, Travaglio, Grillo e lo stesso Grillo opera su un proprio media e obbliga tutti ad attingere da lì le notizie se vogliono parlare di lui e dell’M5S.

Non avete notato le chiacchiere ridicole nelle trasmissioni tv di politica che devono oggi riempire un vuoto dato dall’assenza del principale attore delle loro discussioni? Sono praticamente inutili, non informano, perché se la gente vuole informarsi su M5S può andare direttamente alla fonte e in questo si annulla la delega, il potere di controllo, a quotidiani e tv che scelgono quale versione della realtà raccontarti, se il NoTav vogliono farlo apparire un criminale oppure un cittadino onesto e incazzato, se il politico tal dei tali vogliono definirlo come uno stronzo o come un eroe nazionale.

Ecco: questi media, la maggior parte dei quali a parte ricevere il finanziamento pubblico campa di pubblicità, sono inferociti con Grillo e fanno squadrismo in difesa corporativa dei propri interessi e degli interessi dei soggetti, delegittimati, che essi rappresentano.

In questo senso condivido molto quello che ricopio sotto e con questo concludo e ringrazio chi ha letto fino in fondo questo post. E no, qui non sto facendo la mestierante comunicativa e dunque nessuna sintesi, niente slogan, ma un ragionamento lungo, vero, sentito, sicuramente parziale, da sommare ad altre interessanti analisi, anch’esse parziali, che ho letto, perché come voi voglio capire ma prima di capire voglio fare spazio togliendo di mezzo ogni tipo di mistificazione, condividendo saperi e strumenti di lettura che secondo me sono necessari per la comprensione di questo momento.

Scrive Gennaro Carotenuto a proposito del modo in cui la stampa tratta Grillo:

I media mainstream, quelli italiani nel 99% dei casi, rappresentano plasticamente quello che Noam Chomsky chiama «la fabbrica del consenso» e vivono in osmosi con il mondo politico e le classi dirigenti. Per compiere il loro lavoro di squadrismo mediatico (basti pensare a quello che hanno fatto con i movimenti, a Genova, con i NoTav o, allargando il campo, con la sistematica diffamazione dei governi progressisti latinoamericani) credono di poter demonizzare sistematicamente personaggi, movimenti, sistemi culturali per poi pretendere, con un cinismo senza pari, che chi hanno messo alla berlina fino a 30 secondi prima debba subito dopo comportarsi con fair play nei loro confronti. (…) Non siete neutrali, non siete più il quarto potere, la spina dorsale della democrazia, siete i tutori di un sistema informativo oligopolico chiuso a riccio nella difesa di un sistema di privilegi. Se giocate sporco nei miei confronti -ha detto Grillo- non è scritto da nessuna parte che debba porgere l’altra guancia anche e soprattutto perché con le nuove tecnologie (…) siamo usciti dalla dittatura mediatica per la quale o sono vostro sodale o siete in grado di condannarmi al silenzio. La società, la democrazia, l’opinione pubblica non può fare a meno di comunicare ma, oggi, può fare a meno di voi.

(…) Quando vengono toccati i loro interessi i media tradizionali aggrediscono con la logica del branco il nemico accerchiandolo e colpendolo tutti insieme. Pensano che il loro grande potere sia tuttora in grado di ridurre al silenzio chiunque. Pensano di non essere il filtro tra notizia e opinione pubblica ma ritengono di incarnare essi stessi l’opinione pubblica. Demonizzano Grillo, reo di voler eliminare i contributi pubblici ai media commerciali, come demonizzano la Legge dei media di Cristina Fernández in Argentina, rea di voler disegnare un futuro nel quale diverse istanze sociali, e non solo le corporazioni commerciali, abbiano spazi di comunicazione e possibilità di disegnare una società meno dominata dal mercato. La «fabbrica del consenso» aggredisce, diffama, schiaccia chi tocca i loro privilegi per renderlo in condizione di non nuocere. Ma le «reti di fiducia» dei cittadini organizzati, in grado di agire contemporaneamente da recettori critici d’informazione e diffusori, sono già oggi un potere altrettanto grande.”

E questo è. Buona serata.

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