A Napoli viviamo di emergenze, dopo quella della spazzatura, abbiamo quella umanitaria. Le due cose sembrano direttamente collegate in verità. Spazzatura e umanità. Umanità spazzatura. L’umanità spazzatura, in questo caso, non siamo noi napoletani, ma quelli che noi reputiamo al di sotto dello scalino su cui altri ci collocano, quelli che pensano normalmente: napoletano = spazzatura. E’ così che funziona il razzismo.
Ribadiamolo: tra i napoletani ci sta pure gente perbene, chiaramente, quella gente che fa del bene alla città. Ma dobbiamo metterci d’accordo su cosa intendiamo per bene: alcuni intendono con questo mettere fiori nelle aiuole, togliendo dalle stesse i resti di bottiglie frantumate, quelle delle guerre notturne tra ragazzini e ubriachi, per veder fiorire una nuova Napoli. Altri fanno del bene occupando stabili comunali vuoti da anni, destinati alla svendita del patrimonio immobiliare cittadino, invece che alla ridestinazione d’uso a scopo sociale. Alcuni, invece, per avere la nuova Napoli non si fanno scrupolo a passare sopra altri esseri umani, gli umani spazzatura. Perché, e scusate se in questo scritto ci finiranno tante cose, ma è figlio di una pancia che mi fa male assai, perché noi abbiamo delle bellissime metropolitane d’arte, che tutto il mondo ci invidia, che danno alla città l’apparenza di una metropoli europea – con le quali spesso impieghiamo 30 minuti per fare un percorso che a piedi faremmo in 15/20. Abbiamo il lungomare liberato (dalle auto), dove andare a passeggiare nei pomeriggi di sole – ma il piano del traffico è da manicomio e le ztl senza criterio stanno uccidendo i commercianti. Abbiamo perfino ‘le piste ciclabili’, cioè le biciclette disegnate per terra in mezzo alla strada, in zone improbabili, dove a stento ci passa un’auto. Ma dato che la sostanza manca, bisogna fare un piccolo sforzo per adeguarsi all’apparenza, anche elevandoci sopra i cadaveri. I cadaveri di chi questa città la considera veramente una porta per qualcosa di meglio e mò si trova a sbattere contro un meglio che nessuno gli vuole dare. Umanità spazzatura che non vogliamo: rom, nordafricani e slavi. In questo caso riuniti nella grande piazza su cui si apre la stazione centrale, piazza Garibaldi (e zone circostanti).
La questione di piazza Garibaldi a Napoli la spiega k30ore in un commento a questo post, dice: “Il “mercato rom delle immondizie” è un esempio di quello che Latouche chiama “economia informale”. E’ un mercato dell’usato dove puoi trovare cose di bassissimo valore commerciale — una volta mi pare che ho visto una scarpa spaiata — che però, evidentemente, visto il movimento che gira intorna a quel mercato, sono cose che a qualcuno servono ancora. Oggetti che la società dei consumi considera “monnezza”, per molte persone, ai margini di questa società di merda, sono oggetti utili, da vendere e da comprare.
Piazza Garibaldi è un enorme bazar. Si vende e si compra di tutto, vendono e comprano persone di ogni taglia e colore. E’ assurdamente caotica, e questo la fa percepire molto più pericolosa di quanto sia in realtà. Tutto ciò ovviamente non piace al megaprogetto grandi stazioni, che insieme a tanti benpensati cittadini vorrebbe piazza Garibaldi la “vetrina” della città.
Da anni (dieci e più) la piazza è sede di un enorme cantiere, che limita il traffico delle auto, cancella marciapiedi, crea cunicoli d’ombra che generano paura. Esiste un progetto megagalattico per la “riqualifica” della piazza, che chissà quando sarà realizzato. Una riqualifica che temo non tenga in alcun conto tutta quell’umanità, gentaglia sporca, rom e immigrata per lo più, che vive la piazza, che la rende suo malgrado un posto vero e non un non-luogo di passaggio come sono le stazioni di altre città più che presentabili.
Il centro storico di Napoli ha la caratteristica di essere una sovrapposizione di classi sociali. Molti del sottoproletariato urbano negli ultimi decenni sono stati deportati in periferia, ma il grosso resta in centro storico. Per molti questo è un problema che non permette alla città di decollare dal punto di vista socio-economico. In effetti è così che si riqualificano i centri storici. Si deportano gli elementi di disturbo, poveri, ignoranti, violenti e delinquenti, e si fa lascia tabula rasa per gli investimenti, i baretti radical chic, gli apple store, i ristorantini di lusso.”
A questo punto vi chiedo di non fraintndermi se vi dico che io non sono una napoletana perbene, io non la voglio una città pulita dagli umani, voglio una Napoli che agli umani e non umani sappia dare possibilità, che gli riconosca il diritto a vivere, che si faccia addirittura vanto della loro presenza sul territorio. ‘Che se io mi sposto in un altro posto, per cercare fortuna, per quel posto è un vanto essere la mia meta, dato che la considero migliore del mio punto di partenza. Il resto viene dopo, viene di conseguenza.
In tutto questo agire per il bene della città, che serve a mettere sotto il tappeto la munnezza nostra e fuori da qui l’umanità spazzatura, si usa pure lo spauracchio della prostituzione per convincere il napoletano perbene che qualcosa la si sta facendo. Soggetti che nulla c’entrano con la questione sistematicamente inseriti nel calderone dell’illegalità, anch’ess* umanità-spazzatura, della quale si farebbe volentieri a meno, per la quale non esiste ancora nessun camion diretto in Olanda.
Nello stesso post laglasnost chiede: “vorrei sapere se liberare la città, prima il lungomare e poi chissà che altro, significa mandare ai margini le prostitute”. La risposta è presto data: sì. Il progetto sembra essere proprio quello, dato che il comune, l’estate scorsa, ha tastato il terrendo con delle dichiarazioni del sindaco su un eventuale quartiere a luci rosse. Un quartire dove la prostituzione non sarebbe legalizzata, ma le prostitute sarebbero controllate, anche con controlli socio-sanitari. Lo zoning che in assenza di tutele lavorative, in presenza di doppia morale e politica della pulizia, si trasforma in ghettizzazione forzata.
Alla luce di tutto ciò le dichiarazioni del presidente della Municipalità, Armando Coppola, alla fine dell’articolo sui profughi della Libia, appaiono chiare. Dice:” Alle spalle della piazza abbiamo un coacervo di stradine che va risanato, ne parlavo con Grandi Stazioni: il terminal è illuminato ma, esci, e tutta la zona del Vasto è al buio, strade dove è più facile delinquere e c’è tanta prostituzione, anche minorile”.
Che c’entra con i profughi? che c’entra con il diritto internazionale, con i diritti umani e l’accoglienza? Niente. E però so’ tutti extracomunitari e bisogna metterli fuori dall’occhio del ‘napoletano perbene’ che sennò non si sente ‘europeo’. E ‘risanare’ diventa un modo politicamente corretto per dire epurare.
Alla fine di questo post, un po’ confuso, spendo ancora due parole per una domanda su One Billiong Rising. Una manifestazione che parte da una donna fantastica, che coinvolge un mare di persone, molto diverse tra loro. Pure a Napoli domani si ballerà. Il V-Day di domani coinvolge un sacco di associazioni, molte delle quali bellissime. Ma quanti ballerini e ballerine da Scampia, Forcella e San Giovanni a Teduccio? Quante scuole della zona attorno a piazza Garibaldi sono state coinvolte? Quante donne permale?
E’ un po’ di tempo purtroppo che non vado a Napoli, quindi posso averne un’idea oramai sbagliata se non addirittura un po’ ‘idealizzata’… io non riesco a immaginarmi l’amministrazione o chichessia che riesca in questi progetti di ‘riqualificazione’. Da una parte il numero delle persone da allontanare sarebbe da deportazione nazista, dall’altra credo che a fronte di tanti problemi (o forse proprio a causa di questi) ha ancora un tessuto sociale vivo. Forse i primi a dimenticarselo sono proprio i napoletani, ma Napoli è la città che in quattro giorni si rivoltò e cacciò proprio i nazisti quelli veri, non le loro brutte copie improvvisate.