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Una storia di sensi di colpa

Ieri Laura, una vecchia amica di mia sorella, è venuta a trovare me e la mia famiglia. Era contenta di potersi prendere un giorno libero e mangiarsi una pizza. Da quanto tempo desiderava una vera margherita? Nella città del nord d’Italia in cui abita non la sanno proprio fare. Mentre aspettiamo l’arrivo delle pizze chiacchieriamo un po’, le chiediamo se il lavoro va bene, anche se, che vuoi che ci risponda? Lavora in un’impresa di pulizie e nel week end cerca di arrotondare facendo compagnia ad una signora anziana. E’ sposata e ha un figlio adolescente che cerca di non pesare troppo sulla famiglia, facendo i più svariati lavori, e una bambina che va alle elementari. Nonostante tutte le difficoltà economiche sono sereni e provano ad andare avanti. Il problema che ora la tormenta è la madre. Un mese fa è caduta da uno scalino e si è fratturata la gamba destra. La signora ha quattro figli, ma tutti vivono lontano perché il lavoro al sud è poco. Quando è dovuta restare ferma per settimane a letto si è palesato il problema di come farle avere tutta l’assistenza necessaria. Nessuno dei figli poteva prendersi un permesso così lungo e quindi si è scelti di pagare una badante. Ora la madre avrebbe dovuto iniziare la fisioterapia e per raggiungere l’ospedale ha bisogno di esser accompagnata in auto. Chi potrà aiutarla? Laura, mentre ci racconta i suoi problemi, ribadisce sempre che, se lei potesse, l’accompagnerebbe, ma come può mollare il lavoro? Come fa a pagare l’affitto della casa, le bollette, l’assicurazione e le spese quotidiane? A lei quei lavori servono. La guardo pensando che il mondo è proprio una merda, che lei dovrebbe potersi prender cura della madre, ma che forse non toccherebbe neanche a lei. Guardo i suoi occhi che provano a nascondere un senso di vergogna, perché sa, che la scelta che lei e i suoi fratelli hanno preso, non sarà ben vista dalle persone del quartiere, quindi teme un giudizio tale anche da noi. Hanno chiesto ad un vicino di accompagnare la madre ogni volta all’ospedale, sotto compenso. Laura continua a ripetere che non potevano fare altro, che non c’era nessuno che poteva dar loro una mano. Le dico che avrei voluto aiutarla, se solo non ci fossimo sbarazzati della macchina almeno due anni fa, perché ci era diventato impossibile permetterci l’assicurazione.

Squilla il citofono. E’ arrivata la pizza, per fortuna si mangia. L’odore si diffonde nella stanza e un po’ riscalda il clima gelido che si era creato. Mia madre ha l’aria pensierosa, e immagino quali pensieri possano affollare la sua mente. Penso che vorrei poter dire qualcosa che sollevi Laura dalla colpa che sente per non aver aiutato, così come la società impone, colei che li ha cresciuti da sola perché il padre è morto in un incidente stradale. La loro infanzia ed adolescenza è stata dura, piena di stenti ma l’hanno superata e ora lei vorrebbe solo ripagare l’affetto ricevuto. Ma come si fa se questo sistema ti incatena al dio denaro? Ma la mia rabbia non è legata solo a questo, ma anche al fatto che gli anziani sono lasciati a sé stessi, privi di quei servizi che permetterebbero sia a loro che ai figli di non sentirsi in colpa e non mortificarsi. Perché se da una parte Laura si sente in colpa, la madre, che capisce di non poter pesare sulla figlia, si scusa per i disagi creati.

Quando Laura va via, resto in cucina con l’intento di rassicurare mia madre. So che lei ha paura di esser abbandonata, so che ha paura di restare da sola. Lei sa che io andrò via, ma spera che le mie sorelle restino nei paraggi. Prova a dire che è una schifezza lasciare una madre da sola in quelle condizioni, ma basta dirle che non c’è scelta, che Laura non può perdere il lavoro che sfama un’intera famiglia, che ci sono quelle dannate cose da pagare, ogni santo mese, che si tace. Mia madre sa che è vero, ma ha gli occhi lucidi. Anch’io ce li ho. Mentre parliamo di Laura stiamo parlando anche di noi. Ci stiamo dicendo che, quando sarà, anch’io non potrò starle accanto, e neanche lei potrà stringermi quando starò male. Con quel filo di voce che mi riesce di recuperare le dico che non è giusto, che raggiungere la propria autonomia non può avere un prezzo simile, non dovrebbe averne alcuno. Penso che sia orribile quello che ci capita attorno, che viviamo in una società dove si alimentano circoli di sensi di colpa allucinanti, solo perché si scarica tutto sui singoli. Le famiglie non possono e non dovrebbero contare solo su se stesse, sui propri membri, dovremmo volere una società fatta di solidarietà e non di branchi che si chiudono e poi implodono. Ho paura che un giorno toccherà anche a me sentire ciò che prova Laura e fin da ora vorrei poter urlare, contro chi mi giudicherà una stronza, che non ne ha il diritto e che non è colpa nostra se queste sono le uniche scelte che ci concedono. Io vorrei potermi liberare di questo ruolo di cura che non voglio ma allo stesso tempo non abbandonare i miei genitori alla solitudine. Perché questa società li abbandona, come fa con chiunque di noi. Laura è andata via perché lì la pagano meglio, perché lì il marito lavora. Non è stata una scelta facile allontanarsi dai famigliari e dagli amici, ambientarsi in una città diversa e provare a tessere una nuova rete di affetti, liberandosi dell’etichetta di emigrante. Eppure nel fare ciò Laura si è trovata da sola, con accanto solo il suo compagno, come ora la madre si trova sola.

Voglio sapere se per questa società gli anziani servono solo per le pensioni che possono spendere, con cui possono fare da garanti a qualche piccolo prestito per i figli, se vanno bene solo quando li si può truffare, abbindolare, imbrogliare nei modi più assurdi. Chi si cura di loro, quali servizi ci sono? Dire che nella società l’unico ammortizzatore sociale è la famiglia vuol dire anche questo, vuol dire far sentire Laura in colpa perchè non può adempiere al ruolo di badante che le è stato affibbiato, e far sentire la madre in colpa perché sa che, se la figlia potesse, le starebbe accanto per affetto e non per il ruolo impostogli. Ma dire che le donne starebbero accanto a chi amano nei momenti di bisogno non vuol dire che devono fare le badanti a vita, perché altrimenti non se ne esce. Anche alcuni uomini starebbero accanto alle persone amate se potessero, ma per me la soluzione non è solo nel chiedere a più uomini di contribuire ma di pretendere dalla società strutture e servizi che ci liberino tutti da questi ruoli. Perché se la smettessimo di considerare le famiglie come clan e avessimo una visione più collettiva della famiglia, della società, in cui ciascuno aiuta l’altro, in cui si cerchi di rendere autonomi gli stessi anziani che non ve lo dicono, ma si sentono in colpa perché si sentono/li fanno sentire dei pesi (e non mi riferisco ai/alle figli ma alla società), vivremmo tutti meglio.

Laura ha solo provato ad avere un lavoro che le permettesse di portare avanti una famiglia, sua madre vorrebbe solo avere l’assistenza per cui ha pagato per anni le tasse, io vorrei solo sentirmi autonoma e vedere realtà differenti. Nessuna di noi ha colpa ma allora perché ce le fate nascere? Perchè devono pesare così tanto delle scelte di autonomia?

Posted in Pensatoio, Personale/Politico, Precarietà, Sessismo.