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Per l’abolizione del matrimonio – a proposito di violenza sulle donne e matrimoni gay

di Valerio Mele

Isolare, magari in una mostra, la violenza sulle donne dalla violenza rivolta contro altre categorie di viventi (al di fuori o a margine della comunità “produttiva” o benestante, basata cioè sui dogmi del Lavoro o del Denaro, in un periodo in cui il sistema si dimostra tra l’altro ostile alla riproduzione dei viventi in quanto tali, dunque alle donne cui è ancora affidata la riproduzione materiale e cui viene per lo più richiesto il titillamento del desiderio di merci, dunque di loro stesse in quanto merci, o una deturpante1 identificazione coi modelli dominanti) è un modo per genderizzarla e sessualizzarla (farla rientrare nel frame patriarcale, maschilista o nella categoria fetish).

In questa cornice di denunce selettive si inseriscono anche le (apparenti) difese di regime della sessualità non riproduttiva (come la definiscono i preti, turbandosi e stigmatizzandola)… matrimoni tra omosessuali, i diritti delle minoranze omosessuali, l’aggravante dell’omofobia nei reati, ecc… quando è evidente che la questione principale è un’insensata estensione del “matri-monio”… (dall’etimologia: “scambiare o offrire una madre”… ma chi “scambia o offre in cambio una madre” in un rapporto omosessuale? ha un senso mantenere questo termine?)

Non sarebbe il caso di porre piuttosto fine alla pratica tribale del matrimonio (che in realtà non è che una tutela del “patrimonio” mascherata)? (ad ogni modo il matrimonio tra omosessuali è la giusta parodia, molto liberoscambista, del matrimonio tra eterosessuali… Però che senso ha rendere il diritto di famiglia – o dei famigli -, relativizzandolo, qualcosa di gaio, di simpatico, di buffo?… a me, per esempio, il diritto non fa ridere affatto…).
Magari basterebbe chiamarli “sposalizi“, “unioni coniugali”, invece di “matrimoni”… (questo non toglie però la motivazione patrimoniale, l’obbligazione proprietaria, che c’è sotto… qui infatti credo che si parli più dell’estensione a tutti di un diritto proprietario molto discutibile, almeno per me… ciò non toglie che non sia decisamente coerente con il diritto attuale…).

Posted in Affetti liberi, AntiAutoritarismi, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Valerio Mele says

    Vedo che hai fatto bene i “compiti”… complimenti 🙂 …ma non è detto affatto che l’episteme attuale sia esatta (l’etimologia stessa non è una scienza esatta e parole come “merci-monio” fanno pensare più a -monio=”scambio” che “compito”, per es.)… E tieniti pure per te il tuo “ridicolo” con cui hai stigmatizzato ciò che ho scritto… Non mi pare proprio ci sia niente da ridere nelle riflessioni che ho proposto…
    Io seguo una linea etimologica più complessa che deriva sempre dalla parola “munus” (per es. qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Hostis_e_munus)… il cui valore semantico davvero non si può esaurire con “compito”, come suggerisce l’ovvia voce “matrimonio” della wikipedia cui probabilmente fai riferimento senza citarla… Trovo che facendo l’archeologia delle parole si riscontrino sensi brutali (l’italiano ne è intriso… del resto non saremmo passati attraverso diritti romani, fascismi e patriarcati feroci vari e dovremmo rifare la lingua, fare più attenzione a come parliamo e persino ai sensi etimologici, sì!… se è vero che “l’inconscio è strutturato come un linguaggio”, come diceva Lacan con qualche ragione), che ora potranno sembrare “politically uncorrect”, ma è un dato di fatto che “matrimonio” ancora oggi in alcuni paesi non occidentali è letteralmente l’acquisto di una donna in quanto madre, considerata cioè come mero mezzo per garantire un tot di filiazione ad un uomo e/o ad una comunità patriarcale… Parecchi studi antropologici confermerebbero questa tesi a partire anche dal classico “scambio delle donne” di Claude Lévi-Strauss… perciò definisco “tribale” la pratica del matrimonio… e lo penso convintamente… Temo comunque che tu non abbia colto lo snodo centrale… che era la critica della proprietà e del “diritto di famiglia”, familista e borghese, di cui il matrimonio è un principio cardine… per me rivendicare diritti, ed estendere la Legge (patriarcale) all’infinito non è molto intelligente per dei corpi che forse potrebbero e vorrebbero liberarsi dal suo giogo… O parlo a dei buoi?

  2. Anomalia says

    “Matrimonio” significa “compito della madre” nell’unione, non “unione con la madre”. “Compito della madre”, in quanto la madre rendeva legittimi i figli dopo il matrimonio con il padre che col “Patrimonio” aveva il “compito del padre” ossia il sostentamento. Quindi non ha senso partire da un’etimologia già di per sè utilizzata erroneamente. [A parte il fatto che intestardirsi sull’etimologia di un termine al fine di svuotarlo e distaccarlo dalle sue implicazioni sociali ODIERNE è francamente ridicolo.] Se dovessimo seguire questa etimologia allora mettiamo tutte le donne a casa a sfornare figli e i marito in fabbrica. Ma per favore… E aggiungo che, se mi vengono dati stessi diritti e doveri di una coppia etero, per me lo potete chiamare anche gaymonio[che ad essere puntigliosi significherebbe solo “compito del gay” all’interno dell’unione, quindi non ci sarebbe nulla di errato], antimonio, stramonio, cosamenefregadicomesichiama.”