Segnalato da Monica (grazie!). A proposito di donne e lavoro, di donne e volendo anche di donne e violenza sulle donne o comunque disperazione nelle famiglie. Abbiamo visto ieri il Collettivo AlterEva e la Rete Donne Fiom che a Torino hanno detto con chiarezza ad una ministra Fornero legittimata dalle Snoq come colei che lotta per aiutare le donne, in barba alla differenza di classe e di identità politica, che se non c’è lavoro una donna non si può liberare dalla violenza. Che in generale un individuo che lavora è un indviduo libero. E poi hanno fatto altre rivendicazioni, prima di essere respinte in malo modo e stigmatizzate come “non democratiche”. Tutta la cronaca di ieri la trovate qui, qui, qui.
Oggi parliamo di queste donne, operaie, che raccontano un problema enorme: la precarietà dei loro compagni. Perché l’assenza di lavoro, che manchi agli uomini o alle donne, non è un problema di genere o individuale. E’ un problema in generale. Se manca il lavoro a me devi preoccupartene anche tu che sei un uomo e pensi di godere di qualche privilegio e se manca il lavoro a te devo preoccuparmene anch’io perché di te e di me, di noi, cittadini e cittadine e in questo caso di persone che fanno parte degli stessi nuclei familiari, è fatta la società. E non c’è verso: se azzoppano me cammini male pure tu perché è su di te che pesa tutto quanto e se azzoppano te io non ce la faccio a reggere la vita e il futuro di tutti quanti.
Ci sono le “mogli” degli operai di Pomigliano, molte sono operaie allo stesso modo, che si preoccupano per il proprio futuro e quello dei mariti, dei figli, di tutti e quando raccontano la disperazione e sottintendono che bisognerebbe prevenire anche delle tragedie noi possiamo confermare quel dato che talvolta finisce anche con un delitto prima del suicidio. Di disoccupazione, dati alla mano, si suicidano e uccidono le madri o le mogli e qualche volta i figli una buona percentuale nella conta dei delitti di quest’anno. E lì la soluzione non può essere un’aggravante per femminicidio ma serve la prevenzione e anche un lavoro. Perché il lavoro, cara Fornero, non solo rende liberi ma salva anche la vita, perciò è un “diritto” contrariamente a ciò che pensa lei. Ma tutte queste cose le abbiamo scritte qui e le scriveremo ancora. Intanto vi lascio leggere il volantino che diffondono le donne del Comitato Mogli degli Operai di Pomigliano. Buona lettura!
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I LORO “RAMPOLLI” SONO ACCOMPAGNATI A SCUOLA NELLA “FUORISERIE” GUIDATA DALL’AUTISTA, AI NOSTRI FIGLI PRESTO NON POTREMO METTERE IL PIATTO A TAVOLA.
Siamo donne del movimento operaio. Mogli degli operai della Fiat di Pomigliano. Molte tra noi sono operaie. E siamo stanche di vedere i nostri uomini tornare a casa cupi in volto e con lo sguardo perso nel vuoto e fisso alle scadenze di fine mese.
Noi che con i nostri figli e le nostre famiglie siamo costrette a fare i conti e a vivere con 750 euro al mese. Siamo stanche di vivere la sensazione di rassegnazione e sconfitta che comincia a far presa sui nostri mariti. E addolorate da quanti urlano dai tetti la loro disperazione, si tagliano le vene o, addirittura, si tolgono la vita.
Siamo stanche di assistere a programmi tv che mostrano famiglie operaie raccolte in cucina con la pentola che bolle e poco da cucinare e, di contro, le interviste ai “professori” che vorrebbero convincerci che “abbiamo vissuto fin’ora al di sopra delle nostre possibilità mangiandoci il futuro dei nostri figli”!! Ma chi… noi…?! Con 750 euro al mese quando va bene?!
Vero è che sono sempre e solo i loro “bamboccioni” che continuano a sperperare in una notte di “vizietti” quello che un operaio (quando gli andava bene) guadagnava in un anno. I loro “rampolli” che, oggi come ieri, vengono accompagnati a scuola con la “fuoriserie” guidata dall’autista. Mentre noi per i nostri figli, tra poco, non potremo più mettere nemmeno il piatto a tavola.
Tutto questo non è più tollerabile. Ed è ancora più intollerabile anche considerato il “massacro operaio” in atto in tutte le fabbriche della Fiat di Marchionne e realizzato con un fiume di finanziamenti pubblici e gravi connivenze politico-istituzionali e sindacali. Proprio quei sindacati – i confederali – che oggi sembrano scesi da Marte, come se non fossero stati proprio loro a sottoscrivere gli accordi più infamanti per i lavoratori. Eppure siamo convinte che se la Fiat ha da sempre rappresentato il “potere forte” per eccellenza (lo Stato nello stato), i suoi operai hanno sempre saputo tenere alta la testa. Ed oggi è innanzitutto da <questi operai> (e sono ancora tanti) che può ripartire un credibile segnale di unità e di lotta. Un obiettivo non facile, tenendo conto del fatto che chi sindacalmente e politicamente dovrebbe stare dalla parte dei lavoratori si attiene al motto che “dividere è meglio (e più proficuo) che unire” ostinandosi nel tentativo di separare tra loro le lotte dei lavoratori delle singole fabbriche.
Ed è proprio oggi che ci troviamo precipitati in un preoccupante arretramento della condizione operaia, oggi che Monti ed i suoi ministri benestanti si riuniscono con Marchionne (e con Riva per citare ad esempio il “cul de sac” in cui hanno cacciato gli operai dell’Ilva di Taranto) e con CGIL-CISL-UIL per accordarsi come al solito a danno dei lavoratori Fiat e dell’indotto, oggi più che mai dobbiamo mobilitarci a fianco degli operai come donne, come compagne, come mamme e come mogli perché questa è una lotta esemplare per tutti. Perché quello che succederà nelle fabbriche Fiat ricadrà sulle nostre famiglie sui nostri figli e, se sconfitti i lavoratori, con il governo Monti (come per i pensionati) ricadrà sui lavoratori del pubblico e del privato, sulle loro famiglie e sull’intera società.
Ma veramente oggi c’è chi può ancora credere e rivendicare gli investimenti di Marchionne se non quanti, con l’approssimarsi della campagna elettorale, sono interessati solo a creare nuove illusioni? Noi che a Pomigliano già subimmo le prediche anche dai pulpiti delle chiese che, in uno con politici e sindacalisti, magnificarono la Fiat per il suo “piano di investimenti e sviluppo” VOGLIAMO GRIDARE A TUTTI CHE LA FIAT IN ITALIA NON C’E’ PIU’ e che con quest’andazzo a breve i pochi presidi esistenti non assicureranno più lavoro nemmeno per una piccola parte degli operai.
Ed oggi lo diciamo con forza e prima dell’annunciato disastro industriale e sociale, anche perché dopo sarà troppo tardi: la Fiat deve restituire un centinaio di miliardi di euro di finanziamenti pubblici ad oggi incassati ed usati in danno sociale e per interesse privato e restituire al pubblico le fabbriche tutte già abbondantemente strapagate dalla collettività.
Comitato Mogli Operai Pomigliano
16 ottobre 2012
Mentre leggo il documento del “Comitato delle Mogli degli Operai di Pomigliano”, la mia mente torna spontaneamente e inevitabilmente a quei tempi (per la verità accade anche adesso, e purtroppo anche in forme e modalità molto più pervasive, sofisticate e potenti) in cui molte donne si scagliavano con violenza contro i propri mariti, compagni, padri, fratelli, accusandoli di essere i loro oppressori, sfruttatori, stupratori, coloro che per primi, ancor prima dei “padroni”, le costringevano in una condizione di subordinazione e di oppressione.
L’ideologia femminista aveva insegnato loro questo.
A quei tempi avevo diciassette, diciotto, vent’anni, ero un giovane politicamente impegnato come tanti altri della mia generazione, e per quanti sforzi facessi proprio non riuscivo a capire come, quando, dove, perché, in che modo, io (e con me milioni e milioni di altri uomini) sarei stato un privilegiato e un oppressore del genere femminile.
Bè, devo dire che a distanza di tanti anni fa un certo effetto (non vorrei sbagliarmi ma credo che sia anche un precedente storico) leggere finalmente di donne che non solo si guardano bene dal considerare i propri uomini come il “nemico” da abbattere, ma solidarizzano e lottano insieme a loro per gli stessi diritti, per una diversa esistenza, più libera, più giusta, più democratica, più umana, per tutti e per tutte.
Sono queste le donne, le mogli, le compagne di vita, che ogni uomo vorrebbe avere al proprio fianco.
Un sincero e affettuoso saluto alle mogli (e naturalmente anche ai loro mariti) degli operai di Pomigliano da parte del Movimento degli Uomini Beta.