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Dovevamo tutti/e investire in chirurgia plastica

Precarietà è una parola fondamentale. La viviamo tutti i giorni. Ne abbiamo fatto un progetto di comunicazione. Continuiamo a parlarne e a viverla, la precarietà. Dopodiché scopriamo che c’è chi divide culturalmente l’Italia tra nord e sud e che qualcun@ dice che le donne a Sud sono più contente se non lavorano perché più naturalmente inclini a realizzarsi nei ruoli di cura. Ed è una gran stronzata. Non è vero niente. Le università del sud sono piene di donne che si laureano, una, perfino due volte e poi fanno dottorati e stanno arrampicate all’unica misera prospettiva che beccano per poter lottare per una parvenza di indipendenza economica. E non è vero neppure che le donne del sud, come dice il Corriere non siano disposte a fare le pendolari.

Ma con chi pensano di avere a che fare? Con le figlioccie dei tempi delle valigie di cartone? Le donne del sud parlano lingue straniere, sono preparate, viaggiano ovunque perché la civiltà è arrivata pure laggiù, che vi credete. Ma il fatto è che non c’è lavoro e allora si fanno chilometri e chilometri per un contratto di tre mesi, con tutte le conseguenze e le spese che questo comporta. Si vive in alloggi di fortuna per concludere un progetto nella speranza che significhi qualcosa e che segni un punto in più in quel curriculum pieno zeppo di referenze splendide ma inutili. Si assumono tremila accenti, finisci per chiacchierare con mille forme idiomatiche e sei figlia del mondo. Ed è quello che siamo, noi donne del sud, figlie del mondo.

E non mi interessa sapere  che ogni due giorni il ministro Fornero dichiara che le donne in Italia sono disoccupate perché lo so già e so anche che non sono solo le donne ad essere disoccupate ma con me tanti colleghi che se talvolta trovano lavoro con più facilità è solo perché sono grandi e forti e vanno a lavorare nei cantieri a caricare e scaricare merci o a fare cose per le quali non mi assumono. Quello che trovano le donne a parte lavori di concetto e di cura, sono lavori di camerierato. Se sei decorativa un po’ funziona e altrimenti non ti si filano per niente.

Ora mi dicono che Fornero avrebbe deciso che ci sono incentivi per il 2013 per assumere le donne di ogni età e i giovani sotto i 29 anni e io che ho un amico che di anni ne ha trentuno e ha un disperato bisogno di lavorare e di andarsene da casa dei genitori dove vive una situazione pazzesca vorrei capire come farà. Se qualcuno pensa a lui. A che mi serve questa paraculata che nei fatti non cambia niente?

Le donne a prescindere dalle competenze, per quello che ne so non vengono assunte perché sono troppo in là con gli anni, perché sono ingravidabili e dunque a rischio maternità e se non sono fisicamente decorative. Quelle che stanno in una via di mezzo, per quello che sappiamo, lavorano. Lavoriamo uguale. Facciamo più lavori al giorno e la spuntiamo.

I ragazzi, amici miei, non vengono assunti perché non hanno scuse. Se te lo pigli te lo devi tenere. Non restano incinti, in Italia non si parla neppure di congedo parentale (e figuriamoci!) e dopo che gli hai spostato l’appredistato fino ai 36 anni quando hanno finito di definirsi apprendisti sono troppo vecchi per qualunque cosa. Invecchiano studiando, anche loro, cercando opportunità nelle università o un impiego qualunque. Con le aspettative della famiglia che li vuole sistemati e con i progetti di futuro che vanno a farsi benedire.

Io l’ho ospitato un mio amico, per un po’ di tempo, e ne aveva passati di guai. Poi si è messo a lavorare in una enoteca e in qualche modo ha cambiato registro. Guadagnava uno stipendio. Pure lui decenni di studio, laurea, dottorato per finire dentro un’enoteca.

Oggi eravamo io e due amici miei che guardavamo la tv e ad un certo punto è arrivata la Minetti che diceva che per fare politica non serve essere preparati. Per fare politica i tecnicismi non servono, certo, ma per lavorare, bella mia, mi ero convinta che un po’ di competenza serviva. E invece arriva lei e va in televisione a dire a quelle altre, tutte quante, come me, che abbiamo sbagliato tutto. Che invece che spendere soldi e vita in tasse universitarie avremmo dovuto rifarci il culo e le labbra e poi andare a bussare alla porta dei potenti.

Ma certo, si. Parola mia io ho bestemmiato. I miei due amici hanno riso. Ridevano per non piangere. Ché lei può fare il cazzo che gli pare ma andare alla tv a insegnare a noi che ci facciamo il culo tutti i giorni come si fa a vivere direi che non lo può proprio fare.

Se è meglio lei o la Fornero? Dovrebbero andare a casa tutte e due. Una perché prende soldi pubblici senza fare niente e l’altra perché gioca con le nostre vite, con le sue scarpine borghesi e la sua collanuccia di perle, mentre noi facciamo sacrifici per campare.

E si, Fornero, spiacente: il tuo incentivo non mi piace ma se io becco un lavoro stabile allora sappi che redistribuirò quello che tu sistemi ingiustamente a modo tuo. Mi piglio l’amico mio in casa ché almeno manda a quel paese i genitori che lo stressano. E per il resto va bene così. E’ tutto uguale. Una vera merda.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà.