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#ddl957 – entriamo nel merito – discussione articolo per articolo (parte prima)

Oggi in quel di Roma si contendevano la scena due gruppi di persone, madri separate [1], donne e uomini e nuove compagne, figlie, nonni/e, padri separati, donne e uomini che in un modo o nell’altro parlano di una proposta di legge della quale ci siamo occupate tante volte anche noi. Parlo del ddl 957 che interviene sull’affido condiviso a modifica della legge 54/2006. Nel ddl tanti sono gli aspetti controversi e su quelli il dibattito è stato ed è tuttora infuocato. Non mancano i colpi bassi, da una parte e dall’altra, a cura di non meglio identificate persone, cani sciolti o entità sparse, c’è chi non riesce a non lasciarsi prendere dalla tentazione di demonizzare i sostenitori o le sostenitrici ora del ddl ora delle proposte che ad esso si oppongono. Di fatto, come già scritto a proposito della Pas, viene inibito un dibattito sereno che ci consente di capirci qualcosa e di decidere in tutta serenità come e perchè dovremmo farci piacere questa proposta o come e perchè dovremmo opporci ad essa.

Di questa proposta in discussione ha parlato il rapporto ombra della commissione Cedaw e in qualche modo ha parlato anche l’Onu nelle sue raccomandazioni al governo italiano in rapporto ai rischi che si presume possano comportare alcuni aspetti di questo ddl nei confronti di donne e bambini vittime di abusi.

Nelle relazioni e nei documenti presentati nelle audizioni ciascun@ ha prodotto la propria tesi, le differenti versioni della storia, e in particolare c’è tutta una componente fatta da professionisti/e, avvocati, operatori e operatrici del diritto, persone che sono impegnate a fare rispettare le norme nei tribunali dei minori, che hanno trovato dei difetti e li hanno commentati e definiti [1] [2] [3] [4]. Dall’altro lato si parla di reazioni corporative, del timore di perdere il monopolio nella gestione di una materia controversa. In entrambi i casi, al di là dei numeri e dei dibattiti in commissione, sembrano visibili degli arroccamenti.

Ci sono quelli e quelle che non vogliono che la legge passi e quelli e quelle che vogliono che passi così come è stata concepita e presentata. Ci sono quelli/e che dicono che chi si oppone al ddl o pone un accento critico verso esso appartiene ad una categoria di femministe che vogliono estromettere dai ruoli genitoriali i padri e vogliono privare i bambini della sicurezza di avere due genitori e quelli/e che sostengono che il ddl sia un modo per far regredire il diritto di famiglia ai tempi in cui c’era il pater familias che tutto decideva e tutto poteva.

Di fatto, come sempre accade in questi casi, ché il burocratese non scrive a chiare lettere le intenzioni del legislatore, in quel ddl non c’è scritto nulla di tutto ciò. C’è un progetto di società che va analizzato e raccontato e giacché si tratta di una materia politica ci interessa anche opporre argomenti critici che però non siano derivanti da pregiudizi.

Le persone che propongono questo disegno di legge o che si oppongono ad esso non sono cattive, non sono buone, sono solo persone. Con problemi probabilmente molto diversi, con diverse istanze da rappresentare. Quando si parla di separazioni e figli c’è tanto dolore in mezzo, tante difficoltà, e non è difficile pensare che si proiettino i propri timori nella lettura di un progetto che alla fine, in realtà deve riguardare tutti e tutte. Perché le leggi sono così: non possono e non devono discriminare un genere, una categoria, persone, grandi e piccole, e devono garantire che chiunque sia tutelat@.

Il ddl: tante persone non ne sentivano l’esigenza. Non capivano. Molte altre invece si. Dunque bisogna comprenderne le ragioni. Perché mai delle persone dovrebbero ostinatamente spingere in una direzione contro tutto e contro tutti? Sono molto ma molto cattive? E’ questa la ragione? Perché sono al servizio di un gruppo di pedofili e violenti che si sono associati tra loro in una loggia segreta per raccattare bambini attraverso i quali sollazzarsi nei pomeriggi annoiati? Perché vogliono poter picchiare a morte le loro ex mogli e vendicarsi di loro togliendo figli, denari e immobili?

Questa può essere una versione narrata, abbastanza superficiale e incredibile, della storia. Ovvero possono solo esserci persone che come raccontano si sono viste privare di affetti, speranze, vite, in virtù di una vecchia legislazione che non teneva conto del fatto che la genitorialità non è più monopolio e responsabilità esclusiva delle madri. C’è che in una società patriarcale come la nostra in cui i ruoli tuttora sono ben distinti le madri fanno fatica a rinunciare a quel misero potere che deriva da quel ruolo e fanno di tutto per accentuarne le meraviglie e le peculiarità in un innatismo e riduzionismo biologico che a me, giusto per dire, non piace. C’è che i padri sono differenti e cambiano i pannolini e allattano e portano i bimbi ovunque e sono presenti in modo diverso e se non lo sono impareranno perché le responsabilità per i ruoli di cura vanno divise e tanto allarmismo sui padri in avvicinamento suona strano. Sembrerebbe una spinta alla conservazione.

I padri vogliono prendersi cura dei propri figli? Cosa sospettosissima. Pedofili, violenti. Perché è strano, certo, che questa gente avanzi questa “pretesa” mentre il mondo attorno sostiene che i maschi hanno da fare i maschi e le femmine devono restare in contatto solo con i propri uteri. Se gli uomini vogliono prendersi cura dei figli deve esserci per forza qualcosa che non va. Chiaro. E invece non è chiaro proprio per niente e sembra la risposta di una società tramortita dai pregiudizi, un po’ medioevale e che rifiuta a priori l’idea di un cambiamento sociale. Un cambiamento necessario.

Una opposizione “realistica” è: le madri sono quelle che di più e meglio si prendono cura dei figli, i padri sono assenti, le madri sanno fare meglio, i padri sanno fare peggio, e cullandoci tra questi paragoni un po’ anacronistici lasciamo che il tempo scorra e che tutto resti uguale. Loro sono pessimi e li lasciamo così. Noi siamo magnifiche e dunque ci teniamo il carico di lavoro, la responsabilità e per questo vogliamo un riconoscimento e in qualche modo un pagamento.

Ed è questo un altro punto controverso. Il mantenimento. I padri lo vogliono diretto e le madri lo vogliono come è sempre stato. Tra i motivi di opposizione c’è che i padri in realtà se ne fregherebbero di pensare al mantenimento dei figli. Ma se questo è vero in tanti casi, e io lo so, è vero, ne ho conosciute di madri che non ricevono un soldo e che mantengono i propri figli senza un contributo, allora cosa può esserci di meglio che il mantenimento diretto per obbligare un padre a contribuire a quella spesa?

Ma andiamo all’analisi del ddl (qui il 957, qui gli emendamenti idv e per gli emendamenti del pd li ho in forma testuale e li fornirò via via). Provo a sintetizzare, in più post e in questo caso mi fermo al primo articolo, poi proseguirò per gli altri, così discutiamo nel merito delle proposte. Se ci sono correzioni da fare o integrazioni o io ho capito male delle cose contribuite pure, vi prego.

Articolo 1]

Comma 1

– Il primo introduce il termine pariteticità nelle mansioni genitoriali intervenendo sull’art.155 del codice civile. Cura, educazione e istruzione stabiliti da entrambi i genitori salvo casi di impossibilità materiale. Dunque ogni decisione da assumere insieme.

– Il Pd interviene con un emendamento per dire che il concetto di pariteticità dovrebbe essere sostituito indicando modalità adeguate all’età e allo sviluppo psicofisico.

Comma 2

– Sostanzialmente decide che i figli dovrebbero in caso di separazione essere domiciliati presso entrambi i genitori, salvo differenti accordi.

– il Pd sostituisce questa proposta stabilendo che la distanza tra le abitazioni non può comunque costituire un impedimento all’affidamento condiviso dei figli. Dunque niente doppio domicilio.

– l’Idv sopprime la parte del comma che si riferisce al doppio domicilio

Comma 3

– Si propone di estendere l’obbligo di affido, se lo chiedono, agli “ascendenti” ovvero ai parenti dei genitori (i nonni).

– Il Pd dice che i minori hanno diritto ad avere rapporti con gli altri parenti e che tempi e modalità di queste relazioni devono essere stabilite su richiesta dei genitori e non diversamente.

– l’Idv  non dà per scontato che gli “ascendenti” siano desiderabili nella relazione con i minori e dice che dovrebbe trattarsi piuttosto di parenti “di cui sia provato un rapporto affettivo con i minori, tenuto conto del preminente interesse morale di questi ultimi”. Sostituisce poi la parola «riconosciuta» con «valutata». Nel senso che la richiesta di “affido” o relazione sarà valutata e non riconosciuta in quanto obbligo.

Comma 4

– Si propone che ciascuno dei genitori provveda al mantenimento diretto dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche. le modalità saranno concordate dai genitori e in caso di disaccordo decise dal giudice. Il mantenimento sarà valutato sulla base esigenze del bambino, delle risorse economiche dei genitori. Contributo diretto come mantenimento viene valutato anche l’impegno nei compiti domestici e di cura. Per ristabilire un principio di proporzionalità, qualora fosse necessario, il giudice può richiedere che i genitori coprano la spesa anche con un assegno “perequativo” periodico. L’assegno sarà adeguato agli indici Istat e se il genitore viene meno all’obbligo di mantenimento diretto e non provvede al figlio quando sta con lei/lui allora dovrà compensare con un assegno da versare all’altro genitore o all’altra genitrice.

Il Pd presenta un emendamento a modifica che propone: Di provvedere al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie possibilità. Di stabilire che alcune, non tutte, voci di spesa fisse siano delegate al mantenimento diretto e che la somma, tramite assegno, che restituisce la proporzionalità della spesa deve essere decisa dal giudice sulla base delle esigenze dei figli, del “tenore di vita” goduto dal figlio quando i genitori stavano assieme, dei tempi di permanenza presso ciascun genitore.

– l’Idv propone che la spesa o il mantenimento diretto diventi una possibilità (ove possibile) invece che un obbligo. Aggiunge anche in questo caso la faccenda del tenore di vita precedente di cui tenere conto per la corresponsione della somma da elargire per i figli. Sopprime dunque tutte le altre possibilità proposte per valutare la spesa in direzione del figlio.

Ora provo a sintetizzarvi i motivi di opposizione sparsi in giro per la rete alle proposte.

Motivi di opposizione ai cambiamenti proposti nel primo comma: – non si può decidere tutto assieme, troppo farraginoso, nei casi di conflitto tra ex coniugi questo costituisce un limite perché implica una eccessiva frequentazione e comunicazione.

Il mio parere è che in caso di violenze o di grave conflitto è certamente impossibile fare questo. Se i due genitori sono persone di buon senso e mettono fine a dinamiche conflittuali risolvendole in modo adulto nell’interesse dei minori è una cosa che si può fare. Che debba decidere tutto una sola persona implica una eccessiva responsabilità e personalmente deresponsabilizzare l’altro genitore non credo sia auspicabile.

Motivi di opposizione al secondo comma: – Il doppio domicilio sarebbe un eccessivo sacrificio per il bambino che dovrebbe sdoppiarsi e trascinarsi dietro libri, vestiti, tutto il necessario e non potrebbe godere di una continuità con amici, compagni, affetti.

Motivi a favore: – organizzare la vita del bambino nel doppio domicilio non è semplice ma si può fare. Questo consentirebbe al bambino di vivere con continuità la relazione con entrambi i genitori. Potrà godere dell’affetto e della vicinanza quotidiana di genitori e parenti. Si può riorganizzare la vita degli adulti in modo da poter disporre di spazio e tempo anche per i propri interessi e le proprie vite.

Io credo che spesso proiettiamo sui bambini bisogni che sono solo i nostri. I bambini hanno certo bisogno di radicamento ma il radicamento consiste negli affetti e se questi spostamenti non implicano un trasloco di chilometri e di città in città spostarsi da una via all’altra della stessa città è più una fatica per i genitori che dovranno scegliere una scuola che sta tra l’una e l’altra abitazione che il resto. In generale padri e madri hanno bisogno di lavorare, penso, e quando non sono presenti i lavori di cura finiscono per essere delegati ad altri, le nonne in particolare. Quei bambini vengono comunque trasferiti di casa in casa per consentire agli adulti di assolvere alle proprie funzioni lavorative. Vengono lasciati in custodia di zie, nonne, all’asilo, alla materna e così via. Non credo sia il trasferimento il punto. Poter contare per alcuni giorni sul fatto che il proprio figlio resti dall’altro genitore implica una equa redistribuzione del lavoro di cura. E a meno che le madri non insistono nel voler fare tutto da sole e avere sempre sotto stretta sorveglianza i figli credo che potranno essere più che liete di questa soluzione.

Potere vivere a stretto contatto con il proprio figlio restituisce una intimità difficilmente recuperabile in poche ore durante un fine settimana. Ed è di quella intimità che si compone una relazione. Quindi personalmente sono favorevole al doppio domicilio salvo casi in cui i genitori decidano altrimenti o se risulta impossibile e rischioso per il bambino.

Motivi contro le modifiche al terzo comma: – i nonni o comunque i parenti prossimi non dovrebbero competere per l’affido con i genitori; stabilire una pretesa di affido in linea discendente dal nonno al nipote implica il ripristino della figura del pater familias; si può aggirare così l’esclusione di affido ad un genitore o una genitrice che il giudice aveva riconosciut@ inadeguat@ o che aveva perso la potestà; costituisce una ingerenza difficilmente gestibile.

Motivi a favore: – i nonni dovrebbero poter aver diritto a vedere i nipoti e i bambini a poter godere della presenza dei nonni a prescindere dai motivi di conflittualità che separano i genitori. In caso di lontananza o assenza di un genitore i nonni dovrebbero poter ottenere l’affido perché in quei casi i genitori presenti tendono a cancellare la realtà familiare che non è la propria. Con la separazione i bambini smettono di poter vedere, a parte il genitore o la genitrice che non ha ottenuto l’affido, anche tutto il resto della famiglia.

La mia opinione è che vedo troppe famiglie litigare e spesso i nonni non sono esattamente la parte equilibrata della questione. Io sarei d’accordo con chi dice che la richiesta di affido da parte dei nonni debba essere valutata, se c’è un legame, perché se non c’è non si può forzare un bambino, e che questo debba essere comunque sempre deciso dai genitori.

Motivi contro le modifiche al quarto comma: – Il mantenimento diretto sarebbe solo un modo per i genitori di sfuggire alle responsabilità economiche. Bisogna valutare il tenore di vita del bambino prima della separazione e tentare di mantenerlo.

Motivi a favore: – Non si può consegnare un assegno ai genitori affidatari per il mantenimento dei bambini. Non è possibile immaginare che il tenore di vita pre-separazione sia possibile realizzarlo dopo, quando si è impoveriti, obbligati a cercare altre sistemazioni e a provvedere diversamente alla propria esistenza. Bisogna immaginare che il contributo di ciascuno sia valutabile in proporzione alle proprie possibilità e per contributo si intende che va quantificato anche il lavoro di cura.

Il mio parere è che sono d’accordo con il fatto che non è possibile decidere che il contributo dei genitori debba riferirsi al tenore di vita precedente alla separazione perché la separazione è un problema, significa che dividi tetto, soldi e spesa e dunque i figli subiranno le conseguenze di questo e non ci si può certamente svenare per fare in modo che loro continuino ad avere tutto quello che avevano prima. Un po’ di sano realismo per continuare ad esistere e resistere all’insegna del vogliamoci bene anche se un po’ più poveri non fa male a nessuno. Semmai è lo Stato che dovrebbe assolvere con eventuali contributi all’istruzione (tasse scolastiche e libri a carico delle istituzioni? sto ipotizzando eh… ma so che è utopia), alle spese obbligatorie che un genitore deve sostenere perché non è possibile che con tanta privatizzazione gli unici che ci rimettono sono i genitori che non sono liberi di separarsi perché su di loro incombe il ricatto e il senso di colpa delle condizioni alle quali saranno sottoposti i figli.

Sarei d’accordo con il mantenimento diretto anche perché io lo so, l’ho visto, che ci sono genitori che non pagano un soldo per i figli. Ma se quei figli vivono presso le loro abitazioni e mangiano, respirano, crescono anche lì, quei genitori non possono fare a meno di spendere quei soldi per loro. A meno che non abbiano intenzione di lasciarli morire di fame. Siccome dubito che sia così alla fine credo che un genitore che ha con se’ un figlio, per metà tempo, presso il suo domicilio, spenderà perfino di più per lui/lei della cifra che qualunque giudice potrebbe mai stabilire. E se non spenderà l’assegno proporzionale eccetera, che mi pare comunque obbligatorio, coprirà il resto. Ma in generale direi che se ne può discutere.

Questo per ora è quanto.

Presto un altro post con confronto tra articoli, emendamenti e pareri pro e contro, successivi a questo.

Ditemi, a proposito di queste prime proposte, senza dietrologie e accuse a chi è pro e contro, se siete d’accordo o no e perché.

Buona discussione.

—>>>QUI continua la seconda parte con l’analisi degli articoli dal 2 al 6.

 

Posted in Affido Condiviso, Pensatoio.


31 Responses

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  1. dadtux says

    x_Chiara:
    Dato il clima della discussione dei mesi precedenti a questo confronto in “spazio neutro” è paradossale trovarsi d’accordo, ma tant’è, a volte basta parlarsi.

    Sì, anch’io sono favorevole a usare le norme che ci sono senza cercare di approvarne di nuove appositamente. E concordo nell’individuare nella lentezza della gustizia italiana la causa principale della tragedia delle contese familiari sui figli.

    Ma quale che sia la causa, il problema rimane, ed è drammatico, più per i figli che per i genitori. E non è vero che in altri paesi vada poi così tanto meglio. I figli contesi ci sono ovunque. Certo sarebbe assai utile un approccio comparatistico (fatto in buona fede) sui paesi dove va un po’ meglio. Ad esempio dicono che in Francia e Belgio abbiano fatti passi in avanti, ma non sono un grande esperto. Può darsi che la rete internazionale del movimento per le pari opportunità abbia dei dati da consultare.

  2. Chiara Lo Scalzo says

    Esatto: Allora la legge ideale dovrebbe avere una specie di preambolo che precisa come l’interesse del minore è sempre al primo posto, e, ciò premesso, compatibilmente con lo stesso, viene cercata la permanenza di relazioni educative con entrambi i genitori. E’ esattamente quello che volevo dire, e non avrei poturo dirlo meglio.
    La domanda da un milione di euro, secondo me trova risposta nell art. 330:
    “Il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri.”
    Art. 333 c.c. – (Condotta del genitore pregiudizievole ai figli)
    “Quando la condotta di uno od entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l’allontanamento di lui dalla residenza familiare”.
    In particolare, sull controversie: l’art.Art. 316 c.c. – (Contrasto tra i genitori)
    L’Art. 316 c.c. prevede il ricorso al giudice quando tra i genitori, che dovrebbero di comune accordo esercitare la potestà genitoriale, nasce un “contrasto su questioni di particolare importanza” in ordine al figlio.
    Ciascuno dei genitori può ricorrere al tribunale per i minorenni senza formalità indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. È norma applicabile anche ai genitori naturali.
    Il giudice (del Tribunale per i Minorenni) sente entrambi i genitori ed il figlio se maggiore degli anni 14; quindi “suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio o dell’unità familiare”. In opera di mediazione. “se il contrasto permane il giudice” non decide sulla questione che ha portato al contrasto tra i genitori ma “attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori, che in quel caso e per quel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio”.
    L’istanza può essere presentata personalmente dall’interessato.
    Il vero problema? I genitori si rivolgono al Tribunale, ma il Tribunale non risponde. Mesi e mesi di attesa per un’udienza, e poi: rinvii, rinvii e rinvii. E nel frattempo, tutto degenera.
    Se c’è da interrogsre il Parlamento, bisogna anche farlo sui tempi biblici della Giustizia italiana: non è un poblema di norme, sno le persone.. Perché tutta questa lentezza E perché tanta incompetenza.
    Se è vero cheun magistrato non deve essere considerato responsabile delle sue decisioni, almeno potrà essere considerato responsabile del fatto che è inspiegabilmnte assente dal lavoro… spessissimo? Ma quesa è un’atra storia…

  3. dadtux says

    Allora la legge ideale dovrebbe avere una specie di preambolo che precisa come l’interesse del minore è sempre al primo posto, e, ciò premesso, compatibilmente con lo stesso, viene cercata la permanenza di relazioni educative con entrambi i genitori.

    Ma la domanda da 1 milione di euro è: che fare se uno dei due cerca di boicottare l’altro?
    La conflittualità unilaterale va avallata in nome dell’interesse del minore a non essere conteso?
    E dando la prevalenza a quel genitore che causa la conflittualità, non si incentiva questo tipo di comportamenti dannosi per il minore (smentendo così il preambolo sulla preminenza dell’interesse del minore)?

  4. Chiara Lo Scalzo says

    Perché anche dire: “il minore viene affidato a quello dei due genitori che risulta più adatto, l’altro genitore potrà vederlo sporadicamente come fanno gli zii e i parenti di secondo grado” è riduttivo: ci sono genitori separati che hanno elaborato così bene la separazione da riuscire a gestire un perfetto affido condiviso. E loro, perché andrebbero discriminati?
    Quello che andrebbe eliminato, dal disegno di ddl 957, è l’idea di fondo che la bigenitorialità va perseguita a prescindere, come si evince per esempio da quel passo dell’introduzione dove si sostiene che non andrebbero omologati dal Tribunale neanche quegli affidamenti esclusivi “concordati tra le parti, senza che vi siano indicate le ragioni di pregiudizio a carico del genitore da escludere”. Il Tribunale dovrebbe andare contro le decisioni dei genitori stessi! Questo è semplicemente assurdo: se uno/a non vuole fare il genitore come si pensa di costringerlo? E una persona “costretta” a compiti di cura che non vuole assolvere, che genere di sentimenti trasmetterà al minore? Potrebbe rivelarsi un rapporto devastante…
    Non si può mettere un principio astratto prima delle persone, io dico solo questo: ogni situazione meriita grande attenzione, e ha bisogno di soluzioni elaborate ad hoc. E certo, questo implica tempo, risorse, impegno, ascolto…
    L’unico principio deve essere il benessere e la salute delle persone coinvolte, e in particolare, il benessere dei più fragili, i bambini.

  5. Paolo84 says

    X Chiara

    sarebbe bene che ognuno convivesse come più gli aggrada, in maniera “tradizionale” o meno

  6. dadtux says

    Posso dare un contributo basato sul buon senso?
    Mi sembra che prima di discutere sugli articoli di legge bisogna chiarire le priorità che si attribuiscono alla disciplina normativa della separazione dei genitori.

    Mi spiego: se si ritiene che per il minore non sia così importante mantenere rapporti equilibrati e continuativi con entrambi i genitori, ma che sia invece prioritario evitargli problemi dovuti alla presenza di due adulti che hanno scelto di vivere separati, ALLORA è inutile cercare di migliorare una legge che ha questa esplicita finalità. Si dovrà dire apertamente che questa legge va abrogata e sostituita con una norma più semplice che dica più o meno “il minore viene affidato a quello dei due genitori che risulta più adatto, l’altro genitore potrà vederlo sporadicamente come fanno gli zii e i parenti di secondo grado”.

    Non è corretto proporre emendamenti ad una normativa con lo scopo di sabotarla.

    In altri termini piuttosto che discutere in modo surrettizio se la cosiddetta bigenitorialità è un valore oppure no, facciamolo direttamente senza perderci ad analizzare i cavilli di una legge che sulla carta cerca di promuoverla.

  7. fasse says

    Che io sappia l’analisi delle sentenze le associazioni dei padri separati l’hanno fatta. Credo abbiano fatto anche una class action nei confronti del ministero di giustizia e penso fosse mirato proprio a questo, ad attirare l’attenzione e a far analizzare le sentenze.
    In quanto ai genitori inadempienti non mi pare che a loro convenga farsi portatori delle loro istanze. Anzi penso che siano i primi a stigmatizzarli.

    Ps: comunque qui una posizione, giusta o sbagliata che sia, l’abbiamo sempre presa e ne stiamo discutendo senza pregiudizi di sorta nei confronti di nessuno. C’è chi proprio non ne vuole discutere in virtù del fatto che si pensa che i buoni stiano di qua e i cattivi di là. E’ quella posizione pregiudizievole che qui rifiutiamo. Poi si possono avere tutte le idee diverse che vuoi e se ne ragiona.

  8. Chiara Lo Scalzo says

    Qual è l’idea? Che it dispiace per la gente che soffre? Beh, non è un’idea. E’ un sentimento. Nobile quanto vuoi, ma poco funzionale se si vuole discutere razionalmente di qualcosa. E pensavo che qui si dovesse discutere razionalmente di una legge.
    Una norma deve essere generica quanto basta per identificare una fattispecie e permettere a chi di dovere di adattarla a tutti i casi èparticolari che possono identificarsi con essa. Una norma troppo specifica non permette, in casi particolari, il rispetto della singolarità degli individui.
    E’ dal 2008 che questo disegno di legge naviga nel limbo del “non voglio prendere una posizione”. E’ ora di prenderla o no? Perché non prendere una posizione non aiuta le persone che in quel limbo ci vivono. Io almeno la penso così.
    Si è fatta propaganda per anni sfruttando il dolore delle persone, mettendolo in piazza, senza pudore.
    Indubbiamente nella nostra società è in corso un grande stravolgimento: la morte del concetto di famiglia così come lo conosciamo, dai tempi dei tempi… Che poi, se uno mastiica un po’ di antropologia, scoprirebbe che la paternità, prima dell’instaurarsi del patriarcato e della famiglia secondo una genealogia patrilineare, non esisteva. Poi è stata “inventata”, e le cose sono andate “bene” per un po’, e adesso è tutto di nuovo in discussione, ed è normale che le persone si sentano perse quando cambiano punti di riferimento così arcaici ed importanti… Ma la società è cambiata Ed è irrazionale ostinarsi a difendere un simulacro vuoto, quello di “paternità e maternità”. Scopriamo una nuova “genitorialità”, lasciamo andare i luoghi comuni! Ovviamente è solo la mia opinione. Piuttosto ponderata, comunque.
    I difensori della “bigenitorialità” sostengono che si vuole distruggere la famiglia: ma una volta che sopraggiunge la separazione, la famiglia non c’è più, ed è ora che si cominci a discutere di un nuovo, civile modo di convivere, senza aggrapparsi a vecchi ruoli.
    Perché non si sollecita il Governo ad un’analisi delle sentenze dall’entrata in vigore della legge 54 ad oggi? Non c’è mai stato interesse, da parte della politica, ad andare a cercare dei dati concreti su cui basarsi per prendere una decisione.
    C’è l’Istat, che dice “La maggioranza delle madri che vivono con i figli riferisce che quest’ultimi non hanno dormito a casa del padre nei due anni successivi la separazione (52,8%); il 20,1% dichiara che, oltre a non aver dormito dal padre, non lo hanno mai frequentato”; ci sono casi in cui il padre non si fa vedere perché non è interessato, e ci sono casi in cui è la madre ad impedire i contatti, ci sono entrambi: ma una analisi degli atti (che sarebbe facile, perché tutt obbligatoriamente riportano questo genere di dati) non è mai stata fatta.
    La mia opinione è che vanno tutelati quei padri ingiustamenti esclusi, ma non vanno coccolati quelli inadempienti, che con la loro assenza (e questo è nelle linee guida della psicologia giuridica per valutare i comportamenti pregiudizievoli) configurano un concreto abuso nei confronti dei minori, e giustamente perdono l’affido condiviso. Come lo perdono le madri, quando si comportano male (e potrei citare interessanti sentenze in proposito, ad esempio una in cui si accoglie la richiesta della figlia di vivere con il padre, visto che la madre la mollava sempre dai nonni…) Perché va presa in cosiderazione l’ipotesi che un genitore può essere inadeguato, e in quel caso è giusto che si faccia da parte. Almeno fino al momento in cui non decide di cambiare atteggiamento. E’ ovvio che si soffre, anche le persone che si comportano male soffrono, ma questo non è rilevante. Nessuno ha il diritto di fare del male agli altri. Sono manichea? Può darsi. Sono dura? Può darsi. Ma sono capace di mettermi in discussione, se qualcuno mi fornisce dati concreti. Sono altrettanto dura con me stessa.
    Fino ad ora si è ragionato sulla base di assurde genralizzazioni: le madri sono tutte cattive e i papà sono tutti esclusi ingiustamente, oppure le mamme sono tutte brave e i papà tutti orrendi.
    Questo disegno di legge, invece, non rispetta né le mamme, né i papà, né i bambini, perché parla di bigenitorialità, dando per scontato che le mamme e i papà sono bravi solo perché sono, all’angrafe, mamme e papà.
    Ci sono studi seri sulle difficoltà dei giovani figli di coppie separate, studi effettuati in società diverse dalla nostra, così condizionata dai precetti “cattolici” sulla famiglia, che identificano altri bisogni prima della bigenitorialità. Vogliamo leggerli almeno? Almeno prendere in considerazione un diverso punto di vista?
    Cambiare è difficile, ci vuole coraggio. E bisogna sentire il desiderio di cambiare.
    Anche io vedo tante persone che soffrono: ed è ora di fare qualcosa, perché consolarle le fa stare meglio solo per qualche minuto…

  9. fikasicula says

    Non ho mai detto che non mi piaci come persona. Ho condiviso una impressione.
    Una considerazione politica in termini di metodo. E non riguarda te come persona ma un approccio in generale che riconosco perché è quello di chi si sente dalla parte del giusto. E sai cosa voglio dire. Ma non importa. Non intendevo offenderti. Piuttosto condividere un’idea, che per me è evidente.
    Fa nulla. Come se non ti avessi detto niente. Buona continuazione.

  10. Chiara Lo Scalzo says

    Io ti trovo un po’ confusa. Prima dici che bisogna parlare solo dei contenuti del disegno di legge, Commento i punti che sono discutibili secondo me dal punto di vista giuridico (e appoggio in questo in pieno le obiezioni dell’associazione magistrati che ha presentato un documento in proposito, molto più tecnico, che spiega in dettaglio le difficoltà pratiche di applicazione del disegno) e i dubbi che ho sui concetti psicologici che sono a fondamen to del documento, e prima mi accusi di basarrmi su pregiudizi di vario genere (i ruoli, la natura) e poi mi dici che sono disumana. Infine che ti turba la certezza con cui esprimo le mie opinioni.
    E io ti chiedo: che c’entra? Il fatto che io non ti piaccio come individuo, che c’entra? Non puoi screditare quello che dico sulla base di quello che tu presupponi io sia come persona, intanto perché non mi conosci, e poi perché io, molto onestamente, non l’ho mai fatto. Mi sembra di aver mantenuto un tono civile e sufficientemente neutro, nel rispetto di tutte le parti in causa. E si, ho una mia opinione. Sono brutte persone tutte quelle che esprimono la loro opinione? l fatto che io ho una opinione e la esprimo fa soffrire tanta gente? E chi? Probabilmente quelli insofferenti al concetto di libera espressione del pensiero.
    Decidi su che piano deve svolgersi la conversazione: perché se sei entrata nel club di quelli che invece di confutare le opinioni della gente, la attacca dal punto di vista personale, insinuando, come in questo caso, che sono partigiana e manco di empatia, beh non è il genere di conversazione alla quale partecipo.
    Perché non è una conversazione corretta. Dal punto di vista etico.

  11. Paolo84 says

    “e io sono per le famiglie omogenitoriali”

    anch’io, io sono per tutte le famiglie, omo ed etero, basta che ci si ami

  12. fikasicula says

    Chiara, va bene. Allora abbiamo scoperto che i bambini possono crescere benissimo senza i genitori o che possono crescere benissimo con adulti a fianco di qualunque genere (e io sono per le famiglie omogenitoriali). Abbiamo scoperto un sacco di cose. Ma in tutto ciò non ho capito se quando parli di queste cose consideri che stai parlando di persone oppure no.
    Certo che i figli sopravvivono, altrimenti gli orfani si sparerebbero un colpo in testa quando sono in grado di farlo. I punti di riferimento per i bambini sono tanti. Ma in tutto ciò, e tuttavia con la grande sensazione di conversare dentro uno di quei brutti talk show televisivi su una cosa che andrebbe discussa in modo differente, continuo a chiedermi se riesci a vedere queste persone oppure no. Se quando sistemi sulla tua scacchiera i genitori là e i figli qua ti viene in mente che tutto ciò possa produrre effetti devastanti. Io ne ho parlato con distacco per un po’ di tempo di queste cose. Provavo empatia solo in alcune direzioni. Quelle che mi erano più vicine. Che erano più vicine alla mia sensibilità.
    Ho fatto male perché non vedevo il sangue che ogni parola provocava. Ed è un errore. Un errore madornale.
    Comunque sia bene per te che tu abbia tutte queste certezze.

  13. Chiara Lo Scalzo says

    L’associazione psicologi italiani scrive: “L’Associazione Italiana di Psicologia ricorda che le affermazioni secondo cui i bambini, per crescere bene, avrebbero bisogno di una madre e di un padre, non trovano riscontro nella ricerca internazionale […]. Infatti i risultati delle ricerche psicologiche hanno da tempo documentato come il benessere psico­sociale dei membri dei gruppi familiari non sia tanto legato alla forma che il gruppo assume, quanto alla qualità dei processi e delle dinamiche relazionali che si attualizzano al suo interno In altre parole, non sono né il numero né il genere dei genitori a garantire di per sé le condizioni di sviluppo migliori per i bambini, bensì la loro capacità di assumere questi ruoli e le responsabilità educative che ne derivano. In particolare, la ricerca psicologica ha messo in evidenza che ciò che è importante per il benessere dei bambini è la qualità dell’ambiente familiare che i genitori forniscono loro”
    E’ per questo, caro Ide, che sulla base dei risultati di queste ricerche il concetto cattolico-romano di famiglia, la triade madre-padre-prole è messo in discussione, e con esso la bigenitorialità come “diritto primario” del minore. Sopratutto perché continuiamo a presumere che il fatto di concepire un figlio trasformi magicamente le persone in genitori. Ci sono genitori meravigliosi di figli che non sono biologicamente i loro, e davvero questa ossessione per la biologia è fin troppo superata.
    La scienza va avanti, e l’Italia, come al solito, rimane arroccata alle sue tradizioni.
    Di conseguenza tutto l’impianto giuridico andrebbe rivisto, ponendo davvero al centro dell’interesse il benessere del minore, e non i diritti degli adulti coinvolti.
    Il tenore dei rapporti fra i componenti della famigliadiventa, alla luce delle affermazioni che ho appena citato, più che rilevante ai fini delle decisioni sull’affidamento, e non solo sulle modalità.
    Il problema è che questo genere di ricerche apre le porte anche ad altre tipologie di genitori, e non è il caso di introdurre l’argomento qui, quindi in Italia non passano il veto di chi sostiene che i genitori sono solo due: mamma e papà.

  14. fikasicula says

    No vabbè, Ide, chiunque tu sia, se parti prevenut@ e continui tra una strizzatina d’occhio e un velato sarcastico e supponente insulto proprio non ci siamo. Dalle mie parti si dice che nessuno nasce imparat@ quindi “imparaci” e poi si dice anche che le leggi si commentano e si interpretano. E non è detto che tutto il mondo debba interpretarle allo stesso modo. La giurisprudenza italiana infatti è un calvario in quanto a possibilità di discrezionalità nelle interpretazioni. Ma dimentica il pregiudizio che qui qualcun@ voglia strumentalizzare perché personalmente non ho bisogno di strumentalizzare alcunché per affermare ciò che penso. Oltretutto leggo qui e là reazioni parecchio infastidite (non so tu ma altra gente che certamente non mi vuole bene) per il fatto di aver tentato di spostare il ragionamento sui contenuti invece che sui soliti insulti. Lo dico qui, non a te, ma in generale, spero che questo non significhi che ci sia gente che si sente più a proprio agio con discussioni superficiali e prive di argomenti in cui l’insulto è l’escamotage per criminalizzare chiunque parli.

    Tornando a noi:
    L’articolo è quello che si legge in basso e in quanto alla questione del secondo comma dell’art. 43 cc. in relazione al domicilio si tratta di ridefinire allora il concetto perché il termine “domicilio” è citato nel primo comma e non nel secondo.

    Infatti dice che (http://www.altalex.com/index.php?idnot=34801): “Art. 43. Domicilio e residenza.

    Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

    La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.”

    Ciò dopo aver detto che personalmente non trovo nulla di sbagliato nella possibilità di stare in casa della madre e in quella del padre.

    Ecco l’articolo per intero così come è posto dal ddl 957 è questo.

    “Art. 1.

    1. All’articolo 155 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al primo comma, dopo le parole: «di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi» sono inserite le seguenti: «pariteticamente, salvi i casi di impossibilità materiale,»;
    b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
    «Per realizzare la finalità di cui al primo comma, il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi dispone che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori, salvo quanto stabilito all’articolo 155-bis. L’età dei figli, la distanza tra le abitazioni dei genitori e il tenore dei loro rapporti non rilevano ai fini del rispetto del diritto dei minori all’affidamento condiviso, ma solo sulle relative modalità di attuazione. Determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, stabilendone il domicilio presso entrambi, salvi accordi diversi dei genitori, e tenendo conto della capacità di ciascun genitore di rispettare la figura e il ruolo dell’altro. Fissa altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa.»;
    c) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
    «Agli ascendenti è data facoltà di chiedere al giudice che sia riconosciuta e disciplinata la propria possibilità di contatto con i minori.»;
    d) al terzo comma, dopo le parole: «da entrambi i genitori» sono inserite le seguenti: «salvo quanto disposto all’articolo 155-bis»;
    e) il quarto comma è sostituito dai seguenti:
    «Salvo accordi diversi delle parti, ciascuno dei genitori provvede in forma diretta e per capitoli di spesa al mantenimento dei figli in misura proporzionale alle proprie risorse economiche. Le modalità sono concordate direttamente dai genitori o, in caso di disaccordo, sono stabilite dal giudice. Il costo dei figli è valutato tenendo conto:
    1) delle attuali esigenze del figlio;
    2) delle attuali risorse economiche complessive dei genitori.
    Quale contributo diretto il giudice valuta anche la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
    Ove necessario al fine di realizzare il suddetto principio di proporzionalità, il giudice può stabilire la corresponsione di un assegno perequativo periodico.
    L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT, in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
    Qualora un genitore venga meno, comprovatamente, al dovere di provvedere alle necessità del figlio nella forma diretta per la parte di sua spettanza, il giudice stabilisce, a domanda, che provveda mediante assegno da versare all’altro genitore.»;
    f) il quinto comma è abrogato.”

  15. ide says

    continuando, l’analisi sul secondo è errata come del resto (a mio modesto parere tutto il resto) ed oltre che essere errata in quanto si continua a voler strumentalmente confondere il primo con il secondo comma dell’art. 43 cc..

    è anche incompleta, a solo titolo d’esempio nel comma 2 il ddl 957 inserisce tra l’altro che il giudice determina i tempi dei figli con i genitori “tenendo conto della capacità di ciascun genitore di rispettare la figura e il ruolo dell’altro”

    ora io penso che sia normale che il giudice faccia questa valutazione perchè se un coniuge non rispetta l’altro lo insulta lo riempie di botte lo violenta ecc..

    contrariamente il pd vuole togliere questa previsione di legge e propone un emendamento per sopprimete tale punto..

    nonostante ciò tutte le sostenitrici degli emendamenti pd (che poi non è corretto dire del pd perchè il meccanismo è differente, vedi ad esempio emendamenti a sola firma Maritati) dicono che se un genitore non rispetta l’altro allora non si può pensare di dargli il figlio in modo paritetico, e quindi appoggiano l’incontrario del contrario ecc..

    questo naturalmente è solo un esempio, se ne possono fare molti altri 🙂

    poi forse vado avanti con i commenti sperando che nel contempo qualcuno faccia pace con il proprio cervello 😉

  16. Chiara Lo Scalzo says

    Sinceramente non ho capito l’obiezione: Terrorismo psicologico? Cancro? Cioè?
    Cosa c’entrano i ruoli naturali, io non ho parlato di natura. E neanche di madri. E ho parlato di conflitto, non di “genitore responsabile del conflitto”. I conflitti non sono tutti uguali, ci sono diversi gradi di conflitto e diversi modi in cui la responsabilità può attribuirsi in un conflitto, ma io non ho preso proprio l’argomento!
    Ho parlato del fatto che l’affido esclusivo non va demonizzato, e che può essere una fase di transizione, ma non ho scritto da nessuna parte che deve essere un affido esclusivo “alle donne”. Ho ricontrollato, non l’ho scritto. Ho solo detto che il tenore dei rapporti è un aspetto che va tenuto in maggiore considerazione, perché è quel fattore che, ignorato, nella superficiale speranza che si risolva da sé, porta a situazioni che degenerano… cosa c’entra la natura o i ruoli?
    Stabilire che la “bigenitorialità” è l’unica fonte possibile di benessere per un bambino è un dogma privo di fondamento: allora gli orfani? Quelli che hanno solo il padre o solo la madre, sono condannati a turbe psicologiche per il resto della vita? Gli adottati, sono tutti persone turbate? Quella che viene ingiustamente demonizzata, è invece una soluzione che potrebbe, in determinate situazioni, essere la scelta migliore per un minore. E non lo dico io, sulla base di mie idee preconcette sui ruoli, lo dicono studi che hanno monitorato un sacco di casi… E che i sostenitori della “o bigenitorialità o morte!” (che si traduce purtroppo in “o bigenitorialità o affido ai servizi sociali”) ignorano.
    Non trasformate quello che scrivo, per favore.

  17. fikasicula says

    Signor “un Papà”,
    le ho inviato un messaggio privato alla sua mail riguardo il suo commento in sospeso.
    Spero lo legga e mi risponda.
    Grazie

  18. un papà says

    Riguardo all’ “ove possibile”, il motivo di rendere più rigida la legge è di evitare la situazione attuale, in cui una parte crea o alimenta conflittualità sulla pelle dei bambini esattamente con lo scopo di impedire l’affido condiviso.
    Che questa tattica fallirà è stato già (in teoria) sancito in sentenze di Cassazione, e già la legge attuale avrebbe articoli (155bis e 709ter) finalizzati a punire chi tenta di accaparrarsi i figli.

    Però il 155bis dice solo che “il giudice può considerare”: cioè è un articolo che non serve quasi a nulla.
    Il 709ter consentirebbe interventi, ma attribuisce la competenza al giudice “del provvedimento in corso”. Un avvocato senza pietà per i bambini può quindi fare raffiche di appelli a vanvera spostando il procedimento magari fino in Cassazione, così impedendo a qualunque giudice di intervenire per anni.

  19. fikasicula says

    Vorrei precisare nuovamente per chiunque che qui non è permesso calunniare e diffamare nessun@ e che chi vuole usare questo spazio per diffondere proprie convinzioni lesive dell’immagine e della dignità altrui, peraltro coinvolgendoci in prima persona giacché siamo noi a dover rispondere di questi contenuti, è pregat@ di non farlo. Qui si accettano solo commenti pertinenti che analizzino le questioni. nessun giudizio sulle persone ed è oltremodo ridicolo e grave che si debba ripeterlo all’infinito a riparare la lesione di immagine che viene perennemente inferta contro persone che sono ridotte ad un’unica entità demoniaca dalle caratteristiche più infime.
    Basta è davvero basta. Se volete essere oggetto di querele fatelo sui vostri spazi e senza coinvolgerci. Grazie.
    E con questo porgo ancora le mie più sentite scuse alle persone che si sono sentite offese dal commento che abbiamo fatto passare senza valutarne attentamente il contenuto.

  20. fikasicula says

    Il commento di Ide spiegava che l’allattamento e altre cose che riguardano la tenerissima età di un bambino sono tra i motivi dell’ove possibile. Dopodiché personalmente non ci trovo nulla di male a spostare un bambino piccolo perché si fa già con tutto il carico nella borsa di cose necessarie quando le madri lavorano (perché la maternità è un lusso, questo lo sappiamo). Se i luoghi sono predisposti ad accogliere un bambino anche se molto piccolo non vedo l’aberrazione di cui dici. I bambini bisogna tenerli al caldo, tra le braccia, nutrirli, cambiarli, lavarli, curarli, parlare con loro, stare con loro. Al di là dell’allattamento, che in qualche caso viene sostituito con quantità di latte materno preso con il tiralatte e conservato, ma non credo che qui ci si riferisca a questa possibilità, i bambini possono stare ovunque vi siano le condizioni per farli stare bene. Le braccia calde sono calde sempre, a prescindere da quale genitore le possieda. Un padre può fare e già fa tutto quello che c’è da fare per fare sentire un bambino protetto, nutrito, amato, curato.
    E su tutte le altre analisi di cui parli perdonami ma mi sembrano le modalità da terrorismo psicologico che vengono usate da chi dice che la pillola anticoncezionale fa venire il cancro. Come dire che la strada da percorrere sarebbe l’astinenza sessuale.
    Se devo stare a sentire tutti gli argomenti che vengono messi in circolo in questa spinta al ritorno ai ruoli “naturali” allora le madri dovrebbero tenersi i figli perché su di loro incombe anche la responsabilità di non esporli a crisi depressive future provocate da una condivisione dell’affido.
    Se i genitori sono interessati a condividere quella responsabilità e il ruolo di cura troveranno il modo, con intelligenza, di non coinvolgere i bambini in situazioni conflittuali. Le risolveranno e dove quelle situazioni non è possibile risolverle si deciderà diversamente.
    Allo stato attuale quello che succede è che a prescindere dal fatto che vi siano conflitti o meno i figli vengono affidati prevalentemente alle madri. Cosa che è deresponsabilizzante per quelli che non vogliono occuparsene ed è una privazione per quelli che invece vogliono diversamente. L’aspetto che va rilevato è che mentre nelle situazioni non conflittuali i padri accettano di buon grado questa situazione perché hanno più libertà di accesso ai figli, o sono inclini a dedicare loro meno tempo, nelle situazioni più conflittuali invece tale situazione rende impossibile qualunque frequentazione e allora i padri se ne lamentano. E quando dico conflittuali non mi riferisco necessariamente al fatto che il conflitto derivi da un genitore preciso. Il conflitto è conflitto, può essere indotto, alimentato, prodotto da qualunque genitore ma anche in questo caso pare che ad essere penalizzati siano sempre i padri.

    Ma sono comunque d’accordo con te e con Paolo sul fatto che questa proposta pone obblighi (credo che altrove lo abbiamo già detto) dove basterebbe semplicemente applicare la legge che c’è già. E troppi obblighi finiscono per aprire le porte a troppe specificazioni che dovrebbero colmare vuoti altrimenti fatti di eccessiva discrezionalità. Serve una cultura differente che contamini anche la giustizia e quella cultura dovremmo imprimerla innanzitutto noi che vogliamo che i ruoli di cura siano condivisi.

  21. Chiara Lo Scalzo says

    Concordo con chi sostiene che a creare i problemi di conflittualità nelle separazioni non è stato il corpo di leggi in vigore, bensì i modi fantasiosi in cui stato malamente applicato. E proporre queste modifiche, a mio avviso, non può che peggiorare la situazione.
    Nella mente del legislatore, il ragionamento che ha portato a questo ddl è stato: poiché i magistrati fino ad oggi si sono dimostrati incapaci di gestire in modo adeguato le separazioni, creando con decisioni arbitrarie e ingiuste situazioni dolorose per minori ed adulti, togliamo parte del potere discrezionale al magistrato imponendo una norma così rigida da impedire di fatto qualunque libera interpretazione. Ma non si “cura” un magistrato inetto eliminando la magistratura e sostituendola con un rigido formulario. Il potere discrezionale è necessario per tutelare il cittadino, affinché
    il suo caso particolare venga affrontato con attenzione, appunto, al particolare: non esiste la soluzione giusta per tutti.
    In particolare l’espressione “salvo casi di impossibilità materiale” esclude tutte quelle altre cause che il giudice era tenuto a prendere in considerazione: l’età del minore (converrete con me che la doppia residenza per un bambino molto piccolo è una aberrazione), la distanza che intercorre fra i due nuovi nuclei familiari, e, ancora più importante il tenore dei rapporti.
    La legge tiene conto del fatto che rapporti estremamente logorati rendono impossibile la condivisione di qualsiasi cosa, figuriamo di una cosa così complessa come un progetto educativo.
    Emettere una sentenza che “obbliga” due persone che hanno perso la stima reciproca e hanno grossi problemi di comunicazione ad un affido condiviso, senza prevedere delle fasi di transizione, non va certo a vantaggio del minore, ma rischia invece di peggiorare la situazione.
    Studi recenti di psicologi stranieri, (in particolare la Prof Sue Spence, Australia, che ha analizzato più di 4.800 casi) hanno tratto conclusioni che modificano un tantino la concezione della bigenitorialità come bene supremo del minore: per evitare le crisi depressive, piuttosto comuni nei minori in caso di separazioni conflittuali, è importante sopire il conflitto piuttosto che ostinarsi su una frequentazione paritetica di entrambi i genitori. E questo non significa che il genitore con diritto di visita deve rimanere a vita ai margini, tanto che i terapeuti della separazione, per favorire l’elaborazione del lutto, propongono una separazione a tappe: inizialmente, nelle coppie molto conflittuali tutto deve essere stabilito da un consulente esterno, orari, competenze, per evitare che la comunicazione produca nuovi conflitti. Successivamente, proprio il dimostrarsi di sapersi attenere a delle regole imposte, diventa un base per costruire una nuova percezione dell’altro e a ricostruire un rapporto sulla base di una genitorialità condivisa…
    Tutto per dire che sono fortemente contraria all’eliminazione di fattori importanti come: l’età del minore e soprattutto, il tenore dei rapporti.
    Il dottor Mazzeo probabilmente si riferisce al fatto che, come purtroppo già avviene, spesso l’affido condiviso diventa un arma, attraverso la quale uno dei coniugi continua ad abusare del coniuge che già abusava prima della separazione; questo perché nella maggior parte dei casi la violenza domestica non è denunciata, rimane nascosta dentro le mura domestiche, e quando si giunge alla separazione non c’è modo di dimostrarla: questo problema non si può risolvere, a mio avviso, con nessuna legge, ma solo con una campagna di sensibilizzazione sul problema della violenza domestica, che nel nostro paese è ancora sommerso, per non parlare del fatto che ultimamente è anche negato. Si è provato a risolverlo, in realtà, con l’obbligo di denuncia da parte del medico del pronto soccorso oltre un certo numero di giorni di prognosi,ma basta mettere anche un giorno in meno, e spesso i medici lo fanno di fronte alle insistenze dello stesso paziente, che non vuole denunciare…

  22. fikasicula says

    @Ide

    ha perfettamente ragione. Ma non intendevo svuotare di senso la proposta. Tentavo una sintesi e se mi aiutate in questo alla fine ne verrà fuori un quadro completo. Sto tentando di ragionare sull’articolato invece che sul sesso degli angeli. Entriamo nel merito significa questo. Significa anche ammettere che tante persone, probabilmente incluso me, si sono fatte e ci siamo fatti tanti film e che allo stato dell’arte poi tutto può essere spiegato diversamente.
    Spiegateci questa proposta di legge in parole semplici cosicché si possa smettere di considerarla il frutto del demonio. 🙂

    Sto facendo l’analisi degli altri articoli e sicuramente scriverò altre castronerie. Mi occupo di legge il giusto. Criticate e precisate quanto volete. Alla fine ricomporremo insieme quanto detto e discusso e vediamo che ne viene fuori.

    la lettera d) sarebbe questa: “d) al terzo comma, dopo le parole: «da entrambi i genitori» sono inserite le seguenti: «salvo quanto disposto all’articolo 155-bis»;” giusto?

    bene.
    Grazie mille.

    E “segua” la prego.

  23. ide says

    non condivido l’analisi fin qui fatta del primo articolo del ddl 957

    partendo dal primo comma:
    a) al primo comma, dopo le parole: «di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi» sono inserite le seguenti: «pariteticamente, salvi i casi di impossibilità materiale,»;

    la lettera a) dell’articolo 1 intende mettere fine alla non circoscritta tendenza, sopra accennata, a concedere l’affidamento condiviso svuotando lo al contempo dei suoi essenziali requisiti, come il diritto del minore ad un rapporto effettivamente equilibrato con entrambi i genitori, in modo che ciascuno di essi si impegni quanto l’altro nel fornirgli «cura» oltre che educazione e istruzione: condizioni che evidentemente non si realizzano se il figlio trascorre con uno di essi poco più di due fine-settimana al mese, o se in sentenza si omette di stabilire per entrambi equivalenti compiti di accudimento. L’attenuazione «per quanto possibile» va intesa, ovviamente, come dovuta alla necessità di considerare quei casi in cui condizioni di salute, allattamento o particolari impegni lavorativi dei genitori rendano materialmente impossibile una gestione paritaria; ma ciò non toglie che ovunque realizzabile questa debba essere assicurata al figlio.

    Questo è ciò che si dice alla lettera “a” del primo comma, e le motivazioni di chi lo vuole, il resto è fantasia, come resto intendo “Dunque ogni decisione da assumere insieme.” vostra affermazione questa che non trova riscontro nell’articolato di legge.

    Per altri dubbi che vengono esposti sotto alla voce “Il mio parere” interviene la lettera “d” del comma sopra citato.

    .. poi forse segue 😉

  24. fasse says

    Gentile “un papà”,
    non ammettiamo il suo commento perché ripete una frase offensiva (nei vostri confronti) che voi stessi avete stigmatizzato. La frase è stata cancellata. Ogni riferimento ad essa è stato eliminato e dunque anche il suo commento non ha ragion d’essere.
    Scusandoci per la disattenzione preghiamo tutti di non fare diventare questo spazio un luogo di rissa e di far tornare la discussione su toni civili.
    Offese e minacce di querela non sono esattamente toni e modalità che consentono un dibattito sereno.
    Si deve lasciare la libertà di esprimere una opinione e bisogna smettere di dedicare alle persone offese e commenti calunniosi che generalizzano e che inficiano questa discussione che a noi interessa portare avanti.
    Invitiamo tutti a discutere di questo argomento senza sentire la necessità di farsi la guerra.
    Ogni altro commento che presenterà parole offensive sarà cestinato.
    Grazie.

  25. fikasicula says

    @Paolo
    no, infatti io non la trovo una legge del patriarcato. Ci sono punti che non condivido e li evidenzierò via via che analizzerò il ddl ma nel complesso la richiesta di condivisione della genitorialità per me è tutt’altro che una richiesta di tipo patriarcale.
    L’ho già scritto nel post che trovo le resistenze alla condivisione dell’affido abbastanza anacronistiche.
    Il punto chiave di questa opposizione sta, a ciò che mi dicono, nel fatto che le donne sarebbero sottoposte a nuovi vincoli. E dunque lo vedremo assieme, analizzando il ddl, se ci sono e quali. Perché parlare del ddl senza sapere cosa c’è scritto e fidandosi delle interpretazioni altrui, di chi lo appoggia e di chi lo contrasta, non è mai una buona cosa.

  26. fikasicula says

    Signor Favilli quando parlavo di toni mi riferivo a tutte le persone che qui vogliono commentare e non a lei. Non so poi a quale testo si riferisce quando parla di “kafkiano”. Si riferisce a quello che ho scritto io?
    Ad ogni modo ho editato i commenti in tutte le parti riferite alla frase che considerate offensiva. Scusate per il fatto di aver filtrato il commento senza aver valutato il suo contenuto.

  27. dadtux says

    A mio parere non serve cambiare la legge 54, perchè basterebbe applicarla. Come si insegna nelle aule di Giurisprudenza ogni norma viene applicata dalla magistratura con adattamenti interpretativi che ne rappresentano la concretizzazione storica. Il giudice non è (e non è mai stato) un semplice esecutore della legge, ma ha un ruolo attivo nel creare la norma concreta vigente, che è diversa dalle parole scritte nella legge approvata dal Parlamento. Quindi partendo dalla legge 54 quando finalmente i magistrati saranno convinti del principio di bigenitorialità sarà possibile ottenere norme concrete che garantiscono ai minori il diritto a due genitori. La magistratura italiana però è combattuta tra diverse correnti interpretative. Un contributo importante per indirizzare meglio l’applicazione della legge potrebbe venire dalla società civile, in particolare dalle associazioni dei genitori e dal movimento per le pari opportunità.

    L’affermazione di Mazzeo “La legge 54 è la legge dei padri, la legge del patriarcato” è sbagliata, e sarei molto curioso di sentire su questo punto il parere di una femminista vera. Una legge patriarcale sarebbe una legge che stabilisce una netta divisione dei ruoli: il padre lavora e la madre si occupa dei figli. Il principio di bigenitorialità invece stabilisce che ambedue i genitori si occupano dei figli e ambedue lavorano. A mio parere l’ideologia patriarcale si nasconde proprio nelle posizioni dei nemici della bigenitorialità come Mazzeo che (senza saperlo) immaginano una società tradizionale dove i padri sono adibiti a lavori di fatica e demandano i compiti di cura alle donne.

  28. alessandro favilli says

    “La legge 54 è la legge dei padri, la legge del patriarcato; va abrogata al più presto.”
    Questo che significa? Ci sono giudici assistenti sociali che hanno affidato bambini a padri? Nella mia situazione non è proprio cosi! A parte tutto il testo scritto completamente kafkiano… Forse sarebbe bene informarsi prima di affermare certe cose che sono deleterie per la società. Non è vero che il condiviso ha aumentato il conflitto, anzi, è proprio la mancata applicazione della legge 54 che crea il conflitto perchè parla chiaro…. “Parità di tempi” cosa che non avviene quasi mai e il 90% dei padri separati hanno tutti lo stesso emendamento cioè, 4 pernotti al mese. Comunque i miei toni sono normali ma leggere certe cose offendono la mia moralità. Ci sono anche donne che uccidono i loro piccoli, non per questo io vado a scrivere qua e là che i giudici affidano i bambini a delle assassine. Ripeto è un atteggiamento kafkiano e deleterio. In più contestabile con prove su carta! Se di certi argomenti non ne conoscete la natura, per saggezza, è meglio non esprimersi! Poi per carità la libertà di parola non è mai sottratta a nessuno. Almeno cosi dicono!

  29. fikasicula says

    Pregherei tutti di tenere sempre a mente che i toni qui sono importanti e che non permettiamo a nessuno di offendere nessun altro.
    I padri separati sono solo padri e separati. Non è consentito diffamarli e calunniarli.
    Allo stesso modo pregherei di non rivolgere i vostri commenti contro qualcuno in particolare ma di contribuire alla discussione in modo costruttivo.
    Nel caso in cui riteneste qualche commento lesivo della vostra immagine e offensivo per la vostra sensibilità vi prego di scrivermi in privato e provvederemo ad applicare la nostra netiquette. http://femminismo-a-sud.noblogs.org/netiquette/

  30. alessandro favilli says

    Andrea Mazzeo io sono un padre separato. Visto la sua spiccata educazione nel descrivere la legge 54/2006 che tra l’altro non è neanche applicata come dovrebbe essere, le comunico che fa parte dei diritti umani della bigenitorialità e dei rapporti umani con i proprio figli. Non è colpa della legge 54 se ci sono uomini violenti o donne violente, perchè forse lei non lo sa, ma ci sono anche donne violente. Comunque visto che siamo persone e non un categoria da accusare a piede libero, mi permetto di dirle che le sue parole offensive contro una categoria, in questo caso i padri separati… La legge 54 è per i padri patriarcali? ma cosa sta dicendo?

  31. Andrea Mazzeo says

    Analisi inutile, a mio parere bisogna ricominciare tutto da capo, va cambiata proprio la legge 54/2006, inutile perdere tempo con questi progetti di legge fatti col copia-incolla. Da quando è entrata in vigore ha alimentato all’infinito la conflittualità separativa, sono aumentati i casi di violenza su donne e minori, sono aumentati i bambini sottratti alle famiglie e messi in comunità. La legge 54 è la legge dei padri, la legge del patriarcato; va abrogata al più presto.