Sapete qual è il problema? Che il passato ritorna sotto varie forme. La conosciamo la storia delle madri in difficoltà e delle separazioni conflittuali. Sappiamo un sacco di cose ma sappiamo anche che c’è una cultura patriarcale che usa la “natura” per costringerci al ruolo di cura, lontane dai consessi pubblici, a fare da ammortizzatrici sociali per rimettere a posto un welfare che fa acqua da tutte le parti. Sappiamo anche che c’è un filone del femminismo, quello della differenza, che usa la biologia per dire che in quanto possessore di utero noi valiamo e proprio per questo saremmo più quello, più questo, più buone, più brave, superiori, migliori e quindi non ci sorprende per niente che le due istanze si incrocino e stringano a patti in sigle bipartisan, quei trasversalismi fatti da donne di destra, pseudo/sinistra, patriarchi di partiti in cui i leader sono sempre al maschile, che puntano su capisaldi che non cambiano di una virgola la struttura di uno stato e continuano ad affidare le sorti economiche del nostro paese in mano ad uno che è arrivato qui senza alcuna investitura da parte della gente che vota quanto piuttosto avendola ricevuta dalle banche per smantellare il nostro stato sociale e svendere tutto ciò che resta di pubblico.
Complicato da dirsi ma anche piuttosto semplice. In questa corsa verso il passato, in cui il liberismo usa le lacrime di una ministra per segare le pensioni e per mandare le forze dell’ordine nelle strade a picchiare i manifestanti, lavoratori e lavoratrici, tutti in stato di emergenza e di bisogno, che vi siano donne che per farsi spazio, chissà se a garanzia di privilegi o meno, rimettano sul piatto della bilancia il proprio utero non mi sorprende affatto. Di fatto è successo tante volte, a noi che del femminismo della differenza apprezziamo solo alcune cose, remote, oramai fuori tempo, giacché la teoria queer ci ha spiegato che le persone valgono uguale, uomini e donne sono altro a parte la biologia, e tra l’altro non esiste un solo genere e quindi figuriamoci se si può schematizzare così tanto, ma ci è successo tante volte, dicevo, che provavi a discutere con una donna e ti ritrovavi ad argomentare con le sue tube del falloppio.
La cosa che fa senso è che non si capisca come ogni qual volta si sposino luoghi comuni o si auspichino tutele, quel prima le donne e…, si favorisce la cultura patriarcale, si diventa veicolo di meccanismi che ci riportano a casa mentre noi vogliamo un reddito, lavoro, indipendenza, nessuna tutela, perché non siamo bambine, non siamo incapaci di intendere e di volere, ma abbiamo spalle dritte e combattiamo tutte per guadagnarci il presente e il futuro dovendoci difendere da chi tenta di riportarci continuamente nel passato.
Le cultrici del maternage, queste addomesticatrici dei nostri uteri che fanno le no-choice in generale e nel tempo libero fanno le difensore del culto della maternità come fosse una fonte di progresso, possono chiedersi mille volte, in privato, in pubblico, cosa ci sia di sbagliato nelle femministe che non vogliono seguire questa pericolosa deriva di destra.
Possono certo cercare prove tangibili di qualche difetto, crimine, per medicalizzare, patologizzare o criminalizzare opinioni diverse dalle proprie, la qual cosa era tipica dei tempi dell’inquisizione ma si ripropone adesso in mille altre forme. Possono fare tutto ciò che vogliono ma la conclusione non cambia. Non cambia perché in questo gioco su cosa sia nuovo o vecchio, a seconda di come certi argomenti si presentano, a me pare chiaro dove stia il nuovo e dove il vecchio.
Da un lato c’è chi lavora per correggere un welfare che ci condanna a stare a casa, a svolgere ruoli di cura, a dipendere economicamente da un uomo, marito, ex, attaccate a doppio filo a prole e parenti da accudire, c’è dunque chi ti dice che la responsabilità di quei figli hai da condividerla e siccome tu non molli, tu mamma, allora deve perfino obbligarti con norme che non condividiamo per intero ma è già indicativo in termini sociali che debba fare questo per dare una chance anche a te, per darti l’opportunità di dividere il carico di doveri con chi non vede l’ora di assumerselo perché ‘sti cazzi quei figli sono pure suoi e amerà sporcarsi con i loro rigurgiti, sentire da vicino la puzza delle loro cacche e fare notte per tener loro la mano quando hanno la febbre.
Dall’altro c’è chi inventa cazzate su cazzate, si concentra solo su qualche fanatico che non sa quel che dice e che adopera un linguaggio chiaramente misogino prendendo a pretesto la questione senza alcun rispetto per se stesso, per tutte noi e soprattutto per il dolore di padri che vivono sulla propria pelle un problema enorme, al momento dicono irrisolvibile. C’è chi strumentalizza noi, la nostra ricerca sulla Pas che riteniamo sia la descrizione di una serie di comportamenti, sbagliati, e non una malattia e continua comunque a sembrarci un dispositivo autoritario di controllo sociale così come lo stesso pensiamo di ogni pezzo di scienza che si è sostituita, per dirla alla Foucault, alla religione per avere il monopolio della morale. C’è dunque chi strumentalizza la nostra curiosità, la necessità di soddisfare dubbi, il nostro lavoro che non si conclude con la traduzione del materiale di opposizione né utilizza mai offese personali contro chi la pensa diversamente da noi.
C’è chi strumentalizza le nostre argomentazioni, laiche, legittime, che sono in divenire, perché il sapere critico continua ad essere critico a 360% e se si scorgono storture da chi dice di pensarla come te non si possono tacere. C’è chi strumentalizza ogni cosa che qui abbiamo detto e fatto per poter sfogare acredine, odio, ostilità, per poter legittimare il proprio modo di ragionare su queste cose, come piccola gente del medioevo con i forconi in mano, all’inseguimento di persone la cui radiografia è stata dilazionata di blog in blog, di pagina facebook in pagina facebook, alla ricerca del dettaglio, del crimine, confondendo la comunicazione, a volte sbagliata, come sbagliata è stata ed è la comunicazione di altre sponde, con la sostanza politica e perdendo di vista un fatto sostanziale: Non ci sono barricate se non nella testa di chi ne ha bisogno per dare un senso a ciò che fa. Non esistono barricate ma persone. E se quelle persone, al momento donne, di cui sappiamo, per disgrazia, che prima ci hanno strumentalizzato per dare un senso ad altro genere di sentimenti che animavano le loro lotte e che esigevano un avallo per azioni politiche confuse e che NON condivido affatto, ora mi/ci piazzano a far parte della fazione opposta, è un problema loro.
Dai su, fate anche con me il giochino che amate fare. Trovate un crimine che mi associ alla violenza su donne e bambini. Mettetemi sotto processo da bravi giudici del tribunale dell’inquisizione e poi riditemi per quale ragione io dovrei avere una buona opinione di voi. E ditemi perché siamo state costrette qui a mettere nero su bianco una netiquette in cui si dice chiaramente che non siamo veicolo, mai, di diffamazioni e calunnie e insulti in conto terzi. Ditemi perché abbiamo dovuto cancellare commenti su commenti in cui di politico non c’era nulla e di personale, ostile, calunnioso tanto.
Ma tornando all’argomento principe, ne ho già parlato e ci ritorno su perché leggo sul blog di BA di una adesione alla manifestazione del 4 ottobre, (quella parallela all’altra di padri, madri, nonni, figli, su affido condiviso eccetera) che è bene analizzare per intero per capire cos’è questo raduno di donne in fase di rivendicazione politica per i diritti dei propri uteri.
Eudonna non mi pare sia concretamente lontana dai presupposti delle organizzatrici della manifestazione. Sulla homepage del proprio sito scrivono “dall’esasperazione del femminismo, alla consapevolezza del femminilismo, dall’emancipazione lavorativa al rilancio del maternage”.
Dunque per loro il mio femminismo sarebbe “esasperato”, chiedono un recupero del femminilismo (mi spiegassero che è) e passano dall’emancipazione lavorativa al rilancio del maternage. E qui si chiude il cerchio.
E sulla homepage continuano e dicono:
“Dopo mezzo secolo, tuttavia, si ravvede la necessità di una elaborazione consapevole e di una poderosa inversione di tendenza per impostare tra uomini e donne la presa in carico delle rispettive responsabilità/reciprocità, finora lasciate all’improvvisazione, sia sul piano personale/familiare che su quello sociale/politico. Le donne si sono appiattite su modelli maschili e sembrano aver rinunciato a far valere la specificità dei loro codici valoriali e stentano a produrre quel travaso benefico dell’ottica “rosa” che tutti attendono.”
Ottica rosa?!? Specifici codici valoriali?!? Stanno dicendo che le donne si dovrebbero riappropriare di “ruoli femminili”, come la maternità, perché si sarebbero maschilizzate. In poche parole sono mie nemiche, politicamente parlando, perché io non ritengo che questi stereotipi possano essere un arricchimento per la mia esistenza e perché tutto ciò mi pare di un sessismo mostruoso giacché si ritiene che le “femmine” siano in possesso di codici valoriali specifici e debbano assolvere ruoli di un certo tipo e i “maschi” altri. Una società del genere è quella che piaceva a mio nonno e se si vuole convincere le donne e gli uomini di oggi a tornare indietro ristabilendo ruoli e doveri sulla base di un riduzionismo biologico questo, care mie, è il passato. E’ retorica della conservazione che ti fa ritenere un privilegio una cosa che riduce donne e uomini a strumenti sociali funzionali alla cultura patriarcale.
Ecco: non ci vuole davvero nulla per dire che questi temi politici, non personali, ma politici ci vedono lontane mille miglia e che personalmente trovo più vicini alle mie posizioni i padri e le loro nuove compagne che su una riforma del welfare stanno ragionando e che affermano che l’amore per i figli non dipende da un utero, dall’appartenenza ad un genere, dalla “femminilità” e da questo accumulo di “valori” che sono indubbiamente di destra.
Perché la destra, ed è questo il punto, noi la vediamo a prescindere dalle parole dietro le quali si nasconde.
Dimenticavo: oh mamme, onestà intellettuale, questa sconosciuta!
Ps: se qualche passaggio non è chiaro, ché sono appena tornata da un lungo viaggio, a chi si interroga su “ciò che scriviamo” sono disposta a un corso accelerato di fikasiculese. Vi basta scrivere a fikasicula@grrlz.net ricordando che è un indirizzo collettivo e che se inviate insulti arrivano a tutti/e noi.
—>>>La redazione del sito di Adiantum ha pubblicato questo post QUI.
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ma tu guarda. allora si capisce da dove hanno preso i metodi forcaioli. bello avere come referente un uomo di destra e poi venire a chiedere supporto a donne di sinistra. bello soprattutto autodefinirsi mamme invece che donne che fa tanto status da mistica della Madonna, con tutto il rispetto per la Madonna. ma sono anche asessuate queste mamme o i figli li fanno come tutte le umane creature a seguito copulazione? e in generale, cara, i mezzi da salotto sono quelli di chi come te, forse, butta merda su di noi in altre sedi. C’è da sapere che la merda galleggia, e si vede. questo è il punto. Usate le vostre pagine per parlare di programmi politici invece che per fare gossip raccontando balle su persone e su quello che non siete neppure in grado di capire. e siccome questo è il tono generale in cui poni (ponete?) la questione allora diciamo che il dispettuccio ostile e rancoroso e acido non è una politica che sposiamo. Ci fa molto senso. Parlando di fatti.
ps: impagabile questa alta considerazione che hai del tuo gruppo di riferimento. Addirittura c’è un processo di transfert e di identificazione totale con tutta fb. Molto divertente. 😀 Questa si che è alta politica!
fanno bene le mamme ad ignorarvi 🙂 io farei altrettanto, forse hanno imparato da Marco Travaglio sul come fare. Vanno per la loro strada consapevoli che contano i fatti non questi mezzucci da salotto .. (dai, dai ora aggiungete altra carne al fuoco tanto FB sta ridendo) …
Condivido e sottoscrivo in toto questo ennesimo post sul tema (Che noia però! Peraltro la finissero di generalizzare su di “noi” di FaS, visto che siamo un collettivo virtuale dove, è bene ribadirlo, ognun* è libero di esprimere le proprie idee senza doverle sottoporre ad altr* autrici/autori). La persona che credo di essere si riconosce in una donna ma non in una femmina, perlomeno non quella che viene qui dipinta. Del maternage non m’importa ‘na sega, tanto per dire. Il ‘femminilismo’ poi già solo lessicalmente lo aborro. Femminismo invece è e rimane una bellissima parola, mi sembra molto stupido e poco lungimirante rinnegarla.