Skip to content


Ecuador: il mio genere nella mia carta d’identità!

Sara, che ringraziamo moltissimo, ci segnala questa news che arriva dall’Ecuador. Ecco cosa scrive:

La Confederazione Ecuatoriana delle Comunità Trans e Intersex (CONFETRANS), l’Associazione Silueta X, Proyecto Transgénero e Construyendo Igualdad hanno presentato lo scorso 6 Giugno 2012 un progetto di riforma della Legge del Registro Civile in Ecuador con l’obiettivo di sostituire il campo SESSO con GENERE nella carta d’identità ecuatoriana.

Con questa modifica, sul documento d’identità apparirebbe il genere con cui si identifica la persona, e non il sesso di nascita. Una soluzione semplice, con cui si ovvierebbero i continui ostacoli nell’esercizio dei diritti di cittadinanza dei collettivi trans nella società ecuatoriana, dall’apertura di un conto bancario, all’accesso ai servizi sanitari o educativi.

La campagna “MI género en MI cédula”, il MIO genere nella MIA carta d’identità, che accompagna il progetto di legge, è stata presentata il 23 Luglio 2012 alla Commisione dei Governi Autonomici e della Decentralizzazione dell’Assemblea Nazionale dell’Ecuador.

Elisabeth Vasquez, fondatrice del Proyecto Trangénero afferma che con questo passo l’Ecuador diventerà una delle legislazioni più all’avanguardia nel campo dell’identità e l’unica a riconoscere il Genere al posto del Sesso, superando l’anacronismo civile nel pieno rispetto del Mandato Constituzionale del paese.

Posted in Fem/Activism, Iniziative, R-esistenze.


One Response

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Valerio says

    Io non credo sia tanto una questione di “genere” (categoria cui preferisco un’ambiguità radicale, senza distinzioni di genere) o di “sesso” (che sa invece di biologismo reazionario), quanto di identità (i dispositivi di identificazione sono la prima soglia dell’azione fisica, troppo spesso brutale, dello stato)… Deve essere molto scocciante e seccante, per esempio, ESSERE IDENTIFICATI PER UN ANNO E MEZZO!!! (come accade nei CIE, per esempio…). Una risposta “strutturale” potrebbe essere una campagna per non avere identità (tutti) e vietare i dispositivi di identificazione… (ma viviamo in tempi molto paranoici… in cui si sperimentano annusometri per strada che valutano se emani aromi illegali o meno! figuriamoci…).

    Qualcuno (Rifkin, Ferraris?) poneva la questione dell’accesso (che va, come si dice nel post, “dall’apertura di un conto bancario, all’accesso ai servizi sanitari o educativi”… e la cui chiave sembra essere proprio questa identificazione, questo “rendere identico”, questo adeguamento a processi indiscutibili e prestabiliti) come il dispositivo principale delle forme di dominio contemporanee…