Skip to content


Basta un poco di zucchero e la pillola va giù?

No, davvero, questo me lo dovete spiegare sul serio: io voglio capire chi ha cominciato a definire gli ideatori di certe campagne pubblicitarie “creativi”. Stante che i capisaldi della creatività made in italy (ma non solo eh) sono:

1-ciò che il cliente vuole, tu daglielo: e mediamente il cliente vuole una gnoccolona languidamente abbarbicata a …(una moto, un box doccia, una cucina in muratura, un pannello solare…ecc,ecc).
2-se il cliente però è un pò puritano allora passa alla versione b: la donnina tanto materna dal sorriso rassicurante e vestita in colori ecrù, con il trucco che c’è ma non si vede, graziosa ma non appariscente, e con quel fascino che deriva dalle manine sante curate sì, ma comunque screpolate da anni di lavaggi di stoviglie (che “lei preferisce lavarli a mano, la lavastoviglie non lava bene i piatti come lei!”)
3 – nel dubbio, metti una figa.

E allora, squillo di trombe… ecco qui, dopo le fashion scienziate, il contraltare catto-fascista dell’ideale di donna che va per la maggiore… la retorica della MADRE dispiegata a piene mani, il MOMIFESTO!:

Finito di vomitare? Io non ancora…Eccola qui, la mater dolorosa, colei che si sacrifica per guardare dagli spalti dello stadio (e della sua stessa vita, ma non diteglielo!) il frutto dei lombi suoi e del consorte che realizza le sue aspirazioni!

Geniale e sempiterno lo stereotipo dell’angelo del focolare, o sublime creativo che hai immaginato questo spot strappalacrime, i miei più vivi complimenti!

E che dire dell’assenza dei padri…qualcun* se n’è accort*? I padri appaiono solo alla fine dello spot a guardare i risultati dei figli campioni (orgogliosi loro, senza aver fatto un cappero per tutto lo spot, probabilmente presenti – ma è da verificare – solo al momento di fecondare l’ovulo materno… loro ai successi dei pargoli contribuscono con la genetica, si sa!).

“Il lavoro di essere mamma”… già, parliamone, di questo lavoro di cura gratuito, noi non ci si stanca mai!
E’un lavoro massacrante, certo, quando si è sole a farlo, senza la presa di responsabilità di un padre e una società che *dovrebbero* spartire con le donne le fatiche di crescere un bambin*.
Essere madri potrebbe a quel punto diventare uno degli aspetti della vita di una donna che però non abdica a sé stessa per diventare “100% mamma”, tristissimo destino che invece ancora troppo spesso relega le donne ai margini della propria stessa vita, frustrate e capaci di realizzarsi solo mimeticamente in una piccola versione di sé che rischia per di più di essere schiacciata dalle aspettative altrui.

La retorica non si ferma peraltro all’immagine della madre, ma, guardandone le diverse versioni, la tipologia di donna che prevale è quella di classe medio-bassa, che vive in condizioni non certo agiate ma che grazie ai successi dei figli* (e alla P&G che tanti prodotti sforna per renderla una cenerentola di casa felice e performante), può finalmente sentirsi parte, per interposta persona, della realizzazione (altrui)…e il cerchio si chiude!

Ps: La pubblicità è stata commissionata dalla Procter & Gamble, multinazionale tentacolare che di “umano” non ha nulla, peraltro sotto boicottaggio da moltissimi anni per l’uso massivo di animali nelle prove di laboratorio “necessarie” ad immettere sul mercato sempre nuovi e mirabolanti prodotti chimici in grado di rendere il bianco splendente e di causare tumori a quelle persone, per lo più di sesso femminile, a contatto con quelle stesse sostanze ogni giorno per molti anni.

Posted in Comunicazione, Critica femminista, R-esistenze.


2 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Paolo84 says

    non si vedono i padri ma neanche gli allenatori degli atleti se è per questo: sembra quasi che siano diventati campioni esclusivamente grazie all’amore di mamma, ed è proprio questo che si voleva comunicare perchè questo spot parla esplicitamente alle madri, o ad un certo tipo di madre, se vogliamo.
    la comunicazione commerciale non è arte, non è letteratura, non è cinema, nessuna pubblicità mostrerà mai i lati oscuri, difficoltosi dell’essere madre o genitore, tutte le pubblicità commerciali (la pubblicità progresso è un caso a parte) tendono alla massima edulcorazione e devono farlo perchè il loro scopo è persuaderti a comprare delle cose, e se le comprerai, ti dicono, sarai più felice, più libero, più figo/a, tutti ti vorranno bene..e lo spettatore lo sa che non è vero, però comunque un po’ ci spera ed è lì che giocano gli spot di questo tipo (che infatti manco parlano dei prodotti in questione elogiandone le qualità, le marche si vedono alla fine per dei brevi attimi).
    Quanto alle malefatte della P &G, queste non hanno a che fare con lo spot, anche con una pubblicità migliore di questa, le malefate che hai elencato resterebbero

  2. Anacronista says

    Grazie di esistere, FemminismoaSud.