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Cinicamente, gli uomini: i buoni, i troppo buoni, i cattivi e gli assistiti!

Due articoli da segnalare in negativo.

Il primo è di Aurelio Mancuso, pubblicato su una testata innominabile famosa per averci scomunicato in quanto che troppo antifasciste e loro in quanto che troppo morbidi con casapau (e allora le foibe???). Lo recensiscono splendidamente le Dumbles che a parte rilevare la magnifica incoerenza riferita al fatto che quel monito parrebbe non toccare i giurnalisti poi, aggiungo io, pare un mero esercizio di retorica di quello che gioca a smarcarsi più degli altri, lo smarcamento dello smarcamento dello smarcamento ché se mi smarco più degli altri sono più ganzo, senza tener conto del fatto che quell’appello, diofà per dirla come la mia sorella e amica femasud torinese, noi e un altro tot di gente, uomini in testa, del nostro collettivo e anche no, non l’hanno proprio firmato perché era pessimo. Esserci per esserci e poi smarcarsi in codesto modo, come dicono le Dumbles, presuppone che ora Mancuso ci stupisca con effetti speciali.

Chiarito che non è vero affatto che tutti gli uomini debbano portarsi dietro, anche i più coglioni che si divertono a provocare perché in fondo sono rimasti infantili dentro, la stigmate del colpevole dalla nascita, tolti di mezzo quelli che agiscono ampiamente la cultura conservatrice che schiaccia le donne in un cantuccio perché le ritiene inferiori e secondariamente le ritiene anche aventi meno diritti di un ovulo fecondato, diciamo che se cristianamente ‘sti uomini vogliono passare per la via dell’espiazione, all’insegna del riscatto richiesto in pubblica piazza da valchirie scatenate targate Snoq di frusta munite, possiamo fornire loro un po’ di ceci, un paio di chili di carboni ardenti e volendo possiamo esibirci nelle nostre più magnifiche sessioni sadomaso (le fruste a noi di fem a sud ce le danno al rito di iniziazione). Ma se, seriamente parlando, il qui presente uomo volesse davvero percorrere la via della luce allora segua il faro, glielo forniamo noi munito di batteria, e cominciasse a fare il culo a tutti i giornalisti che quando parlano di violenza sulle donne parlano di tutto, perfino della puzza dei calzini dell’assassino, di tutto fuorché della vittima. Almeno il nome. E se è prostituta di mestiere che si dicesse che è una donna, ché non è un ortaggio. Donna ovvero d-o-n-n-a. Poi dicesse che quando c’è da parlare di adolescenti che muoiono la smettessero di perquisire le loro case alla ricerca di assorbenti usati da far benedire al pubblico per fare audience. Tutti i giornalisti del mondo potranno ripetere uno dopo l’altro il termine “femminicidio” senza capirne nulla per poi violare i più elementari diritti delle vittime a partire dalla loro privacy. Ed è quello un femminicidio che sebbene non produca sangue comunque sfrutta le donne fino all’ultimo frammento di cartilagine. Le spolpa vive o morte. Altro che commozione. Altro che cordoglio.

L’altro articolo da segnalare in negativo lo scrive Marina Terragni, che eviterei volentieri di citare ma uso le castronerie che ancora una volta scrive per misurare il suo pensiero e per dirvi perché io lo trovi così profondamente sbagliato.

Lei è quella che non vuole parlare con gli uomini. O meglio, prima si rivolge a loro parlando di questione maschile, fa i complimenti al nostro Lorenzo salvo poi sfancularlo lietamente quando lui la decostruisce dimostrando una autonomia che non ha pari, allora dichiara che con gli uomini non ci parla e fin qui ci pare di capire.

Per lei gli uomini sono un problema, una “questione” maschile. Lei se ne occupa con il piglio dell’infermiera, li considera un po’ sudditi e come tali devono comportarsi e se dimostrano indipendenza cerebrale allora non ci parla. O li medicalizza o li strumentalizza o li criminalizza (finisce tutto per “izza”).

E che fa oggi Terragni? Orbene, decide di rivolgersi agli uomini dicendo che li vuole aiutare, si spenderebbe personalmente per ascoltarli (translate: medicalizzarli) quando questi sono prossimi al suicidio o prossimi a commettere un omicidio (a proposito, c’è un altro padre che ha accoltellato il figlio di 9 anni). Cioè: li vuole salvare.

Ora: a parte l’indole da madre teresa di calcutta che devo dire mi fa piacere che lei abbia (anche se non si direbbe) quello che alla Terragni non è chiaro è che così facendo non li aiuta affatto. Chi “aiuta” in questi termini in realtà controlla, esercita un potere. Dimostrarsi superiori al punto da ergersi a santa aiutante delle crisi mistiche maschili non è il modo di riconoscerli da pari e interloquire. Almeno non credo che lo sia. Ho sempre considerato che quando si parla di ascolto si debbano mettere a confronto le rispettive fragilità. Qui invece vedo santa Terragni che vuole assolvere al ruolo di cura, quello vecchio stile, quando le donne ritenevano di poter tutto salvare, tutto aggiustare, tutto gestire, inclusa la psiche degli uomini, mostrando grandissima obbedienza alle regole imposte dalla ministra al welfare che dice gli uomini in consegna al lavoro produttivo e le donne responsabilizzate al lavoro di cura.

Tutte le persone hanno bisogno di aiuto ma innanzitutto hanno bisogno di strumenti. Questo vale per le donne e per gli uomini. Dunque bisogna stare a sentire per capire di che strumenti hanno bisogno per stare meglio anche con se stessi. Strumenti non significa assistenza o assistenzialismo. Strumenti non significa soccorso in emergenza. Strumenti significa una organizzazione della società che è fatta d’altro, incluso un lavoro duraturo, una società in cui si hanno pari diritti e pari doveri e in cui le donne dovrebbero trovare il modo per aiutare se stesse senza chiedere tutele ad altri uomini e senza chiedere leggi autoritarie a compensare l’incapacità di autodifesa.

E’ troppo complicato per essere risolto tutto in questa chiave da mater dolorosa che tutti i figli accoglie, inclusi i disgraziati e i cristi in croce. Ma da chi scrive che è strafigo restare “avvolte nel tricolore” cosa ci si può aspettare?

Ps: ovviamente questa è satira di costume. Per le notizie vere provate alle voci cordoglio nazionale e unità d’intenti (brrrr).

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Satira, Scritti critici.


2 Responses

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  1. Paolo84 says

    quanto poi al costruire una società con pari diritti e pari doveri e un lavoro duraturo, bè questo serve a prescindere da fatti tragici come quelli letti nelle cronache

  2. Paolo84 says

    uno che accoltella il figlio di 9 anni per me ha bisogno di due cose (se non si è già suicidato come a volte credo che sarebbe meglio). di essere punito con la privazione della libertà per molto tempo e di essere curato perchè sicuramente ha gravissimi problemi psicologici che ovviamente non lo deresponsabilizzano nè voglio dire che chiunque abbia problemi psicologici uccide. E’ una questione molto complessa. Di sicuro chi arriva a questo punto si è buttato in un abisso di male inspiegabile, mi sto convincendo che il male può essere solo narrato, non spiegato per quanto i tentativi siano legittimi