Da stamattina non faccio altro che leggere riflessioni su ciò che è accaduto a Brindisi. Io non conosco la verità, e quindi non posso dirvi cosa è realmente accaduto, anche se un’idea ce l’ho. Ma quello su cui mi preme ragionare ora è il fatto che le vittime, qualunque sia stato il motivo della bomba, siano ragazze. La scelta di colpire un istituto femminile non è stata presa a caso e questo lo hanno detto già in tante, ma è sul perché non sia un caso che voglio ragionare. Se è vero che l’azione in sé è imputabile ad una o più persone, questo non lo si capisce, è vero anche che bisognerebbe chiedersi chi quella mano l’ha armata. All’epoca della strage dei senegalesi per mano di Gianluca Casseri facemmo lo stesso discorso, per evitare quelle strumentalizzazioni che anche in questo caso rischiamo di vedersi attuare. Sinceramente ciò che mi preme più di ogni altra cosa è impedire che su queste ragazze e i loro corpi si compia altra violenza.
Per me sarà violenza ogni tipo di legge securitaria emanata in nome di queste ragazze. Alimentare un clima di paura non servirà a nessuna, militarizzare una città non mi farà sentire più sicura, dirmi che è meglio restare in casa che uscire perché potrei essere bersaglio di pazzi furiosi non mi risolverà il problema, ma me ne creerà uno nuovo.
Sarà violenza il non ragionare su chi, oltre al singolo, ha compiuto quella strage. Perché se da una parte ci sono responsabilità personali dall’altra ce ne sono di culturali che non si può, non si deve, evitare di affrontare.
Non voglio girarci troppo intorno, e quindi ve lo chiedo: Chi ha armato quella mano? Chi ha alimentato quell’odio?
Nelle settimane precedenti si è parlato molto di complici, ma in realtà si parlava solo dei media. Certo, non nego che facciano la loro parte, che alimentino continuamente una cultura maschilista, vendendo le donne, i loro corpi, in qualunque modo sia possibile farlo. Ci vendono a pezzi, mostrando culi e tette, ma ci vendono anche come le vittime, quelle che vengono ammazzate ma sotto sotto se la sono cercata, quelle che pure da morte hanno delle colpe, quelle delle statistiche sessiste che non fanno altro che dimostrare la veridicità degli stereotipi ecc. Io questo non lo nego, ma non voglio neanche negare tutto ciò che c’è dietro.
Se i media ci usano è perché così facendo vendono. Ma se vendono vuol dire che qualcuno compra. E se qualcuno compra è ovvio che il problema del sessismo sia culturale e che lì bisogna andare a colpire. Come si fa? Con delle azioni mirate, ma che a lungo tempo producono gli effetti desiderati.
Si inizia con il richiedere ai governi di prendere posizione, ma non a parole, con i fatti. Le firmette sui comunicati sono come parole al vento, se poi il giorno dopo manifesti con i/le fascisti/e, che maschilisti lo sono sempre stati, e con i pro-life che accusano le donne di esser assassine solo perché si autodeterminano.
Bisogna capire che se si presta il fianco a certe mentalità, di tipo nazionalista, fascista e razzista, si sta inevitabilmente sdoganando anche sessismo. Queste culture dell’odio non sono scollegate ed è inutile fingere di non saperlo.
Penso che tutti i partiti abbiano delle gravi colpe, perché non hanno fatto nulla per arginare il vento maschilista che da anni soffia sul nostro paese. Abbiamo avuto il partito del ce l’ho duro, del sessismo più becero, della xenofobia, del razzismo, delle deportazioni, e adesso quello della Fornero che si rifiuta di parlare di reddito minimo per le donne, anche se sa che è una delle cose che bisognerebbe fare per permettere alle donne di uscire da situazioni di violenza.
Mi sono rotta di puntare il dito solo contro i media, che tra tutti gli altri sono il bersaglio più facile. Io voglio risposte dai politici e voglio intessere un discorso politico serio sulla questione di genere.
Lo voglio fare ora, perché di quelli che io considero complici di questa strage come di tutti i femminicidi non si parla mai. E lo voglio fare domani, e nei giorni a venire. Lo voglio fare al FemBlogCamp perché sarà un momento importante basato su quei pilastri senza i quali nessun discorso, nessuna lotta per me hanno un senso: l’antifascismo, l’antisessismo e l’antirazzismo.
Ormai è chiaro che per me quello che è accaduto a Brindisi rientra nei femminicidi da contare dall’inizio dell’anno. Quindi staremmo a 62-63 vittime. E’ un numero enorme, anche fosse solo una per me sarebbe troppo perché è la vita che si perde ad essere enormemente di valore. Quante donne e vittime trasversali devono ancora morire per iniziare a capire che i discorsi stanno a zero, i comunicati sono carta straccia se poi non si è coerenti, non si respingono tutte le violenze, tutte le culture dell’odio? Quante volete dovremmo indignarci di fronte a tali stragi per poi, mesi dopo, ricercare nuovamente un’unione basata sul genere e non su un discorso politico?
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Piu passa il tempo e piu penso cge si tratti dell’ennesimo femminicidiocompiuto da qualche conoscente legato alle vittime.
Grazie luminal, uno degli interventi per me più belli e visceralmente condivisibili che abbia mai letto su FaS. Ho pensato anch’io le stesse cose. Grazie per averle dette così efficacemente.
Io non so se si deve credere alla teoria del complotto come non so se è vero che i servizi segreti americani hanno avuto un ruolo nel costruire l’11 settembre. Quello che so è che ci saranno nuove restrizioni, se non di legge almeno mentali, a seguito di quanto è accaduto, esattamente come dopo quell’11 settembre che ha cambiato il nostro modo di vivere in società. E so che dell’assassinio di Melissa qualcuno approfitterà, magari per chiedere quel clima di solidarietà nazionale che tanti danni ha sempre fatto al paese, come hanno già iniziato a fare i vari, vomitevoli, Casini. E sembra che il ministro della scuola che giunge a Brindisi non sia più responsabile della distruzione della scuola, che il ministro degli interni che sarà ai funerali a Mesagne non sarà più quella che individuava nei No Tav la madre di tutti i terrorismi, sembra che Mario Monti che forse – bontà sua – tornerà dagli Usa, anche lui per i funerali, non sia più l’incaricato della macelleria sociale nel nostro paese. Davvero non so se è stato un folle (ma «folle» è parola abusata), o se è un errore accantonare troppo presto la pista mafiosa, ma so che della morte, del dolore, dell’orrore c’è già qualcuno pronto ad approfittarsi. Non so se ciò che ho scritto ha un senso, ma meglio di così non posso.
Secondo me c’hai ragione.
Cioè, non escludo manco io che sia un femminicidio o,
pe’ fasse a’ capì, un “delitto passionale”.
Un fottuto di testa che decide di “vendicarsi” dell’amichetta
della figlia, o della ragazzina conosciuta in chat.
Siccome c’ha la testa imbottita di certi film americani, decide
di farlo in modo spettacolare.
Ci sta.
Però dobbiamo preoccuparci, come fai anche tu, dell’utilizzo
che stanno facendo di questo episodio (come anche del terremoto).
Questi si vede che vogliono il sangue.
Per restare a galla hanno bisogno di una tragedia, di qualsiasi tipo.
Hanno bisogno della retorica che ne segue, hanno bisogno
della repressione che ne segue.
Questo può essere l’ennesimo femminicidio, è vero.
Però il modo in cui lo “comunicano” è pure un segnale.
E se non lo cogliamo stiamo sbagliando, proprio come
se non consideriamo che probabilmente questo è un femminicidio.