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La merda è una certezza

Ecco vedi? – dice mamma – potevi esserci tu al posto suo. Al posto suo di chi, scusa? Al posto di quella. Te l’avevo detto di accettare la proposta del signor Ruggero. Accettare un corno, mamma, voleva una prestanome per far finta di candidare anche le donne alle elezioni. Ma si, però se ti piazzavi bene prendevi uno stipendio per qualche anno. Oi mamma, ma stai bene? La politica non è mica un ufficio di collocamento, non si fa per risolvere la propria disoccupazione. Si fa per gestire il bene comune e io ho una pesantezza a gestire i miei, di beni, che poi nemmeno ho, figurati se faccio finta di avere una vita organizzata per dare ai cittadini l’idea che posso sistemare anche la loro.

Guarda perplessa, mamma, e ancora non capisce. Ma si, dai, c’è prima la mia vita e se ritardo a cercarmi una collocazione autonoma quando smetto di guadagnare in questo modo grazie al signor Ruggero poi che faccio? Ed è lì che mia madre mi pare abbia capito. Dunque incalzo. Perché poi, vedi, c’è il fatto che il signor Ruggero, brava persona e tutto, è proprio un’altra cosa a parte me. Un’altra cosa? – chiede. Si si, come lo chiameresti tu? Ammanicato? Prezzolato? Pure un po’ fascio.

Si però, per amicizia, me l’ha chiesto… E mamma, amicizia a chi? Perché? Per via del fatto che ti fa da portiere al condominio e gli si dice buongiorno e buonasera senza sputargli addosso? E’ uno cortese, certo, e lo saluto, ma per venire a chiedere qualcosa a me, che sono antifascista, atea, spudorata, precaria e pure femminista, ci deve avere qualcosa che non va. Ché per mostrarmi all’elettorato suo che doveva fare? Mi drogava e in preda all’estasi mi lasciava al centro di una piazza per far vedere che apparivo come la madonna?

Comunque no, non ho un cazzo nella vita, proprio niente, sono precaria, mi faccio il culo a spicchi e l’unica cosa che mi resta è la coerenza e la dignità e la reputazione. Non me li mangio, certo, e non è per consolazione, ma è che proprio non saprei convivere con me stessa a prostituire la mia testa e pure la mia faccia, per cosa poi, proprio per niente.

Dai su, pazienza, mamma, ché va tutto bene. Ora è tutto finito, io continuerò a lavorare, magari mi invento una cooperativa per la gestione di progetti per chi cerca candidate femmine a riempitivo lista giacché oggi come oggi ci sono amici miei che si sono inventati associazioni e cooperative che presentano progetti con richieste di finanziamento anche per la raccolta differenziata delle cacche di piccione. La cosa buffa è che non si vergognano nemmeno.

Come si fa? O mamma, te ti metto a presidente con obbligo di firma, io faccio i progetti e li inoltro alla comunità europea, scrivo che qui c’è un gran bisogno di trasformare la merda in cosa profumata e vedrai che un finanziamento me lo danno ché quelli là un contributo a noialtre di quaggiù lo danno perché siamo zona disastrata.

Non mi guardare così, mamma, io sto scherzando. Ma figurati se raccolgo merda per un finanziamento europeo. Lo faccio già senza bisogno di scomodare le lingue straniere. Va tutto bene, cara, è tutto apposto. Serena. Stai serena. Ce la farò e di sicuro avrò sempre un po’ da lavorare. Perché in fondo, sai, la cosa rassicurante tra tanta precarietà è che di merda il mondo è pieno e non finisce mai.

La merda è una certezza, mamma. Dimmi, sei contenta adesso?

Posted in Narrazioni: Assaggi, Precarietà, R-esistenze, Storie Precarie.