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A Lorella, alle altre…

[A me piace la tua faccia e questa è la mia…]

Cara Lorella,

ho appena letto, con due giorni di ritardo, il tuo post che parla di metterci la faccia, conflitti su obiettivi e iniziative, scelte politiche personali e competenze.

Ne ho letto un altro che arriva da una intervista ad una responsabile dei centri antiviolenza che pure dice cose che mi interessano e poi, tra i commenti, c’è Loredana Lipperini che segnala che Snoq si mobilita per dare solidarietà a Marina Terragni la quale ha ricevuto minacce e accuse a commento sul suo blog. Poi, Loredana, ricorda del lungo lavoro di ricerca e narrazione che noi abbiamo fatto per mettere tutte al corrente delle modalità attraverso le quali certe persone inclini alla molestia ci rincorrevano con minacce anche più serie, di morte fisica, per esempio. Non ricevemmo allora alcuna solidarietà e non ce l’aspettavamo salvo da parte di tutte quelle che nel tempo si sono saldate in rete sapendo come sappiamo che la condivisione di saperi, foss’anche in relazione agli strumenti di autodifesa di cui dotarsi per affrontare alcuni uomini impreparati ad accettare che le donne in rete manifestino libera opinione usando l’offesa e la minaccia come unico argomento, sia una cosa necessaria.

Da parte mia, naturalmente, va tutta la solidarietà a Marina Terragni, che pure è totalmente altro da me e politicamente non è neppure alla lontana una mia interlocutrice, lo stesso dicasi per Snoq, che invoca la solidarietà solo per quelle di cui apprezza il pedigree.

Circa l’appello sul femminicidio, la sua efficacia, le modalità adottate, abbiamo parlato a lungo e mai comunque ho ritenuto che alla base fosse una intenzione diversa da quella dichiarata. Da parte tua, come di Loredana, sono certa dell’assoluta buona fede. Nulla di personale. Tutto l’affetto e la stima che ci sono sempre state.

Per ribadire, mi fa male che si banalizzi critiche argomentate, per quanto in toni aspri, mai irrispettosi delle persone, e mai tollererei toni offensivi nei confronti di nessuna a meno che non si trattasse di pura autodifesa.

Le critiche all’appello sono articolate. Si parla di posizionamento politico, del rifiuto a partecipare ad uno schieramento interclassista e politicamente trasversale che in nome di una presunta lotta contro la violenza sulle donne tutto legittima e tutto tollera, finanche le forme più incredibili di discriminazione, nei confronti di donne, uomini, migranti. Siamo precarie, per dirne una, e lottare per il lavoro significa non legittimare la Fornero, il centro destra, neppure per le parti un po’ più moderate, il governo Monti, il Pd, e tanta altra bella gente che condivide la riforma attuale o quelle passate. Abbiamo proprio una visione che riguarda il welfare che è completamente differente e quella per noi è una assoluta priorità che ci rendiamo conto non può essere percepita da chi immagina le donne tutte unite in base al genere. E non sto parlando di te.

Se vogliamo parlare per davvero, e questo sono certa che Snoq lo eviti in modo sistematico, richiamando all’ordine le donne tutte unite con un nemico esterno a fare da collante, prima Berlusconi e ora l’uomo violento, schiacciando le differenze, le priorità, i contenuti delle nostre differenti lotte, sarebbe chiaro a tutti/e che siamo un’altra cosa, che vogliamo altro, che siamo perfino nemiche, politicamente parlando, per alcune questioni imprescindibili e che questo non è un capriccio, ma è un fatto di dignità, la dignità di chi si autorappresenta a partire dal margine, senza grossi media a sostegno, anzi criminalizzate per lo più, senza vip che fanno da testimonial, senza personalismi.

Si sta parlando delle nostre vite, le vite delle donne e quando c’è qualcuna che si erge e parla anche a nome nostro, “noi donne” dice la Terragni e “noi donne” dice Snoq, diventa una mutilazione alla nostra esistenza.

Noi siamo niente, non contiamo un cazzo, ma guarda cosa siamo riuscite a fare in poco tempo, guarda quanto siamo belle e che risorse e contenuti e che strumenti abbiamo regalato a tante e tanti che altrimenti avrebbero trovato solo Snoq. Guardaci e dimmi se davvero ritieni che la nostra voce debba essere invisibilizzata, silenziata, in nome di un motivo alto, di un obiettivo superiore, sempre che io riesca ad individuarne uno che meriti il sacrificio di tutte/i noi.

Personalmente, credimi, l’ho detto in mailing list e lo ripeto, che Lorella o altre agiscano in ambito istituzionale per me non è assolutamente un problema. Per quanto io abbia una totale avversione per i 50/50, per le quote rosa in generale. Ma se scegliete di mediare e di assolvere un ruolo che io comunque non ho scelto non ho nessuna critica. Quello che non può avvenire è che tutto un movimento che deve guardare altrove subordini le proprie pratiche e le proprie analisi politiche ai tempi istituzionali e ai tempi e alle pratiche di chi tutto fagocita utilizzando brutte strategie di partito.

Siamo noi la spinta e non il contrario, perchè il contrario è appiattimento. Le nostre pratiche non possono subire l’effetto della negoziazione che ad altri livelli tu o altre fate a livello istituzionale. Perciò la nostra critica deve essere indipendente senza che mai si demonizzi chi usa la mediazione come pratica ad altri livelli perchè non è questo il nostro compito.

Non lo è il mio che non ho nemiche tra le donne solo per il fatto che agiscono nelle istituzioni, per quanto io ne sia distante. Ho amiche, sorelle, che lavorano nei centri antiviolenza, altre che si affaticano affinchè una sola delle proposte che vengono fatte altrove diventi un emendamento di una legge, altre che lavorano strenuamente affinchè le istituzioni crescano di pari passo alla società. Dove i miei contenuti possono portare benefici non lesino una comunicazione chiara, a partire dal mio corretto posizionamento.

Parli di faccia e noi la faccia la mettiamo sempre e poi abbiamo fatto una scelta che è quella di far viaggiare gratis i nostri contenuti, mettere in rete tutte le nostre analisi e ricerche, condividendo tutto, e non perché si trattasse di cose di scarso valore, ché di valore le cose che produciamo ne hanno tanto, ma è perché prima del nome vogliamo che  protagonisti diventino i saperi, quel bene comune sul quale nessuno a mio/nostro parere dovrebbe mettere mai un copyright. Al FemBlogCamp 2011, per esempio, abbiamo parlato di anonimato in rete, di rispetto per la privacy, di teknocontrollo e di tutta una filosofia che è scelta politica contro chi viola permanentemente i nostri diritti, monitora sempre tutto ciò che facciamo nel web e ci considera criminali a priori perchè i miei contenuti, i tuoi, tutto ciò che viene messo in rete viene registrato, loggato, controllato, profilato e i nostri profili vengono venduti alle aziende di marketing mercificando il patrimonio delle nostre idee che non ha meno valore rispetto al corpo.

Parli di competenze o di delega in base alle competenze e sono certa che tu sia a conoscenza del fatto che le persone che producono critiche sul web di competenze ne hanno a iosa e che i blog, che io so tu apprezzi, non sono un ricettacolo di persone che restano al margine in assenza di opportunità. Parli di delega e io parlo di autorappresentazione, di presa di parole delle donne, a qualunque livello, e qualunque sia il titolo o la competenza che possono esibire, io parlo di partecipazione dal basso. Parlo di democrazia. E so perfettamente che tu sei d’accordo e capisci bene che si tratta di due pieni differenti.

Per quello che mi/ci riguarda la scelta è molto semplice:

quello che va fatto è mantenere distanza in termini di autonomia mentale e indipendenza nelle pratiche e nei giorni scorsi è una cosa che abbiamo ribadito con fermezza, con toni duri, senza risparmiare critiche a nessun@.

Che si possa sentire ferita chi aveva intenzioni buone e diverse, chi ha tentato di fare del proprio meglio lo capisco ma non è la giusta risposta alla nostra rivendicazione. Che venga demonizzato chi non concordava con l’Appello non è una risposta altrettanto adeguata perché io/noi abbiamo scelto di interloquire con tutta una rete ampia di donne e anche uomini fuorchè fasciste e razziste perché riteniamo che la presa di distanza sia necessaria. Ed è una scelta che merita rispetto, senza dubbio.

Che si possa essere partecipi di possibili mediazioni a determinati livelli e con le limitazioni coerenti alle nostre rivendicazioni è anche possibile ma si parla di “reciproca” contaminazione e non di vampirizzazione unilaterale di contenuti e di vanificazione del nostro lavoro di tanti anni.

Ho partecipato a incontri di ogni genere, parlato con donne impegnate a vari livelli con le quali abbiamo quantomeno individuato un interesse comune, ma si trattava di un interesse concreto e non di superficie e mai ho dovuto rinunciare alle mie idee, alla mia storia, per subordinarla a quella di uno Snoq qualunque, perché restituire valore e riconoscere l’altr@ è essenziale in qualunque formula dialettica tra persone.

Il cortocircuito si determina proprio in questa assenza di riconoscimento e in questa voglia di fagocitare. Al tentativo autoritario di inglobare tipico di Snoq e tipico del Pd e dei gruppi bipartisan della politica di partito, non si può che rispondere ribadendo l’esigenza di un proporzionale che rispetti tutto e tutte/i. Le donne, i movimenti esterni alle istituzioni, non possono essere suddite di uno schema maggioritario. Valgono tutte le voci e queste voci se in conflitto dibattono nel merito e non denigrando l’origine delle critiche.

Lo spazio pubblico è di tutte. Non va per delega e non va per competenze. Quali, poi. Lo diciamo noi che questo spazio ce lo siamo guadagnato e ce lo siamo tenuto lottando con le unghia e con i denti contro ogni aggressione esterna, da parte di donne, uomini, persone di ogni genere, e di sicuro non ci spaventa il confronto che bisognerebbe realizzare, chiaro e senza remore, sui contenuti, invece che rincorrere le grandi sigle e il vuoto di proclami fini a se stessi. Perchè lo spazio pubblico è per l’appunto pubblico e plurale e in questo senso le critiche da parte mia/nostra sono e restano feroci.

Ricominciamo da quello che tutte noi facciamo, con fatica, con sacrifici enormi, con un dispendio di energie che merita qualche parola in più. Anche noi mettiamo la faccia e la nostra faccia è questa, a partire dal Feminist Blog Camp che tu hai frequentato e visto:

Il FemBlogCamp è uno spazio aperto che tiene conto delle differenze, le accetta, non comprendendo sessismi, razzismi e fascismi, ed è stato ed è un momento di aggregazione di tutti quei movimenti che dal basso producono nei territori e via web la sostanza e i contenuti delle lotte delle donne e per le donne in Italia in questo momento.

La connotazione è certamente politica e la scelta dei luoghi è coerente a questa impostazione perché luoghi antisessisti, politicizzati, quindi accoglienti per noi, perché antifascisti, antirazzisti, perchè gratuiti, nel senso vero e proprio di gratuità delle politica, perchè luoghi in cui si realizza l’autogestione nella maniera in cui avete visto l’anno scorso, perché ciascun gruppo o movimento di donne è territorialmente radicato (parlo di gruppi reali e non virtuali) e quindi coinvolto in mille lotte alle quali è giusto dare supporto per permettere il realizzarsi di una rete che metta assieme le lotte reali dei movimenti femministi e di genere alle lotte virtuali. Se chi fa blogging, chi fa rete non diventa anche espressione degli attivismi territoriali, se non ci facciamo media per dare risalto a lotte e soggetti altrimenti ignorati salvo quando Repubblica non li prende a pretesto per criminalizzarli allora qual è il nostro ruolo?

E su questo possiamo anche pensarla diversamente ma di fatto lo scorso anno questo connubio ha determinato qualcosa di unico che ha dato dei frutti.

I media non bastano a se stessi e i soggetti reali non bastano a se stessi e la responsabilità di chi fa blogging, per quello che mi/ci riguarda, è quella di dare tanta visibilità a chi quella visibilità non la potrebbe mai ottenere. Non certo dunque dare visibilità a chi quella visibilità la usa (Snoq, nella fattispecie) per toglierla a chi la pensa diversamente da loro.

Quella schiera di movimenti ai quali faccio riferimento spesso non c’entra con Snoq ma anche si perchè nei territori le donne alla fine lottano insieme e questa cosa è talmente vera che so perfettamente come il problema in primo luogo esista tra gli Snoq territoriali e Snoq centrale che non è rappresentativa di tutte ma dà la linea in modo non partecipato e condiviso.

Questo per sintetizzare e per riproporre i motivi di alcune scelte (come quella dei luoghi autogestiti) delle quali abbiamo già parlato l’anno scorso e che hanno dato al femblogcamp una identità così particolare e sorprendente che non solo ha stupito e entusiasmato in Italia ma ha suscitato moltissimo interesse anche altrove.

Il femblogcamp è una iniziativa itinerante, va dove serve, per lasciare forza ai gruppi che agiscono in quei territori,  perchè rappresenta un momento importante di crescita e confronto e le potenzialità che questo rappresenta sono perfino ancora tutte da sviscerare.

Femblogcamp e le realtà di movimento non sono ben visti da organizzazioni che tendono a fagocitare tutto e tutte e questo lo sappiamo bene, perchè politicamente differenti, perchè sostanzialmente colme di contenuti e di soggetti che sanno autorappresentarsi e che non pietiscono visibilità ma se la creano e determinano e non chiedono favori, soldi per affittare una sala congressi, ma autogestiscono e crescono in una dimensione che sfugge. Si autodeterminano, sono indipendenti e questo è intollerabile perfino per alcune altre donne.

Le mosse di chi vuole metterci al muro, invisibilizzarci ed espellerci dalla scena politica sono tante ed evidenti. A partire dalla totale denigrazione e aggressione virtuale per la nostra posizione chiaramente antifascista, al tentativo di organizzare una rete di blogger che non teneva conto di noi e della rete delle reti che pure esiste ed è anche abbastanza nota, infine quello che è successo giorni fa  in cui una critica politica è diventata oggetto di denigrazione, banalizzazione e offesa all’intelligenza (da parte di chi ha parlato di “invidia”).

Ciò che pare impossibile pretendere in Italia è che esista altro a parte la schiera di ministre, politicanti e persone più o meno note, che si riappropriano del termine “femminismo” e  lo restituiscano per quello che è, ovvero quello che è rappresentato da quelle donne scese in piazza nel 2007 contro ministre, di sinistra e destra, contro politiche autoritarie, contro securitarismi, contro l’uso che si faceva delle donne che subivano violenza per creare leggi che restringevano le libertà di tutte e tutti. Già da allora, esattamente dal giorno dopo, quelle come noi furono definite “violente”, “estremiste”, perché se non permetti loro di sfilare e usare come palcoscenico le tue manifestazioni allora non esisti.

Di anno in anno, queste donne, che si presentano sotto nomi diversi ma sempre quella categoria di donne sono, hanno ottenuto esattamente ciò che volevano, ovvero mettere al muro le estremiste, fagocitare, marginalizzare, prevaricare ogni possibile mediazione, e quello che ci sembra una conseguenza immediatamente prossima è l’uccisione dell’unica iniziativa partecipata dal basso che esiste in italia in questo momento, l’unica iniziativa nella quale ci si confronta sulle pratiche, ovvero il Feminist Blog Camp.

Se si vuole ottenere l’obiettivo di mobbizzare, egemonizzare, censurare dalla scena politica una cosa così dirompente e necessaria che determina un totale cambio di rotta definitivamente diverso rispetto alle modalità Snoq, non posso che dolermene e dunque tutti e tutte, in quel caso, dovranno assumersene la responsabilità politica.

La responsabilità politica per aver consentito che la differenza di idee sia giudicata una “non apertura” e che tale differenza diventi pretesto per dire che noi siamo questo e quello e tutta quella mole di pregiudizi e di aggettivi criminalizzanti che si usano in questi casi.

Ciò che penso è che tutto ciò sia gratuito, ingiusto, per l’energia, la fatica, il sudore, gli sforzi, i sogni, tutto quello che in questa iniziativa indipendente abbiamo in tantissime e tantissimi riposto trovandoci spesso di fronte anche ad alcune persone che invece che avvertire il senso di responsabilità collettiva che deriva dal dover dare una risposta politica differente in questo momento in italia hanno preteso che ci si sforzasse di creare un doppione, una snoq2, qualcosa di omologato e omologante che non sarebbe affatto utile ne determinante ne dirompente in italia.

Il punto è: serve una snoq2 in Italia? A mio avviso no. E possiamo discutere di questo.

Nella mailing list di coordinamento del Feminist Blog Camp abbiamo già un luogo, l’ex caserma occupata di Livorno, per disponibilità del Gruppo di Genere che lì si occupa di tante cose, e abbiamo già una data, il 28/29/30 settembre. Metteremo presto in circolo la Call che sarà decisa da tutte e tutti gli iscritti e le iscritte. Così come le centinaia di blog iscritti in lista decideranno ogni parola che ci rappresenta e ogni workshop necessario e ogni dettaglio finanche il menù di pranzi e cene, se vegetariani, vegani, se per i bambini servono volontarie/e per una ludoteca, se saranno video in proiezione, sapere d’arte e cultura da insegnare, gemellaggi da fare, parole in lingue straniere da comunicare, temi da affrontare, all’insegna dell’antifascismo che ci sembra tema fondamentale e della violenza sulle donne, anche, della repressione sul piano delle lotte, della sessualità, dei corpi, i nostri, quelli delle donne migranti, degli uomini e delle donne precarie, di tutto quello di cui si vorrà parlare, raccontando quali pratiche e contenuti, chi siamo e cosa siamo, a partire dalla nostra faccia.

E sarà di nuovo un lavoro in sinergia, spunti e idee elargiti con generosità, con tante notti passate a mettere a punto, organizzare, volontariamente, ragionare e far quadrare tutto per vedere realizzato un momento che è stato e sarà di festa, di incontro, di bella relazione tra tante in un posto magnifico come è stato l’anno scorso l’askatasuna di Torino e come quest’anno, sono certa, sarà l’ex caserma occupata  di Livorno.

Non so che altro dire e dirti ma questo sono, questo siamo.

A partire dalla nostra faccia.

Con affetto
Cybergrrlz

Posted in Comunicazione, Critica femminista, Fem/Activism, Pensatoio, Personale/Politico, Scritti critici.


One Response

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  1. Marco says

    E se il vostro non è metterci la faccia, grandi!!