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Disoccupazione

Da I Consigli di Zia Jo’:

Oggi per l’ennesima volta la zia Jo ha rischiato di passare da “disoccupata” a “precaria”: colloquio di lavoro e contratto co.co.pro alle porte, fortunatamente è andata male altrimenti rischiavo perfino di lavorare. Rien à faire, manco stavolta. E sì che poteva venirmi un accidente se il colloquio filava liscio, del resto non è facile per chi non lavora da una vita ricominciare a faticare; ci vuole preparazione, ecchediamine. Sia mai che ti prendano a prima botta: niente affatto, devi soffrire.

-Vuoi essere sfruttata in un call center? Ti faremo sapere.

-O me lo dici ora o niente.

-E allora sticazzi.

Beh, del resto poteva andarmi peggio. Poteva capitarmi un colloquio per un posto in una biblioteca sperduta nell’universo e potevo perfino sentirmi dire: “Se ti piacciono così tanto i libri, se ti viene un orgasmo solo nell’odorarne le pagine e la solitudine ti sembra un sogno, sei assunta. A tempo indeterminato.” Seh, e poi chi la sente l’angina pectoris: io, in pieno colpo apoplettico con un ghigno terrificante di soddisfazione in faccia mentre defungo sommersa dai petali di rose, stile American Beauty, ma più cadavere. No no, meglio di no.

Infatti sono rimasta disoccupata e un po’ mi ci sono affezionata a questa parola.

-Che lavoro fa?

-Sono disoccupata.

C’è un po’ di orgoglio nel pronunciarla, la presunta vergogna che dovrei avere ormai l’ho persa tanto tempo fa (l’ho mai avuta?) e del resto, vivendo in Sardegna dove una donna su due non lavora, nessuno dice nulla, abbassano il viso e fanno tutti finta di niente. Solo sporadicamente avverto una qualche reazione nell’interlocutore, un sospiro, un minimo interesse: qualche mese fa l’ho detto ad una commessa ed è scoppiata a piangere davanti a me, tanto che alla fine l’ho consolata io (“Dai, passerà”..pat, pat..”coraggio, su”)

Sento sempre tante persone parlare di crisi e di mancanza di lavoro; ebbene, sto per scrivere una grande verità: buona parte di chi ciancia dell’argomento un lavoro ce l’ha. Difficilmente sento disoccupati parlare di disoccupazione, anche perché vivendo in quella situazione tutti i giorni a tutte le ore in tutti i minuti sinceramente non è che ti venga molta voglia di parlarne: le uniche volte in cui vorresti accantonare quel pensiero fisso magari chiacchierando con qualcuno di qualcos’altro di diverso, di solito arriva l’amico/a o più spesso il parente a ricordartelo.

Grazie mille, tutti molto gentili. Poi chissà come mai la gente si suicida eh. Chissàcomemai.

E’ anche per questo che non ho mai scritto finora assolutamente nulla sulla questione, è un argomento noiosissimo per chi lo vive, sempre la solita zolfa, dove ti giri giri parlano tutti dei tuoi problemi, ossia: disoccupazione, disoccupazione, disoccupazione. Apri il giornale: “c’è la disoccupazione”, e di solito lo scrivono certe facce di merda da migliaia di euro al mese, grasse risate proprio. Accendi la tv: idem, stesse facce di merda a dire la stessa cosa come se tu non lo sapessi. Come se tu, disoccupato, non te ne fossi accorto. Pensa quanto sei distratto, cazzarola.

E così ovunque vai. Disoccupazione, disoccupazione, disoccupazione. Ad libitum.

Poi arriva qualcuno che ti cataloga in una tipologia di disoccupato predefinita, ti incasella senza manco averti mai intervistato per sapere dove cazzo vuoi stare e a che razza di scansafatiche vorresti appartenere: c’è il disoccupato disperato che tenta gesti estremi, quello che porta curriculum vitae perfino in Papuasia e cerca forsennatamente, gli esodati, i pincopalli, i babbasoni e gli elfi del Fantabosco ma quelli che preoccupano di più, si sa, sono quelli che il lavoro non lo cercano proprio più si sono rassegnati fanculo tutti e arrivederci e grazie. Ennò non si fa così!

E’ un vero peccato che non mi chiami mai nessuno al telefono per sapere dove mi colloco perchè mi sa che non sono proprio classificabile: visto che cercare lavoro è un lavoro (anche molto faticoso) ogni tanto vado in ferie. Cerco per un po’ di tempo in maniera sistematica poi mi stanco e smetto, poi mi ripiglio e ricomincio daccapo; quando mi prendo una vacanza dalla ricerca di lavoro di solito mi dedico alla cura del corpo, alla bestemmia creativa e sistematica, scrivo post scemi sul blog, divento piromane e cose così.

Certo, ci sono delle volte in cui ti incazzi seriamente, magari quando senti gli anarchici riempirsi la bocca di certi discorsi sull’inutilità del lavoro e anche quando, al contrario, ascolti gli stakanovisti con la manfrina de “il lavoro nobilita l’uomo”. La verità, come sempre, sta nel mezzo, perchè ti senti nobilitato solo quando puoi svolgere un’attività che ti soddisfa senza essere sfruttato e del resto stare sempre senza fare un cazzo è un’attività mortifera che può portare seriamente all’apatia e al suicidio.

Sarebbe bello in generale che questa gente perdesse il lavoro da un momento all’altro, così, per vedere di nascosto l’effetto che fa. Diciamo che godrei nel vederli lottare (come fai tu) per una dieci euro con la loro madre pensionata, accapigliarsi per una bolletta dell’Enel e anche finire all’ospedale per aver fatto a botte con qualche stronzo peggio di loro (pagando il ticket, codice bianco). Lo so, è un po’ triste tornare alla realtà nuda a cruda di questa società fatta di soldi ma purtroppo mi riesce un po’ difficile staccarmene, potrei allontanarmene solo rinunciando ad essi. Quindi, visto che quei pezzi di carta servono anche per mangiare e bere, morendo semplicemente.

E ti incazzi anche quando senti le notizie dei disoccupati che si suicidano e un po’ ti preoccupi perché magari qualcuna di quelle persone l’hai conosciuta facendo la fila all’agenzia interinale e tu non hai saputo cogliere il suo malessere che è il tuo stesso perché sai benissimo a quali pressioni sociali sei sottoposto quando sei disoccupato e magari avresti potuto parlarci e salvargli la vita e bla bla bla. Fisime, inutili fissazioni. Chi compie un gesto così estremo forse ha perso qualcosa che tu non hai mai avuto e di cui non puoi proprio sentire la mancanza, forse l’avrebbe fatto lo stesso e la stessa rabbia che hai tu non se l’è mai ritrovata. Perché una cosa è certa: non ho nessuna intenzione di suicidarmi, prima di ammazzare me stessa c’è una lunga, lunghissima lista di gente da fare fuori.

Eppure, nella sfiga, mi sento una persona fortunata: almeno il problema della crisi globale che sta attraversando i continenti, che sta distruggendo Stati e Paesi interi e attanaglia la vita di tanta gente io proprio non ce l’ho. Il fatto è che non me ne sono proprio accorta di questa crisi. Pensa che culo.

Posted in Precarietà, Storie Precarie.


One Response

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  1. Tiresia says

    E visto che la stragrande maggioranza delle persone in questo paese hanno trovato lavoro tramite conoscenze (ma tutti cercano di nasconderlo perchè se ne vergognano) sarebbe interessarte vedere come la penserebbero dopo aver subito il delirante percorso nel mondo dei colloqui..