Da Donn(ol)a:
poche parole, perchè sono sempre stata di poche parole (mi piace la sintesi, anche se forse esagero e perdo in profondità) e lo sto diventando sempre di più, forse perchè mi sembra che ormai tutte le parole siano state già dette, e avrei bisogno di un pò di fatti concreti, a questo tragico punto.
c’è chi parla di “patto di genere”. di alleanza di donne al di là delle differenze. sono sempre stata daccordo sul fatto che le differenze siano un arricchimento, sono una cagna sciolta e non amo gli intruppamenti, mi piace confrontarmi al di là della logica del “nemico” perchè sono curiosa delle idee altrui ed entro certi limiti invalicabili sono anche capace di cambiare la mia posizione. ma questa tipa mi pare voglia alludere ad altro, oltrepassando abbondantemente i miei limiti: dice per esempio che dovrei allearmi con “chi la vede diversamente sulla legge 40 o sulla riforma del lavoro”. ma che vuol dire? forse che, solo perchè son donne, avrei qualcosa in comune con una fascista o con la ministra fornero o con chi per loro? e per fare cosa?
mi spiace, ma loro (tanto per fare qualche esempio) non sono mie sorelle:
Le mie sorelle sono altre, io le sorelle me le scelgo, perchè ormai da tempo ho deciso da che parte stare e penso che questo sistema capitalista e patriarcale vada sottoposto a critica radicale, decostruito dalle fondamenta. perchè è assassino e invivibile.
le mie sorelle sono le donne che lottano contro un sistema basato sullo sfruttamento di ogni forma vivente, un sistema fascista e sessista, non quelle che ci stanno dentro, che lo costruiscono e lo perpetuano.
mie sorelle sono Lucia e sua madre, mie sorelle sono Joy ed Alina, mie sorelle sono le donne della val susa e le donne di terzigno, mie sorelle sono le operaie della Omsa licenziate, mie sorelle sono le sex workers e le mie figlie precarie e la mia amica con la pensione minima. e molte altre.
ma sicuramente non chi ci assassina la vita ogni giorno.
e poi ho anche dei fratelli, e compagn**** di ogni tip****, di genere vario.
e se per questo non devo chiamarmi femminista, beh, chissenefrega, le etichette non mi sono mai piaciute. tenetevele voi, che io preferisco la sostanza.
ABBASSO TUTTE LE FORNERO
EVVIVA LE PUTTANE
@mammamsterdam
invece mi piacerebbe molto sapere i tuoi se e i tuoi ma, credo che i dubbi siano produttivi, io ne sono sempre piena, magari le tue critiche mi/ci servono.
ho scritto questo post tagliando un pò d’accetta perchè ogni tanto ce n’è davvero bisogno (troppe idee confuse sotto il sole di questi tempi, secondo me) e penso che certi limiti vadano ribaditi, altrimenti le derive potrebbero essere davvero pericolose.
Se non ci fosse tutto lo strascico Terragni che vedo ora, la mia primissima risposta a questo post sarebbe stata quella di dissentire su un paio di cose che volevo spiegare qui. Ma visto il contesto, quanto mi tocca darti ragione Gilda mia. Solidarietà di genere nel mio vocabolario vuol dire una cosa un po’ diversa rispetto alla T.
Azz, tocca persino allinearsi su posizioni alle quali un paio di se e di ma mi avrebbe fatto bene metterceli. E no, non mi sembra né normale né decente che il possesso di ovaie dia o tolga diritti di parola. Mi pare fosse il maschilismo patriarcale a pensarla così e persino loro predicavano in maniera a volte diversa da quanto razzolassero. (oh, ma che una delle parole del captcha sia uom è una coincidenza?)
Scrivo qui non per rispondere alla Terragni, che in quanto uomo non mi degna della sua lettura, ma per chiarire alcune cose a chi legge – persone che ci tengo a non chiamare mai “pubblico”, dato che quello che facciamo qui non è certo uno “spettacolo”.
Marina Terragni, come ho scritto nel suo post sul “patto di genere”, mi chiama “uomo” quando le mie parole le fanno comodo, poi non sono “decente” per risponderle quando le faccio presente, con ironia, che il suo linguaggio replica quella violenza che vorrebbe combattere.
Bene, allora bando all’ironia e diciamolo seriamente: quel post di Marina Terragni non si può leggere per quanto è violento. Predicare un “patto” a suon di luoghi comuni sulle donne e sugli uomini, è una cosa – prima che sbagliata, prima che ridicola – soprattutto violenta. Di una violenza che a me nel linguaggio non piace, come ho sempre scritto sia qui su FaSud che nel mio blog. Mi sono sempre espresso contro chi usa i nomi collettivi con la presunzione di poter prendere parola per tutto il suo genere: dire “da noi stesse noi donne pretendiamo identità assoluta di vedute, o ci opponiamo in un’inimicizia altrettanto radicale” è una stupidaggine, perché esistono moltissime donne che non si comportano così. Dire “avere saputo stringere un patto fondativo di genere è la mossa che ha fatto vincere gli uomini, che sanno dosare la loro inimicizia” è un’altra solenne stupidaggine, perché esistono moltissimi uomini che non si comportano così. Usare in questo modo parole come “donne” e “uomini” è una superficialità allarmante da parte di una giornalista professionista. Che, tra l’altro, viene qui a prendersela con dei dilettanti che cercano solo di esprimere le loro opinioni in pace e senza inneggiare alla guerra tra generi. E secondo la Terragni, a essere “in cerca di pubblico” saremmo noi. Dovrebbe bastare saper leggere.
Altra precisazione: non mi sono mai definito “femminista”, anzi ho sempre detto e scritto che la ritengo una definizione inadatta a un uomo. Anche perché “antisessista” – sempre secondo la mia modesta opinione – è molto più eversivo e difficile da maneggiare mediaticamente, perché mette in difficoltà i sessisti di tutti i generi. Sì, purtroppo il sessismo è trasversale ai generi, come abbiamo documentato tante volte qui su FaSud. A volte però fa comodo dimenticarsene, pare.
Ribadisco senza problemi di sorta il mio essere più che decente per commentare secondo la mia libertà di pensiero il linguaggio di Marina Terragni, ma affermo tranquillamente che non ho la benché minima intenzione di confrontarmi con una persona così violenta né su questo né su altri argomenti. Quello che dovevo dire l’ho detto, e non ho alcuna intenzione di finire sulla bocca – o sugli scritti – di persone così superficiali e inquietantemente spregiudicate – col mestiere che fanno – nell’usare certe parole. Il mio blog si chiama “Questo Uomo No” proprio per evitare l’inutile ‘di tutta l’erba un fascio’ che non è mai giusto nei confronti di nessun genere né di nessun gruppo sociale.
Ho fatto notare un errore di questa gravità nel linguaggio di una eminente giornalista, e la sua risposta potete leggerla sia sul suo blog che qui. Queste risposte non sono che la ratifica che ho straragione a mettere in evidenza quella violenza.
un’altra cosa. mi è venuto in mente che forse al punto 2, parlando di decostruzione voleva alludere a un altro post (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/04/19/deconstructing-che-cose-il-patto-di-genere/). mi domando perchè non ha commentato lì, ha forse scritto in coda al mio post perchè non si abbassa ad interloquire con un uomo?
sono allibita. davvero.
cara signora terragni:
1. nel suo articolo lei dice: “Questo è ciò che complica enormemente le nostre relazioni politiche, non il fatto che, poniamo, la si vede diversamente sulla legge 40 o sulla riforma del lavoro.”
a me il senso mi pare sia che le nostre visioni sulla legge 40 o la riforma del lavoro siano secondarie rispetto al nostro essere donne. beh per me, mi spiace, ma non è così, si tratta di questioni fondamentali.
se poi non voleva dire questo, mi pare non si sia spiegata bene, anche perchè tutto il senso del suo articolo va in quella direzione.
Anche perchè se il “livello minimo” che ci dovrebbe accomunare oltre le differenze è per lei “riportare la vita al primo posto, ed essere lì a tenercela” mi pare un pò vago, vuol dire tutto e nulla, potrebbe appunto dirlo chiunque.
2- non ho decostruito proprio nulla, ho solo detto la mia opinione su una cosa, se questo la disturba non capisco come possa pensare a questo “patto di genere”, anche perchè io, nel caso non avesse capito (“meglio capire prima di commentare”), sono proprio una donna come lei, probabilmente anche più vecchia di lei, probabilmente anche femminista da più tempo di lei ( e se avessi avuto 16 anni il discorso non cambierebbe, anzi….)
3- magari bastasse un valzer….mi sa che purtroppo sia necessario qualcosa di un pò più potente. o le pare che incazzarsi un pò tradirebbe la nostra “origine” femminile?
Terragni, non è lei che ha parlato della Fornero come della Ministra più bella del mondo? Non è lei che nel suo ultimo libro ma anche in molti suoi interventi spiega come il mondo si divida in buonE e cattivI? Le donne tutte dalla parte del bene, uniche depositarie di capacità taumaturgiche per la salvezza del paese, con una intenzione di rimozione (e deportazione?) del maschile e sostituzione obbligata con presenze femminili in posti di responsabilità (le propongo un 50/50 per andare in miniera o per spurgare le fogne perché anche lì immagino che un “tocco femminile” possa servire, no?).
Non è lei che immagina la “questione maschile” alla stregua di un “problema maschile” (ovvero il problema dell’esistenza degli uomini) rimuovendo le enormi responsabilità, complicità, che le donne hanno avuto/espresso? Non è forse lei che si fa scudo del pensiero del femminismo della differenza per assumere un femminismo che evoca, anzi, impone una superiorità morale della donna nei confronti degli uomini, un femminismo che – francamente – non mi sembra tale e che può definirsi autoritario?
Cosa mai dovremmo capire, Terragni? Il suo mistico rapimento mentre in un capitolo titolato “avvolte nel tricolore” del suo libro parla delle donne che festeggiano il centocinquantenario? La sua banale tendenza a dividere il mondo in buone e cattivi, salvo poi dividere le donne in buone e cattive, a sua volta, come quando ha detto di noi – antifasciste – che denunciavamo la pericolosità dello sdoganamento culturale di Casapound – che le nostre parole erano come pallottole? Dovremmo capire la sua tendenza a separare, demonizzare, escludere, ora tutti gli uomini, ora le donne che manifestano una opinione contraria dalla sua? C’è davvero qualcosa da capire?
Ci dica, piuttosto, fare rete tra donne per lei significa obbedire alla sua/vostra (sua e delle Snoq) proposta politica?
E davvero lei pensa che il suo ragionamento sia rivolto alle donne? Sicuramente non è rivolto a noi (donne) che cresciamo e facciamo politica assieme agli uomini la cui necessaria elaborazione e decostruzione auspichiamo, accogliamo, condividiamo. Perché… sa quel è il punto? Che nella sua maniera di evocare indipendenza dal pensiero maschile al punto da alludere al fatto che ciò che viene prodotto/detto su FaS possa essere d’influenza maschile Lei, che si fa scudo del pensiero della differenza, semplicemente non accetta la differenza altrui. Glielo dico da egualitarista, post gender, cyberfemminista.
Una delle cose che qualcuna di noi voleva dire sta scritta qui.
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/04/05/del-separatismo-opportunista-e-altre-storie/
Altre cose le scriveremo presto perché ciò che lei divulga ed esprime vanifica il nostro lavoro, il lavoro di tanti collettivi, di tante donne, estromette, esclude e invisibilizza, pratica che Snoq usa mettere in atto di frequente, chiunque non la pensi come Lei.
Noi non facciamo anacronistici e bipartisan “patti di genere” con fasciste, razziste e persone che moralizzano/sorvegliano la nostra sessualità o con persone che ripensano il lavoro e il nostro ruolo solo alla luce di una presunta “natura” (buone, tendenti alla cura, materne, vicine alla vita, per dirla con le sue parole) che ci incastra in ruoli evocati con un lessico obbrobrioso (mettere in ordine? fare le mamme d’italia? ma LoL). Noi facciamo patti che vanno oltre il genere sulla base di affinità politiche e di obiettivi, senza mai escludere le diversità, a maggior ragione se di genere, e senza mai rimuovere le differenze (di classe e identità politica) che sono fondamentali.
Spieghi: avere un nemico esterno, ora l’uomo violento, ora l’uomo corrotto, quanto riuscirà a fare da collante mettendovi al riparo dal dover parlare di contenuti politici concreti?
Noi non siamo accomunate da eguali sentimenti. La violenza sulle donne e la anticorruzione (così come non lo era l’antiberlusconismo) non sono elementi che abbattono le differenze. Noi restiamo sempre precarie, voi no. Noi restiamo antifasciste, antirazziste, antisessiste. Voi non si sa.
Saluti
Ps: la decenza sta nel fatto di non venire a imporci il suo separatismo e nel fatto di non imporci il suo modo autoritario di ripensare la società come fosse l’unica scelta da fare.
1. che “che dovrei allearmi con “chi la vede diversamente sulla legge 40 o sulla riforma del lavoro” io non l’ho mai detto. Meglio capire, prima di commentare o decostruire.
2. Se proprio un* vuole decostruire il discorso di una donna che riguarda le donne, meglio che sia una donna a farlo: è il minimo della decenza.
2. tutto quello che ho da dire oggi è qui
http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2012/04/22/sweet-revolution/
Buona giornata!
Grande post, e gran canzone!
Nel caso non si fosse capito (ma ne dubito, leggendo questo post e quello di Gasparrini) quando si dice, tradotto in soldoni “volemose bbene pure se siamo diverse”, oppure “riconosciamo che c’è chi ha più talento di noi (e non le stracciamo le ovaie, lasciamola lavorare per tutte)” si vuol significare una cosa: lasciate fare a noi, che siamo titolate a farlo e c’abbiamo la visibilità. Statevene buone e zitte nella vostra melma, che ci candidiamo noi a rappresentare tutte. E lasciateci piglià du poltrone rosa, imbecilli che non siete altro, votatece…siete o non siete femministe? Allora votate noi…e nun state a fa’ tutte ste storie: il lavoro, la precarietà, l’antifascismo…ma che state a dì?ma de che state a parlà?
Ecco, il tenore è quello. E, per quanto mi riguarda, non c’è radicalchiccheria che tenga.
Sono d’accordo e aggiungo che la sorellanza serve per contrastare la violenza, le ingiustizie, le prevaricazioni, la prepotenza, l’ignoranza e come diceva una grande partigiana spagnola Dolores ibarruri “Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”