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Del separatismo opportunista e altre storie

In questi giorni sulla 27esima ora si sta svolgendo un dibattito che sa di fantascientifico. Tante belle parole, il gender-gap, le donne che non contano nulla, eccetera eccetera, la riproposizione delle quote rosa, stereotipo nello stereotipo di richiesta di percentuali di ingresso protette da quelli da cui dici di non volere tutele, a legittimare ancora una volta uno Stato tutelare, norme tutelari, presupposto primario per qualunque forma di autoritarismo giocato sulla nostra pelle, modalità che ci schiacciano a mostrare vittimismo e poi guai a parlare male di queste alleanze bipartisan, tutte unite in nome di chissà cosa, perché in possesso dello stesso organo sessuale, perché – stereotipo nello stereotipo – si insiste con il dire che le donne sono più brave, più questo, più quello, più tutto, con questa modalità supponente che istiga separatismi di comodo, salvo quando c’è da stare alla corte del re che ti assegna ministeri e ruoli “utili”.

Il tema è la legge elettorale, solita annosa questione da sempre, che personalmente vedrei oggetto di una discussione che rimetta in discussione le soglie di sbarramento che sono fatte apposta per mettere fuori gioco tutte le parti sociali che in questo momento sono vitali a rappresentare una vera opposizione, e dunque eccolo prima un intervento di Giulia Bongiorno, poi di Mara Carfagna e il dibattito continua per chi lo prende sul serio.

Parlano di donne e di potere, di alleanze strategiche, del fatto che stai pur certa che se al potere c’è una donna sai che figata, infatti con la Fornero l’abbiamo visto tutti/e che meraviglie è in grado di fare una donna in quanto donna a fare cose che si fanno scudo delle donne, la supposta emotività delle donne, la lacrima, due o tre battute sull’articolo determinativo da usare, un paio di concetti diretti a far intendere che da domani per le donne, con questa riforma del lavoro, sai che pacchia, così da acuire altre divisioni sociali, da esigere legittimazioni in base al sesso dove le alleanze vanno fatte in base ad altro. E nel frattempo risultano appiattite le differenze, quelle gravi, di classe, etnia, identità politica, che sono fondanti delle relazioni di questi anni e sulla base delle quali vanno realizzate alleanze ben oltre i separatismi opportunisti.

Io non ci credo al fatto che  se sei una donna saprai fare di meglio. Se sei una donna di potere poi figuriamoci. Sentirsi dire questo poi da chi parla di meritocrazia, da chi divide il mondo in donne per bene e donne per male, da chi è arrivata al potere grazie ad un uomo, e che uomini.

Quando queste donne propongono la sacra alleanza bipartisan delle donne in quanto donne, tutte unite in nome di una loro presunta superiorità morale in base al genere, stabilendo a priori che le donne sono il “bene” e che gli uomini sono il “male”, realizzano quella esclusione sociale sulla base della quale fondano un “potere”. Attualmente mi pare chiaro: sfruttano questa modalità ministre, politicanti, donne di potere, di destra e sinistra (alla Camera nel 2001 nacque una specie di alleanza bipartisan e coniarono il termine “Branco Rosa”), ovvero l’espressione del potere che oggi in Italia può arrogarsi il diritto di dire cose orribili su tutto salvo poi lamentarsi delle critiche attribuendole ad un mancato rispetto per le donne.

E’ a loro che conviene assumere come precondizione valoriale il fatto che una donna sarebbe “meglio” anche se poi vota, propone e mette in discussioni leggi, provvedimenti, riforme terribili. A loro conviene mettere avanti a tutto il tema della “differenza” come trappola per incastrarci in ruoli che dovrebbero piacerci grazie a provvedimenti consolatori di tipo tutelare.

A loro e a chi gestisce l’economia conviene che le donne si accontentino di una politica di “conciliazione” (per conciliare il lavoro – che non c’è – e la famiglia) assumendo la massima flessibilità e precarietà come fosse un favore per poi restituirci mortificanti, inutili e ipocrite norme di inclusione professionale e sociale che non colmano alcun gap.

Continuerò a chiamarlo separatismo opportunista ed è quello che ci dà l’opportunità di rivendicare il fatto che le alleanze oggi si fanno sulla base di affinità diverse, non solo in base ad una sensibilità rispetto a questioni di genere ma in base a questioni di classe, identità politica, sulla base di una sensibilità comune al fine di una lotta collettiva che ci vede tutti/e egualmente massacrati da mille emergenze sociali.

Io non mi riconosco nelle donne al potere (che immaginano anche di potersi definire “femministe”) che curano la propria riserva fatta di stereotipi e che brandiscono il genere come un’arma per zittire le critiche, per dominare altre donne e per attraversare spazi di uomini indossando abiti vittimisti e richiedendo tutele delle quali non avrebbero bisogno e che io non chiederei mai.

Io mi riconosco in chiunque condivida con me – e io con loro – una lotta in direzione di un obiettivo comune. In piazza con loro, direi di no, in piazza con donne e uomini, gay, lesbiche, trans, sex workers, precari, precarie, operai, cassintegrate, eccetera eccetera, uniti contro una divisione sociale, di tipo economico, che oggi ci massacra, contro un revisionismo che ribalta verità e che mette le donne in primo piano per legittimare leggi e proposte terribili, giusto a partire dal governo che ha visto la Bongiorno e la Carfagna quali protagoniste, a usare le donne, le migranti, la violenza, per decidere norme autoritarie, securitarie, liberticide, repressive, per restringere ancora di più le libertà civili di tanti soggetti, che hanno legittimato politiche volte alla criminalizzazione di migranti e sex workers, che ci hanno usate in ogni modo e così continuano a fare, non per noi, ma per se stesse. In piazza con questi ultimi, dunque, invece si.

Cosa c’entriamo noi con tutto questo? Chi sono queste donne? Che ci frega del loro potere? Ditemi. Diteci.

E poi pensiamo ad una campagna di comunicazione per chiedere le percentuali d’ingresso al 50/50 per spurgare le fogne o per altri lavori per i quali non c’è così tanta folla a premere in fila… che ne penserebbero di questo la Carfagna e la Bongiorno?

Posted in Corpi/Poteri, Critica femminista, Pensatoio, Scritti critici.


2 Responses

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  1. antonellaf says

    E invece il problema è che non sono assolutamente chiare a chiunque, tutt’altro.

  2. Chiara says

    Ti giuro, io quando è nato quel blog pochissimo tempo dopo la prima manifestazione di Se Non Ora Quando non potevo credere ai miei occhi. E non sono preparata come te, ma certe cose sono chiare a chiunque.