11 aprile: iniziano gli espropri in Val Clarea. Che poi i terreni sono già occupati, ma lo Stato “repressivo” deve in qualche modo giustificare allo Stato “democratico” le recinzioni, il filo spinato, le truppe schierate, gli alberi abbattuti. Per i lacrimogeni ad altezza uomo, le cariche a freddo su vecchi e bambini, le umiliazioni, i pestaggi, i tentati omicidi, per quelli lo Stato “democratico” chiuderà un occhio, lo ha sempre fatto.
E allora inizia la farsa, il giochino delle parti, si svela in tutta la sua assurdità il castello di carte che si erge sulle sabbie mobili di un cantiere inesistente, di un’opera superflua. Una procedura doverosa quanto inutile, irregolare già dal principio: i terreni da espropriare sono già stati espropriati prima del sopralluogo preventivo all’esproprio. Per chiunque questa frase significherebbe un sopruso. Per i tecnici del non-cantiere significa impunità.
Il movimento NOTAV lambisce le reti del non-cantiere, le batte, ne saggia la resistenza, ne scopre i punti deboli. Quello che ci avete tolto ce lo riprenderemo, perché non riuscirete mai ad espropriarci il desiderio di libertà e di giustizia, la volontà di resistere all’oppressione. Le reti si lacerano e si piegano di fronte alla determinazione delle e dei NOTAV, e se saranno muri crolleranno, e se saranno catene si spezzeranno.
La giornata prosegue, il sole ci riscalda, e il non-cantiere con la sua devastazione appare sempre più fuori posto in questo risveglio di primavera. Il non-esproprio sta inscenando la sua pantomima, impassibile di fronte all’orda che assedia le mura, sornione dietro agli schieramenti militari, quando succede l’imprevedibile. Lo sgomento attraversa i volti degli sbirri veterani, il panico serpeggia tra i burocrati: Marisa si è ammanettata alle reti.
Tutto potevano prevedere tranne che una signora così a modo (una ‘blec bloc’ sotto mentite spoglie? Ma allora sono davvero tutti ‘blec bloc’ questi NOTAV!) potesse con un movimento fulmineo legarsi alla recinzione. Subito le compagne dall’altra parte della rete le danno manforte, le stanno vicino, esprimendo una solidarietà e una sorellanza unica. “Non ve ne andate via eh!” e le sorelle la rassicurano che di lì non si muoveranno, unite a Marisa da un legame indissolubile. Così ecco che tre compagne NOTAV, con coraggio e determinazione, sfidano gli occupanti e riescono ad entrare nel fortino cercando di raggiungere Marisa.
Le forze del disordine si schierano, cercando di rompere il legame che unisce dai due lati della recinzione le donne NOTAV. Ma il legame resiste e le truppe sono costrette ad indietreggiare.