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Stragi di Stato: era solo un peccato di rozzità!

E un altro pezzo di storia è stato definitivamente sepolto. Se oggi chiedi a ragazzi e ragazze di vent’anni  parlando di stragi la maggior parte pensa che una piazza valga l’altra. Chi se le ricorda più. A che serve ricordare. Ricordare che quando gli antifascisti scendevano in piazza c’era chi li ammazzava e che se lavoratori e lavoratrici andavano a sentire le parole di un compagno venivano uccise, e che se c’era chi pensava di essersi messo il fascismo alle spalle bisognava che si ricredesse perché il fascismo era lì, fatto di brutte facce, brutte storie, brutte intenzioni, brutte bombe, brutte stragi, brutto tutto, a riciclare le proprie storie immaginando di aver compiuto il proprio dovere di camerati.

Qualcuno di loro pensava di essere in guerra, perché la democrazia non esisteva e non sarebbe mai più esistita. Perché le gambe della gente, quelle mani, quei pezzi di carne dilaniati, erano cosa molle, senza vita, col sangue confuso con la polvere, col pianto dei parenti sospeso per quaranta anni, perché neppure di diritto al pianto in quest’Italia si può più parlare, ché c’è uno scotto da pagare.

Le vittime sono condannate per essere state vittime. E che cazzo ci facevano lì a quell’ora. Potevano essere altrove, a fare le cose buone di famiglia, a fare figli per la patria, a fare seghe al camerata più vicino a braccio teso, a monitorare l’orizzonte per comunicare agli altri dove colpire la zecca comunista in avvicinamento.

In fondo, si, è colpa loro. Loro di quelli che sono usciti, una mattina, un giorno, un pomeriggio, pensando di trovarsi in un posto civile, tra gente civile, dove manifestare un’idea fosse ancora possibile. E’ colpa loro che non si sono rassegnati a prendersi una minchia di automobile  per andare a fare una gita fuoriporta, a farsi due risate con le altre camicie nere ammodernate, a ricordare gli esuli, i latitanti, compari di cordata che se ne erano dovuti andare per colpa delle zecche, perché la gueRa è gueRa e se ci scappano i morti era nel conto. Avevano fatto il proprio dovere, esecutori d’ordini, finiti tutti all’estero con borse piene di soldi, protetti dai servizi segreti di mezzo mondo, perchè la minaccia era il comunismo dei compagni delle piazze, non erano mica le loro bombe, e sono rimasti lì, all’estero, mentre i camerati meno esposti facevano il lavoro sporco: ripulire la storia e la memoria.

Francesca non sa neppure cosa sia Piazza della Loggia, non lo sa Gabriele, non lo sa Marina, non lo sa Serena, e lo so solo io, quei morti, quelle vittime, quei familiari che ora devono pagare la tenacia per essersi fidati di una giustizia che ha giocato in tanti anni a fare da paciera, a rimandare, tentare di scoprire, collaborare, seppellire, rileggere la storia con presunta obiettività.

La storia non è mai obiettiva. La fa chi vince e ti consegna pagine scritte in cui un cognome può circolare impunemente per le strade di un paese per mezzo dei suoi figli, tutti in politica, tutti a dire a me, pezzi di merda, di cosa è fatta la democrazia, tutti a contenere la mia rabbia, a fare a pezzi la mia dignità, a processare a distanza quei tre o quattro compagni che sono rimasti a scontare la vendetta dei fascisti in altri stati, a portare nelle televisioni i pentiti di una lotta idiota che ora battono il pugno al petto e recitano il mantra del reinserimento sociale in epoca revisionista.

Abbiamo avuto ministri e amministratori che andavano girando con le mazze e – giuro di aver sentito con le mie orecchie – alle interviste rispondevano parlando di quei bei momenti vantando quelle botte date o ricevute come fossero medaglie. Lo Stato Italiano sta regalando punti e premi agli stragisti, ai camerati, a tutto il fango che ha ucciso, ammazzato, di cui non si può neppure più parlare male, perché – dai, cioè, si – siamo in democrazia, e poi c’è la minchia di perdono, e guai a dire che se vedi un fascista gli sp-uti a vista perché sei tu che limiti la loro libertà di espressione. L’espressione della merda.

E che vi devo dire? Ciao Giulietta, Livio, Euplo, Luigi, Bartolomeo, Alberto, Clementina, Vittorio. Chi ve l’ha fatto fare a stare in quella piazza quel tal giorno? Cazzi vostri.

Pensare che oggi per ammazzarci i diritti non hanno neppure più bisogno di sputarci una bomba sulla carne. Ci pigliano per resistenza a pubblico uff…iciale, per oltraggio, per striscione incidentalmente offensivo (se offende il capitano di passaggio), per rumori sovversivi, per chiacchierata sediziosa, per volantinaggio terroristico, per presidio criminale, per passeggiata minacciosa, per esistenza fuori norma, per digestione troppo laica, per orgasmo non sofferto. Ci pigliano perché siamo negri, froci, lesbiche, femministe, puttane, lavoratori, lavoratrici, e ci pigliano per fame, perché siamo precari e precarie. Che culo, eh?

La mafia, i servizi, i fasci, ogni merda umana, lo sapevano bene, ché per ottenere il reset della democrazia e il ripristino del fascismo la strage è superflua. Avete peccato di rozzità. E la rozzità, certo, non è un reato. Questi altri sono più intelligenti. E – forse – perfino più pericolosi.

Andatevene ‘affanculo tutti quanti.

Posted in Anticlero/Antifa, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.