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Requiem per un camion di maiali

In questa orribile settimana di inizio aprile non riesco a non pensare alla mattanza di maiali e agnelli (e quanti altri animali non umani!) che, inesorabile, si sta compiendo… per la gioia di tutti quegli esseri umani che non riescono ad essere felici senza far pagare ad altri esseri in dolore, sangue e morte il tributo al loro benessere.
Basta uscire dalla rassicurante cinta delle città, che tutto divorano inconsapevoli, per vedere camion e camion di morte diretti verso i mattatoi  (a proposito: qui un bel video  Investigazione sugli allevamenti di maiali di Igualdad Animal ).
Sono consapevole che quelli che scriverò saranno pensieri ‘di pancia’, perché il dolore che sento dentro è reale, l’angoscia che mi attanaglia ora più che mai presente. Con l’augurio che tutt* coloro che dicono di lottare contro le diverse forme di oppressione (e di sapere quanto queste siano tra loro inestricabilmente collegate) sentano sempre più stridente il fare queste alte ‘dichiarazioni d’intenti’ addentando la carne e il dolore di altri esseri viventi.

Con impazienza ho atteso il pomeriggio nel quale si sarebbe consumato un evento per me unico: una coppia di esperti in dinamiche tra cavalli sarebbe venuta a valutare il branco nel quale abbiamo inserito il ‘nostro’ puledro (riscattato un anno fa dalla fine che era stata decisa per lui dal precedente proprietario, ovverosia il macello).
Finalmente, la scorsa settimana, il giorno è arrivato: vedere all’opera persone in grado di mettere in pratica una reale comunicazione con i cavalli attraverso un approccio delicato, rispettoso e gentile e vedere i cavalli così attenti, ricettivi, curiosi è stato illuminante. Ho compreso una volta di più quanto lavoro debba fare su me stessa: animalismo/antispecismo dichiarato o meno, anche quando crediamo di essere liber* da pregiudizi o aspettative nei confronti degli animali non umani, in realtà non lo siamo affatto. Caparbiamente continuiamo a porci come centro dell’universo – poiché siamo abituat* a pensarci così, noi, perno attorno a cui ruota tutto il resto – e ci aspettiamo di essere riconosciuti nella nostra importanza: già lo facciamo con le persone, ma ancor di più – consapevolmente o meno – con gli animali.
Agli animali domestici, in particolare, chiediamo di essere le nostre ‘sponde affettive’, di rispondere docili ai nostri ‘desideri’, di farci sentire come dee e dei… forti, importanti, addirittura indispensabili. Quasi mai ci mettiamo nei loro panni, ci chiediamo cosa pensino, cosa sentano, di cosa LORO abbiano realmente bisogno – anche quando ci sembra di farlo: e invece basta così poco a smontare le nostre convinzioni fasulle!
Certo è che, a meno di non praticare un antispecismo eminentemente ‘intellettuale’, è necessario capire come avvicinarsi a loro, sforzandosi di imparare il loro linguaggio, che raramente passa attraverso segnali verbali: così, come quando ci si ritrova in un paese straniero senza conoscerne la lingua, sta a noi affinare quelle capacità non verbali che, da animali vocianti (e spesso sbraitanti) quali siamo diventati, neanche ci accorgiamo più di avere.
Alla fine di una splendida giornata, seduti sull’erba vicino al recinto a scambiarci opinioni e impressioni, con ancora negli occhi quelle immagini meravigliose di relazione (e forse, chissà, finalmente comprensione!) tra animali umani e non umani – e i cavalli pacifici a brucare l’erba al fondo del prato – vedo passare due camion carichi di maiali… Una visione che mi ha sempre profondamente turbato, ma che in quella particolare giornata era così stridente con ciò che avevo appena vissuto da risultare insopportabile. Mentre ero lì, a chiedermi quali passi compiere in futuro per avvicinarmi nella migliore maniera al branco e al cavallo con il quale ho fatto amicizia, alle spalle dei miei interlocutori ho visto passare quei corpi stipati in quegli orrendi camion, ben sapendo quale sarebbe stato il loro destino di lì a poco.
E anche se solo per pochi secondi ho potuto scorgere quegli occhi, quelle narici frementi e quelle pelli rosee, è stata una visione devastante. Per lunghi attimi non sono riuscita più ad ascoltare nulla di ciò che mi veniva detto… perché la mia mente continuava a seguire i maiali. Pensavo alla vita terribile che avevano dovuto patire fino a quel momento… A quegli occhi che guardavano il paesaggio, che vedevano il sole forse per la prima – e sicuramente per l’ultima – volta. Come era distante tutto questo da ciò che avevo appena sperimentato – il senso di rispetto e di timore nell’approcciarsi ai cavalli, la felicità di poter imparare ad avvicinarmi a loro senza la prepotenza tipica dell’uomo, ma con umiltà e stupore! Ero ancora inebriata da un piccolo assaggio di ‘paradiso’ ed ecco passare di fronte ai miei occhi l’inferno, quello vero.


Tornando a casa, in autostrada, ho pianto: ho pianto per il destino dei maiali e per la barbarie degli esseri umani. Ho pianto per loro perché nessun altro probabilmente lo farà. Ho pianto per la loro vita misera, per la condanna che hanno dovuto sopportare senza colpe, da quando sono venuti al mondo. Ho pianto di vergogna per ciò che siamo, di tristezza per la consapevolezza di tutto il dolore che in ogni momento, in questo mondo, infliggiamo agli animali (umani e non). Domani sarà un altro giorno di lotta, e così sarà dopodomani, e fino a quando ne avrò la forza combatterò contro questo sistema mortifero. Ma quel giorno ho pianto per i maiali, perché li sentivo nel mio cuore diventato pesante, perché era l’unico modo che avevo di partecipare al loro dolore, e di non essere indifferente a questa enorme ingiustizia, che non riguarda solo loro, ma anche noi tutt*: l’ingiustizia di non poter essere libere e liberi, umani e non umani; di essere istruiti fin da piccoli a prevaricare, a combattere, a dominare, a desiderare cose futili e a non accorgerci di quelle importanti…  invece di imparare l’arte di avvicinarsi con gentilezza, come in quella stessa giornata ho visto fare a delle persone speciali, e avere l’ennesima dimostrazione, se ce ne fosse il bisogno, che noi e loro, a ben vedere, non siamo proprio così distanti come cercano continuamente di farci credere.

 

 

 

 

 

 

Posted in Corpi, Ecofemminismo, Pensatoio, Personale/Politico, R-esistenze, Storie violente.


16 Responses

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  1. francesca says

    ..ottimo sito, mi si confà appieno. Grazie a tutti

  2. Claudio says

    Verò, credimi: chi non dà empatia a te, non la dà nemmeno a un cane. E viceversa.
    Chi è in grado di provare davvero empatia, la prova per tutti, nessuno escluso, e senza stilare classifiche dei vessati, tra chi è “più vittima” e chi è “violentato di meno”.
    Quindi puoi star certa che da persone come l’autrice del blog e da tutte le altre che soffrono per la violenza inflitta ai maiali riceverai sempre la maggiore empatia possibile, PROPRIO PERCHÉ soffrono anche per dei maiali.
    E anzi ti dirò di più: chiunque ti dirà “con tutte le donne che vengono violentate, non si può mica pensare ai cani”, beh, puoi star sicura che a quello lì, sotto sotto, non frega niente né dei cani né delle donne violentate.

  3. Olympe says

    Bellissimo post. Da donna che ha subito della violenza e da vegana convinta, sono felice di leggere queste parole. Grazie per averle scritte. La mancanza di empatia verso gli altri esseri viventi non umani, e il senso di possesso che a volte ne scaturisce, è lo stesso che porta un uomo a picchiare o violentare una donna. Non nutrirsi del dolore di altri esseri è il primo passo per capire che occupiamo tutti la stessa vita. Veronica, capisco anche quello che volevi dire: ci sono persone che fingono empatia per gli animali per rivestirsi di un’aura di solidarietà che invece non riescono a fingere con le persone. Cmq credimi, compatire (nel senso letterale del termine patire insieme) i maiali non è uno spreco. Loro non sono crudeli come lo possono essere certi esseri umani. Spero che in futuro incontrerai persone migliori. E spero di incontrarle anche io.

  4. feminoska says

    Ciao Veronica,
    ne sono felice e capisco la tua reazione… però ricordati sempre dove sei, ossia su un blog che si dedica anima e corpo alla violenza sulle donne! Noi non ci gireremmo dall’altra parte né di fronte alla sofferenza di una donna, né di un cane (né di chiunque si trovi in difficoltà!). Siamo convint* che tutt* abbiamo abbastanza cuore, anima e intelletto per non doverci mai girare dall’altra parte pensando “non sono affari miei”.

  5. Serena says

    Questo post è bellissimo. E necessario. E’ Pasqua e come ogni Pasqua leggo post strazianti sui poveri agnelli. Forse è ingenuità, forse è ipocrisia, ma non capisco proprio il motivo per cui si crea dai non-veg, ad ogni pasqua, la “settimana di mobilitazione”, mentre per tutti gli altri animali, un grande “sticazzi” e chiuso l’argomento. Non funziona così.

  6. Veronica says

    Stavo parlando col mio compagno, che e` Veterinario, riguardo questo post. Mi ha raccontato di quando ha fatto visita ad un allevamento suino durante il primo anno di corso,per assistere ad una macellazione, ha fatto un resoconto molto vivido di come i maiali “piangessero come neonati” e di come lui, mangia-carne convinto e cinico, abbia dovuto asternrsene per qualche tempo.

    Mi dispiace di aver offeso o sminuito la tua sensibilita`; non posso dire di comprenderti, ma tu hai ragione: il dolore e` dolore e la sensibilita` e` sensibilita`, ed io avrei dovuto rispettare i tuoi sentimenti.

    Le ragioni del mio “rigetto” come Marco ha scritto, stanno nella mia storia personale; crescendo, ho visto piu` rifugi per animali che per donne maltrattate, ho visto gente girare la testa di fronte ai miei lividi per poi sciogliersi in lacrime ad un cane ferito. questo succedeva quando ero molto giovane ed ha lasciato una ferita aperta; un senso di valere meno di un animale. Ora, mi rendo conto che per molti la vita animale ha lo stesso valore di quella umana, ma vi prego di provare a mettervi nei miei panni, a sentire di non meritare nemmeno l`empatia data ad un cane.

    Ora sono grande, e intelluettalmente so che , essere contro la violenza sugli animali non esclude essere contro altre forme di violenza, anzi; ma la ferita emotiva e` qui e talvalta riemege.

    Mi spiace di essere stata saccente; se ti puo` far piacere, il tuo post e la conseguente conversazione col mio ragazzo mi hanno fatto aprire gli occhi su un altro punto di vista.

  7. Veronica says

    Non avete un numero limitato di pensieri, e mi dispiace di aver usato la parola sprecato in maniera impropria. Il vostro blog mi ha davvero aiutato, in particolare il post su come ke donne sopravissute a violenza non siano tenute a fare il ruolo di martire a vita; quel messaggio e` stato davvero empowering per me.

  8. Perleaiporci says

    Anch’io ho conosciuto la violenza, ma non sono “gelosa” se si parla di maiali. L’ingiustizia che ho subito illumina TUTTE le ingiustizie di una luce nuova, e non credo ci siano vittime di serie A e vittime di serie B. Leggi la lettera di Kupfer-Koberwitz, scampato a Dachau.

  9. laura says

    http://www.liberazioni.org/articoli/Liberazioni-n01-estate2010.pdf

    dimenticavo…questo è il link per scaricare gratuitamente l’articolo di Carol J Adams di cui parlavo-
    Lo stupro degli animali,la macellazione delle donne’
    grazie ciao

  10. laura says

    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/07/03/femminismo-e-antispecismo/

    grazie. un dolore che condivido.
    mi permetto di ricordare un post importante apparso su questo sito, forse a qualcuno è sfuggito.
    per chi mastica l’inglese : Carol J Adams- ‘the sexual politics of meat’.
    L’articolo tradotto ‘lo stupro degli animali,la macellazione delle donne’ è apparso anche sulla rivista Liberazioni.org sul primo numero che è scaricabile gratuitamente. buone riflessioni a tutte/i.

  11. Marco says

    Complimenti per il post! Credo che tocchi molt* persone. Quanto al fatto che sarebbe uno “spreco”, anche ammesso – per assurdo – che il blog abbia un numero limitato di post, non credo che si possano mettere “in competizione” delle sensibilità o dei dolori, anche se chi ha subito violenze in prima persona può avere una reazione di rigetto. In realtà, “occuparsi” (sia nel senso di fare attività politica, sia nel senso di scrivere qualcosa, di aprire occhi e cuore di fronte ad un problema) di una violenza non dovrebbe mai togliere spazio alla possibilità di occuparsi di un’altra, se non nel senso puramente contabile del tempo dedicato a battersi contro questo o quello. Anzi, se posto correttamente (come in questo caso), un problema non toglie spazio ad un altro, ma gliene dà. Parlare della strage quotidiana degli animali non umani, dell’apertura ad una relazione paritaria con loro, non toglie qualcosa alla possibilità di parlare della violenza sulle donne (per es.), proprio perchè ci dà degli spunti in più per parlarne, capirla e combatterla. Mi sembra che ci dia, questo post, proprio qualche strumento in più. Io per es. sono un animale umano e maschio. Dunque sia per la violenza sulle donne che per quella sugli animali mi pongo come colui che sta dalla “parte sbagliata” (per essere un po’ semplicistici): come umano, rinuncio naturalmente a mangiare gli animali, ma mi devo anche porre il problema di come fare concretamente ad esprimere la mia volontà di stare dalla loro parte (dato che sarebbe comodo stare dalla parte degli interessi umani, interessi che io egoisticamente comunque ho); come maschio, mi devo porre un problema analogo, come esprimere il fatto che io non sto dalla parte del patriarcato (anche se, anche qui, sarebbe comodo, forse). Non è un caso forse che riguardo ad entrambe le situazioni l’etichetta affibbiata è quella di “traditore della patria” (umana e maschile), no?

  12. feminoska says

    Ops, “sprecato”?!?!? Non sapevo che avessimo un numero limitato di post (e di pensieri) da esprimere! Con tutto il mio di rispetto, Veronica, essendo questo un blog fra le altre cose antispecista, capita che si scrivano cose antispeciste… le sensibilità sono diverse, e per alcun* di noi, questi sono temi importanti… mi lascia perplessa che ciò ti turbi così tanto, come vittima di violenza dovresti sapere cosa si prova a non essere riconosciuti nel proprio dolore e nel proprio diritto al rispetto…E non vedo come il fatto che qui si discuta di diverse forme di violenza e si invochi ad un rispetto capace di comprendere diverse categorie di soggetti possa essere lesivo della sensibilità di qualcun*. Parlare di’ delusione’ mi pare francamente fuori luogo!

  13. Veronica says

    Con tutto il rispetto, ma come donna che e` sopravissuta ad a violenze fisiche e sessuali atroci, e che ha visto il proprio sangue versato piu` molte nell`ignoranza generale, sono un po` delusa di vedere un post di questo blogo, che adoro e ammiro , e che tanto mi ha aiutato, “sprecato” per dei maiali.

    Ovviamente, il blog e` vostro, da pubblicare quel che volete. Spero non ve la prenderete a male.

  14. Luz says

    Bel post! Molto toccante, grazie

  15. Federica says

    Post bello e straziante. Che quel dolore mi è fin troppo noto. Purtroppo

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