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Viaggio all’inferno e ritorno

Quando arrivò il primo commento a un post tutto da cambiare era chiaro che c’era dolore, poi rabbia, sensazione di impotenza. Incontri la persona più spiacevole che esista, che parla male, dice cose che non condividi, ma la vedi dritta, lucida, poi distingue te dall’altr@ e te lo vedi quest’uomo che in un altro momento parlava di voler proteggere gli animali, che a vederli rinchiusi nei canili avrebbe fatto cose turche, e i viaggi per il mondo e l’attaccamento alla natura e quel contatto con lo stomaco, la pancia, e le parole dette mai allo scopo di piacere, ché non gli importa soprattutto di compiacere. Vuole solo dire, a modo suo, e raccontare, e poi, certo, ha maturato una sua idea, diversa tanto dalla mia, ma chi sono io per dirgli cosa è giusto e cosa è sbagliato quando c’è di mezzo un fatto personale?

E mi ricordo di persone piene di conflitti e contraddizioni, tuttavia umane, che nello sforzo di apparire perfettissime tradivano lo spazio che ti lasciava il tempo di toccargli il cuore. Succedeva quando incontravo mio padre, quello che comprava i libri e i miei quaderni per incoraggiare il mio precoce amore per la lettura e la scrittura. Succedeva perfino quando incontravi il mio lontanissimo ex che di tanto male fatto più di tutto mi ricordo il gran falò che fece di quei miei quaderni, memorie di continuità della mia vita e delle mie passioni. Cancellati per poter riscrivere la mia vita senza il mio consenso. Ma se io posso voler vedere oltre le ferite e capire senza mai giustificare, se posso voler vedere senza farmi male, perchè non farlo. Perchè non incontrare anche quella parte di me che urla di errori visti e tralasciati, di cose osservate ma forse rimosse. Allora intanto c’è che non mi sento un giudice e non ho voglia di impiccare nessuno. Voglio capire.

E trovo un tale sì paziente che mi porta per mano e mi illustra le ferite del suo corpo. Vedi questa? E’ il ricordo dei miei figli. Vedi quest’altra? E’ la bugia che ho dovuto tollerare. Vedi l’altra ancora? E’ di quando mi sono accorto che una persona che hai amato può diventare la tua peggior nemica. Poi io insisto, presuntuosa, e senza vergogna “metto l’accento sugli avverbi e gli aggettivi”. E contesto linguaggi e pratiche come si potesse razionalizzare il linguaggio della rabbia o della scelta di una pratica di ribellione di chi viene confinato a margine, nel posto in cui non hai più diritto di parola.

Mi fa vedere un mondo in cui c’è un padre separato per motivi X che viene tagliato fuori dalla vita dei suoi figli e quando tenta di rientrarci di nuovo viene espulso e si ribella. Ad ogni donna, pare, venga dato un sistema pigia bottoni per cui lei preme e schizzi via. C’è lei che non vuole che lui tenga i bimbi più di quel che dovrebbe, semmai ci sia un tempo da segnare che va oltre il desiderio ed il bisogno dei bambini di voler/poter restare o andare, e allora si rivolge allo Stato e tra una relazione di servizio di un’assistente sociale e una perizia, pezzi di carta in cui si decide la vita e la morte di qualcun@,  si apre per quel padre un girone dell’inferno che lo obbliga a riutilizzare quegli stessi strumenti diagnostici per difendersi, spende tempo a rispondere punto per punto a quelle accuse, impreparato alla difesa, al linguaggio che traduce volgarmente in burocratese le passioni e i sentimenti, dove il dolore diventa stretto nel lessico ipocrita in politically correct version e nel frattempo, se ha una mente sana prova a capire di che calore sono fatte quelle fiamme, di che fuoco sta bruciando. La prima cosa che gli viene a mente è che la sfilata di assistenti sociali e specialiste è fatta quasi sempre da donne e allora pensa che ci sia una donnanza a far barriera ai suoi diritti d’uomo. E che ne so io se è vero o meno? Gli posso dire che io non sono così. Che non avrei mai detto o fatto. Che i figli e magari se potessero stare con i padri in modo nuovo e continuato. Ma intanto annoto e dico: “no, non si può maturare un pregiudizio di genere ricavato da costrizioni e ruoli” perché di fondo so, lo so io per davvero, che c’è uno Stato che ci vuole madri, riproduttive per dovere e poi pregiudizialmente indaffarate a dare ai padri ruoli un po’ diversi ché devono restare liberi di fare gli operai di quel produci-consuma-crepa che ci massacra tutti. Allora un po’ mi sento usata e dico: ma di cosa sono fatte queste assistenti sociali che in una relazione che dovrebbe ricavare l’esperienza, parola per parola, senza commenti e impressioni personali poi scrivono giudizi e pregiudizi e regalano la pappa pronta a giudici che decidono in base ad esse?

E come si fa a difendersi da un’accusa che è naturale sia rivolta a un uomo, perché così noi siamo abituat*. Cattivi e ruvidi e distanti e violenti e insensibili perché non stavano all’altro capo del cordone ombelicale. Ma poi quei figli li hanno nutriti, amati, voluti, cambiati, accarezzati, educati e si sono sentiti interi come mi sono sentita intera io per come mi faceva stare bene essere amata da mi@ figli@. Chi siamo noi per decidere chi deve trarre pena e gioia dai figli.

E poi mi dice che se il padre insiste, qualora avesse tempo, soldi, voglia, testa dura, amore per quei bimbi, allora deve dimostrare che è lei a non essere adeguata e quei bambini finiscono per restare intrappolati in quel girone che ti prende e ti risputa massacrato tenendosi i tuoi figli. Sei fortunat@ se i servizi sociali li lasciano in casa della madre sotto sorveglianza dello Stato e altrimenti finiscono in case famiglia che pare siano un business miliardario, istituti che ricevono soldi un tanto al chilo (a testa) per ogni bambino che strappano alle famiglie originarie. E’ un ricatto e, dunque, cosa c’è da fare? La mamma è sempre buona e il papà cattivo? Di madri che schiaffeggiano i figli non ne conosciamo? Quelle che urlano e trascurano e fanno le stronze vittimiste e poi implorano attenzione e finché sono in possesso di quei figli tutto bene e se vedono il padre agire un solo rimprovero lui è il violento? Quelle che con i figli diventano sorelle maggiori e non genitrici, favorendo aspetti egoistici del bimbo, ovvero quelle che vogliono godere presso i figli di popolarità non assumendosi la responsabilità di dire no?

Perché alla mamma si deve tutto e restiamo noi stesse intrappolate in questo ruolo di bontà presunta che è alibi per uno Stato sociale che si muove allo stesso modo.

Se esistono violenze. Si, certo. Io ne ho le prove. Sono certa. Le donne subiscono violenze fisiche atroci. Muoiono e sono massacrate tutti i giorni. I bambini ne fanno le spese perché esistono anche uomini che fanno male ai figli per vendicarsi delle ex, li considerano delle proprietà come ogni affetto che li circondi e se non possono averli poi li ammazzano.

I bambini soffrono di violenza assistita, quella alla quale assistono mentre il padre fa violenza (fisica o psicologica (litigi)) sulla madre o viceversa. Ma esiste anche molto altro che non va taciuto. Esiste il fatto che le donne separate spesso per assenza di reddito tornano dai genitori, i nonni, e quelle famiglie bloccate all’epoca che fu si appropriano dei nipoti come già dei figli prima ancora.  Esiste il fatto che qualcuna invece che essere contenta che i figli vogliano stare con i padri li considerino sotto sequestro.  Esiste il fatto che le donne ferite, amareggiate e deluse, se lui sta con un’altra, impediscono il rapporto con i figli.

E io non so quant’è la cifra e quanto è grave la questione, ché le esagerazioni a mio avviso non giovano a questa faccenda perché ricavi ostilità e non credibilità, ma fosse anche solo uno in queste condizioni, fosse anche un bambino che resta intrappolato in una casa famiglia o in mano ai servizi sociali, fosse anche solo un bambino che torna dalla madre perché lo Stato decide che la mamma è meglio, io che quel ruolo so che te lo devi ritagliare per scelta, non per natura, non per obbligo sociale, né per dare spago al welfare reazionario, giusto io, devo dire che è sbagliato.

Infine le impressioni, a caldo, a cuore, a ragionamento che non escludo mai, con l’intento di voler capire ancora, oltre la propaganda spesso ingiusta, sbagliata, a volte pure inutilmente aggressiva e sessista, consentitemi, e superficiale, perché stimola resistenze invece che interesse, perché usa i padri per riscrivere modelli di comportamento e regole sociali portando indietro il tempo invece che portarlo avanti, perché ogni bisogno viene sfruttato per tentare un ripristino di autoritarismi inadeguati. Così non sono d’accordo quando si parla di padri come figure chiave, alla maniera di certi teorici conservatori, che pur rispetto ma non condivido, che intendono quel padre come una replica dell’uomo che fu, il padre padrone che a tavola siede, tiene il coltello, taglia il pane e stabilisce patti d’onore con ogni membro della sua famiglia. Io vengo da quel mondo lì, cultura siciliana, e non è bello affatto, per nessuno, ed è quel mondo che insulta, per primo, i padri che osano cambiare un pannolino ed è quel mondo ancora che quando un padre fa il bagnetto al bimbo lo immagina pedofilo perché se non è una donna a toccare i piccoli corpi pare gli uomini ce l’abbiano sempre in tiro.

E’ quel mondo che non vi premia, ve l’assicuro, e non c’è niente di onorevole nell’imprimere timore in seno alla famiglia, nei figli, considerando che la famiglia come istituzione, oggi, è una cosa ampia, una organizzazione sociale fatta da persone che si sostengono e si vogliono bene, di qualunque sesso, età, etnia e religione e che non la si può tenere ancora schiava di regole anacronistiche che rappresentano soltanto soggetti assai antiquati.

Perché i padri realizzino una parità di sostanza non serve che tutte le donne aderiscano ad un modello familiare che a loro non somiglia. Se ne hanno voglia e sentono di essere oppresse, secondo il principio basilare della libertà di scelta in ogni direzione, devono piuttosto liberarsi, ma liberarsi per davvero, imparare ad essere anche altro oltre che madri, lottare affinché vi sia nella società una equa redistribuzione dei ruoli, del valore, del reddito, delle possibilità di lavoro, in modo da non dover dipendere da nessuno, non trincerarsi dietro le contraddizioni che favoriscono solo la nostra sottomissione. Sono alibi, ragazze, alibi.

E se capite questo poi capite anche perché in questo contesto, come capimmo al convegno a Firenze dove medici e scienziati dissero chiaramente che la PAS non è una malattia, alcune soggettività insistono affinché invece sia ritenuta tale. Nelle battaglie legali fatte a suon di perizie, con una medicalizzazione di chiunque, padri, figli, e madri, che strumenti hanno i padri per difendersi? La voce alta, forse. Il buon senso. Un’idea diversa che deve permeare la società con la consapevolezza che quella roba lì è un’invenzione e che non serve a niente ma legittima un contesto. E’ solo un’altra fiamma in quel girone dell’inferno ed è l’inferno – tutto – semmai che a mio avviso andrebbe spento.

Altre cose non le so. Però, certo, se non ci fosse gente che si occupasse di questo argomento per ridirigere la rabbia di questi padri dal personale alla rivendicazione politica, forse, di donne, ne morirebbero molte di più. E a me interessa che vivano. Che vivano tutt*.

Grazie al padre separato che mi ha reso più ricca di empatia verso un dolore così lontano dal mio.

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio.


19 Responses

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  1. Tiresia says

    Mi permetto solo di fare una piccola precisazione: la teoria antropologica standard ha sfatato l’evoluzionismo da circa 200 anni.
    Anche perchè l’evoluzione non può venire influenzata ogni 50 anni dalla società, si tratta meramente di convenzioni sociali che non vogliono adattarsi alla necessità naturale di nuovi diritti man mano che la società diviene più complessa. Basta tornare indietro per vedere come le donne lavorassero in determinati momenti storici e a distanza di una generazione siano stato relegate in casa in nome di tradizioni fintamente millenarie.
    Questo perchè, purtroppo, la società è creata da vincoli e non muove affatto verso l’eguaglianza, semmai il contrario. Non sono mai stati concessi diritti senza lottare e c’è sempre il rischio di perdere anche quello che si è guadagnato col sangue delle generazioni precedenti.
    In ultimo, non sono così convinto che i privati aiuteranno l’emancipazione perchè finora quel poco di garanzie e diritti sul lavoro sono stati guadagnati combattendo proprio i privati che finora hanno sempre usato ogni mezzo per avere schiavi gratis..

  2. Maes says

    Il discorso che ti ho fatto non è finalizzato a giustificare la segregazione della donna, ma solo a spiegarlo. Quando parli di libero mercato selvaggio, probabilmente non consideri il fatto che solo grazie ad una gestione privata dei servizi di cui si parlava si potrà effettivamente svincolare la donna dal ruolo millenario che si è cucita addosso (o che le hanno cucito addosso). Il tutto è basato sulla concorrenza, che automaticamente dovrebbe portare ad un’equa redistribuzione del reddito e a consumi proporzionali alla ricchezza: almeno così la vedo io. Io personalmente sono a favore di un intervento statale solo per quello che riguarda la speculazione finanziaria, ma mi rendo conto che si tratta di un problema delicato.

    Per il forum: ho chiesto l’opinione di un moderatore e mi ha detto di sì. In effetti se vieni a parlare di violenza delle donne sugli uomini non vedo perchè l’argomento non debba destare interesse o al contrario possa suscitare reazioni ostili nei tuoi confronti. Tempo fa c’era ostilità anche tra me e te se ricorderai, ma con il dialogo i contrasti si sono appianati e abbiamo scoperto di avere diverse idee in comune. Facci un pensierino.

    Ciao

  3. fikasicula says

    @Maes 😀
    c’è pure una seconda parte?
    La storia che hai raccontato è affascinante ma sulla base di una storia del genere le donne sono state tenute lontano dalle scienze, dallo studio, dall’economia (chi ti dice che le femministe non si occupano di pil e di economia? ma se proprio delle femministe hanno elaborato piani di sviluppo, poi ci sono anche i piani di decrescita etc? e come credi che siano andate avanti le famiglie, le case, i servizi e le strutture affidate alla gestione economica delle donne? :P). è come quando qualcuno mi dice che le donne non fanno rima con tecnologia. posso dirti sinceramente che sono mere consolazioni o alibi sociali per tenere le donne bloccate a ruoli che dovrebbero essere ripartiti? ma come dici tu a prescindere da come la pensiamo fondamentale è che si vada verso un’altra direzione.

    libero mercato: parli di privatizzazioni selvagge? di assenza di offerta di pubblici servizi? parli di un modello economico sullo stile americano? non so alle altre ma per me bisognerebbe riequilibrare i consumi, anche la produzione e pensare all’ambiente. più lavoro per tutti/e, stipendi equilibrati, no gente troppo ricca e no gente troppo povera. lo so che sono utopie ma questo modello economico e sociale fa schifo e ci impoverisce e precarizza e ci rende tutti schiavi di gente che si vuole arricchire, con eccessive iniquità sociali e differenze di accesso all’istruzione, alla sanità, alle risorse pubbliche, perfino alle risorse naturali come l’acqua che non sono plausibili in una civiltà che vuole durare.

    divorzio: come ti dicevo se esistessero servizi sarebbe più facile per tutti e sulle politiche eque sono perfettamente d’accordo.

    violenze: io vorrei capire di che parli quando definisci le false accuse perchè che tutte le donne dicono bugie è una cosa che non si può sentire. lo sai anche tu. se la cosa la presenti così non è neppure credibile. se parli di casistiche particolari è già diverso ma vorrei davvero capire di che si tratta. se è quella la violenza che ritieni di subire dimmela e ci penso su. ma dimmela senza slogan e a partire da storie personali.

    il forum maschile: ho letto lì che a loro non interessa parlare con me. quindi credo sia inutile che io vada a chiedergli quello per cui già si sono dichiarati non disponibili. se ritengono di potermi dare una mano basta che commentano qui o se mi fanno un fischio io arrivo. non ho mica problemi. 🙂

  4. Maes says

    Prima parte. Io credo (e non solo io, la teoria antropologica standard mi dà ragione) invece che esistano innatismi derivanti da meccanismi millenari di adattamento all’ambiente. Non mi pare ragionevole affermare che la differenza tra uomo e donna sta solo nel fatto che una partorisce e l’altro no; pensa ad esempio agli ormoni. Quelli influiscono sul comportamento. Questo mi costa dirlo, per una serie di motivi che non sto a elencare, ma lo dico perchè è un fatto. Quello che ha dato luogo a una differente struttura ormonale è il differente ruolo sociale che uomini e donne hanno avuto in millenni di storia: gli uomini andavano a cacciare e combattere e quindi hanno sviluppato testosterone, le donne partorivano e quindi hanno sviluppato estrogeni. Ma ci sono una enorme varietà di differenze più sottili: a livello cerebrale ad esempio, l’uomo ha sviluppato maggiore capacità di modellizzazione e risoluzione dei modelli astratti (come richiesto dalla gestione di realtà sociali che divenivano via via sempre più complesse), la donna migliore capacità di ragionare in modalità multitasking e di individuare interconnessioni tra categorie mentali differenti. Differenze innate di questo tipo probabilmente ce ne sono miliardi, e tutte si spiegano con l’evoluzionismo. Non appena vengono modificati i ruoli sociali, lentamente si modificano anche gli innatismi: ad esempio, l’istinto materno nella femmina di uomo è più debole che negli altri animali perchè nel corso del tempo il pericolo che potesse succedere qualche disgrazia alla prole è diminuito, dunque è scemata via via l’esigenza naturale che ci fosse la madre a difendere il piccolo con le unghie e con i denti. Tutto questo per dire che non siamo uguali: la maternità comporta un coinvolgimento ormonale, psicologico, emotivo che l’uomo non conosce. La donna è stata ottimizzata dalla natura per sostenere questo onere, sotto tutti i punti di vista, non solo da quello meramente strutturale; l’uomo è stato ottimizzato per altre cose. L’ottimizzazione sarà identica per ambo i sessi quando l’onere della procreazione verrà suddiviso in ugual modo tra i due sessi, in qualche maniera. Allora non esisteranno più neanche differenze di sesso, ci sarà un sesso solo. Comunque dicevo, modificando i ruoli sociali cambiano anche gli innatismi: svincolando la donna dall’onere del parto ad esempio (con la procreazione in vitro) quest’ultima perderà una gran quota di istinto materno, e allora magari invece di pensare a fare l’insegnante di asilo nido penserà a fare la manager. Oggi ci sono tante donne manager perchè la donna si è maschilizzata, nel senso che ha deciso di uscire dal ruolo in cui è rimasta segregata per millenni e assumere ruoli tradizionalmente riservati agli uomini. Con il tempo, adesso che si stanno modificando i ruoli, nasceranno sempre più individui femmina con caratteristiche “maschili”: è naturale che avvenga questo, e la società che lo richiede a questo punto. Serve sempre di meno l’individuo che si occupa della prole e serve sempre di più quello che gestisce la società. Dunque come vedi, con il tempo le cose sono destinate a equilibrarsi. Tu dici che bisogna superare certi pregiudizi come quello di un uomo che non può gestire un asilo nido: visto che le donne vanno “maschilizzandosi”, con il tempo l’onere di farsi carico dei bambini ricadrà per il 50% sugli uomini e per il 50% sulle donne. Con questo non voglio dire che gli uomini vanno femminilizzandosi: semplicemente non esisterà più alcun motivo per cui non ci debba essere una ridistribuzione difforme dei ruoli. Lo dice la legge dei grandi numeri. Per cui come vedi, le nostre idee anche se differiscono nella forma, non lo sono nella sostanza: per te c’è necessità di combattere contro i pregiudizi sociali, per me cadranno da soli con il tempo. E questo grazie a potenti catalizzatori quali ad esempio il libero mercato che osteggiate tanto.

    Sul divorzio. In altri paesi, esistono servizi assistenziali che permettono alle donne di conciliare lavoro e carriera: in questi paesi (non voglio andare a scomodare la Svezia, basta anche solo la Francia o la Germania) il welfare non si appoggia sulle donne, ma su queste strutture. Dunque non c’è uno Stato che complotta per avere manodopera gratis: anzi. Organismi di questo tipo nel lungo termine aiuterebbero a una migliore redistribuzione della ricchezza, perchè magari chi è più ricco fa più figli e reinserisce nel Sistema più soldi attraverso le rette di iscrizione. l motivo per cui noi non abbiamo queste strutture risiede nel tristemente noto debito pubblico italiano, causato dalla corruzione. Ma questi sono aspetti di cui il femminismo non si occupa. Per quello che mi riguarda, io sono favorevole alla creazione di questi servizi, ma anche a una maggiore equità per quello che concerne le politiche di divorzio, adesso che andiamo verso una dimensione in cui le donne sono più interessate alla vita professionale e gli uomini a curarsi della famiglia.

    Sulla PAS non ho niente da controbattere, semplicemente abbiamo visioni diverse. Ti invito comunque a notare che ad esempio tu parli di ansia: anche l’ansia è una malattia.

    Per il resto: io non nego la violenza sulle donne, vorrei solo far affiorare una realtà sommersa. E se dico che è sommersa ho le mie buone ragioni: neanche tra i padri separati ricevo il supporto che penso meriterei per questa causa. La maggior parte di loro fa ricadere la responsabilità su un sistema interessato a lucrare sulle loro disgrazie; per me, invece, il problema è un altro.

    Sulla violenza domestica subita dagli uomini: purtroppo non ti posso aiutare, io mi occupo solo di quella più sottile perpetrata attraverso le false accuse. Comunque nulla ti vieta di chiedere lumi, tu direttamente, sul forum maschilista 😉

  5. fikasicula says

    @Maes
    la differenza biologica è che io partorisco e tu no. dopodichè non credo esistano predisposizioni, innatismi, e istinti materni vari. ma qui non sto a disquisire su cose circa le quali ciascuno può pensarla come vuole. penso che siano solo presupposti sui quali ci incastrano in ruoli che non è detto si voglia assolvere e sono alla base di discriminazionei di genere per le donne e per gli uomini. intervenendo ad una puntata di Italian Sessions (si parlava di donne e si puntava molto sulla maternità) volendo dire mille altre cose mi sono ritrovata, unica tra tutte, a dire che non è vero affatto che le donne siano predisposte ai ruoli di cura e che siano perciò stesso portatrici di pace, armonia, e bla bla bla. Da madre ti dico che è una scelta, quotidiana e non un istinto. Ami tu@ figli@ perché rinnovi quell’amore ogni giorno e non perché ce l’hai scritto nel dna. Di contro, appunto, mi sono ritrovata, sola, a dire che gli uomini non è vero che sono portatori di guerra, violenza, o cose del genere e che sulla base di questo pregiudizio, non riconoscendo loro il fatto che possono essere invece assolutamente inclini alla cura dei propri cari, viene negato loro il diritto di paternità. Spero che su questo saremo d’accordo giacché mi pareva questo il punto dirimente della questione. Dico solo che uomini e donne sono quello che sono o meglio sono quello che diventano e non hanno caratteristiche precise alla nascita e per ciò stesso hanno diritto a diventare ciò che vogliono diventare e tutto dovrebbe lasciarci la libertà di autodeterminanci a seconda delle nostre inclinazioni. E questo senza scomodare la “natura” che per me è un’altro elemento di costrizione che imprigiona tutti in ruoli circoscritti, siano essi uomini o donne.
    Quando ti dicevo che bisognerebbe lasciare agli uomini anche il carico della cura non parlavo certo di una deportazione o di un trasferimento forzato di masse sociali da un ruolo all’altro. E’ chiaro che tutto avviene in modo graduale. Ma io comunque parlavo di scelte di libertà, senza pregiudizio, e non di equiparazione forzata. Voglio dire che bisogna superare il pregiudizio secondo cui un uomo non sia in grado di gestirsi un asilo perché le donne sarebbero meglio o più portate a fare questo. Ci sono donne che sanno farlo e altre donne che non vogliono fare questo ma possono essere utili in altri settori professionali. Idem per gli uomini. Ricalibrare le professioni senza discriminazioni non è un vincolo ma solo una scelta di libertà per tutt*, secondo me.

    circa il divorzi concordo con te sul fatto che il matrimonio non sia più obbligatorio, certo. è ancora però determinante il marketing operato per classificarne la positività come coronamento di una vita, addirittura viene descritto come sogno e non viene bene detto, in nessun posto, che il matrimonio è un contratto, con i pro e i contro, ed è un contratto sancito dallo stato rispetto al quale i coniugi non hanno modo di cambiare clausule o rimettere in discussione nulla. e sul costo delle donne sul mercato il punto al momento non è proprio questo. per lo Stato vendere il matrimonio come opzione significa assicurarsi manodopera gratuita da parte delle donne come ammortizzatrici sociali. il punto dunque è che al momento le donne lavorano gratis per reggere in piedi l’economia di uno stato che altrimenti colerebbe a picco. bambini, anziani, incluso il sostegno agli uomini che lavorano, pesa per la maggior parte sulle spalle delle donne. è iniquo e non è un favore fatto agli uomini. è solo un modo per assicurarsi schiavi ad un costo minimo. paghi l’operaio che si fa il culo in fabbrica, gli dai il minimo per garantire i consumi e arricchire qualcuno secondo le regole di mercato, e tieni le donne a fare le colf, le babysitter e le badanti risparmiando in servizi che lo Stato dovrebbe fornirci con il pagamento delle nostre tasse. Hai mai valutato le somme in tasse che arrivano allo Stato? Sai dove vanno a finire? sai cosa paghiamo con le tasse? ti pare che siano restituite in servizi, ammortizzatori sociali? le persone disoccupate sono sostenute? le pensioni? le scuole? sanità pubblica? abbiamo tutti un problema e non si tratta solo delle donne, che appunto vogliono lavorare e non dipendere da nessuno. si tratta di un sistema che è sbagliato, a mio avviso, perchè schiavizza tutti per arricchire altri che non siamo noi. ne gli uomini, ne le donne, né io, né tu che poi veniamo sollecitati solo a farci guerra quando non ce n’è proprio motivo mentre dovremmo combattere insieme per garantirci l’un l’altra stessi diritti e stesse possibilità.

    sulla Pas ti ho già detto. ho letto tutto il materiale scientifico in molte lingue che ho trovato e anche oltre. non è una malattia. questo è quello che trovo scritto ovunque e tutto quello di cui tu parli rappresenta circostanze che non comprovano alcunché. ripeto: il punto è distinguere la malattia da una forma di maltrattamento. se non operi questa distinzione non trovi il dispositivo giuridico che può prevenire, fare da deterrente ed eventualemnte risolvere. se c’è un genitore che racconta palle al figlio perché ha il dente avvelenato con l’altro/a coniuge e questo determina ansia, distanza, problemi di qualunque genere nel figlio/a lo distingui come maltrattamento e trovi un correttivo in quel senso. altrimento in giurisprudenza tutto o quasi potrebbe essere valutato in quanto malattia a partire dallo stalking che opera una pressione psicologica sui soggetti, o altri genere di maltrattamenti.

    per il resto: chi ti dice che io mi indigno meno per una ingiusta carcerazione? 🙂
    sono contro la pena di morte. sono perfino contro l’ergastolo e reputo il carcere inutile anche per i reati commessi contro le donne. tant’è che la mia/nostra azione non è giustizialista o forcaiola e si basa soprattutto sulla prevenzione in termini culturali e di legittimazione di una mentalità che avalla la violenza. noi per la maggior parte analizziamo la comunicazione. reputo catartico per una donna che subisce violenza il riconoscimento della violenza che ha subito, non mi piacciono i linciaggi dai quali proteggerei chiunque, incluso lo stupratore o il femminicida più efferato e se esistono persone che usano i giudici come cecchini per operare una strategia del terrore contro chiunque (uomini, donne, stranieri) utilizzando leggi fatte male o repressive e securitarie, di tipo tutelare, laddove si riconosce alle donne come unica dimensione sociale soltanto l’opportunità di mostrarsi in quanto vittime e mai come artefici del proprio destino, mi piacciono pochissimo, anzi per niente. questa la premessa.
    dimmi qual è la violenza che tu hai subito, qualunque essa sia e io ne parlerò. ma se per parlarmi della violenza che tu ti senti addosso devi mettere in discussione quella che raccontano altre persone, le donne, non ottieni l’affermazione di una verità, la tua, ma solo la negazione di quella di un’altra. l’effetto è che io non vedo più neppure la violenza che hai subito tu perché la usi solo come elemento di contrapposizione.
    perché, chiedo, hai bisogno di affermare che la denuncia di una donna sia falsa per dire che la violenza che è stata inflitta a te sia vera? perché vedi il mondo diviso tra donne accusatrici e uomini in difesa come se si stesse tutti dentro un’aula di un tribunale?
    le violenze sulle donne esistono o no? le violenze sugli uomini esistono o no? le seconde escludono le prime?

    mi piacerebbe capire, davvero. dopodichè in questi giorni, anche sulla base dei vostri stimoli, sto cercando disperatamente dati sulla violenza domestica, o violenza subita dagli uomini e quello che trovo, a parte poche sparute ricerche contenute in fonti antifemministe statunitensi, è ben poca cosa. vorrei capire anche il perchè di questo. se mi dai una mano. Grazie.

  6. Maes says

    Per “mansioni prettamente femminili” intendevo dal punto di vista storico, non certo ontologico. Le donne fin dall’alba dei tempi, in quanto detentrici della maternità, si sono da sempre occupate della cura dei più deboli (anziani e bambini) e della casa: il ruolo biologico sarebbe quello, ma la realtà ci dimostra come le donne riescano a conciliare la maternità con il lavoro. Basti vedere l’alta percentuale di donne in settori quali medicina e magistratura. Dunque lungi da me dal fare una classificazione di ruoli come farebbe Risè, dal quale mi discosto su tutta la linea. Sul fatto che strutture e servizi di ausilio alla maternità debbano essere gestiti non solo da donne non sono d’accordo, perchè richiederebbe l’istituzione di quote azzurre; lasciamo piuttosto che siano il mercato e le inclinazioni personali a stabilire la percentuale di donne presenti in queste organizzazioni. Quello che voglio dire è che comunque l'”istinto materno” nelle donne continua ad essere molto forte per motivi biologici, dunque per loro investire il proprio tempo in lavori di cura retribuiti sarebbe non solo economicamente conveniente, ma anche realizzante. Tu in pratica proporresti di spostare uomini da incarichi che la società marca come “più ambiti” verso incarichi meno ambiti per lasciare spazio alle donne che vogliono impiegarsi in quei settori, tipicamente più maschili; questa, secondo me, sarebbe una forzatura e non sono d’accordo. Dovrebbero essere il merito e la predisposizione personale a decidere la distribuzione dei ruoli: e che le donne non siano seconde agli uomini è dimostrato dalla loro grande presenza in settori quali, come dicevo prima, medicina e magistratura. Poi pian piano che la società evolve, magari succederà che le donne svilupperanno una mentalità differente da quella odierna, con il risultato che la percentuale di manager donne salirà, ad esempio. In questo senso mi definisco un darwinista. Sono processi lenti, non basta una generazione per osservare i risultati. Diamo tempo al tempo, senza bruciare le tappe, e credo che l’acquisita consapevolezza femminile darà i suoi frutti. In linea di principio credo sia più opportuno assecondare le inclinazioni personali in relazione al substrato culturale specifico in cui ci si trova, che può comunque evolvere.

    Sulla questione del divorzio: andiamo verso un modello culturale che non vede come obbligatorio il matrimonio. Voi potete decidere di non sottostare alle pressioni familiari e sociali e non sposarvi. Con questo non voglio dire che il modello familiare sia sbagliato: dico solo che è una forzatura, un vincolo. Fa tutto parte della teoria evoluzionistica di cui parlavo prima: se la società è libera da vincoli, evolverà essa stessa verso una struttura di eguaglianza sociale. Il mercato libero è un grosso catalizzatore in questo senso. Se una donna su cento decide liberamente di non sposarsi per seguire le proprie personali inclinazioni, il mercato non distinguerà tra lei e un uomo: se la donna per qualche motivo “costa” di meno, il mercato farà in modo di aumentare il numero di donne al suo interno. Stesso discorso per la politica democratica (una volta eliminata la corruzione, che fa sì che siano i più ricchi a comandare). Ed ecco che la situazione, una volta rimosso un vincolo culturale, evolve verso una situazione di uguaglianza sociale. Questo è il mio punto di vista, che è progressista e privo di contraddizioni, almeno così mi pare.

    Sulla PAS. Evidentemente il fatto che non sia presente nel DSM è un punto a vostro favore; però nel DSM IV si fa riferimento alle confabulations (vedi ad es. http://brain.oxfordjournals.org/content/119/4/1365.full.pdf) definendole “recitations of imaginary events to fill gaps in memory”. Esistono delle tecniche apposite grazie alle quali si riesce a far affiorare i ricordi contenuti in questi gaps; nel caso della PAS, potrebbero essere ad esempio ricordi del tipo: la volta che il papà/la mamma mi ha portato in vacanza; la volta che il papà/la mamma mi ha fatto quel bellissimo regalo; e così via. Questi gaps vengono creati, secondo Gardner, dall’azione malevola di un genitore nel contesto che ormai conosciamo benissimo tutti, e riempiti, secondo il DSM IV, da “eventi immaginari”. Il motivo per cui la PAS non è riconosciuta come dispositivo giuridico è che un giudice, sulla base di un lecito dubbio, non può chiedere ad un medico di diagnosticare l’esistenza di questa disfunzione (appunto perchè non è riconosciuta): la testimonianza del bambino vale quindi come prova a prescindere. Secondo voi, è impossibile che un bambino “menta”: però casi di menzogne sono stati provati in tribunale, vedi ad es. http://www.ami-avvocati.it/leggi_articolo.asp?id_articolo=1187 e guarda caso il titolare dell’inchiesta era la Monteleone, che non è esattamente un esempio di imparzialità per quanto riguarda situazioni del genere (un po’ una Forno in gonnella, tanto per chiarirsi). Allo stato, la mia convinzione è che il giudice si possa sentire libero di nominare un perito di fiducia allo scopo di fare una diagnosi di questo tipo, perchè al momento non è possibile. Poi mi rendo conto che le mie argomentazioni possono non essere sufficienti a farvi cambiare idea.

    Sulle false accuse: tu dici “se vieni accusato di stupro dici che è lei che ti calunnia”. Nella stragrande maggioranza dei casi questo non avviene; vuoi perchè l’uomo, per una specie di senso di protezione, non vuole mettere nei guai la donna anche se lei lo ha fatto finire in galera. Di fatto nella quasi totalità dei casi ad una denuncia per stupro non corrisponde una controquerela per calunnia, ma solo, nel caso in cui quella denuncia venga riconosciuta come falsa, una richiesta danni per ingiusta detenzione. Ho sentito una volta la ex pm di Livorno Magi che ne parlava. Per il resto: per me non c’è nessuna giustificazione alla violenza, sia fisica che psico-legale. C’è da dire che quella fisica può in effetti derivare da situazioni che possono essere psichiatrizzate e interpretate come causa di una malattia, per quella psico-legale proprio perchè ragionata e subdola questo non è possibile; io personalmente non mi sono mai schierato a favore di un femminicida o di uno stupratore, sostenendo che sia stata la donna a provocare. Mai e poi mai ho fatto affermazioni simili e mai l’ho pensato. Semplicemente, a differenza vostra, mi indigno più per fatti che portano all’ingiusta carcerazione di un innocente che alla morte o alla violenza sessuale. Ad esempio, non mi sono mai occupato di uomini violentati in carcere. Semplicemente, io e voi ci indigniamo per cose differenti, e questo può portare a dei conflitti

  7. fikasicula says

    @Maes, questa è l’immagine (presa da qui http://www.uis.unesco.org/Library/Documents/global-gender-gap-report-education-2011-en.pdf ma relativa al 2010 – e non è cambiata di molto) che ti mostra che l’italia in quanto a gender gap è al 74° posto tra tutti i paesi e che occupiamo un posto più basso addirittura del mozambico e di paesi in via di sviluppo.
    http://femminismo-a-sud.noblogs.org/files/2010/10/Italy2.jpg
    da lì vedi chiaramente che il divario sul lavoro è del 20% (gli uomini lavorano per il 75 % e le donne solo per 52%) e vedi che a parità di mansione addirittura le donne guadagnano 20.000 euro all’anno diversamente dai 40.000 certificati per gli uomini. la media generale, con uno scarto enorme su vari settori e differenziando tra industrie, impieghi nel terziario e altro, diventa del 6% (http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Gender_pay_gap_statistics) di paga inferiore, ma questa quota è relativa ad una media che somma, appunto, lavori di ogni genere inclusi quelli che richiedono alte competenze. invece per incarichi di tipo diverso, ovvero la stramaggioranza, il divario oscilla al 16,8 al 19,4. questo è quello che leggo io.
    saltando poi sul tuo cenno alle “mansioni prettamente femminili” (non esistono mansioni prettamente femminili e altre prettamente maschili altrimenti non si capisce perché i padri esigano giustamente di poter svolgere ruoli di cura, a meno che tu non mi dici alla maniera di Risè o chi per lui che un padre – spregiativamente classificato come mammo – non dovrebbe fare cose tipo cambiare i pannolini ma solo iniziare il bambino ad una sorta di percorso di ruolo alla fine del quale sarà incoronato maschio alpha che tiene il timone) quindi bypassando su quella infelice classificazione di ruoli per me il welfare dovrebbe essere realizzato a redistribuire mansioni e a coadiuvarle, certo, con strutture e servizi. la battaglia delle femministe per gli asili e servizi analoghi a garanzia della continuità di lavoro dei genitori andava in quella direzione. e per inciso le strutture e i servizi di questo genere dovrebbero essere gestiti non solo da donne perché il discrimine non può essere il genere quando si tratta di lavori di cura.

    la questione del divorzio è implicita nel ragionamento che faccio io e non capisco a chi ti riferisci quando parli di donna dipendente dopo il matrimonio. per come la vedo io allo stato attuale le donne sono obbligate a svolgere ruoli di cura, a stare in casa, vengono marginalizzate nel lavoro a favore di figure maschili più produttive (non richiedono periodi di maternità e per mentalità patriarcale sono ritenuti più disponibili a lavorare giorno e notte senza tenere conto delle sue esigenze familiari) e devono spesso rinunciare alla propria aspirazione a lavori che le vedono realizzate perché spesso non ce la fanno a sostenere doppio ruolo, lavoro dentro casa, lavoro fuori casa. stare a casa per questo genere di donne diventa un obbligo e non una scelta e se finisce un matrimonio lo Stato decide che è l’uomo che deve pagare per sopperire ad un welfare che nel frattempo ha usato i servizi gratuiti della donna. E’ lo Stato che decide e che delega e rimanda ad una guerra tra i sessi per una cosa che arricchisce altri. Il lavoro gratuito delle donne è un ammortizzatore sociale. gratuito. ed ha un costo sociale. uno è probabilmente quello di cui parli tu. e non mi metto a contestare il fatto su case o non case dove finiscono. ti dico che io/noi/lefemministe non vogliono dipendere dagli uomini né prima né dopo il matrimonio e non vogliamo essere ammortizzatori sociali per conto di uno Stato che specula e usa le vite di uomini e donne per non garantire alcunché a nessuno dei due. le femministe non vogliono tutele, vogliono diritti. innanzitutto il diritto di poter scegliere che ruolo svolgere nella propria vita, secondo il principio dell’autodeterminazione. se vogliono stare a casa stanno a casa e se vogliono lavorare dovrebbero poter lavorare.

    in questo senso ti chiedo di chiarirmi come e perché nel movimento dei padri esista qualche gruppo, credo, a forte espressione conservatrice che certamente non gradisce l’indipendenza delle donne e che richiama ai vecchi valori familiari per assumere come risolutivo il fatto che le donne dovrebbero essere meno propense all’autonomia, dunque a scegliere con quale partner trascorrere la vita. se da un lato chiedi che le donne siano autonome e dall’altro richiami ai vecchi valori familiari io capisco che c’è una contraddizione. una marcia avanti e una indietro a ripristinare forme sociali autoritarie che mi impediscono di essere ciò che voglio essere. mi sarebbe utile capire qualcosa di più su questo punto.

    la Pas: tu hai parlato con uno psichiatra e io ho studiato materiale infinito di psichiatri e psicologi che non la classificano in quanto malattia. si tratta di comportamenti che si possono assumere in qualunque circostanza. e i comportamenti non sono psichiatrizzabili. neppure la psicologia comportamentale parlerebbe mai di reset e riprogrammazione e non parlerebbe certamente di terapia dela minaccia. i genitori, entrambi i genitori, in presenza di una separazione conflittuale straparlano e mettono in testa al bambino cose nefaste sull’altro coniuge. può avvenire e quando avviene è sbagliato. se questo determina un problema nel bambino si tratterà di un maltrattamento su minori e lo giudichi in quanto tale con un dispositivo giuridico e non psichiatrico. non esiste scientificità nella manifestazione di una presunta malattia che non è riconosciuta da nessuno e che non è contenuta nel dsm. come non può esistere scientificità a giudicare tutte le opinioni che ciascuno di noi matura per aver vissuto in determinati contesti e ambienti. perfino tu sei condizionato dalle tue esperienze e dalle persone che ti circondano ma non per questo sei malato. e se la malattia diventa il pretesto per non ascoltare un bambino che dice di non voler vedere un padre o una madre che l’hanno picchiato, abusato o che si sono massacrati tra di loro e perciò ne ha paura è una cosa pericolosa, anzi, pericolosissima. non puoi dare un bambino in mano ad un presunto o una presunta abusatore/trice e attendere che si verifichi la sua credibilità mentre gli dici che tutto ciò che sta dicendo deriverebbe da un suo falso ricordo. fai conto che tuo figlio ti dice che il padre l’ha toccato o la madre l’ha toccato, ha abusato di lui: tu gli dici che ricorda male? davvero vuoi assumerti questa responsabilità? hai una vaga idea di quante siano le persone abusanti che mentono per sfuggire alle proprie responsabilità? hai una vaga idea del fatto che donne e bambini sono perennemente screditati da chi nega di aver fatto loro violenza? in questo senso la Pas diventa uno strumento utilizzabile da chi realizza e nega la violenza fatta e nell’interesse di tutti, bambini in testa, NON PUO’ essere avallata in termini psichiatrici.

    le false accuse di cui parli tu e solitamente leggo in giro è anche quello un fenomeno che pare appartenere ad un solo genere. le cifre ritengo siano molto esagerate e quello che io distinguerei sono le accuse fatte prima della separazione e quelle fatte dopo. se una accusa viene fatta ad un anno dalla separazione a rivedere le decisioni circa la custodia lì indagherei e avrei dei dubbi se una accusa interviene prima della separazione o ne è causa starei molto attenta a dire che si tratta di un falso. inoltre non si fa cenno mai alla quantità di false accuse pronunciate in nome di un non meglio precisato diritto alla difesa. se vieni accusato di stupro dici che è lei che ti calunnia. se vieni accusato di tentato omicidio dici che è lei che ti ha provocato. se vieni accusato di femminicidio, ovvero quando c’è il cadavere, solo in quel caso non puoi negare il fatto ma dici ugualmente che è stata colpa sua. il punto dirimente è: la violenza può mai avere una giustificazione? davvero per impedire uno stupro dobbiamo mettere i burqa alle ragazze e per impedire il femminicidio dobbiamo impedire alle donne di esprimersi come vogliono? quandi sono gli uomini che mentono? o meglio: gli uomini non mentono mai?

    e grazie per i link alla questione del carcere e i bimbi. ci darò un’occhiata e proverò ad approfondire. se ti viene in mente altro dimmi pure perchè mi interessa molto.

  8. Maes says

    @fikasicula: guarda, io ti cito i recenti dati della Commissione Europea http://img402.imageshack.us/img402/4204/cpo.jpg in Italia, il gender gap è stimato al 4.4%; secondo la Bocconi, come dice l’articolo dei maschi selvatici, è del 2%. Le differenze sono minime; se vai a guardare quello che succede in Svezia, che sono molto più all’avanguardia di noi in termini di politiche di genere, noterai che il gender gap è più alto. Perchè? Cameratismo patriarcale pure lì?

    Per quanto riguarda la posizione della donna nel mercato del lavoro: io personalmente sono assolutamente contrario alla concezione secondo cui “la donna toglie lavoro all’uomo”: anche la donna è un essere umano e ha diritto a realizzarsi. Forse hai letto qualche risposta astiosa a parole come quelle della Serracchiani, “togliamo il lavoro agli uomini per darlo alle donne”: questa concezione è un tantinello diversa da quella che propongo io, perchè presuppone un intervento statale nella distribuzione delle mansioni. Su questo non sono d’accordo. Sono altresì d’accordo ad aprire le porte del mercato del lavoro alle donne predisponendo di un welfare pubblico che si occupi di coadiuvare le mansioni prettamente femminili come la cura dei bambini e degli anziani. “non so perchè tu ti sia fatto l’idea che le donne considerino i ruoli di cura e la dipendenza economica come un privilegio o che esigano diritti maggiori senza corrisponderli con i doveri” (cit.) nel tuo discorso non citi minimamente la problematica del divorzio: siamo d’accordo che la donna deve essere più indipendente, ma l’indipendenza si deve manifestare anche dopo il matrimonio e non sbandierando una sorta di dicotomia “indipendenza pre-matrimoniale – dipendenza post-matrimoniale” come avviene nei Tribunali, ad esempio come osservato da ADIANTUM attraverso la disposizione di prestampati dove si suppone automaticamente che l’intestatario della casa coniugale e del mantenimento sia sempre la donna.

    Per quanto riguarda la PAS: tu stessa affermi che è possibile un’azione malevola di discredito da parte di uno dei genitori nei confronti dell’altro. Ecco, io non vorrei lasciare un bambino con un genitore malevolo nella stessa maniera con cui non lo vorrei lasciare con un pedofilo. La PAS non sarebbe una malattia delle madri, ma un complesso di pregiudizi che nascono nel bambino a seguito dell’azione di discredito. E questi pregiudizi, come mi ha spiegato uno psichiatra in un incontro illuminante, possono dar luogo specie in età infantile a confabulations, dette anche honest lying o falsi ricordi. Quando c’è una disfunzione di questo tipo (non propriamente una malattia, ma una disfunzione) è compito della psichiatria diagnosticarla e, se possibile, curarla. Ma è chiaro che il metodo migliore è la prevenzione, e con la prevenzione la psichiatria non c’entra niente: questo è dominio della giurisprudenza. Semplicemente, la giurisprudenza dovrebbe prevedere la possibilità che si manifestino certe disfunzioni; poi è chiaro che in presenza di fatti oggettivi che tradiscono un atto pedofilo, la diagnosi di PAS può essere rigettata dal giudice. Nessuno si sogna di legare le mani ai giudici in questo senso. Per questo vi inviterei a riflettere su questo e magari ad assumere una posizione più critica.

    Per le false accuse: il fenomeno è attualmente non monitorato, ma vedremo di risolvere il problema nel prossimo futuro. Relativamente al discorso dei bambini in carcere, ti rimando alla lettura di questo documento http://www.ristretti.it/areestudio/donne/ricerche/mattei/quarto.htm in questo momento non ho il riferimento legislativo preciso, ma si tratta di una vecchia legge quella che permette alle donne con bambini di tenere con sè i figli in carcere o di lasciarli a casa. C’era anche un documentario girato da Luisa Betti, forse qui http://www.youtube.com/watch?v=83S53LJ4_8s&feature=player_embedded che è uno spezzone, ne parla di questo problema

  9. fikasicula says

    @Maes, reazioni meno ostili? tu mi insulti e io avrei reazioni ostili? comunque accetto le tue scuse se sono sentite. spero da ora in avanti che cambierai registro e linguaggio. e per il dominio mi fa molto piacere.
    Sulla differenza salariale la tua è una lettura dei dati istat? io leggo questo: http://www.centrostudisintesi.com/newsite/wp-content/uploads/Copia_di_differenziali_salariali_donne_totali.pdf o questo http://www.regione.emilia-romagna.it/consigliere-di-parita/notizie/allegati/Slides_Amorevole.pdf e poi trovo in rete un testo dei maschi selvatici come sempre orientati a mettere in discussione cifre e statistiche per minimizzare le differenze e le forme di discriminazione che coinvolgono le donne e francamente non capisco quale vantaggio se ne ricavi a dire che così non è quando consta che una differenza di trattamento c’è, come per la disoccupazione (le donne sono più disoccupate) se per tutti l’interesse è a far si che le donne siano autonome dal punto di vista economico e non debbano dipendere da nessuno, ex mariti inclusi. non siete voi che dite che le donne devono sganciarsi da un welfare assistenziale che le affida all’economia del partner o l’ex partner trasformato per l’occasione in uomo-bancomat? a meno che, certo non riteniate che le donne non raddoppino la forza lavoro (letto sul vostro forum e rimasta un po’ sconcertata) e questo costituirebbe sul piano concorrenziale un problema per la piena realizzazione dell’uomo. delle due l’una. se le donne non le volete dipendenti dovreste a mio avviso supportare le istanze che denunciano ogni forma di discriminazione a nostro danno e supportare qualunque lotta che vada nella direzione di renderci indipendenti dal punto di vista lavorativo. perché sostenere, come ho letto nel forum, che le donne tolgono lavoro agli uomini è già discriminatorio esattamente come dire che gli immigrati tolgono lavoro agli italiani.
    e mi fa piacere che tu riconosca il fatto che le donne siano relegate ai lavori di cura e che siano relegate a quei ruoli perché fanno da ammortizzatori sociali gratis a sostegno di un welfare che non ti ripaga di niente. le stesse politiche di conciliazione, circa le quali abbiamo detto molto (noi) per opporci ad esse, che vorrebbero farci dire di essere felici di spazi e lavori flessibili che favoriscano la maternità sono una trappola infernale che ci spinge sempre più a casa e in dipendenza da mariti/padri (la conseguenza è ovviamente anche un minore riconoscimento ai padri). sganciarci da quei ruoli, che dovranno assumere interesse paritario per uomini e donne, significa farci occupare altre posizioni e renderci indipendenti e non sono certo i doveri che ci spaventano, anzi. non so perchè tu ti sia fatto l’idea che le donne considerino i ruoli di cura e la dipendenza economica come un privilegio o che esigano diritti maggiori senza corrisponderli con i doveri. nella mia idea di riprogettazione del welfare c’è un partner che deve poter fruire del congedo parentale, della bigenitorialità o come la vuoi chiamare e che abbia eguali responsabilità nei ruoli di cura prima e dopo le separazioni. e quello che non è chiaro, forse, è che tante nostre lotte sono sempre andate in quella direzione affinché il carico familiare non sia delegato alle donne/madri che per assolvere quei ruoli hanno dovuto rinunciare a tutto, vita, realizzazione professionale, studio, eccetera. Il piano della rivendicazione personale ora è manifesto e quello che tu dici essere un diritto dei bambini per me resta ancora oltre che questo anche un piano sociale per redistribuire le responsabilità e per realizzare una società equa in cui tutti abbiano pari diritti e pari doveri. ma qualunque sia l’analisi di partenza il punto è che fondamentalmente credo siamo d’accordo.
    i bambini poi, certo, vanno difesi in generale e proprio perchè io penso alla loro difesa ritengo che la Pas sia l’ultimo degli strumenti da usare perché ne ho studiato l’origine e l’applicazione e per quanto abbia compreso che vi siano talvolta dei comportamenti che sembrano giustificarne l’utilizzo resta per me comunque totalmente fuori luogo determinare l’introduzione di una non-malattia pari ad altre invenzioni che criminalizzano le persone per il loro genere di appartenenza (l’omosessualità, l’isteria, eccetera) che ha un forte pregiudizio di genere e che impedisce proprio che i bambini trovino ascolto quando viene denunciato un abuso nei loro confronti. un bambino che rifiuta di stare con il padre può farlo per mille ragioni e se anche solo una di queste fosse il fatto di aver subito o assistito ad una violenza credo sia interesse di tutti mettere innanzi a tutto l’interesse dei bambini prima del diritto genitoriale. la Pas non è una malattia. lo hanno detto medici e scienziati e la sua classificazione resta nella definizione di un comportamento che può essere eventualmente rinominato come forma di maltrattamento o non so ma certamente non è una malattia.
    per capirci: giudico irresponsabile il fatto che qualunque genitore metta il proprio interesse oltre quello dei propri figli e giudico ancora più irresponsabile il fatto che i figli siano usati in una guerra durante le separazioni. giudico che vendicarsi degli ex coniugi attraversi i figli sia l’atteggiamento più orrendo che esista e giudico ancora atroce il fatto che qualunque genitore parli male dell’ex coniuge di fronte al figlio. ma allo stesso tempo giudico oltremodo osceno un genitore pedofilo, qualora si dimostri che lo sia, e giudico altrettanto osceno un genitore che picchia o tenta di uccidere la madre davanti al proprio figlio. i bambini vittime di abusi o violenza assistita vanno protetti e se anche ci fosse solo il sospetto che una persona possa aver determinato una forma di abuso nei confronti dei bambini bisogna proteggerli, metterli al riparo e poi ragionare di tutto il resto. questo è quello che da madre mi viene da dire perché io non lascerei mi@ figli@ un solo momento vicino una persona con il sospetto che possa farle del male. tu invece lo faresti?
    piuttosto c’è da determinare che gli abusi sono di mille categorie e se mi dici che le madri che maltrattano i bambini sono meno stigmatizzate o che non c’è una corrispondenza tra i maltrattamenti e le denunce a questo posso credere e sono disposta a ragionarci e a far emergere quel dato se mi saranno forniti elementi che io posso porre all’attenzione di chi conosco. e so che un tuo argomento di opposizione sono le false accuse ma se non fossero false? e che criterio ho io per stabilire quali sono tali e quali no? una formulazione statistica senza capo né coda che non trova corrispondenza se non nelle dichiarazioni di uno o due persone? al di là della propaganda, per davvero, nell’interesse dei bambini, io voglio leggere relazioni, carte e materiale che documenti che quelle accuse sono insorte nel corso della separazione o dopo, nel momento in cui l’accordo sull’affido non andava bene ad una delle parti perché in quel caso diventa tutto molto più fumoso e metterci le mani dentro è determinante. ma prima, ovvero prima della separazione, se insorgono motivi per denunce il mio interesse va per le vittime o presunte tali fintanto che non si chiarisce la questione.
    Sulla detenzione in carcere per i bambini: io so che i bimbi in età da allattamento e fino ai tre anni vengono lasciati con le madri perché delle madri avrebbero bisogno. tu mi stai dicendo che le donne sfruttano questa cosa per fruire di sconti e che i figli sebbene ne sia richiesta la custodia da persone esterne al carcere comunque vengono lasciati con le madri. so delle cose ma non ho approfondito e non mi pronuncio. se è vero che è così non mi piace per niente. dammi dei dati e delle informazioni e approfondisco e ne parlo se vuoi.

  10. Maes says

    Ciao fs

    senti, per quelle cose che ti ho detto sui crimini contro l’umanità… ti volevo chiedere scusa, non le pensavo veramente. So perfettamente che portate avanti una vostra battaglia che ha la stessa validità specifica di qualunque altra (anche se io personalmente non ne condivido i contenuti) e che non c’è niente di criminale in quello che fate VOI. I veri criminali per me sono altri. Ti chiedo scusa anche per averti dato della “drogata” in mailing list e ti annuncio che mollerò il dominio: dammi tempo di sistemare i link interni. Spero accetterai le mie scuse, e se non lo farai pazienza: ma comunque credo di meritare delle reazioni meno ostili. Per quanto riguarda il resto, però, non ti do ragione: ad esempio, quel 20% di gap si riferisce al monte salari totale – maschile e femminile – e non si riferisce alla disparità di reddito a parità di mansione. Uno studio recente ISTAT rivela che il differenziale medio a parità di mansione è del 2%, il che sta a significare semplicemente che la donna è segregata in posizioni lavorative meno pagate. Io questo l’avevo ammesso sul mio vecchio blog; checché ne pensiate, non intendo sminuire il ruolo che ha la donna come ammortizzatore sociale, e sono a favore di politiche che incentivino un maggior coinvolgimento della figura femminile nei vari settori strategici. Però sono convinto che a guadagnati diritti corrispondano riconosciuti doveri: nella fattispecie, il riconoscimento della bigenitorialità. Per me è la cosa più importante, perchè ritengo sia nell’interesse dei bambini; come ritengo sia nell’interesse dei bambini il difenderli dai danni che la loro psiche potrebbe subire come conseguenza di azioni malevole, e mi riferisco a pedofilia, PAS e detenzione in carcere. Relativamente a quest’ultima, ti faccio notare che la legislazione italiana permette alle detenute di scegliere di tenere con sé in carcere – se si tratta di uno sconto pena – i figli al di sotto dei sei anni anche se fuori ci sono parenti e soprattutto papà disposti a farsene carico: spesso si tratta di una scelta egoistica e legata al fatto che la detenuta con figli ha diritto di trascorrere il pomeriggio con i bambini presso il nido della struttura detentiva invece che in cella. Tu puoi pensare cosa vuoi, ma per me la priorità è il benessere dei bambini

  11. Tiresia says

    Fikasicula ha già risposto alla maggior parte dei punti presentati ma mi permetto di aggiungere la mia.
    Signor Maes mi permetto di precisare che le donne nella media dipendono economicamente dall’uomo proprio a causa del fatto che il mercato del lavoro le penalizza (che sia falsa la statistica è tutto da dimostrare). Inoltre esistono svariate norme che un buon avvocato potrebbe usare contro una persona che tradisce il partner per tagliare gli alimenti mentre è relativamente recente l’abolizione dell’abbandono del tetto coniugale che non mi sembra proprio favorisse le donne..
    1) aborto. Credo le sia sfuggito (come alla maggior parte degli italiani) l’esito dlel’ultimo referendum sulla procreazione assistita
    2) divorzio. La PAS neanche la contemplo perchè equivale al tentativo fatto diversi anni fa di catalogare l’omosessualità come un disturbo psicologico. Mi riferisco in primis al fatto che la stessa legge è relativamente giovane ed è ancora arretrata visto il lungo periodo che richiede la separazione. In secondo luogo l’affido dei bambini alle donne vuol dire anche privarle di una quantità enorme di tempo che è necessario a tutte le attività dei bambini, una sfera di cui l’uomo medio è a malapena al corrente.
    3) mi riferisco a tutto visto che siamo uno stato dove lo stupro con lesioni e tentato omicidio ancora viene considerato un reato minore, dove la legge fino a pochi anni fa non era reato contro la persona e dove gente come lei ancora si permette di dire che le denunce sono false (il che da logica mette dubbi anche sulle altre accuse che definisce tali).
    Poi che io dica cose opinabili posso condividere ma che questa società sia pro-donna è così assurdo che verrebbe quasi da considerarla una sindrome da maschilismo, altro che PAS.

  12. fikasicula says

    @Maes:
    le donne guadagnano meno degli uomini a parità di mansione. E’ verissimo. vai a leggere i dati Istat. Ma già che per te tutte le statistiche sono false. solo la TUA personale opinione frutto di un pregiudizio di genere grande quanto tutto il pianeta invece sarebbe corretta.
    la legge 194 che parla di interruzione volontaria di gravidanza viene ostacolata nella pratica di prevenzione con l’ostruzionismo all’uso dei contraccettivi, con l’assenza di una educazione sessuale nelle scuole, con la mancata garanzia di accesso alle cure sanitarie in caso di Ivg per via di obiettori e personale che condannerebbe volentieri a morire donne che abortiscono comunque e da sole.
    Il riconoscimento giuridico della Pas è una faccenda che bisogna spiegare bene. Come si può riconoscere la Pas in quanto malattia in termini giuridici se non è riconosciuta da scienziati e medici di ogni parte del mondo? Se serve un dispositivo giuridico a difesa dei diritti dei bambini e dei padri o delle madri bisogna inventarsene un altro che non sia una formula autoritaria, medicalizzante, di comportamenti umani. se c’è un comportamento che impedisce che la genitorialità si realizzi pienamente non si può mettere in manicomio una donna per piegare una cultura intera. conosci e ti scontri con quella cultura e inventi un dispositivo giuridico che non sia quella roba là che in assoluto è un recinto entro il quale restano intrappolate donne e bambini che possono avere bisogno di essere difese e difesi da mariti e padri violenti.
    stupro: è una tua visione personale che gli uomini vengano accusati falsamente di stupro? è la tua esperienza? non puoi generalizzare. non puoi generalizzare diffondendo la convinzione che le donne mentano tutte mettendo in pericolo donne che quando denunceranno non saranno credute a priori per via di questa mentalità che tra equivoci e fraintendimenti realizza una cultura a protezione dei carnefici. che tu lo voglia o no, e se non fossi così accecato dall’odio contro le donne, dovrai porti prima o poi il problema delle conseguenze che la tua campagna comporta. perchè è irresponsabile.
    E in generale, prego, se vuoi commentare qui non usare un linguaggio offensivo nei confronti dei tuoi interlocutori. scegli le parole (il dizionario ne fornisce tante) ed evita di etichettare chi non la pensa come te in un modo o in un altro.
    Poi: questa cosa della società di stampo pro donna non sta ne in cielo ne in terra. la società è di stampo patriarcale o come la vuoi chiamare e le donne che fruiscono di leggi tutelari (a tutela) comunque sono vittime dello stesso schema che coinvolge anche te. se tu non sei in grado di vedere questo dato stai applicando una schematizzazione sessista o razzista. come dire che tutte le colpe del mondo sono degli stranieri. tu stai dicendo che sono delle donne. e il sessismo giudiziario si realizza in realtà, per quanto leggo dalle sentenze, e mi riferisco alle sentenze di stupro in questo caso, contro le donne giacché la perniciosa ricerca di espedienti a riprova del fatto che lei menta fa si che sia lei sempre ad essere processata, le sue abitudini sessuali, i suoi costumi, per finire con sentenze assurde che dicono che non poteva essere stupro perchè lei indossava i jeans.
    le donne con figli fanno il carcere allo stesso modo. i bambini fino a tre anni stanno con le madri se non ci sono altri a prendersi cura di loro. Non è una cosa bella per nessuno. magari chiediti dove stanno i padri in quel caso. fossero disponibili potrebbero prendersi cura di quei bambini cosicchè tu possa essere felice e soddisfatto a vedere finalmente un tot di donne dietro le sbarre. perchè è quello il tuo sogno erotico proibito, vero? 🙂

    ps: E comunque finché non molli il dominio che clona il nostro blog non hai diritto d’ascolto neppure in fondo al mio wc. questo ti è chiaro immagino.

  13. fikasicula says

    @Massimo
    sarebbe come dire che è strabello che una donna scopra il sesso attraverso uno stupro. lasciami dire, con molta franchezza, che in quanto a comunicazione avete tanto da imparare e che se fosse per voi, che per quanto mi è dato sapere non fornite un solo ragionamento valido e comprensibile al di là di parole piene di ostilità e di livore contro le donne, non avrei capito niente. e non è che la mia opinione è diversa da quella di prima ma grazie ad una persona della quale probabilmente condivido pochissimo ma che ha avuto la pazienza di raccontarmi, giacchè io sono interessata ad andare oltre i rutti, le offese gratuite, le ostilità e le sciocchezze ideologiche scritte in un italiano stentato (e parlo della propaganda che in generale leggo ovunque), ho capito delle cose che per ciò che penso sono gravi anche per la mia impostazione e il mio punto di vista. mi spiace, no, quindi, non è merito vostro. se smettete di ruttare – forse – e smettete di disumanizzare le femministe in genere allora lo scambio, con me, può essere più proficuo.

  14. fikasicula says

    @un nome
    altre banalità?
    per un bilancio approssimativo sulle donne che muoiono ogni anno vedi http://www.linkiesta.it/situazione-femminile-in-italia-violenze tant’è che l’Onu parla di Femminicidio.
    e dire questo non significa dire che tutti gli uomini ammazzano ma un numero consistente, purtroppo, lo fa. i motivi per cui uccidono le donne risiedono nel considerare le donne una proprietà. le donne non possono manifestare opinione diversa, non possono dire di no, non possono lasciare il partner, non possono rifiutarsi di fare sesso con loro. questo è quello che avviene secondo i dati che vengono divulgati. e non si tratta di una questione individuale ma di una cosa che deriva anche da un grande odio di genere, proprio quello che tu dici di voler combattere e che con le tue parole invece mi sembri sollecitare generalizzando senza fornire dati la tua convinzione che le donne siano molto violente. addirittura più violente degli uomini e addirittura metterebbero più spesso le mani addosso ai partner. e a meno che questi partner poi non finiscano vittime di lupara bianca i cui corpi scomparsi non possono testimoniarne le ferite o la morte al momento però, in questa assurda e ridicola gara di numeri sui cadaveri, per me poco importante, le donne sono quelle che hanno il primato in quanto vittime di femminicidio. il che non vuol dire che le donne non facciano violenza, anzi. ma quello della violenza sulle donne è comunque un problema sociale, mio, tuo, nostro. se non te lo poni o non lo avverti in quanto tale e passi solo il tempo a scrollarti di dosso una responsabilità in difesa del tuo genere non hai colto il problema e il problema è che quella violenza è insita in una cultura che tu puoi rifiutare o alla quale aderire ma se non ne prendi le distanze diventi in qualche modo complice. e si, certo, no all’odio di genere. (perdona se lo scrivo in minuscolo ma non mi piace urlare :))

  15. Un nome says

    basta con questo odio feroce verso gli uomini! Non è responsabilità nostra se qualcuno ammazza la moglie, la stragrande maggioranza di noi non si comporta così!

    Siete solo sessiste, è una scusa per demonizzare “l’altro”.

    Inoltre dato il bassissimo numero di questi eventi, mi sembra chiaro che non c’entra il sesso maschile ma bisogna considerare i fattori individuali della persona responsabile o delle vicissitudini della coppia.

    DITE DI NO ALL’ODIO DI GENERE

    ps le donne sono anche molto violente, specie con i bambini. E più spesso degli uomini mettono le mani addosso al partner o usano violenze psicologiche.

    NO ALL’ODIO DI GENERE!

  16. Maes says

    Signor Tiresia, Lei cita il fatto che la prole si affidata alle donne come “l’unico” vantaggio che deriva da una struttura che Lei definisce “patriarcale”. Si dà il caso che da questa struttura “patriarcale” derivi la dipendenza economica totale dell’uomo dalla donna, in quanto un uomo, sapendo che da una separazione o da un divorzio ci rimette praticamente tutti i guadagni di una vita, se ne guarda bene dall’abbandonare la compagna anche se questa lo tradisce o l’ha fatto incarcerare con false accuse per vendetta, umiliandolo. Per quanto riguarda la maternità, sono già all’opera forze che propongono il congedo di paternità obbligatorio e la creazione di servizi per la cura della prole, svincolando la donna dall’occuparsi dei figli e permettendole di conseguire le sue ambizioni personali, salvo poi ritramutarla in “angelo del focolare” quando si tratta invece di divorziare per trovarsi un tato più giovane: e allora il tato vecchio dovrà adempiere agli obblighi nei confronti dei figli, della moglie – garantendo loro lo stesso tenore di vita che avevano prima del divorzio – e del tato nuovo. Dove stia il maschilismo sul luogo di lavoro me lo deve spiegare: forse si riferisce alla statistica – falsa – secondo cui la donna guadagna a parità di incarico il 20-25% in meno? E per quanto riguarda gli “attentati” alle leggi su
    1.) aborto: ?
    2.) divorzio: si riferisce forse al riconoscimento giuridico della PAS? L’unico strumento che hanno a disposizione i padri separati per difendersi da ex malevole?
    3.) stupro: si riferisce alla sentenza della Cassazione che elimina il carcere obbligatorio per gli accusati di stupro, permettendo così di evitare la cella a quelle centinaia di uomini che ogni giorno vengono falsamente denunciati (vedi anche punto precedente)?
    insomma signor Tiresia, di cose opinabili Lei ne ha dette diverse, spero se ne renda conto. Evidentemente la Sua visione delle cose la porta a vedere complotti patriarcali dove non ce ne sono assolutamente, visto che allo stato la società è di stampo pro-donna in tutti gli ambiti: vedi che ne so, oltre al problema delle false accuse e della dicotomia “donna in carriera – donna angelo” a seconda della convenienza, quello del sessismo giudiziario, quello dei bambini usati come escamotage per evitare il carcere a tante simpatiche criminali, e varie altre cosette

  17. Tiresia says

    Non riapro la discussione precedente, pur non condividendo alcuni concetti che finiscono per diventare volontariament o meno giustificazioni, preferendo rimanere nel discorso generale. E’ sacrosanto che la struttura familiare non debba diventare una gabbia per le donne ma nell’ambito legale a mio modo di vedere si deve partire da un discorso più ampio.
    Perchè le donne subiscono troppe disciminazioni da parte della legge (basta citare la maternità, il lavoro, il maschilismo dell’ambiente, l’arretratezza e gli attentati alle leggi su aborto, divorzio, stupro ecc..) ed il fatto che la prole normalmente sia affidata a loro è l’unico vantaggio che deriva da questa struttura patriacale. Questo oltretutto deriva cmq dalle responsabilità maggiori che la stragrande maggioranza delle donne ha nella crescita dei figli per cui spesso devono rinunciare alla carriera o cmq lavorare 4 volte più dei compagni.
    Il problema perciò dovrebbe essere diventare tutti uguali, non goderci i vantaggi e combattere solo quello che ci può nuocere perchè altrimenti si supporta proprio la disparità.
    Probabilmente io non sono dotato delle capacità diplomatiche e della sensibilità (preciso: termini senza accezioni di genere, non credo in differenze emotive tra i sessi) per avere un approccio simile a questo articolo dallo stile coinvolgente e perciò rimango dell’idea che si combatte per tutti e basta. Altrimenti si rischia di cadere nella solita trappola di avvantaggiare ulteriormente chi già è rpivilegiato in nome degli ideali collettivi.

  18. Massimo says

    A cosa si deve questa illuminazione sulla via di Damasco su una realtà che prima non si
    voleva vedere? Come mai adesso ci si accorge di un mondo prima del tutto sconosciuto?
    Non sarà per caso tutto ciò dovuto all’esistenza del Forum Maschile? Se è così, benissimo!
    A qualcosa evidentemente tale demonizzato forum serve.
    Se non ci fosse stata la botta dei movimenti maschili e del “maschilismo” non vi sareste
    mai accorte del fenomeno delle ingiustizie che subiscono i padri separati. Buon risveglio!

  19. mancina says

    nessuno di noi, penso, ha mai generalizzato.
    Personalmente ho sempre creduto nelle eccezioni, ma la regola e’ quella che leggiamo ogni giorno nella cronaca nera e dai racconti delle donne.