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Media e femminicidio: non esistono ragioni valide per ammazzare le donne!

Leggo stamattina di una strage compiuta da un uomo. I nomi delle vittime: La donna si chiamava Francesca Alleruzzo, la ragazza Chiara Matalone. L’uomo si chiamava Vito Macadino, il ragazzo Domenico Tortorici. Produco un ragionamento, rilancio proposte operative su un probabile Movimento di Lotta contro la Violenza sulle Donne e aspetto.

Aspetto di ascoltare e leggere le reazioni. Gli antifemministi procedono con la solita trafila di argomenti a sostegno della tesi secondo cui le donne verrebbero uccise per colpa di leggi femministe, prodotte da uno Stato femminista, applicate a sostegno di femministe che deruberebbero gli uomini dei propri beni e dei propri affetti. Cambia il tempo e cambiano le ragioni di legittimazione sociale della violenza. Un tempo gli uomini si diceva avessero diritto di patire per astinenza da possesso del corpo di una donna e dunque il diritto di compiere un delitto d’onore. Era il tempo in cui il controllo si realizzava sulla vita delle donne in ogni suo aspetto. Poi la storia cambiò. Gli uomini non poterono più controllare le donne come avrebbero voluto fare, un rapporto non consensuale non si poteva più “riparare” con un matrimonio e fu definito stupro, la persecuzione divenne stalking, la donna è ora libera (lo è davvero?) di scegliere con chi stare e con chi fare sesso, e se le donne sfuggono il controllo allora è bene tenerle imbrigliate per ciò che da quei corpi può nascere. Così si realizza l’oppressione nei confronti delle donne per tutto ciò che riguarda sessualità, aborto, contraccezione, figli, affido. L’attuale versione del perché gli uomini uccidono le donne, quella fornita da antifemministi e padri separati per capirci, è mirata alla costruzione di una nuova forma di legittimazione sociale a prolungamento di un controllo sulle donne anche dopo il divorzio che si realizza attraverso un ricatto sociale perenne.

Ma non esiste ragione per cui qualcun@ possa togliere la vita ad un’altra persona, eppure gli uomini possono rivendicare motivi variegati e possono fruire di giustificazioni che vengono tradotte in vario modo. Di fatto le stesse ragioni non vengono usate se a compiere un delitto è una donna.

Tra gli articoli documentati potete leggere quello del Corriere, in homepage, che titola con un “delitto passionale” dove perfino Il Giornale riconosce che si tratta di una “strage” immotivata. Un uomo ammazza quattro persone e il Corriere piuttosto che chiamarla per quello che è, una strage, uno sterminio, femminicidio con vittime di vendette trasversali, o quel che è, lo chiama “delitto passionale”. La costruzione della cultura che legittima la violenza maschile avviene a partire dal linguaggio che banalizza e riduce ad un fatto “privato”, che pare sempre riconducibile a presunte responsabilità della “donna” un fatto che invece è pubblico e rappresenta un altissimo livello di pericolosità sociale. Il Corriere edulcora la faccenda e colora la mattanza dei toni della presunta gelosia, poi inserisce parole chiave come “erano separati da meno di due anni” e quel “meno” significa che dunque egli, poverino, poteva ancora rivendicare un diritto proprietario sulla donna.

Ciò che fa comprendere ancora di più quanto i media italiani siano lontani dal definire il fenomeno della violenza sulle donne è la retorica imbastita attorno alla figura dell’eroe carabiniere che avrebbe disarmato l’assassino impedendogli così di suicidarsi.

Sono quattro i corpi a terra, due donne e due uomini. La ex moglie, il suo nuovo compagno, la figlia di lei e il fidanzato, e la notizia, per i media, è che un carabiniere ha compiuto un atto di eroismo.

Smetto di leggere e guardo i telegiornali. Il tg1 propone un’intervista del carabiniere, fa parlare i vicini che descrivono la solita famiglia normale, si parla però di lui come uno che ha assunto droga e dopo il raptus l’ipotesi è che comunque non fosse in se’ per ragioni diverse, infine si sottolinea il fatto che lui fosse libero di andare e venire da quella casa per vedere i figli e che non sembrava avere alcun problema.

Cambio canale e c’è ancora la storia del carabiniere e poi i vicini. Di lei si accenna descrivendone appena la professione: era un’insegnante. Morta. Un’insegnante morta. Con un nuovo compagno. Morto. Una figlia morta e il fidanzato di sua figlia morto pure lui.

Ditemi voi se questo non è un Bollettino di Guerra.

Posted in Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio.


2 Responses

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  1. Valerio says

    L’AGI poi dovrebbe spiegare che vuol dire “Si tratta comunque di una tragedia frutto di alterazione dei rapporti umani, fuori da logiche criminali”…
    Sembrano voler rassicurare non si sa bene chi… Quattro cadaveri, non sono un crimine… sono cattivi rapporti… alterazioni…
    Sono grotteschi.

Continuing the Discussion

  1. Agora' di cloro » In tempo di crisi, il “padre separato” puo’ essere una piaga sociale linked to this post on Marzo 7, 2012

    […] questa gradazione lascio fuori quelli che uccidono anche i figli e quelli che violentano i bambini. Questi ultimi evito di considerarli come interni ad una […]