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Di donne, estorsioni e ambienti letterari

Da un paio di giorni sui giornali potete leggere di una vicenda che si svolge in un contesto colto, di gente istruita, con una mentalità – si suppone – proiettata verso il futuro. Uno di quei mondi in cui le donne, tutte le donne, dovrebbero sentirsi al sicuro, essere libere di svolgere la propria professione o di trovare spazio per le proprie passioni senza temere ripercussioni, minacce, limiti posti da monopoli al maschile. Un mondo bello, anzi, meraviglioso, in cui le donne vengono apprezzate per il proprio talento, le loro opere scelte e premiate sulla base di valutazioni obiettive, le loro idee mai mortificate in nome di presunzione, arroganza, supponenza, puro esercizio del potere. Un luogo in cui a scegliere chi vive e chi muore, chi tace e chi ha diritto di parola è sempre qualcuno che ha capacità, eccezionali doti di saggezza, umiltà e obiettività. Lì, pare, una donna possa davvero vedere apprezzata la propria opera.

Il contesto è quello letterario in cui gli editori giammai chiederebbero alle aspiranti scrittrici di fare sesso per ottenere la pubblicazione di un testo, in cui un critico valuta un’opera sulla base di una competenza maturata negli anni ed è per questo che la vicenda di cui leggo mi lascia sbigottita, affranta, quasi sconvolta.

Gian Paolo Serino, critico letterario, tra i fondatori della rivista Satinsfiction è stato arrestato con l’accusa di estorsione nei confronti di una donna alla quale avrebbe chiesto 5000 euro per non pubblicare fotografie che la ritraevano in pose hard. In un primo tempo ai domiciliari, poi il fermo è stato confermato anche se attualmente il critico è libero. Libero anche di scrivere su facebook.

Dagli articoli raccolti si evince che lei avrebbe denunciato il signor Serino e gli avrebbe consegnato i soldi consentendone così l’arresto in flagranza di reato. Di contro il difensore del critico sostiene che quella quota sarebbe stata destinata alla cooperativa come base necessaria per la collaborazione con la rivista.

Quotidiani e facebook ovviamente non riportano una sola battuta della donna che denuncia. Viene dato come sempre molto spazio alla persona denunciata la quale, appunto, si prende la libertà di scrivere su facebook il proprio pensiero sulla vicenda (conclude con tanto buon gusto dicendo “Quanto alle Donne non è colpa mia se sono sedotte e…abbandonate.”) ed è lì a raccogliere tante pacche sulle spalle e moltissima solidarietà dai contesti letterari.

Della vicenda in se’ non so nulla e nulla posso dire. Stabilirà immagino la magistratura una conclusione. Quello che stupisce più di tutto, a parte il contesto in cui la vicenda sarebbe maturata, è la totale assenza di delicatezza nei confronti della denunciante.

Ambiente colto, letterario, istruito, dicevamo, dunque quello che dovrebbe essere origine di una cultura nuova, con un significativo cambio di rotta anche in chiave antisessista. Invece la presunzione di innocenza per un uomo diventa certezza di colpevolezza per la donna. Di lei si dirà che è bugiarda, invidiosa, pazza, arrivista, un po’ zoccola. Nulla di più e di diverso da ciò che viene detto alla periferia di Palermo quando ad essere accusato di voler pubblicare le foto hard della ex fidanzata è il buzzurro del quartiere.

Se il diritto alla difesa diventa diritto all’offesa dove sta la differenza tra i mondi “colti” e quegli altri? E su quali mondi può contare una donna per non vedere mortificato il proprio talento e le proprie passioni?

Lungi da me dire che bisogna piegarsi alla selezione tra editori e talent scout o presunti tali perché oggi, belle mie, c’è internet e potete pubblicarvi da sole ciò che volete. Ma esiste un codice antisessista nei contesti letterari? Esistono non detti che le scrittrici hanno voglia di pronunciare o c’è una forma di omertà per cui colei che denuncia di aver subito un danno viene messa alla gogna e additata come pazza?

E mentre il critico Serino dalla sua pagina facebook annuncia provvedimenti per la denunciante in sede civile e penale i commentatori e le commentatrici solidali dicono cose come: “io non ho creduto nemmeno per un secondo a quello che ho letto“; “Colpa delle Donne, certo.“; “io spesso ho simpatia per l’invidiato. gli invidiosi sono viscidi e puzzano.“; “Invece sei bellissimo!“; “Gp vai avanti dritto come sempre. Grandi battaglie, grandi sogni, grandi anime.“; “Ti adoro.” e via così. Solo uno osa chiedere come mai il pagamento per una associazione avveniva in contanti (e chi scrive presume “in nero”) e non tramite bonifico e a quello Serino risponde secco: “il pagamento non è in nero ma in contanti. ognuno paga come vuole. Cmq sei un legale? Non credo. Dunque leggiti gli statuti delle associazioni culturali no profit. Senza rancore ma i legislatori de noartri non fanno per me.

Su un’altra bacheca facebook, quella di Loredana Lipperini, a proposito della stessa vicenda, leggo:  “Non mi piacciono i giudizi sommari via Facebook. Ma ricordo che quando si parla di un presunto reato denunciato da una donna, e che questo reato riguarda la sua reputazione, forse varrebbe il caso di prendere almeno in considerazione che quella donna potrebbe essere una vittima. E non una zoccola da condannare in nome di una solidarietà di casta letteraria. Sinceramente, sono senza parole.

Non conosco la donna che l’ha denunciato ma scommettiamo che sulla sua bacheca facebook non c’è neppure un messaggio di solidarietà?

Posted in Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio.


13 Responses

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  1. robi says

    ho lavorato in ambienti diversi, cambiando volontariamente più volte in cerca di un posto che mi evitasse intrallazzi, meschinerie, sessismi, e non l’ho trovato. al contrario, ogni passaggio è stato un disincanto, la visione di corruzioni che in fondo in fondo nemmeno mi stupivano più di tanto. rimaneva intatto nella mia immaginazione l’unico mondo a cui non ero mai riuscita ad avvicinarmi professionalmente, quello della letteratura, che dopo esser stato disciplina di studio continuava a rappresentare per me un castello in cui anche le bassezze, i tradimenti, le invidie, dovevano per forza avere almeno la spinta irrestibile delle passioni tormentate, e modi drammatici . macchè. vado pochi mesi fa alla presentazione di un libro di noto e pluripremiato autore italiano, e il critico che lo accompagna non appena mi avvicino a fine evento per congratularmi con lo scrittore si profonde con me in mossette, saltelli ed esibizioni automatici, come se una parte di lui non lo lasciasse stare se non ci avesse provato. insomma, lo squallore di un uomo che per abitudine tenta di non perdere un’occasione, persino la stanchezza delle battute , la banalità nell’approcciare una non perchè gli piaccia, ma così, perchè come tanti maschi imparano a 15 anni ogni lasciata è persa e statisticamente se ci provi con 100 almeno una ci starà. dove sono finiti i ragionamenti spericolati, i neologismi ironici, le filosofie, la ricercatezza del linguaggio del critico di poco prima ? nelle sue mutande, è evidente.quelli erano per un pubblico mentale, io donna in carne e ossa, carina ma nemmeno troppo comunque esemplare femminile sono per lui audience per un altro tipo di discorso. e cosa pensa di questa scena pietosa lo scrittore che assiste al tutto? lo scrittore lo guarda come fosse storia di tutti i giorni, nè divertito nè disgustato, semplicemente aspetta che l’amico abbia finito il suo repertorio stanco per poter andare a cena, un pò come io aspetterei una collega mentre prima di uscire in pausa pranzo passa veloce in bagno per fare pipì. mi è bastato tanto: la forza dell’abitudine nell’approccio viscido dell’uno, la familiarità nei modi dell’altro.cose già viste, non c’era bisogno di sapere altro. anche qui è come dappertutto, e stavolta non ho avuto bisogno di lavorarci per rendermene conto.

  2. cybergrrlz says

    @Wu Ming 1
    dovreste raccontarcele queste storie di ordinaria mortificazione delle donne. Noi le registriamo tanto quanto quelle compiute in ogni altro contesto. E mi viene in mente comunque che bisognerebbe stringere un patto, segnare una distanza, inventarsi qualcosa che possa definire che c’è altro da e che le donne possono inventarsi un’altra cosa invece di stare a bazzicare in quello schifo. le donne e gli uomini perché così come la descrivi mi pare sufficientemente umiliante per entrambi.
    Io continuo ingenuamente a pensare che la cultura debba fare cultura e debba segnare un cambiamento in qualche direzione. così evidentemente non è. e poi ci lamentiamo che le cose vanno male. chi è che fa cultura oggi in Italia? a parte voi, Loredana, altre persone belle che leggo e stimo. Chi?

  3. Wu Ming 1 says

    Compagne, il pantano letterario è melmoso e fetido oltre il ripugnante: il quantitativo di personaggi lerci riscontrabile tra autori, editori, recensori e velleitari vari farebbe impallidire pure voi che raccogliete ogni giorno storie di stalking e femminicidio. Il maschilismo che circola, sovente amplificato da chili di bamba pippati senza ritegno, è roba da voltastomaco. I miei colleghi scrittori, con poche lodevoli eccezioni, son pezzi di cacca che per un po’ di visibilità (magari solo per una recensione, benché le recensioni oggi non servano più a un cazzo e la stampa quotidiana sia un medium agonizzante) venderebbero madre e figlia ai produttori di snuff movies. Chi pensa che gli scrittori abbiano animi mediamente più “sensibili” degli altri non sa proprio una sega. Oggi molti scrittori et similia stanno appostati su Facebook tutto il giorno, pronti a fare l’occhiolino alla persona giusta, a lanciarsi nelle querelles dove possano appoggiare quello che poi potrebbe ricambiare il favore etc. etc. etc. Son brutte persone, i “letterati”, oggi, in Italia. Fanno proprio ribrezzo. E’ piuttosto nota, nel milieu, la storia del critico che prende a cazzotti la sua compagna e le fa un occhio nero. Lei pubblica on line le foto in cui è piena di lividi e racconta come sono andate le cose. Non fa il nome, ma chi è dell’ambiente capisce. Subito lui scatena avvocatoni, minaccia di rovinarla se non cancella il post. Alla fine lei abbozza.
    Noialtri ci guardiamo bene dal bazzicare quel demi-monde: non viviamo a Milano né a Roma, disertiamo le kermesse, i party delle case editrici, i posti e le occasioni dove per gli stronzi è imperativo farsi vedere. Purtroppo, però, in questo modo ci perdiamo l’occasionale scena di dignità e ribellione, come quando la bella e tostissima ufficio stampa di una piccola casa editrice, avendo un critico lombardo cercato di leccarle la faccia, fece partire un manrovescio che mandò gambe all’aria lo slinguazzante. Ah, esserci stati! Ma purtroppo non c’è nemmeno un video. E pensare che un sacco di gente sgomita per entrarci, in quell’ambiente là. C’è gente che sborsa fior di baiocchi per poter collaborare a rivistine senz’arte né parte ma ben pompate da chi conta. E tutto questo è vanitas vanitatum, nel senso di vuoto spinto, di situazione che si regge sul nulla, perché in realtà, in un paese con pochissimi lettori, a parte pochissimi grandi nomi, non c’è scrittore che conti più di un lembo di pelle di cazzo.

  4. nadiolinda says

    ah, ecco. ora ho connesso i commenti disconnessi che trovavo sulle bacheche. bhè, nella vicenda c’è molto da chiarire. la ragazza è stata un’ingenua. non solo perché su internet ci si può pubblicare da soli/e, ma anche e soprattutto perché… dove mai possono essere diffuse delle foto amatoriali pornografiche per suscitare tanto clamore? al contrario, poteva lei fargli presente che la diffusione di materiale in rete è soggetto di varie rubricature (diffamazione, produzione e diffusione di materiale pornografico, ecc.). di certo, le donne sono vittime più di una volta: perché non conoscono le loro armi di difesa, perché si espongono con ingenuità, perché rimangono escluse da perversi gorghi maschilisti così ben radicati nella società da inghiottirle senza lasciar traccia di loro.

  5. Silvia says

    E ora sulla sua bacheca facebook a parte darle della pazza (sedotta e abbandonata), anzi a parlare di “follia femminile” (oh com’erano belli i tempi dell’isteria) scrive che “la signorina (di cui presto scriverò in una nota con nome e cognome)” con supporto di commenti che lo incoraggiano a suggerirgli come “sputtanarla” (scrive una: “mettilo il nome della merda”)e qualcun altro a darle della stalker. A lei spetta anche la pubblica gogna, ovvio. Senza parole.

  6. silien says

    07/dic/2010Con Gian Paolo Serino ragionando di fica“: http://www.youtube.com/watch?v=Jaq9IcYJpFg

  7. Claudio says

    Io sono cresciuto in un paese permeato da una rozza cultura contadina. Ho così potuto conoscere individui della peggior specie: picchiatori per puro diletto, quello che ammazzava le galline inculandole, uno che ha sfondato il timpano del figlio con uno schiaffo sull’orecchio, un altro che minacciava moglie e figlia col fucile da caccia, la madre in lacrime perché il figlio si era fidanzato con una ragazza rea di essere russa, il vicino di casa ottantenne che toccava il culo alle bambine di dieci anni, e ancora tanti altri.
    Eppure nessuno di loro è mai riuscito a superare la spregevolezza che ho riscontrato nei professori universitari. Non ho mai visto tanti esseri abietti tutti insieme e così capaci di ogni bassezza umana possibile e concepibile; omuncoli squallidi, privi di etica, boriosi, autoritari e meschini, perversi, sadici, vigliacchi, pieni di cultura eppure di una pochezza intellettiva disarmante, doppiogiochisti, scorretti, bugiardi, privi di dignità e sprezzanti per quella altrui, avvezzi ad ogni nefandezza, sordidi, viscidi e disgustosi. A memoria, fatico davvero molto a trovare una sola persona veramente degna tra tutto il corpo docente con cui ho avuto a che fare in vita mia.
    Questo è ciò che ho sempre visto negli ambienti colti. Per cui questa vicenda non mi ha minimamente sorpreso.

  8. Mammamsterdam says

    Se avesse una bacheca facebook nota un messaggio di solidarietà mio le arriverebbe. A me quello che stupisce è un’ altra cosa: cioè, per il piacere di pubblicare AGGRATIS per una rivista paghi 5000 euro? Ma non è il mondo al contrario? Di questo il mondo letterario che si è sdato a pubblicare liste di editori a pagamento ancora non apre una discussione?

    Che il tipo pubblico sulla sua bacheca riceva messaggi di solidarietà, manco mi stupisce, scusa. Che abbia il cattivo gusto di fare lo sborone, passi, è un problema suo.

    Però sono antifemminista se mi chiedo, di questi tempi e con quello che sappiamo dei social network, che a farsi fotografare in pose hard da uno che potrebbe metterti su tutti i social media per vendetta, per sputtanarti o semplicemente così, perchè gli gira, già è una cosa su cui avvertiamo gli adolescenti, bisogna proprio andare a spiegarlo a un adulto? Ma la sana trombata da botta di desiderio di una volta, senza foto, senza film, senza manette, senza specchi rotanti appesi al soffitto, esiste in qualche posto che non sia un museo etnologico della vita contadina? Non so, a me sembra a livello di sesso protetto con uno che conosci poco per non prendersi malattie a trasmissione sessuale, ci sono delle fasi nella conoscenza anche sessuale reciproca in cui uno usa delle cautele che con il compagno di 20 anni non ne ha più bisogno. (Azz, mi sento come Camille Paglia quando 25 anni fa pubblicava sulle misure precauzionali e il date-rape).

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