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La Commedia del Paradosso

Partiamo dal retroscena.
In un noto studio televisivo, in prima serata, si conduce una puntata sullo stato di salute dell’informazione pubblica. Nodo centrale della questione la libertà di espressione, declinata nella fattispecie su alcune affermazioni di Adriano Celentano, che invoca la chiusura di giornali come Famiglia Cristiana ed Avvenire.
Si apra ora il sipario.
Nella polemica si inserisce Lucia Annunziata, che nella sua perorazione per la libertà di espressione e parola, arriva a dire su Celentano: «Lo avrei difeso anche se avesse detto che i gay sono da mandare al campo di sterminio» ed aggiungendo poi «sto estremizzando per dire che la questione dei contenuti è una questione in qualche modo irrilevante rispetto al diritto di libertà di parola in un servizio pubblico».
Cala il sipario, fine.
Più che gli applausi si sentono i fischi.
Di fronte ai quali, Lucia Annunziata replica: «[la frase] Era a mio parere chiaramente paradossale. Veniva infatti alla fine di un discorso in cui ho preso nettamente le distanze sui contenuti dagli attacchi fatti da Celentano all’intera stampa italiana. Ho difeso la libertà di espressione dell’artista, ma ho usato l’esempio, di proposito estremo, della ferocia anti-gay per rendere più chiara l’esistenza anche di una contraddizione tra questo diritto e il merito delle opinioni che si esprimono».
(Comunque, molto interessante.
Lucia Annunziata pronta a tutelare a qualunque costo la libertà di espressione di Adriano Celentano, in prima linea nell’invocare la limitazione della libertà di espressione di due giornali cattolici.
Come esempio per corroborare questa strenua difesa della libertà, usa la legittimità dell’opinione di mandare ai forni chi esprime liberamente la propria affettività e sessualità, di fatto limitando la libertà d’espressione di un soggetto terzo.
In effetti inizio anche io ad intravedere qualcosa di paradossale.)

Alcune osservazioni.
Il concetto di libertà è strettamente vincolato al concetto altrettanto importante di responsabilità.
Non si tratta tanto di abbracciare il triste paradigma «la mia libertà finisce dove inizia la tua», quanto di riaffermare che nella libertà di espressione è incluso un limite, che è quello della responsabilità sociale che riguarda il contenuto di quello che si dice.
Se formalmente, cioè, è possibile dire tutto, il merito dei contenuti è un rilevante aspetto della comunicazione perché è sul piano dei contenuti che si crea la distinzione tra opinione, offesa, incitazione alla violenza o al crimine d’odio.
C’è insomma una differenza, sottile ma significativa, tra il dire: «la religione cattolica propugna idee retrograde che favoriscono l’intruppamento di fedeli e andrebbe per queste ragioni avversata» e il sostenere: «i cattolici sono da sgozzare», indipendentemente poi dal fatto che si compia materialmente il gesto di sgozzare.
E’ curioso, inoltre, che la frase di Annunziata sia stata incentrata proprio sui gay e non, che so, sugli ebrei o sui neri: in quel caso oltre alla responsabilità sociale della difesa di una posizione antisemita o xenofoba, si sarebbe aggiunta la responsabilità penale, sancita dalla Legge Mancino.
Forse Annunziata ha usato volontariamente queste e non altre parole?
O forse l’omofobia è derubricata a male minore, su cui è ammesso creare pruriginose provocazioni?
Non lo sapremo probabilmente mai.

Non è però sul piano giuridico che voglio rimanere, dove tra l’altro mancano strumenti di lotta concreta all’omofobia, perché è il piano sociale che diventa dirimente.
Che significato sociale hanno le parole di Annunziata, nel momento in cui- prendendo le distanze da qualcosa che lei stessa considera così grave da voler provocatoriamente mettere in un esempio iperbolico- conferma il suo sostegno ad un presunto omofobo, in nome della libertà di parola?
Dal mio punto di vista, convalidano come legittima una posizione di odio, anche se immaginaria, scambiando l’incitazione all’omofobia per un’opinione: pur non essendo Annunziata omofoba in sé, giunge a permettere ed accettare l’omofobia (supponendo che la sua difesa sia valida universalmente e non legata particolarmente a Celentano).
L’istigazione all’odio omofobico non è un’opinione, così come non lo sono le incitazioni alla violenza sessista, razzista e fascista.
Accettarle come tali significa legittimarle e quindi sdoganarle, aprendo la strada al seme di violenza pratica di cui sono portatrici.
Uso questi termini, ben consapevole che di questi tempi evochino brividi.
Tant’è. Col rischio di sembrare in aria di censura, mi sento di dire che se un giorno sentissi qualcuno difendere un-Celentano-qualunque mentre dice, per esempio, negri al muro, mi sembrerebbe di avere davanti un pericoloso imbecille in apologia di reato, piuttosto che un fervente difensore della libertà di parola.
E’ ancora più grave eseguire la sostituzione semantica opinione/offesa nel contesto italiano, in cui la violenza omofobica (fisica e psicologica) è ampiamente diffusa, poco stigmatizzata e contrastata, talora considerata normale.

Anche quando si tratta di parole, quindi, non si tratta solo di parole.
I discorsi d’odio sono colpevoli, perché preparano il terreno e fanno parte della mentalità di aggressione che si traduce in violenza compiuta: dietro ad ogni frocio ai forni c’è una costruzione, nell’immagine e nel linguaggio, di quel forno, che rende plausibile la penetrazione nel senso comune della possibilità che un individuo, perché gay, ci finisca.
Di paradossale, in tutta questa vicenda, a me sembra di trovare soltanto l’incapacità di vedere le implicazioni logiche e sociali di questa illogica difesa.

Posted in Comunicazione, Omicidi sociali, R-esistenze, Scritti critici.


2 Responses

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  1. FromOuterSpace says

    Aspettavo questo post!
    Quello che l’Annunziata ha detto è intollerabile, odioso e sottende quella mentalità sdoganatrice che sta permettendo alla merda fascista di rialzare la testa. Io non ci sto.
    L’Annunziata, come tutta la pseudo-sinistra in stato confusionale pronta a difendere fasci forche e sbirri, dovrebbe vergognarsi.

  2. luziferszorn says

    Giusto. Quoto tutto e aggiungo quel che ho scritto giorni fa:
    “”Come ho già scritto propendo per l’iperbole delirante che nasce da un
    conflitto psichico alimentato da associazioni d’idee inconsce che
    finiscono per dar sfogo alle nostre paranoie latenti (tutto
    dimostrabile dati alla mano). Il concetto di lapsus sta alla base di
    queste esternazioni deliranti. E’ esattamente come nel caso del “bacio
    lesbo” e il “far pipì per strada” di un Giovanardi.
    Solo che qui ora abbiamo a che fare con una donna, di sinistra, una
    giornalista RAI, una donna di potere RAI (intoccabile ndr) che ha già
    trasformato il suo passo falso in profitto: farà una trasmissione
    sull’omofobia.””
    https://groups.google.com/group/it.arti.musica.classica/browse_thread/thread/281196672d833cb8?hl=it#