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La solitudine (ché sei triste e sola se non appartieni a un pene!)

Da e con la gentile concessione di MenoePausa:

L’alternativa alla monogamia dalle nostre parti, per punizione, è la solitudine. Del vaffanculo alla monogamia ho già parlato precedentemente e per chi vuole leggiucchiare sta tutto scritto qua.

Ma grazie ad una sana ispirazione sul mio facebook mi viene voglia di approfondire la tematica concludendo che sono le convenzioni sociali che vorrebbero obbligarci anche ad aver paura della solitudine, descrivendola come fosse una cosa perfida, una condizione infernale, quello status al quale sono condannate tutte le femmine che non appartengono ad un uomo e dunque “sole” è uguale a “non appartenenti”, sole significa niente riconoscimenti, niente complimenti, niente rispetto, niente di niente.

Non è un caso se fino a qualche tempo fa varcata la soglie dei trent’anni se ancora non eri fidanzata o maritata dicevano che eri un’acida zitella. E in realtà è possibile che le donne sole fossero acide, certo, ma non in quanto single. Lo erano sicuramente perché alle donne sole era vietato avere qualcuno/a con cui fare sesso, ché è il non fare sesso che rende acida la vita in generale.

E allora potrei dire che certe donne maritate erano più che acide, incattivite, massacrate dall’obbligo di scopare con uomini che non piacevano e anche dal divieto di procurarsi piacere in altro modo. Erano buchi al servizio del padrone. E come si può essere felici in quanto buchi? Stato civile=buco del padrone. Questo avrebbero dovuto scrivere.

Tutto per ammansire le donne e farci ritenere che l’unica condizione invidiabile era l’accoppiarsi con un maschio qualunque purchè volesse metterci un anello al dito. Non essere comprate in esclusiva, battone legalizzate, a margine di un’intera esistenza in cui l’alternativa professionale che ci renderebbe economicamente indipendenti è pressocchè nulla, diventava e diventa ancora un’offesa. Colui il quale si vantava di aver avuto “una botta e via” diventava il terrore delle vergini magnificate dall’assillo al coniugio responsabile.

Invece il bottarolo era un generoso, nel caso in cui le sue prestazioni fossero degne di cotanta attenzione, altrimenti era solo uno stronzo come un altro che invece di averci un buco ne aveva due o tre tenendoli in sospeso e in rassegna con promesse vane di ulteriori stabilizzazioni contrattuali.

Direi che il sesso è l’unica cosa nella quale la precarietà sia positiva. Precariamente, anzi, stabilmente precarie in attività trombantizie diventa una faccenda trasgressiva e dissacrante.

Ma come, dicono i conformisti, stai lì a dire che ti vanti del fatto che non ti vuole nessuno? E qui è l’errore ché sono io che non li voglio stabilmente sul mio corpo, la mia vita, il mio spazio, il mio mondo.

E’ troppo prezioso tutto ciò che mi riguarda per lasciarci entrare qualcuno che lo considererebbe qualcosa di meno di un regalo. Un regalo enorme.

La mia solitudine è affollata. Io ho me, ho lei, ho lui, ho tante persone che vivono con me, dentro e fuori e in realtà quando mente e corpo corrispondono perfettamente le pulsioni e le parole possono dire no oppure si in perfetta corrispondenza con i miei desideri, l’unica solitudine che vedo è quella di chi non capisce come possa essere possibile una tale chiarezza, un collegamento così autentico in una costante e fedelissima autorappresentazione.

E sono tante le donne che oramai ad una offerta di accoppiamento stabile rispondono con un vaffanculo, ché non se ne può più di tutto il marketing sulla famiglia come unica dimensione sociale di valore mentre il resto sarebbe immondizia, e quella famiglia è valida solo se strutturata come quell’altra di mia nonna. Invece averci una famiglia di persone dello stesso sesso o di persone che vivono sotto lo stesso tetto perchè stanno bene insieme, si sostengono, o che sono amici e amiche che sono solidali e che non si abbandonano, quelle famiglie lì non hanno alcun valore. E in quel caso, è chiaro, per certa società tu brutta traditrice dei valori patriarcali non conti un cazzo. Sei meno che niente. Una ribelle. Una da indottrinare.

E ti rinchiuderanno in una stanza a dirti come la famiglia sia una cosa necessaria e che te la devi prendere anche a costo di accettare un uomo con cui non hai un orgasmo, uno che ti batte da mattina a sera, uno che ti sfrantuma le ovaie di incomprensioni. E per convincerti ti rendono difficile trovarti un buon lavoro, di modo che ti pigli qualcheduno a convenienza. Così devi beccarti ogni pezzo di relazione scomoda e vedrai che ti dipingono come un’eroina se resti accanto al coglione che t’ha fatto male, ché sarai quella che ha capito, ha tollerato, ha perdonato, e tutta la serie enorme di cazzate che ogni giorno senti dire. Invece se te ne vai sei perfida e sarai punita, con la benedizione di una cultura che ci ha rese schiave e completamente incapaci di affermare i nostri diritti.

Io non sono affatto sola. Quando vivo, respiro, parlo, e vedo e lavoro e amo e sono amata. Quando mi tocco e godo. Quando scelgo con chi avere a che fare e scelgo anche chi mandare ‘affanculo. Io sono io e non sono in vendita per acquisire un posto in più nella hit parade della società bugiarda che mi vuole togliere finanche il diritto di sentirmi orgogliosa dei miei respiri.

Io sono in me. Sono dritta. Sono vera. Sono una donna viva. E a quel paese chi ci obbliga a sentirci mancanti se non abbiamo un pene nelle vicinanze.

E tanto per capirci: del pene non abbiamo affatto bisogno. Volendo, dico. Avete presente un dildo? 🙂

Posted in Corpi, Pensatoio, Personale/Politico, Sensi.


2 Responses

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  1. Giovanni says

    Il disegno è meraviglioso, per quanto riguarda le zitelle ricordo un vecchio articolo che diceva così: “Le zitelle , vecchia trasposizione di una condizione femminile dedita alla solitudine , godono da sempre di una pessima nomea . Eppure, in fondo, si tratta di
    persone libere , che realizzano la loro libertà nella professione e non nel matrimonio. Ci sono zitelle contemporanee che diventano tali perchè non sanno gestirsi : fanno le schizzinose e poi non possono più nemmeno ripiegare su un marito di riserva, un impiegato dall’alito cattivo per esempio . Come alcuni politici di marca locale che continuano a predicare bene e a razzolare male.”

  2. Andrea L. says

    Credo che la solitudine sia un problema dell’essere umano, indipendentemente dal sesso. Anche agli uomini soli dopo i quarant’anni tutti cominciano a rompere le scatole. chi sceglie di stare solo è visto come fallito, indipendentemente dal sesso. Ma noi ce ne freghiamo no? Non credo, inoltre, che chi nega il lavoro ad una donna lo possa fare per punirla della sua scelta antipatriarcale. Credo che i soldi dettino la sua agenda, a meno chè non sia masochista