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Basta: La lotta è contro ogni precarietà e dipendenza!

Per lavorare devi farti vivisezionare, questo a noi è chiarissimo e il fatto che una persona, una donna, abbia denunciato questo stato di cose non ci sorprende e ci stupisce semmai che sorprenda altri.

Lei va a chiedere un lavoro e lui le chiede se porta il tanga, quante volte fa sesso, se lo fa, con chi lo fa, come lo fa, perché lo fa, eccetera eccetera, e questo è grave non solo perché viola ogni diritto delle donne che chiedono un lavoro e che vengono sempre discriminate ma lo è anche per il fatto che la percezione di quali possono essere le disponibilità lavorative  di una donna continua a peggiorare.

Com’è possibile che esistano migliaia di datori di lavoro che ritengano normale esigere da una cameriera, un’impiegata di qualunque genere, da far schiattare di lavoro con una paga minima, così disperata da abbassarsi a rispondere a domande che potrebbero valere solo in caso di prostituzione?

Il perché è molto semplice e lo dice l’Istat un giorno si e uno no giacché sa bene che le donne non lavorano, che vengono pagate molto meno degli uomini se riescono a beccare un impiego e che moltissime un lavoro neppure lo cercano più in parte anche per evitare di subire queste umiliazioni.

Ma a fronte dei ministri che dicono che siamo sfaticate e comodose, che esigiamo quella noia di posto fisso, che altrimenti siamo fannullone e perditempo, allora facciamo che accettiamo che la prostituzione sia di fatto legalizzata, anche se la prostituzione dovrebbe essere una scelta e non un obbligo, e  perciò esigiamo di godere di pari dignità e diritti di ogni altro genere di lavoratori e lavoratrici. E dato che nel mio curriculum non conta niente il mio titolo di studio, la mia competenza ed esperienza, le mie capacità professionali, le qualifiche acquisite, allora vorrà dire che dettaglierò altro genere di capacità che potranno così essere valutate in sede di colloquio.

Anzi direi che dovremmo tutte modificare i curriculum e rompere il velo dell’ipocrisia e scrivere nero su bianco quello che questo genere di datori di lavoro vogliono sapere.

Vediamo:

misure, fotografia allegata, esperienze  sessuali trascorse e presenti, assoluta indisponibilità a fare figli, e a seguire quali parti del corpo sono disposta a dare.

Avrei voluto vendere il cervello ma all’occorrenza va bene anche se ti pigli qualche fetta del mio culo. Poi posso darti una vista anche sul davanti e se mi vuoi strizzare una tetta a metà orario dell’ufficio non c’è problema. Io valuto strizzata e tastamento a 50 euri netti al giorno in più. Questa è la tariffa, prendere o lasciare, altrimenti tocchi solidamente il muro.

Se tra un servizio e l’altro di camerierato vuoi dare una sbirciata alle mie tette vale dieci euro a botta, se vuoi rinfrancarti il tempo dalla fatica inserendo mani in qualche zona del mio corpo fanno trenta euri tutto compreso, se vuoi una prestazione orale, si intende allisciamenti, parole di compiacimento, sono venti euro per l’intera giornata giacchè la gentilezza se sei stronzo la devi proprio pagare, se vuoi che mi appresti alla fellatio tra una portata e l’altra direi che fanno settanta euro e se accetti comunque in regalo ti mollo anche un servizio piatti, un televisore o un moderno tablet multiaccessoriato.

Se vuoi una sveltina puoi raddoppiarmi lo stipendio qui seduta stante e se vuoi pure l’illusione che tu sia un gran maschio virilissimo allora lo devi proprio triplicare. Non è per male, non è neppure un fatto personale, ma se proprio devo fare la puttana allora i piatti in tavola e lo sparecchio sono cose che fai tu, i cessi puoi farli risciacquare a qualcun altro e di essere disponibile per invogliare anche i clienti a bere birre te lo sogni.

Sono disposta anche a fare una settimana di prova che sono certa di poter superare con successo. Dopodiché, pezzo di merda, se mi vuoi allora paghi.

Ah, intendiamoci, giacché guadagni sulla mia avvenenza, come un qualunque pappone, allora mi dai anche una percentuale sugli incassi. Diciamo il 10%?

Ps: Su cosa dovrei basare l’otto marzo? Dovrebbe essere a base di coscienza di classe (precaria) e contro la violenza maschile sulle donne. Non ci può essere #ottomarzo se non è antifascista, antirazzista, antisessista e contro chi appoggia governi, sindacati e posizioni politiche di chi ci sta derubando e ci ha ridotto in questo stato. Le donne ricche che non hanno la più pallida idea di cosa sia svegliarsi ogni mattina e provare a restare “umane” (per citare Vik) nonostante tutto non ci rappresentano. Non ci rappresentano le moraliste, quelle che in questa situazione di merda immaginano di poter infierire su di noi dettandoci le regole del buon vivere civile per le caste fanciulle. Prostituirsi no ma fare le puttane legalizzate in matrimonio ad un qualunque stronzo che ci picchia o ci massacra invece si. Sono quelle che ti offrono la conciliazione tra lavoro (che non c’è) e famiglia  a tutti i costi. Sai quanto me ne frega della “famiglia” se l’unica cosa che io sono in rapporto ad essa è la dipendente o meglio schiava? La dipendenza economica è quella da risolvere perché se io non sono dipendente mi scelgo la “famiglia” che voglio e ho la possibilità di mandare a quel paese chiunque mi faccia male. E non è questo forse che si cerca di impedire?

Contro la violenza maschile e contro ogni forma di precarietà, uomini e donne, ché non c’è ragione di essere ognuno a far le lotte per cazzi propri. Piuttosto mi separo dalle donne che non mi rappresentano e che per quello che mi riguarda sorelle non lo sono affatto. Buona lotta a tutti e tutte.

Posted in Critica femminista, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.