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E ci fa schifo la monotonia!

Ma che schifo, si, ‘sta storia di averci la sicurezza di un pezzo di lavoro, poter contare su uno stipendio per farci delle cose, immaginare finanche di avere spazio per concedersi qualche vacanza, un poco di riposo, leggere un libro, vedere un film, viaggiare un po’, fare quel cazzo che ti pare.

Che schifo immaginare di sapere che il tuo datore di lavoro non ti potrà licenziare perché gli viene il ghiribizzo che s’alza una mattina e vuole delocalizzare o con la scusa della crisi ti dice che o ti mangi ‘sta minestra o ti butti dalla finestra. Che schifo desiderare di smettere di trottare da mattina a sera con il precariato sul groppone, le pezze al culo e il futuro grigio. Ma si, che palle. Troppa noia.

A noi ci piace una vita avventurosa, scannarci l’un con l’altr@ per fotterci un impiego interinale, sputarci addosso di traverso fingendoci amiconi e poi cordialmente odiandoci prima della scadenza del presunto rinnovo di un contratto. Ci piace stare contriti e triti con le vene in rilievo e con i pugni stretti, denti serrati e labbra incollate, ché troppa espressività fa male avercela e allora meglio pose statiche, come di quelli che si preparano a scalare una montagna con percorsi scoscesi o drittissimi in salita, senza fermarsi, ché fermarsi è morte, la bicicletta finisce per marciare indietro, e poi avanti e arrivati in cima trovare qualcuno che ti molla un calcio in faccia e ti fa rotolare giù e punto e accapo.

A noi ci piace proprio questa vita misera, fatta di assenza di programmi, tutta flessibile, costringendo i pensieri alla mediocrità, mettendoci al riparo dalle cose troppo stabili perché non sia mai che qualche sicurezza possa mai renderci indipendenti di modo che si possa mandare a fare in culo un po’ di stronzi con la certezza di gridare la libertà senza rischiare il posto. Invece no. Vogliamo proprio restare incatenati, crisi da panico, col gusto della schiavitù che fa tanto vita a margine e che si sa che marginali è bello ché invece troppo al centro non è cosa. Non è posto per noi. Quelli con la poltrona incollata al culo che non la vogliono mollare e che dall’alto dei loro uffici statici ci dicono che noi siamo comodoni, fannulloni, depressi, malinconici, monotoni. Ma si. Guardateci adesso, invece, come ci piace camminare su quel filo appeso in aria in equilibrio assai precario e con un solo piede saltellante, ché non possiamo usare neppure l’altro perché sarebbe troppo semplice.

Siamo divertitissim* e figuriamoci se aspiriamo ad altro. Ma no. Diritti? Ma di che si parla. No no.

Avrei solo una domanda, infine: Oh Monti, Presidente, ma lei, si droga?

Posted in Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, Satira.